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Autore: theIrydioner    28/02/2014    3 recensioni
Mentre si sporgeva per coprirla meglio, Richard rimase sorpreso nel notare solo in quel momento i motivi familiari dei sottili fili d’oro ricamati sulla vecchia coperta sotto le sue dita.
La sua coperta preferita di quando era bambino.

Momenti sparsi nelle vite di Anne e Richard, accomunati da un quadrato di stoffa dorata - e dall'amore che li lega per tutta la vita.
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anne Neville, Francis Lovell, Richard Plantagenet / Richard III
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Middleham, 1479
 
“Signorino Edward! Signorino Edward!”
Le grida della tata riecheggiavano per tutto il corridoio, sempre più insistenti ogni minuto che passava, e coprivano decisamente ora le delicate note di liuto provenienti dalla saletta dove Anne era seduta in circolo con le sue dame. Nei periodi di assenza di Richard – più frequenti di quelli di tranquillità di questi tempi, vuoi per sedare agitazioni crescenti sul confine scozzese, per recarsi ad amministrare la giustizia qui e lì nei suoi domini, o perché convocato da suo fratello il re – era lì che la sua duchessa preferiva trascorrere le serate, facendo leggere ad alta voce le sue ballate preferite, o semplicemente standosene quietamente seduta a ricamare con il sottofondo della dolce musica che la bravura di Mary, la sua dama più giovane, sapeva creare dalle corde del suo strumento; tutto ciò cercando di fingere che suo marito non le mancasse più o meno allo stesso modo in cui un vagabondo poteva anelare a una fonte d’acqua nel mezzo di un deserto.
“Volete che vada a controllare cosa sta succedendo, Vostra Grazia?” le domandò ora Mary, interrompendo il suo suonare e appoggiando il liuto sulle ginocchia, mentre i suoi occhi volavano interrogativi alla porta chiusa.
Anne sentì una fitta di preoccupazione ferirla, come sempre quando qualcosa riguardava il suo Ned, sempre così minuto, così fragile. Si sforzava sempre, il Signore sapeva quanto, di non soffocarlo facendo la madre iperprottetiva, desiderando che sperimentasse tutto ciò che ci si sarebbe aspettato che un piccolo lord come lui facesse; ma non poteva evitare il timore che l’attanagliava ogni volta che pareva ci fosse qualcosa che non andava con lui, il suo prezioso, unico bambino. Forse era caduto? E se si fosse di nuovo ammalato? Lo sapeva, dannazione, non avrebbe dovuto lasciarlo cavalcare così tanto nell’aria fredda del mattino…
“Grazie, Mary, ma credo che andrò a vedere di persona,” rispose, con tono di voce il più calmo possibile, e riuscì a tirar fuori un sorriso per la ragazza seduta sul tappeto color rosso scuro del salotto. In un turbinio di stoffa blu, era nel corridoio, e solo per pura fortuna evitò la collisione con la donna rotondetta e parecchio nervosa che lo stava riempiendo con i suoi richiami, e il cui imbarazzo s’infiammò ulteriormente nel ritrovarsi Anne di fronte.
“Mia signora! Mia signora, sono mortificata…”
“Calmatevi adesso,” la sostenne con dolcezza Anne. “E vi prego di dirmi cosa succede.”
“È…è il piccolo lord, signora. So che l’ora di metterlo a letto è passata da un pezzo, ma non riusciamo a trovarlo da nessuna parte…”
La donna rimase sconcertata quando vide la duchessa scoppiare a ridere sollevata, il che era l’ultima reazione che si sarebbe aspettata. “Mia signora?”
“È solo questo il problema?”
“Sì, mia signora. Non so proprio dove altro cercare…”
“Lasciate fare a me da qui,” la interruppe Anne con un sorriso rassicurante, grata oltre ogni misura che nessuna delle sue aspettative peggiori si fosse rivelata corretta…anche se, se Ned era imboscato dove pensava, un raffreddore era probabilmente la minima conseguenza di cui aspettarsi.
