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Autore: Mizar_89    26/06/2008    6 recensioni
PROLOGO: Due ragazze, due sorelle, che vivono divise a causa del divorzio dei genitori, vengono costrette a trascorrere l'estate insieme, nonostante le loro proteste. Shaula ha 16 anni, ha i capelli castani e gli occhi azzurri, un carattere testardo e determinato, e non sopporta la sorella maggiore. Mizar ne ha quasi 18, ha i capelli biondi e gli occhi azzurri, è schiva, solitaria, ha un animo da sognatrice e socializza difficilmente; inoltre si ribella costantemente alla volontà dei genitori, che non può proprio vedere. Solo 3 cose le accomunano: la passione per le arti marziali, in particolare per il ninjitsu, l'amore per i manga, soprattutto Naruto, e il legame di sangue che inesorabilmente le unisce. E un'amica in comune, Antares, che ha 17 anni e anch'ella una vita difficile alle spalle. Cosa potrebbe accadere, se improvvisamente si ritrovassero trascinate, dopo l'ennesima lite, in un futuro alternativo popolato da ninja, che troppo presto si sono illuse di conoscere?E soprattutto, quale sarebbe la loro reazione, al ritrovarsi confrontate con i loro opposti, che per eccellenza incarnano lo spirito di contesa e rivalità che spesso insorge tra i fratelli?
Genere: Romantico, Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Altri, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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raga

Capitolo 20: Not a game

Dopo quella che parve loro un’eternità, giunsero finalmente al castello del daimyo; come previsto, non si sarebbe rivelata un’impresa semplice: alte mura di roccia circondavano la rocca, e numerose sentinelle s’avvicendavano nei camminamenti dell’enorme pagoda.

«Decisamente il posto migliore dove nasconderci la formula di un veleno capace di ammazzare migliaia di persone…» pensò Mizar, con un sorriso amaro.

Si voltò verso Itachi, commentando ironica:”Non sarà certo una passeggiata”

“Ti ho sopportato finora, questo sarà nulla al confronto” ribattè lui con stesso tono.

La ragazza lo fissò sottecchi:”Sbaglio o hai appena fatto una battuta?”

Lui non le rispose, ma prese ad esaminare la situazione, studiando il modo migliore per infiltrarsi nel castello senza farsi scoprire.

Malauguratamente, dovette constatare che l’unica era risalire le imponenti mura pietrose, dalla parte in cui esse non si affacciavano sul lago palustre che quasi circondava la roccaforte; inutile dire che la possibilità d’essere scorti dalle guardie era elevatissima.

Fosse stato da solo, non se ne sarebbe nemmeno preoccupato, ma non poteva permettere che Mizar corresse pericoli.

Cosa ci trovasse di interessante poi, in quella piccola intrigante, nemmeno a lui era dato saperlo…Fatto stava che l’erede dei Koga era stata l’unica ad avere un po’ di fegato per parlargli schiettamente, ad affrontarlo a viso aperto, senza temerlo. Per la prima volta dopo anni, era stata la prima a trattarlo come suo pari.

Certo, non si sopportavano per niente, o meglio, si detestavano cordialmente ma, non poteva dimenticarsi che era stata Mizar a fermare Sasuke nel Paese dei Fiumi; in qualche modo, quella ragazza insopportabile aveva la capacità di andare oltre le banali apparenze, di vedere dove nemmeno suo fratello poteva…

Sembrava quasi che lei riuscisse a capire…il suo cuore…

Itachi scosse forte la testa, quasi cercasse di allontanare quei pensieri fuori luogo in quella situazione.

«La missione prima di tutto» si ripetè per l’ennesima volta.

“Allora, che si fa?” azzardò a chiedere la biondina, in un sussurro. In un primo momento fu sul punto di risponderle malamente, ma poi si rese conto di quello che lei aveva cercato di fargli capire da quella mattina: era la sua prima vera missione anbu, aveva bisogno di consigli e avvisaglie, non di commenti acidi e sprezzanti. Per quanto non la sopportasse, era pur sempre l’unico ninja su cui far affidamento da lì a Konoha…

“Sappiamo che abitualmente ci sono tra i mille e i milleduecento guerrieri in quella fortezza. Ora, contando l’ora, potrei mettere la mano sul fuoco e dire che un quarto di questi ha la licenza di trascorrere la notte fuori…”

“Perché?”

