Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
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Autore: 2P_Lover    02/03/2014    1 recensioni
"Il minimo di giocatori è di due persone fino ad un massimo di trenta.
Non ci sono restrizioni riguardo all'età.
I bari verrano puniti.
La fiducia è tutto.
Salva i tuoi amici e cerca di rimanere in vita perché, qualora fossi preso, ti aspetta la non-vita delle ombre che, spesso, desiderano la morte che mai potranno avere.
Fidati dei tuoi alleati, distruggi i tuoi nemici e salva le persone a te care.
Queste sono le regole del gioco...
..E ricorda sempre che da solo non potrai mai salvarti."
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: 2p!Hetalia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Le regole sono piuttosto semplici!- Finalmente una voce ruppe il silenzio, ormai tombale, nella stanza; l'inglese sollevò lo sguardo dal libricino scuro e sorrise a tutti i presenti.

 

-...Be'? Parla. Insomma, spiega 'sta merda.- Il tono di voce e il modo di esprimersi di Luciano fecero scomparire quel dolce sorriso a tempo record e Oscar, infastidito, assunse un'espressione di disappunto: i suoi occhi azzurri si assottigliarono, lanciando un'occhiataccia al moro che, apatico, rimase impassibile.

 

-...Su, Oscar caro, spiegaci le regole!- L'altro italiano s'intromise, prontamente; tutto pur di evitare un'altra lite. E poi, dannazione, Oscar quando assumeva un'espressione arrabbiata si riempiva di rughe sulla fronte e Flavio non voleva che al suo migliore amico si rovinasse la pelle in quel modo!

Grazie al cielo bastarono quelle poche parole del biondo per far calmare il britannico, che riprese a sorridere, per poi accavallare le gambe magre avvolte da dei jeans bianchi (..forse un po' troppo attillati).

 

-Well..prima però montiamo il tabellone, poi vi spiego!- Tutti i presenti, chi più chi meno, alzarono gli occhi al cielo; a nessuno andava di montare quel tabellone a più piani! Insomma, dalla scatola sembrava facile...ma tutti sapevano che "le apparenze ingannano".

 

Lo spagnolo, dopo qualche attimo di silenzio, prese parola.

-Senti, montalo tu, no? In fondo sei tu che hai comprato questa merda. E sempre tu che volevi giocarci.- Il moro calcò più volte la parola "tu", con aria scocciata; come avrebbe voluto accendersi un'altra sigaretta; Albert, che quasi sembrò leggergli il pensiero, infilò un mano nella tasca della sua felpa verde acido e prese il pacchetto di cicche, lanciandolo su un tavolino li vicino.

Oscar, per niente felice dell'intervento dell'iberico, sbuffò teatralmente.

 

-Ma ci giochiamo tutti insieme, quindi ognuno farà qualcosa! Allora...- Il ragazzo prese la scatola contenente il gioco, tornando a sorridere, osservandone il davanti.

C'era disegnata un'enorme casa a tre piani, piuttosto tetra, sopratutto a causa dei vetri rotti e della porta in legno quasi del tutto distrutta, così come alcune parti della struttura stessa; sembrava un miracolo che quell'abitazione stesse ancora in piedi, nonostante fosse finta.

Le dita affusolate dell'inglese accarezzarono il cartone della scatola, per poi sussurrare, assorto, di spegnere la luce. Pierre guardò male l'americano che, casualmente, si trovava seduto vicino l'interruttore; il moro alzò un braccio e spense la luce: ormai la stanza era illuminata soltanto da una lampadina, poggiata su un tavolo vicino all'inglese, che quest'ultimo si era sbrigato ad accendere, pur di non rimanere al buio: come avrebbe letto le istruzioni, altrimenti?

 

-Allora...vediamo i vari compiti!- Finalmente Oscar sollevò il coperchio della scatola (quella sera l'aveva fatto solo una volta e da solo, in cucina, per prendere il libretto delle istruzioni).

Il biondo si decise di sedersi a terra assieme alle altre Nazioni e poggiò la scatola al centro della piccola cerchia di amici.

 

Il tedesco biondo prese un mazzo di carte dalla scatola, iniziando a voltarle, curioso di vedere quali figure vi fossero stampate sopra.