Il mio monello. Il pensiero la fece sorridere ancora di più nonostante tutto.
“Credo di avere una buona idea di dove possa essersi andato a cacciare.”
 
I fatti le diedero ragione non appena finì di salire gli ultimi gradini che conducevano in cima alla torre sud: ed eccolo lì, suo figlio, seminascosto tra i merli – la sua massa di capelli scuri arruffata al vento – a fronteggiare coraggiosamente il freddo mentre scrutava attento l’orizzonte. Era piccolo e sottile, il suo Ned, quasi troppo, e tranne che per l’assenza di riccioli nei suoi capelli era un’immagine così perfetta di suo padre alla stessa età che Anne sentì un moto di nostalgia solleticarle forte il petto, e si ritrovò quasi riluttante a spezzare l’attimo.
“Ehi, ometto, cosa ci fai qui fuori a quest’ora?” A sei anni, Ned era già un piccolo conte*, e come tale aveva sviluppato una sua particolare forma di orgoglio infantile; soltanto Richard riusciva ancora a chiamarlo il mio bambino senza attirarsi il broncio per tutto il giorno.
Il bambino sobbalzò, sorpreso, e si voltò a guardare sua madre, sul suo volto il timido sorriso colpevole di qualcuno scoperto a ripetere una ben nota marachella un’altra volta.
Anne sospirò, scuotendo piano la testa. “Ned, lo sai come va a finire quando prendi troppo freddo,” lo rimproverò gentilmente. “Hai appena avuto la febbre la settimana scorsa…”
“Ma non ho freddo, madre!” protestò il piccolo. “E sto aspettando che arrivi il mio papà.”
Proprio come sospettava, Anne ridacchiò tra sé. Ricevere quella missiva di Richard quella mattina, che avvertiva del suo ritorno imminente, li aveva gettati entrambi in agitazione, e ormai credeva di aver perso il conto di quante volte avesse sentito Ned affermare di avere questo e quell’altro da far vedere a suo padre quando fosse arrivato. La sua adorazione per il padre brillava chiara e forte come il Sole Splendente di York e, per quanto Richard preferisse essere discreto con le sue dimostrazioni di affetto pubbliche – e per quanto Anne sapesse quanto fosse orgoglioso e amasse i suoi due figli illegittimi, Johnny e Kathy – era chiaramente sotto gli occhi di tutti quanto lui adorasse il suo piccolo Edward di rimando.
La sola immagine mentale di loro due insieme, gli uomini della sua vita, minacciava di farle scoppiare il cuore di gaiezza.
“Spero bene che tuo padre abbia il buonsenso di non viaggiare con questo buio,” commentò, chinandosi sui talloni all’altezza del figlio, con la gonna del vestito che si ammucchiava intorno a lei, mentre gettava uno sguardo al paesaggio serale lei stessa. Per la verità, Richard aveva la fama di far correre i suoi uomini quando voleva, un’arte che aveva imparato alla perfezione da suo fratello; né era nuovo, se era onesta, a scherzi di quel tipo. Avvertì un leggero rossore risalirle traditore le guance al solo ricordo del bacio mozzafiato con cui il suo duca e marito aveva efficacemente ucciso sul nascere ogni sua protesta, l’ultima volta che era piombato al castello all’improvviso ad ore tarde…e di ciò che l’aveva seguito.
“Ma ha promesso che sarebbe stato a casa in un battileno!” insisté Ned, imbronciandosi e inciampando su quell’ultima parola un po’ difficile per lui. “Non posso andare a letto ora, madre. E se arriva mentre sto dormendo?”
“E se invece arrivasse ma tu non potessi neanche andare a salutarlo perché hai di nuovo quell’orribile febbre?” ribatté lei in tono ragionevole, dandogli un colpetto affettuoso sul braccino. “Forza, andiamo.”