“Regolare visita alle case di tolleranza…”

Mizar arrossì, borbottando un:”Tipico dei maschi…” a stento inteso da Itachi, che proseguì nelle sue spiegazioni: “Comunque, dovranno essere di rientro all’alba, quindi per quell’ora noi dovremo aver già fatto ed essere anche parecchio lontani…”

Scoccò un’occhiata eloquente alla biondina, che lo fissò di rimando, perplessa:”Ci vorrà così tanto tempo prendere una stupida formula e levare le tende?”

L’Uchiha avrebbe riso volentieri:”Calcolando il numero delle stanze del palazzo, soldati, eventuali combattimenti e guai simili…sì. Anche perché dovremo attendere gli intervalli di tempo fra un cambio della guardia e l’altro, prima di poter passare le mura”

“Fantastico…E fra quanto dovremmo…”

“Adesso. Abbiamo un’ora di tempo per passare la prima cerchia di avvistamento e salire le mura prima che passi la ronda. Dobbiamo andare” concluse Itachi, pronto a ripartire.

Mizar sospirò: addio pausa di riposo…

 

 

L'interno della pagoda era completamente ligneo, con stucchi e finiture in oro, tappezzeria in seta rossa e bianca, shoji della più pregiata carta di riso.

La scelta di agire nottetempo si era rivelata azzeccata: un’incursione diurna, in un ambiente simile, avrebbe significato un sicuro fallimento.

«Saremmo stati troppo visibili»

Ma a quell’ora tarda non vi era anima viva: la servitù doveva aver terminato da poco le corvées nelle cucine, la corte si era già coricata da tempo ed il daimyo era probabilmente troppo occupato con le sue concubine.

Quanto alle guardie, molte di esse erano a spassarsela nelle taverne, e quei pochi rimasti non consistevano certo una minaccia…

«Per Itachi»

Mizar pregò di non trovarsi mai in condizione di dover uccidere per difendersi; ciò che le era inconcepibile di quel mondo era la facilità con cui venivano messe in gioco le vite…

Un rumore secco la fece voltare di scatto.

“Tranquilla” le disse Itachi, indicando un gatto nero che era balzato fuori da un enorme vaso di maiolica dipinta a mano.

La ragazza avvertì un brivido gelido correrle lungo la schiena. Non era superstiziosa, amava i gatti ma…

Come si dice, coincidenze insolite destano sospetti. E l’aver trovato il palazzo semideserto diceva già molto.

“Sei troppo nervosa” commentò improvvisamente l’Uchiha.

“Come sei premuroso…La stanchezza ti rende gentile?” ribattè ironica la giovane.

Occhiataccia truce.

“Ok, come non detto…Mi spiegheresti perché stiamo girando senza sapere dove andare, come se ci fossimo persi?”

Itachi inarcò un sopracciglio:”Cosa ti aspettavi, un bel cartello con su scritto ‘per il rotolo rubato, sali le scale e terza porta a destra del corridoio di sinistra’?”

Mizar lo guardò storto:”Lo sai invece dove devi andare tu?A…”

Improvvisamente il ragazzo si girò, tappandole la bocca con una mano.

“Chiacchieri troppo” disse in un sussurro.

La diciassettenne trasalì, trovandosi ad un soffio dal viso di Itachi.

“Dobbiamo stare attenti, e passare inosservati. Konoha non può permettersi errori”

L’Uchiha sfilò da una tasca della divisa anbu un minuscolo rotolo che, una volta aperto, si rivelò essere una piantina del palazzo.

“Come fai a…?”

“Raccogliere informazioni è la priorità per un ninja. Oggi pomeriggio, alla taverna, la conversazione con Yabu si è rivelata più utile di quanto potessi mai sperare”

Mizar lo fissò un istante senza capire, e allora il ragazzo accennò ad un sorrisetto che nulla aveva d’allegro:”Non sempre le informazioni si ottengono verbalmente”

Lo sharingan scintillò sinistro nel buio.

La giovane rabbrividì.

