Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
Segui la storia  |       
Autore: Unicorno Alato    03/03/2014    2 recensioni
Londra 1960
Lei, Figlia del re d'Inghilterra.
Lui, il solito bar-man.
Oppure no?
Isabella Beth Clark ha molti problemi nella vita. I genitori che non la comprendono, una società stringata e inflessibile. Cosa succederà quando conoscerà la trasgressione in persona?
Nessuno l'aveva fatta sentire così bene prima di allora.
C'è un piccolo problema però: Innamorarsi non rientrava certo nei piani...
Tratto dalla storia:
-Scusi Mr Bieber. Devo andare. Spero di incontrarvi di nuovo un giorno.- dissi mentre mi toglievo la maschera che avevo indossato per tutta la sera. La posi sul balcone e la lasciai lì. Se avesse voluto ritrovarmi l’avrebbe fatto grazie a quella.
-Se fossi in lei non cercherei di incontrarmi di nuovo.- Mi guardò torvo, e poi guardò la maschera. La prese in mano e la girò tra le dita. -Non sono il tipo per lei.- disse duro, con la voce spezzata e la mascella contratta, mentre la sua mano si stringeva sulla mia maschera. Non mi importava, era l’unico che poteva salvarmi da me stessa e l’avevo capito quella sera.
-E chi ha detto che lo deve essere?-
I fatti e i personaggi narrati sono puramente casuali
Genere: Fluff, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

' Mirror '

Sentivo il vestito stringere il mio corpo in maniera aggressiva e progressiva. Quasi fosse una morsa d’acciaio. Intanto guardavo fuori dalla finestra aspettando che il sole smettesse di splendere per fare spazio alla luna che incombeva senza timore di distruggere i sogni, le speranze. Ma portando con sé un senso di pace che nessuno mai si immaginava. Portava la notte, portava le stelle e portava tante cose belle. Portava anche il buio inquieto e silenzioso, che mi faceva paura. Sin da piccola ho avuto paura del buio. Poi però una persona mi ha fatto capire che non c’era niente di male nell’oscurità. E, in un certo senso, mi sentivo un po’ oscura. Sentivo che dentro di me c’era un mostro che usciva ogni notte, che mi dava il tormento. Mi stupivo sempre di quanto fosse potente la mia forza auto-distruttrice. Non ho mai pensato a nessuno che mi potesse far del male – per la mia famiglia, guardie del corpo eccetera, eccetera - mai, finché non ho scoperto la notte dentro di me. <<Katrin…? Ricordami perché devo andare a questo stupido ballo in maschera.>> Dissi nel panico più totale, mentre la stoffa del vestito si adattava al mio corpo minuto e mentre Katrin mi infilava le scarpe fastidiose e odiose e allacciava la stringa su di esse. Lei mi guardò per un secondo prima di tornare al suo lavoro sollevando di poco il vestito che ricadeva sulla sua testa.                          
<<Signorina Clark, perché lei è la figlia del presidente, e lei deve essere sempre presente. Visto che lei è il successore di suo padre nel caso.. beh, quando morirà.>> Mi disse con il suo strano accento australiano di cui ero pazzamente innamorata. Un giorno mentre mi stavo esercitando in matematica con lei chiesi se gentilmente mi poteva far capire come pronunciare perfettamente le parole con il suo strano accento. E siamo state tutto un pomeriggio nell’ intento di trovare un barlume di speranza per l’australiano, ma non c’era neanche un granello di polvere. Ero proprio negata.    
<<Ma Katrin… io non ho voglia.>> spiegai con la faccia stanca di tutto e di tutti. Cosa potevo dire agli invitati? Si, la mia famiglia è molto bella, solo quando ci siete voi però. In effetti la mia famiglia non mi considerava molto.. se potevo considerarla un famiglia certo. Mio padre e mia madre avevano impegni sempre, e mai tempo per me. Così avevano assunto una ‘Babysitter’. Katrin. Certo era più una madre. Lei c’era sempre, e c’è sempre stata. C’è stata quando mi sono fatta male la prima volta cadendo dall’altalena che lei stava spingendo. C’era quando un bambino mi prendeva in giro. C’era quando ho avuto la mia prima cotta. C’era quando ho avuto il mio primo bacio. C’era quando sono morta dentro. I miei genitori erano troppo occupati con l’amministrazione per accorgersi che ero morta. Certe volte speravo anche di non respirare più. <<Lei ci deve essere. È un suo dovere.>> marcò l’ultima parola prima di guardarmi negli occhi e mettermi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Era così gentile con me. Non lo meritavo, non meritavo affetto. Neanche da Katrin. <<Su Isabella. Devo truccarti adesso.>> Pure? Non bastava la tortura subita nell’istante precedente? <<Farò veloce lo prometto.>> e in un secondo sparì dalla mia vista lasciandomi sola, sulla sedia di camoscio della mia camera troppo grande. Mi guardai allo specchio per interminabili secondi. Il vestito che indossavo mi scopriva parte del petto, e si formava in una scollatura a cuore molto graziosa. Era di seta con dei drappeggi sul corpetto e  una gonna a sirena che cadeva perfettamente sulle gambe. Era di un celestino chiaro, quasi come l’alba. Un celeste schiarito dai raggi del sole. I capelli castani erano raccolti in una treccia lunga che arrivava sotto il seno. Questa era la mia unica pretesa. Potevano farmi di tutto. Trasformarmi il viso, cambiarmi il corpo a loro voglia, mettermi addosso i vestiti più strani e scomodi, la mia unica pretesa era la treccia. Perché mi rendeva unica. Almeno tra tutti quelli che erano nella sala potevano scorgere un unico particolare. La mia treccia. Tutte le dame tenevano i capelli raccolti in chignon complicati o sciolti. Io avevo il mio accessorio personale. Che mi rendeva unica.
<<Eccomi qui. Non ti accorgerai neanche che ho iniziato perché io avrò già finito.>> Katrin mi fece la linguaccia pronunciando quelle parole e io non trattenni una grossa risata che mi perforava la gola. Lei rise con me e come per magia, dopo uno schiocco di dita aveva finito. Sembrava una magia o mi ero addormentata? <<Ecco fatto, finito! Guarda che bel lavoro che ho fatto. Sono fiera di me, batti il cinque Katrin.>> disse e porse la mia mano destra sulla sua simulando un battito. Aveva ragione, questa volta aveva soddisfatto le mie richieste. O almeno.. quelle di mio padre, ma comunque mi piaceva il trucco, era molto leggero. Katrin aveva messo solo un po’ di fondotinta per le occhiaie e aveva tracciato una linea dritta sulla mia palpebra superiore. Basta. Stop. Il trucco era finito. Un sorriso si fece spazio sul mio volto incorniciando perfettamente l’immagine riflessa nello specchio. <<Se bellissima Bella non lo dimenticare.>> mi disse sfiorandomi con delicatezza il viso mentre lasciava un bacio sulla mia fronte. Sorrisi e poi mi alzai stanca di stare su quella sedia troppo comoda.
<<Oh dio.. Caro.. Caro!! Vieni a vedere..>> trillò mia madre sulla soglia della porta. Dopo di lei apparve un uomo in smoking che doveva essere mio padre. Per quello che ricordassi almeno.
<<Isabella Clark sei maledettamente stupenda figlia mia.>> disse lei come se fosse fiera della mia bellezza non del mio innato senso dell’immaginazione, o dei miei disegni spettacolari – come li aveva definiti Katrin – attaccati alle pareti, o dei miei voti presi negli anni scolastici. Era fiera della mia bellezza, che neanche potevo controllare. Era fiera di una cosa superficiale e sbagliata.
<<Si.. ma ha fatto tutto Katrin senza di lei tutto questo non può considerarsi reale.>> Era merito suo se ero bellissima. Era merito suo se riuscivo ancora a far apparire sul mio viso una smorfia che somigliava nettamente ad un sorriso.
<<Si.. Certo,certo.. Ovviamente. Ora sbrigati muoviti. Va a vestirti anche tu.>> Disse con freddezza spingendo il corpo di Katrin fuori dalla porta. Neanche un po’ di gratitudine.. che famiglia stupida. È stata lei a fare il lavoro sporco e si deve beccare anche le critiche. No questo non andava bene.
<<Queen non trattarla così! è lei che ha reso possibile tutto questo.>> Indicai il mio viso e il mio vestito.
Perché Queen? Perché è il nome di mia mamma, ma visto che non ho più la forza di volontà per chiamarla mamma la chiamo per il suo nome. Per fortuna quella sera Katrin sarebbe venuta con me al ballo con me.
Come farei senza di lei?