Suo figlio la guardò incerto per un momento; quindi sembrò essere colpito da un pensiero improvviso, e assunse l’espressione di ribellione più solenne che si potesse ricreare a sei anni. “Non potete obbligarmi. Mio zio re Edward mi ha fatto conte adesso, e…”
“…e tua madre è una duchessa reale, quindi tecnicamente può darti ordini ancora per un po’, signorino conte,” rise Anne, solo fintamente oltraggiata. “E credo anche che abbia dei metodi persuasivi piuttosto efficaci a sua disposizione…”
Senza preavviso, afferrò di colpo la vita sottile del bambino e iniziò a fargli il solletico senza quartiere, finché non si ritrovarono entrambi ad essere due forme scomposte e ridenti sul pavimento di pietra.
“No!...Madre!...Così non vale!” strillò Ned tra le risate.
“Voi uomini potete combattere con le spade; ma noi donne dobbiamo trovarci le nostre armi,” disse Anne misteriosa, lasciandolo infine andare. Il suo vestito era ormai tutto stropicciato, e anche la sua treccia doveva essere un disastro, ma valevano bene il sorriso spensierato che illuminava il visino di suo figlio. Questa è felicità, quella vera, pensò tra sé.
“Quindi vuol dire che imbrogliate?” chiese il bambino con fare candido.
“No, solo che siamo molto intelligenti, piccolo impertinente!” ridacchiò di nuovo lei, pizzicandogli la punta del naso. “Andiamo, ora a letto e senza più discutere, ometto.”
Ned infine si arrese; si lasciò trascinare via dal suo posto di osservazione con un ultimo, leggero sbuffo, e Anne sorrise tra sé nel vederlo trasformarsi in fretta in un malcelato sbadiglio. Nonostante tutti i suoi buoni propositi, il bambino cadde addormentato quasi nello stesso momento in cui la sua testolina scura si accasciò sul cuscino, e lei si ritrovò assorta in contemplazione, mentre gli accarezzava dolcemente i capelli folti, cullandolo verso un sonno più profondo. Sembrava così tranquillo mentre dormiva, pensò, anche in questo così simile a suo padre. Il sorriso sulle sue labbra si allargò nel ricordare infinite notti trascorse a combattere il sonno tra le braccia di Richard solo per riuscire a osservarlo dormire, scuri ciuffi ricciuti sparsi disordinatamente sulla sua fronte e le sue rughe di preoccupazione, sempre più scavate sul suo viso ogni anno che passava, distese in un’espressione di quieto appagamento, un'espressione che solo recentemente aveva ricominciato a comparire sul suo volto anche da sveglio – dopo essere scomparsa del tutto per mesi l’anno precedente, quando era stato costretto a vedere uno dei suoi fratelli distruggere l’altro.
Ripensare alla caduta in disgrazia di George era sempre pericoloso per entrambi, poiché riapriva vecchie cicatrici e alcune ferite non ancora guarite – ad Anne ricordava sempre la sua perdita personale, il grande vuoto che sua sorella aveva lasciato nella sua vita. Quanto avrebbe voluto che Isabel facesse parte della sua felicità presente, come era stata un'insostituibile parte di lei per la maggior parte delle loro vite.
Continuò a guardare il suo piccolo Ned, e desiderò disperatamente di potergli dare un fratello o una sorella con cui potesse condividere il medesimo affetto che l’aveva legata alla propria. Dopo il suo ultimo, dolorosissimo aborto spontaneo, Richard l’aveva tenuta stretta, e le aveva detto che più di ogni altra cosa avrebbe voluto sempre vederla in salute, che erano ancora così giovani, e che non si sarebbe dovuta affliggere così tanto come faceva. Tuttavia, di quando in quando si chiedeva se non ci fosse qualcosa di sbagliato, di rotto in lei, e pregava ardentemente il Signore di non farle questo, quasi immediatamente rimproverandosi per il pensiero – poiché Egli le aveva già accordato così tanto di quanto avesse mai desiderato. A volte Anne ancora si meravigliava di come fosse possibile che, dopo tutto quanto era successo, lei fosse davvero la donna che era ora, la duchessa di Richard e Signora del Nord.