“Non ho avuto bisogno di torturarlo per avere questa, se è ciò che stai pensando. È stato sufficiente sondargli la mente, non aveva alcuna difesa a causa del sakè” disse l’Uchiha, come se fosse stata la cosa più ovvia, come se fosse normale e corretto violare il pensiero di qualcuno…

“Te l’ho già detto, prima di tutto la missione. Non sarai mai degna del nome di ninja, se anteponi al tuo dovere inutili vincoli morali”

Parole gelide come una secchiata d’acqua e dure come un pugno; ma prima che potesse trovare la forza di ribattere, si udirono improvvisamente delle voci, vicinissime.

In un solo istante, Itachi l’afferrò per un braccio, trascinandola dietro un paravento ornamentale posto in un angolo del corridoio che circondava il corpo centrale della pagoda, occupato da una tortuosa rampa di scale lignee.

Mizar cercò di ribellarsi, giusto per scostarsi quel poco sufficiente ad evitarle di essere incollata al ragazzo, ma la stretta di quest’ultimo le impedì di divincolarsi.

«Sta’ ferma!»

La sua voce le risuonò nella testa come un gelido ordine.

Il silenzio che regnava tra quelle mura venne improvvisamente spezzato da un rumore affrettato di passi: qualche secondo dopo, tre soldati apparvero di corsa dal nulla del corridoio.

“Sbrigatevi idioti, o il comandante ci farà ammazzare!”

“È colpa di Shirosuke se siamo in ritardo!Lui e le sue puttane!”

“Baka, se ti sei ubriacato per primo!”

“Zitti!Pregate che non sia accaduto nulla in nostra assenza!Se scoprono che non eravamo ai nostri posti nella ronda, potete anche dire addio alla testa!”

Le voci concitate si affievolirono in lontananza, perdendosi nuovamente nella sconfinatezza della pagoda.

“La via è di nuovo libera”

Mizar incrociò per un istante gli occhi di Itachi: se il ‘pericolo’ era passato, perché continuava a stringerla?

«Ma che cosa sto pensando…No, è fuori luogo e completamente senza senso!!!No, no…»

Le sembrò di vedere il diciottenne inarcare un sopracciglio, quasi incuriosito.

Ma non era possibile che le leggesse così i pensieri…Un po’ di rispetto per la privacy altrui, era esigere troppo?

“Koga, andiamo”

“Dove?” fu la domanda più ovvia che le balenò per la mente.

“Dobbiamo arrivare in cima alla pagoda” rispose Itachi, sbrigativo.

La kunoichi obbiettò:”Come fai ad essere sicuro…”

“Se avessi prestato un po’ più attenzione, magari con la tua abilità innata, ti saresti resa conto che in cinque piani non abbiamo ancora incontrato guardie, eccetto questi ultimi che, stranamente, sono saliti ai piani superiori…Ma, dimenticavo, tu non sai gestire il tuo chakra” aggiunse l’Uchiha, gelido.

Mizar non gli rispose, ben conscia che, se si fosse arrabbiata, l’avrebbero sentita fino a Konoha. Un gesto col dito medio fu più esplicativo di ogni parola.

«Comincio a capire perché hanno mandato me con questo qui, non hanno trovato nessuno disponibile a sopportarlo!! Maledetto Kakashi-sensei…If I survive, I swear…»

 

Molto lontano da quel luogo, a Konoha, un giovane quindicenne camminava sotto la pioggia, alla ricerca di risposte che non gli era dato conoscere.

Troppi perché che affollavano la mente, che si rifiutava di accettare quella verità offuscata, cruda ed al contempo semplice che già gli era stata rivelata.

Le parole di Jiraya, di Kakashi, di Mizar, ma soprattutto la voce di Itachi che gli risuonava nelle orecchie, dura come un pugno, fredda come il ghiaccio. Un peso nel cuore che non riusciva ad acquietare.

Sasuke chiuse gli occhi, il viso alzato al cielo, sentendo rivoli di pioggia gelida scivolargli lungo le guance, fino a perdersi sui vestiti fradici.

Non piangeva. Le lacrime sono disdicevoli, per uno shinobi; un simbolo di debolezza, di un’umanità che non è propria di una creatura che annoverava nelle proprie qualità il rispetto assoluto delle regole e l’assassinio.

Non piangeva, non l’aveva più fatto da quella notte. Col passare degli anni, aveva scoperto che la disperazione poteva essere confortevole, come le braccia di una madre premurosa.