Fucili, coltelli, matite, mattoni, pistole, mitragliatrici, cecchini, fogli di carta...c'era di tutto; e, sopra ogni disegno (molto dettagliato, d'altronde), c'era un numero, diverso per ogni carta.

 

-E questi?- Domandò Lutz, per poi continuare, con lo sguardo fisso su una carta in particolare. -Posso avere il mitra?-

 

 

-No..ossia, si! Cioè...dipende, ecco!- Un bambino di sei anni si spiegava meglio dell'inglese che, veloce, prese il mazzo di carte dalle mani del tedesco.

-Queste sono le armi che avremo all'interno del gioco, solo che sono casuali!- Mentre parlava il ragazzo prese ad immischiare il mazzo. -All'inizio del gioco darò una carta ad ognuno di voi, quella sarà la vostra arma finché..-

 

Ma Oscar venne interrotto dal canadese, che si avvicinò, mettendosi seduto più vicino alla scatola.

-E se mi capita un'arma che non voglio?-

 

-...quella sarà la vostra arma finché- Oscar ripeté l'ultima parte della frase dapprima interrotta, alzando gli occhi al cielo. -Finché non capiterete su una casella "Arma" sul tabellone. Li potrete pescare una carta dal mazzo e scegliere se cambiare arma o meno.-

 

-E quei numeri determinano la...potenza dell'arma?- Domandò Lutz, togliendosi il cappello grigio dal capo e poggiandolo a terra, accanto a se.

 

-Esatto! Però di quello ne parleremo dopo..ah, cavoletti, mi ero dimenticato la cosa più importante!- Tutti iniziarono a fissare l'inglese che, lentamente, posò il mazzo contenente le armi a terra, vicino a se. -...Lo scopo del gioco! Come vincere, insomma.- Il biondo socchiuse gli occhi, guardando nella scatola, alla ricerca di qualcosa.

Albert, seduto proprio tra lo spagnolo e il britannico, porse il libricino delle istruzioni a quest'ultimo.

 

-Oh. Grazie, Al!- Il biondo sorrise e prese l'oggetto, aprendolo alle prime pagine.

 

"Per vincere tutti i giocatori devono trovarsi alla fine del percorso. Se anche uno solo di loro manca, la partita non può finire, stessa cosa se ci sono ancora Ombre in gioco; se tutti i giocatori vengono trasformati la vittoria va alle creature oscure, voi perderete tutto, tra cui la vostra stessa vita.

Cercate di uscire vivi dalla Casa; buona fortuna"

 

 

-Ombre? Cosa sono?- Pierre prese dalla una bustina contenente scatola delle pedine; Erano tutte di colori diversi, eccetto una, che era nera come la pece; ma non solo! Nel sacchetto c'erano anche due pennarelli neri: uno era grande e sembrava adatto a colorare un disegno, l'altro sembrava più una penna gel.

Oscar strappò di mano al francese il sacchetto, sbuffando, per poi prendere le carte da Lutz e rimetterere tutto nella scatola, chiudendola e avvicinandola a se; sembrava un bambino geloso dei propri giocattoli.

 

-Prima vi spiego le regole e poi si monta la casa e si scelgono le pedine!- In quel momento Luciano avrebbe tanto voluto rispondere con un "Si, mammina", ma qualcuno lo precedette: James alzò gli occhi al cielo, ironico, dicendo quella frase con un tono vagamente simile a quello di un bambino.

Questo scatenò l'ilarità dei presenti, inglese compreso.

 

-Su su! Fatemi finire, bambini!- Il biondo rise tamburellando con le dita sulla scatola in cartone; ah, Andrès, Pierre e Luciano gliele avrebbero volentieri mozzate.

 

-Allora...le Ombre sono i cattivi del gioco! All'inizio ce n'è solo una..- Una piccola pausa mentre apriva la scatola (ancora) per poi prendere il sacchetto delle pedine, indicando l'unica nera. -Ma poi se si viene catturati si diventa un'Ombra, aumentando quindi il numero di "cattivi" nel gioco!- Con un gesto secco il ragazzo aprì il sacchetto, fregandosene del fatto che l'avesse praticamente strappato.