Di una cosa era certa: se mai avesse dovuto avere un altro maschio, l’ultimo nome che avrebbe voluto dargli era quello del suo sventurato cognato. Avere un Edward e un George come fratelli, di questi tempi, suonava come un pessimo presagio.
“Vedo che resti sempre più brava a mettere a letto nostro figlio di tutte le sue tate messe insieme, amore mio.”
Era così immersa nei proprio pensieri che la voce familiare alle sue spalle quasi la fece sobbalzare sul letto di Ned; e i suoi sensi parvero riattivarsi tutti insieme in quel momento, poiché solo allora si accorse all’improvviso del rumorìo di cavalli e di uomini che smontavano dalle selle giù nel cortile, riempiendo di nuova vitalità il castello ormai notturno.
Si voltò di scatto, incredula, e Richard era appoggiato sorridente allo stipite della porta – in quieta osservazione forse anche da un po’ di tempo.
“Richard!” esclamò in felice sorpresa, trattenendosi più che poté per non rendere vani tutti i suoi sforzi di cullare Ned. Sollevò l’orlo della gonna da terra e corse da lui, e in un attimo era tra le sue braccia, ancora avvolte da un pesante mantello contro il freddo.
“Quando sei arrivato? Come–”
Prima che se ne rendesse conto, l’aveva messa a tacere con un bacio appassionato, rubandole tutta l’aria dai polmoni, le sue dita fredde sulla pelle a riprova del loro confronto con il gelo serale.
“La smettereste…di zittirmi con i vostri baci, milord? Vi stavo parlando!” protestò quando infine la lasciò andare, fingendosi indignata.
“Non mi pare che vi dispiaccia mai molto quando lo faccio, milady” rise Richard, con la mano ancora sul suo viso e gli occhi che brillavano e non parevano riuscire a saziarsi di lei. “Sono arrivato proprio adesso.”
“Ancora a viaggiare col buio, Richard? I tuoi uomini ti odieranno ormai,” Anne lo rimproverò bonariamente, inarcando un sopracciglio alla volta del marito.
“Posso sempre andarmene e tornare domani, se preferisci…” la stuzzicò lui, ma lei fu veloce ad afferrargli il colletto del farsetto con fermezza tra le mani.
“Non osare.”
Si alzò in punta di piedi e lo baciò di nuovo, le dita che si perdevano nei suoi capelli, ancora inebriata ogni volta dalla sua vicinanza dopo settimane di separazione, nonostante tutti gli anni che aveva avuto per abituarvisi.
“Dio, Anne, mi sei mancata” sussurrò lui, senza fiato, contro le sue labbra. “Non potevo né volevo per nulla al mondo trascorrere un solo giorno di più lontano dalla mia famiglia.”
Famiglia. La parola riecheggiò leggera come una farfalla nella mente di Anne – suonando così giusta in quel momento, mentre lo osservava avvicinarsi cauto alla forma raggomitolata di Ned, chinarsi piano su di lui per stampargli un bacio leggero sulla fronte.
“Credevo che potessimo permetterci trapunte ben più decorose di questo vecchio pezzo di stoffa?” lo udì ironizzare sottovoce, e quindi notò le sue dita che sfioravano l’ordito sbiadito e un po’ sfilacciato della coperta di Ned, la stessa vecchia coperta che racchiudeva così tanti loro piccoli ricordi e che da bambina mai, nemmeno nei suoi sogni più fantasiosi, avrebbe immaginato di poter un giorno avvolgere intorno al corpicino addormentato del loro bambino.