Crogiolandosi nel proprio dolore, aveva vissuto sino a quel momento, compiendo le sue scelte, giuste o sbagliate che fossero. E, sebbene avesse abbandonato la folle idea di seguire Orochimaru, non aveva abbandonato l’unica ragione che l’avesse spinto ad andare avanti.

Nonostante sapesse di avere delle persone speciali legate a lui, non aveva mai smesso di bramare vendetta nei confornti di suo fratello.

Ma ora, che cosa gli restava?

Scoprire che Itachi fosse una vittima alla pari di lui, lo aveva sconvolto.

Ammettere che fosse innocente, significava ammettere con sé stesso di non avere più uno scopo nella vita.

Era sopravvissuto, aveva combattuto in nome di una vendetta che ora vedeva svanire in fumo sotto una coltre di pietà. Che senso aveva avuto, tutto ciò che aveva fatto? L’essere arrivato a un niente dal vendersi ad Orochimaru, l’aver fatto soffrire Sakura e Naruto per una volontà ferrea che ora non aveva più senso di perdurare. L’essersi reso conto di quanto la sua vita fosse vuota.

La porta di casa si aprì con un cigolio. Con i vestiti zuppi di pioggia, Sasuke si lasciò cadere sfinito sul divano, nell’oscurità della stanza, mentre fuori infuriava il temporale.

«Nulla ha più senso, oramai»

 

[Diverso tempo dopo, lontano da Konoha]

Ne aveva vedute tante, nei suoi diciotto anni, specialmente negli ultimi, passati a frequentare taluni pub nel cuore del Bronx, a New York. Aveva imparato, quasi a sue spese, cosa volesse dire stare alla larga dai guai. Ma mai, aveva dovuto mettere a repentaglio la sua vita. Mizar Koga non era un ninja, ma nessuno sembrava capirlo, in quel mondo.

Bambini abituati ad uccidere, addestrati a farlo, già in tenera età. La morte è parte dell’esistenza di uno shinobi.

E non c’è esperienza più fortificante della prima missione seria. Quando devi lottare, per portare a casa la pelle.

“Koga, muoviti!” ordinò Itachi, mentre correva qualche metro avanti rispetto a lei.

Negli ultimi…minuti? Nemmeno lei avrebbe saputo dire quanto tempo fossero rimasti in quella fottutissima pagoda…Aveva sperimentato letteralmente cosa significasse vivere la vita sul filo di un rasoio.

Perché, nonostante sentisse il peso del rotolo rubato nella sacca che portava su una spalla, la missione era ben lungi dall’essere andata a buon fine o dall’essere conclusa.

“CORRI E NON FERMARTI!»

Itachi. La sua mente di abile stratega aveva curato ogni dettaglio della missione con minuziosa precisione. Ma nemmeno il vero erede dello sharingan aveva saputo prevedere quali assurdi risvolti aveva assunto la loro impresa.

Una missione di recupero, con un livello alto dovuto più alla “scomodità” del nemico per Konoha, più che per la sua pericolosità. Una fortezza difesa da samurai, le cui abilità erano imparagonabili a quelle di due jonin.

Una missione facile, troppo. Quasi noiosa. Mai ipotesi si era rivelata più sbagliata.

 

[Prima…]

Erano riusciti ad arrivare indisturbati sino al piano riservato agli appartamenti privati del Daimyo.

Itachi e Mizar si erano separati per esplorare le due vaste ale, suddivise in un’infinità di stanze. Con ogni senso all’erta, la ragazza si era addentrata in quello che a tutti gli effetti era l’harem del padrone del palazzo. Le concubine “minori” alloggiavano in piccole stanze, in tre o quattro. Improbabile che il rotolo fosse lì dentro.

Via via che si addentrava verso il centro della struttura, le camere divenivano più grandi, sino ad essere veri e propri appartamente squisitamente arredati, ciascuno riservato ad una singola geisha. Le donne dormivano profondamente, in un sonno che la Koga ritenette provocato da una probabile sbornia.

Per il resto, nemmeno una guardia: gli uomini non erano ammessi in quel luogo di piacere privato, se non dietro ad esplicito invito del Daimyo. Nonostante ciò, credette di scorgere qualche figura maschile nascosta sotto le coperte di seta, avvinta nel sonno al corpo candido di una concubina. Giovani amanti passionali disposti a rischiare la vita, nel caso fossero stati scoperti. Nell’aria aleggiavano i rimasugli di quello che, senza alcun dubbio, doveva essere oppio.