 

• Spazio Autrice
Salve a tutti! Mi conoscete già! Spero tanto che il capitolo vi piaccia, ci ho messo tanto impegno per farlo e vorrei ricevere almeno una critica. Positiva o negativa che sia. La ragazza misteriosa si è presentata finalmente. Isabella. Nome scontato lo so. Ma non sapevo cos'altro metterci. Mh.. mi scuso se in questi giorni vi ho lasciato da leggere solo la Prefazione che sono praticamente due righe, ma comunque mi sembrva carina come cosa.. Il fatto di fare un'introduzione ecco.. Vi accorgerete che uso molte similitudini e che nei miei capitoli ci saranno delle figure o dei personaggi simbolici. Che sono una cosa ma ne stanno a significare un'altra. se volete vi spiego com'è nata questa storia, visto che ho il tempo e la voglia di scrivere un po' di più nel mio spazio. Beh, stavo guardando un film in bianco e nero, su una donna che lavorava in un agenzia di diamanti e pensavo che fosse davvero brava. Quando c'erano le pubblicità mi sono girata e ho visto il poster di Justin attaccato alla porta di camera mia. E da lì ho iniziato a scrivere. L'ispirazione arriva quando meno te lo aspetti.
Vabbè. Vi ho raccontato un po' di cose, e io voglio in cambio solo una cosa: RECENSIONI. :) Spero tantissimo che il capitolo vi piaccia. Baci. xx
Ci vediamo quando ci vediamo.

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber / Vai alla pagina dell'autore: Unicorno Alato