Le pedine caddero sparse a terra; ce n'erano di tutti i colori e sfumature: alcune erano semplicemente color pastello, altre erano a due o anche tre colori; a righe, a pallini, a quadri...circa una trentina di pedine l'una diversa dall'altra, tutte dei colori sgargianti, eccetto una.

 

-E per segnare chi di noi viene trasformato basta „macchiare“ la pedina con quel pennarello nero!- Che l’inglese si affrettò ad indicare. –Quindi…per vincere dovremo cercare di non trasformarci in Ombre!-

 

-Possiamo combatterle con le armi? Oppure possiamo solo scappare come conigli?- Luciano iniziò ad intrecciare un dito al proprio ciuffo, cercando di calmarsi. Pessima, pessima idea quella di andare li quella sera; sarebbe stato cento, anzi mille volte meglio rimanere a casa a leggere qualche raccolta di poesie di Leopardi o, magari, rileggere l’Odissea.

 

-Mh, ci stavo arrivando, caro.- Il tono di Oscar, a differenza delle parole apparentemente innocenti, sembrava quasi ringhiante, talmente bassa era la sua voce.

James e Matt si scambiarono un’occhiata d’intesa, sapendo quanto potesse essere inquietante il britannico una volta superato quello che loro chiamavano fin da piccoli il „punto di non ritorno“.

 

-Per combattere le Ombre dovremmo usare sia le carte Arma sia i Dadi Arma!- Grazie al cielo sembrava che quel „punto“  non fosse ancora stato varcato a giudicare dal solito tono mieloso e femmineo del ragazzo che, rapidamente, prese un altro sacchetto dalla scatola; questo conteneva quattro varietà di dadi. Albert, che era proprio accanto al biondo, si sforzò per cercare di contare quante facce avessero i dadi che, a quanto pare, erano tutti diversi tra di loro.

 

-Oscar, tesorino, posso vederli?- Flavio allungò la mano verso l’inglese e, sorridendo, iniziò a fissarlo; eh, quando l’italiano voleva una cosa all’inizio la chiedeva sempre fin troppo gentilmente…grazie a Dio non c’era bisogno delle „maniere forti“ del biondo, perché Oscar gli cedette subito i dadi, sorridendo a sua volta e sussurrando un -certo!- con quella sua vocina acuta.

 

Il maggiore delle due Italie aprì il sacchetto, stando attento a non rovinarlo; una volta presi i dadi Luciano cercò subito di prenderli al fratello, che però era troppo veloce e allontanò la mano, ridacchiando e chiudendola a pugno.

 

-Ah, Lucy, non fare il bambino!- Disse Flavio, continuando a ridere mentre „Lucy“ (soprannome che il moro odiava ma che era costretto a sentire praticamente sempre) incrociava le braccia al petto e sbuffava, voltando lo sguardo e assumendo un’espressione tremendamente accigliata ma anche tremendamente buffa.

Il francese e lo spagnolo ridacchiarono ma Albert, prima che Luciano potesse vederli e scatenare un’altra lite, portò una mano alle bocche di entrambi, tappandole e sospirando; a volte gli sembrava di dover fare da baby-sitter a quei due!

Flavio, che fino a quel momento stava osservando i dadi, notò la scena e rise ancora più forte, rendendo gli sforzi dell’albino invani visto che l’italiano più piccolo iniziò a fissare prima il fratello e poi i tre amici, nervoso.

 

-Che c’è da ridere?!- A momenti urlò e, il suo respiro, già sempre piuttosto veloce, accellerò di colpo; il maggiore se ne accorse e smise subito di ridere, così come Andrès e Pierre.

No, nessuno dei tre voleva che a Luciano venisse una crisi isterica o, nel peggiore dei casi, un attacco di panico (abbastanza frequenti nel ragazzo da ormai quasi una settantina d’anni a questa parte).

 

-Nulla, nulla. Oscar caro, dicevi, riguardo ai dadi?- Il tentativo di cambiare subito discorso di Flavio ebbe l’effetto desiderato: infatti Luciano si calmò immediatamente, abbassando lo sguardo e riprendendo ad intrecciare l’indice della mano destra con il proprio ciuffo.

Oscar sussurrò ai presenti di dargli un minuto per cercare nel libretto le istruzioni esatte: no, non voleva sbagliare nella spiegazione!