Una casa di tolleranza in piena regola.

Inprovvisamente si trovò dinanzi ad un enorme shoji di seta rossa con ricami d’oro. Il cuore della pagoda.

L’appartamento del Daimyo.

Si guardò attorno con circospezione: Itachi non c’era. Lo shinobi era stato chiarissimo a tal proposito; se lei avesse trovato qualcosa, e se fosse stata sicura di non correre rischi, avrebbe potuto procedere.

E, per quello che poteva percepire con la sua abilità innata, di soldati non vi era nemmeno l’ombra.

Si era addentrata nelle stanze con accortezza felina, pronta a scattare al minimo cenno di pericolo. I muscoli le dolevano, tanto erano tesi nello sforzo di non fare il benchè minimo rumore.

Fece scorrere lentamente uno degli shoji del quartiere interno, e s’infilò nell’oscurita della stanza con un lieve fruscio.

«Perfetto, è vuota» pensò Mizar, con un sospiro.

Era un banalissimo salottino, adorno di imbottiture di seta verde giada, con un tatami fatto di tanti quadrettoni color muschio, su cui era ritratta l’effige di un samurai nell’atto di colpire a morte un dragone.

«Direi che qui non c’è nemmeno un parziale nascondiglio per quel rotolo. Ammesso che non il daimyo non l’abbia rivenduto. Chissà se Itachi ne ha tenuto conto…»

Iniziava ad essere stanca di giocare a nascondino in quel posto.

Stai attenta, Mizar. Non sottovalutare questa missione, e non considerarla un gioco. Ne vale della tua vita.

«Cosa?»

La ragazza trasalì. Chi aveva parlato?

Si guardò attorno, la mano già sull’elsa della katana.

Non c’era anima viva. Possibile che quella voce l’avesse udita…nella sua mente?

«Itachi?»

Silenzio assoluto. La biondina scosse la testa: cominciava anche a diventare paranoica?

«Meglio uscire. Qui non c’è proprio nient…WAAAH»

Rischiò di cadere, dopo aver inciampato in uno dei quadrati che formavano il tatami, leggermente sollevato rispetto agli altri.

Se ci fosse stato l’Uchiha, con ogni probabilità avrebbe avuto da ridire riguardo la sua “leggiadra destrezza”, o qualcosa di simile.

«Potevo anche farmi male!» pensò con stizza Mizar, fissando torva il tatami. Improvvisamente, le vide.

Macchie di un colore più scuro rispetto al rosso con cui era stato ricamato il drago. Si chinò per esaminarle.

Le dita toccarono quel fluido viscoso e tiepido, di un rosso quasi nero.

«Sangue»

Un brivido fastidioso le corse lungo la spina dorsale. Odiava vedere il sangue, era una sensazione più forte di lei.

Dopo quell’attimo di smarrimento, non potè fare a meno di chiedersi cosa ci facesse lì del sangue, finchè non s’accorse che le macchie costituivano una lunga striscia, che passava sotto l’altro shoji della stanza, come se qualcosa fosse stato trascinato fuori di peso. Qualcosa come un corpo.

«What the heck’s happening?»

La kunoichi si alzò in piedi, e seguì quella traccia umana, la curiosità morbosa che lottava contro la paura.

Oltre lo shoji, il sangue era un’unica scia che attraversava tutto lo stretto corridoio che portava ad un’ultima stanza.

Quella che doveva essere il sancta sanctorum di tutto il palazzo, la camera da notte del daimyo.

«La faccenda non mi piace. Dov’è quel cretino, quando c’è bisogno di lui?»

La presenza gelida di Itachi le sarebbe stata di conforto, in quel momento.

Camminò lentamente lungo le pareti, sino all’enorme porta di legno massiccio intarsiata di madreperla ed oro.

Il sangue andava oltre.

Sfoderò un pugnale, le dita strette con forza attorno all’impugnatura, la presa fin troppo salda, mentre l’altra mano spinse piano il grosso battente di metallo. Una fessura sottilissima, da cui riuscì ad intravedere una minuscola porzione della camera. E un’ombra proiettata sul pavimento, accanto ad un cumulo di stoffa che si contorgeva a terra.