“Da quando ha scoperto che era tua, non vuole più dormire senza,” mormorò, con voce quasi tremante per l’ondata di tenerezza improvvisa che minacciava di soffocarla. “E io lo lascio fare. Così, è come se…”
Esitò per un istante, temendo che lui trovasse quel pensiero molto stupido. “È come se una parte di te fosse con lui anche quando sei lontano.”
Richard si voltò a guardarla nuovamente, e tutte le sue preoccupazioni evaporarono come pozzanghere al sole quando vide l’emozione sul suo viso. Sollevò una mano sulla sua guancia in una dolce carezza, e Anne voltò appena il capo per baciargli amorevolmente il palmo.
Non servivano altre parole tra loro. Poco più tardi, le loro mani intrecciate come quelle di due adolescenti alla prima cotta, in un turbinio ebbro di felicità erano nelle loro stanze; e, appena richiusasi la porta dietro di loro, quelle stesse mani si persero le une sulla pelle dell’altro, ogni movimento pieno di bruciante desiderio, i baci di Richard sempre più intensi, a sbriciolare qualunque timida intenzione che Anne potesse avere di farsi raccontare per prima cosa com’erano trascorsi quei giorni che avevano passato divisi.
“Oh, Francis potrà raccontarti tutto,” fu la sua unica risposta quando lei riuscì effettivamente – non aveva la minima idea di come – a interrogarlo tra un bacio e l’altro. “È sempre stato un narratore molto migliore di me. E ha detto che ti verrà a salutare più tardi domani…non voleva…ah…disturbarci.”
Anne era sicura di stare arrossendo, ma lui non aveva alcun modo di accorgersene, molto più rapito com’era dalla morbida pelle del suo collo, mentre lasciava una scia di baci lungo la sua gola che le facevano esplodere mille piccoli tremiti di piacere lungo la schiena.
Riuscire a rispondergli fu l’impresa più difficile che avesse mai tentato. “E perché mai…dovrebbe pensare di…disturbarci?”
“Hmm, non saprei proprio.” Richard sollevò il capo dal suo collo e sorrise provocante. “Ma stavo pensando che potremmo occupare tutto questo tempo in più a cercare di dare a Ned un po’ di compagnia con cui dividere quella brutta coperta…”
Non aveva modo di nascondergli il rossore ancora più marcato sulle sue guance, questa volta; eppure, mentre lui reclamava nuovamente la sua bocca, Anne seppe che non aveva più alcuna importanza, che ogni pensiero razionale era perso per lei – così come sapeva con la più assoluta certezza che loro, al contrario, non avrebbero avuto affatto bisogno di qualsivoglia coperte per quella notte.
 
 


* Il piccolo Edward fu creato conte di Salisbury nel 1478 in seguito alla morte di suo zio George di Clarence, cui essendo stato fatto giustiziare come traditore vennero revocati tutti i titoli nobiliari, tra cui quello di conte di Warwick e di Salisbury. Il primo venne lasciato, ma solo nominalmente e senza più territori annessi, al figlio di lui e Isabel, Teddy; mentre il secondo andò appunto al suo omonimo cugino di Middleham.
 
A.N.: beene, questo capitolo spero che farà contento chi leggerà, perché è in pratica un concentrato di fluff senza ritegno ^^
Ci sono troppi pochi momenti familiari nella serie, e siccome l’unico praticamente che c’è per la nostra bella Gloucester family è tra Ned e Richard (piccola scena adorabile ma con quella premonizione futura tristissima…“I won’t die for a very long time…” ç_ç), volevo scriverne uno per Ned e Anne :) poi diciamocelo, meglio fare provvista di Gloucester fluff finché è possibile, perché sappiamo tutti come va a finire…e infatti se non aggiornerò per un po’ sarà perché il prossimo capitolo non vorrò saperne di scriverlo ;__; siete avvisati!
Come sempre, un grazie di cuore a chi legge e vorrà recensire; e in particolare alle mie due lettrici assidue – you know who you are <3
-Vale
  
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