 

Flavio in quel piccolo lasso di tempo osservò il fratello minore, sospirando.

Odiava vederlo ridotto così: costretto a toccare in continuazione quella zona erogena nel misero tentativo di calmarsi.

Al biondo tornarono in mente gli svariati attacchi di panico che era stato costretto a calmare e, pensandoci, Flavio si accorse che ultimamente stavano aumentando: prima erano solo una volta ogni tanto: quando c’erano i fuochi d’artificio, durante qualche ricorrenza o festa, quando Luciano provava ad uscire da solo di casa..mentre ormai, da qualche mese ad oggi, a Luciano capitava di andare in crisi anche soltanto se sentiva il rumore della lavatrice mentre passava davanti al bagno, oppure la notte, quando c’erano i tuoni, spesso Flavio si trovava a dover correre in camera del più piccolo, che chiedeva disperato, tra i singhiozzi, aiuto perché non riusciva a respirare.

Certo che era proprio assurdo il suo Luciano: coraggioso solo quando si trattava di mostrarsi superiore agli occhi degli altri (come durante i loro piccoli litigi, dove alla fine il moro era sempre tranquillo) e poi così terrorizzato da cose che per molti sono stupide…ma non per Flavio.

 

L’italiano smise di fissare il fratello solo quando quest’ultimo si accorse di essere osservato. Il biondo sospirò e chiuse gli occhi; grazie al cielo gli occhiali da sole, che, si, portava anche di sera dentro le abitazioni, nascondevano la sua espressione corrucata.

 

-Eccoci! Ho trovato le pagine dei dadi!-

-Alla buon’ora- sussurrò qualcuno tra le Nazioni. Chissà chi poteva essere ad avere un accento spagnolo così pronunciato..e, per fortuna, Oscar non sentì quell’affermazione e prese un bel respiro, pronto a leggere.

 

-Fermo! Senti e se prima mangiassimo? Io ho una fame..- Matt fermò l’inglese prima che potesse parlare e, a seguire della sua richiesta, si levarono dei mormorii a favore del canadese. Be‘, in fondo erano quasi le ventuno e mezza (o, anzi, visto che erano tutti a casa del britannico, le nove e mezza p.m.).

 

-Oh. Va bene! Sapete, ho preparato un sacco di stuzzichini e dolcetti per tutti voi!- Oscar posò il libro nero nella scatola e si alzò dalla sedia per poi chiedere a James di accendere la luce, visto che era sempre rimasto vicino all’interruttore.

 

-Basta che dentro non ci hai messo del veleno per topi.- Ipotizzò il francese, alzandosi e porgendo una mano al tedesco albino, che l’afferrò aiutandocisi per tirarsi su.

 

-O magari dei chiodi.- Continuò Andrès, fissando male l’inglese.

Ad osservare lo scambio d’occhiatacce tra i due c’era Lutz che, divertito, si alzò a sua volta. Si, una serata proprio nella norma.

 

-Muovi il culo James, non mi va di aspettarti per mangiare.- E il canadese scomparì in cucina, seguito a ruota dai due tedeschi, da Pierre e Andrès.

 

-Aspettate! Devo apparecchiare la tavola!- Oscar li seguì a ruota, quasi correndo, lasciando i due italiani da soli, ancora seduti a terra.

Luciano fu il primo ad alzarsi e, una volta in piedi, si sistemò i pantaloni a vita alta. Flavio accennò un sorriso notanto che aveva smesso da qualche attimo di stuzzicarsi il ciuffetto.

 

-Io non ti aspetto.- Sussurrò Luciano andando in cucina mentre sbuffava, quasi altezzoso. Il biondo continuò a sorridere, alzandosi e pulendosi i pantaloni beige, dirigendosi anche lui in cucina, assieme agli altri.


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Eh. Non preoccupatevi, la parte faigah(?) dovrebbe arrivare già dal prossimo capitolo uwu (questo si è rilevato più lungo di quel che mi aspettassi owo).
Quindi..nulla <3
Spero vi sia piaciuto e lasciate una recensione, mi fareste felice ;w;
Un bacione e al prossimo aggiornamento!
Ele <3

   
 
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