L’ombra aveva in mano qualcosa. Mizar scorse il baluginio metallico, e sentì la lama fendere l’aria con un sibilo, sino a colpire la sagoma indistinta che giaceva a terra in preda agli spasmi. Un colpo secco, un gorgoglio simile ad un rantolo e poi s’irrigidì, restando immobile.

La ragazza trasalì, nel silenzio assoluto, e l’ombrà si alzò di scatto. L’aveva sentita!

«Merda!»

Indietreggiò contro il muro, appiattendosi contro di esso, il cuore che batteva forte. L’avrebbe trovata, con tutto il casino che faceva!

Sotto la porta vide la luce tenue venire oscurata.

«È finita»

Invece non accadde nulla. L’ombra sparì un istante dopo.

Mizar dovette attendere lunghi, interminabili secondi, prima di riuscire a trovare la forza di muoversi.

Sfoderò anche l’altro pugnale sai e, con lo Tsuki no Kokoro che ardeva nei cuoi occhi, colpì la porta con un calcio, spalancandola e balzando dentro la stanza, pronta a combattere. Ma era completamente deserta.

Chiunque fosse, se n’era andato.

Senza abbassare la guardia, si avvicinò con circospezione al cumulo di stoffe stracciate che giaceva a terra, in un lago di sangue. Il corpo di qualcuno, forse dello stesso daimyo. L’uomo aveva cercato di fuggire, era corso fino alla stanza in cui si trovava prima…forse c’era un passaggio nascosto sotto il tatami…In ogni caso, l’assassino doveva averlo raggiunto in fretta, e l’aveva ritrascinato fino alla camera da letto, per farlo fuori.

«Ma chi ha osato colpire a morte un uomo così potente, e come. Soprattutto, per quale motivo?»

Con il piede rivoltò il cadavere…E subito dopo dovette reprimere un conato di vomito.

Indietreggiò, gli occhi sbarrati dal terrore.

«Fuckin’ hell»

Il daimyo giaceva riverso con la faccia sconvolta dagli spasmi dell’agonia. Aveva fatto una fine orribile.

La gola era stata tagliata fin quasi alla decapitazione, lo squarcio aveva intaccato persino le vertebre del collo.

Paralizzata dal terrore, non riusciva a distogliere lo sguardo da quello scempio.

Il kimono candido era stato tinto di rosso dal sangue copioso e, fra le ferite che erano state inferte al corpo, vi era un grosso taglio aperto ad altezza del ventre, da cui…

Una mano le coprì improvvisamente gli occhi, e subito una voce la zittì prima che gridasse.

“Sono io. Non guardare”

Mizar si rilassò.

“Che cos’è successo?” domandò Itachi, facendola voltare verso di sé.

“N-non lo so…C’era qualcuno, prima…N-non ho v-visto chi fosse…” mormorò la ragazza, ancora scossa.

Un’ombra di nervosismo passò sul viso di Itachi.

“Dobbiamo andarcene. La missione è annullata”

“Ma…non abbiamo ancora trovato il rotolo…”

“Non importa, dannazione per una volta non discutere! È in gioco la reputazione del villaggio, se ci trovano e ci riconoscono saremo accusati di omicidio, e non ho intenzione di avere anche questo sulla coscienza!” ringhiò l’Uchiha a bassa voce, lo sharingan fiammeggiante nelle iridi.

Mizar deglutì e tacque. Uscirono di corsa nel corridoio, ripercorrendo la stessa strada a ritroso…

“Aspetta, Itachi!”

La ragazza si fermò di scatto, davanti alla porta della saletta con il tatami del dragone.

“Che cosa c’è?”

“Mi è venuta in mente un cosa che ho visto prima…forse…”

Corse dentro la stanza, ignorando il richiamo esasperato del jonin.

Gli occhi impiegarono un attimo a ritrovare il quadrato di tatami disconnesso.

Si chinò ad esaminarlo. C’erano i segni di una giuntura, sotto di esso! Con uno sforzo, riuscì a sollevare la finta botola.

“Koga, non è il momento di…”

“Sta’ zitto e vieni a vedere!”

In un balzo Itachi le fu accanto, e un lampo d’incredulità balenò nel suo sguardo.

Sotto il tatami non vi era alcun passaggio, ma lo spazio non era affatto vuoto.

Sacchetti di seta ricolmi d’oro e gioielli, armi e…un rotolo di pergamena con un sigillo argenteo, su cui era incisa l’effigie della Foglia.

“Finalmente qualcosa che va per il verso giusto” commentò Mizar, mentre l’Uchiha raccoglieva il rotolo con un mezzo sorriso.

“Ottimo lavoro –commentò- Adesso andiamocene”

Non fecero in tempo a fare una decina di metri, che l’urlo agghiacciante di una donna lacerò il silenzio.

«Maledizione, l’hanno già trovato!»

Corsero, quando improvvisamente la figura di una donna si parò dinanzi a loro; probabilmente doveva essere la stessa che aveva appena gridato.

Vi fu un istante di stasi, in cui tutti e tre si fissarono.

“FERMATEVI! GUARDIEEE, HANNO UCCISO IL DAIMYOOO…AAAAAAAAH!”

La geisha cadde riversa a terra, gli occhi vuoti e la tipica espressione di chi è preda di un’illusione.

“Muoviti Koga, non voglio dover affrontare l’intero reggimento di soldati!”

Raggiunsero il piano superiore del palazzo, l’ultimo…Erano finiti in un vicolo cieco!

“Itachi, dove stiamo andando?!! Siamo in trappola!” gridò la biondina, vedendo dinanzi a sé una parete di legno spessa, e sentendo decine di voci sempre più vicine.

“No che non lo siamo. Tieni stretto il rotolo” disse tranquillo l’Uchiha, lanciandole la sacca in cui lo aveva messo. Aveva esaminato la planimetria della pagoda, e se la ricordava. Voltò leggermente la testa verso la ragazza.

“Prendi la mia mano e non lasciarla”

“Cosa stai…”

“FALLO E BASTA!”

Le sue dita tremanti strinsero attorno alla mano sinistra del ninja, che le strinse forte.

“Avere la fiducia della propria compagna di squadra rende migliori anche le situazioni critiche, ricordatelo”

Prima che Mizar potesse capire ciò che le aveva appena detto, Itachi concentrò il chakra nella mano destra, e si lanciò di corsa verso la parete massiccia, trascinando la ragazza con sé.

“AMATERASU!”

Le fiamme nere carbonizzarono all’istante il legno, e sfondarlo non fu difficile. Con una spallata poderosa la parete cedette, e i due ragazzi si ritrovarono a precipitare nel vuoto, giù dall’alta pagoda, sino a finire dentro le scure acque del lago, come Itachi aveva astutamente calcolato.

Il grido di Mizar fu spento dall’aria gelida che le finì nei polmoni, un istante prima del tuffo.

 

L’acqua fredda le intorpidiva le membra, rallentando i suoi movimenti. Ci mancava solo che annegasse!

Con uno sforzo si diede una spinta di anche e nuotò fino alla superficie. Aria.

Le ci vollero diversi secondi per riprendersi.

«Itachi, maledizione a te, giuro che se ti prendo, non rispondo delle mie azioni!»

L’Uchiha riemerse qualche istante dopo, poco distante.

“Tu, razza di cretino! La volta prossima che ti viene in mente un’idiozia simile, non farla in mia presenza!”

“Non lamentarti come una bambina. Ringrazia di aver portato a casa la pelle, Koga”

“Di certo non grazie a te!”

L’Uchiha la fissò con gli occhi ridotti a due fessure:”Preferivi combattere contro tutti quei samurai?”

Mizar si morse un labbro.

“Come immaginavo. Nuota, se ne sei capace. Dobbiamo rientrare a Konoha, la vicenda non mi piace. Temo che avremo problemi” disse il ragazzo, prima di dirigersi verso riva con un impeccabile “stile libero”.

Una volta fuori, un’impietosa aria fredda si strinse nella sua morsa, anche se il jonin non diede il minimo segno di indebolimento, dimostrandosi un degno stoico.

“C-cosa f-facciamo o-ora?” domandò tremando dal freddo la biondina, strizzando alla bell’e meglio le gambe dei pantaloni fradici.

“Te l’ho già detto. Prima ce ne andiamo, meglio è. Muoviti” disse il ragazzo e, senza darle il tempo di riprendersi, riprese la corsa.

“Lo so che l’hai detto, non sono rimbambita. Ma…non me la dai a bere, qualcosa ti preoccupa”

Itachi la guardò, inarcando un sopracciglio:”Perspicace, Koga. Ciò che mi dà noia, di questa faccenda, è che non siamo gli unici a cercare quel rotolo. Non so se l’hai notato, ma nella camera del daimyo era tutto a soqquadro. Cercavano la stessa cosa che volevamo noi. Il daimyo deve averli scoperti, o deve aver tentato di mettere in salvo una plausibile fonte di guadagno, ed è stato tolto di mezzo”

«Tolto di mezzo? Credo che solo Jack the Ripper riducesse a quel modo le sue vittime!»

Mizar si passò una mano tra i capelli bagnati, e rifece la coda, continuando a correre.

“Non possiamo fermarci. Tra poco ce li troveremo addosso, ed è meglio evitare lo scontro”

“Vuoi dire che ce n’è più di uno? Ma chi…?”

L’Uchiha scosse il capo: aveva fatto un errore di calcolo, non prendendoli in considerazione.

“Il gruppo di ninja traditori assoldati dal daimyo per il furto del rotolo. Probabilmente, contavano di farsi pagare il lavoro, riprendersi la merce e rivenderla per conto loro”

La Koga lo fissò perplessa. “Come fai ad essere certo che siano stati loro?”

Un sorrisetto amaro.

“Semplice. Un samurai non avrebbe mai ridotto così un nemico, per questioni di onore. Un ninja se ne frega di queste insulse regole da codice. Ogni mezzo è buono per un fine”

Aveva appena riassunto l’essenza di due codici marziali esattamente agli antipodi: il Bushido e il Ninpo. Lei, li aveva letti, tempo addietro, ancora quando era a New York; tuttavia, non aveva mai percepito come la loro differenza abissale fosse così…spietata.

«Il fine che giustifica i mezzi? No…Io non sono così…AH!»

Un kunai apparve dal nulla e si conficcò con un rintocco metallico nel terreno dinanzi a loro. Si fermarono di scatto, all’erta.

“Ma che carini! Che bei discorsi filosofici…Siete proprio due mocciosetti freschi di accademia, anche se, lo ammetto, ci sapete fare” sibilò una voce melliflua.

Lo sharingan di Itachi perlustrò a fondo il fitto fogliame della foresta.

«Dove si nasconde?»

“Kuro, ma che dici? Sei proprio un idiota…Konoha ci ha fatto l’onore di mandare due anbu”

«Due»

“Chissà, magari le loro teste valgono già qualcosina”

«Tre»

“Mah, sono giovani, dei bambini che giocano a fare i ninja” commentò con una risata la prima voce.

L’Uchiha chiuse gli occhi. C’erano tre nemici, senza dubbio ninja di livello jonin, marchiati come traditori del villaggio di Kiri. Con un’ottima abilità di mimetizzazione.

Sorrise. Erano avversari perfettamente alla sua portata.

“Itachi…” mormorò Mizar nervora, accanto a lui.

Sfortunatamente, non avrebbe potuto dire lo stesso della ragazza.

«Maledizione. L’avevo detto a Kakashi, che avrebbe causato soltanto guai»

“Allora, piccoletti, ce lo date quel rotolo? Non vorrete farvi male” sghignazzò di nuovò la stessa voce, nascosta nelle tenebre.

Itachi riaprì gli occhi, annullando lo sharingan. Doveva giocarsi bene l’unica carta possibile.

“D-d’accordo. Ci arrendiamo. Vi consegnamo il rotolo, ma non uccideteci, vi prego” esclamò, simulando benissimo la sua paura.

Mizar lo guardò incredula:”Cos…”

«Quando escono allo scoperto, aspetta il mio segnale e vai. Corri, sempre verso est, non fermarti nemmeno se senti che le gambe non si muovono più. Arriva a Konoha, e consegna il rotolo a Tsunade»

«Ma…»

«Non discutere! Mi sei solo d’intralcio qui!»

La biondina sospirò:«Ma tu…»

«So cavarmela da solo, Koga. Non sono uno sprovveduto. Ora dammi retta, e aspetta il mio segnale»

Mizar annuì impercettibilmente, ed alzò le mani in segno di resa:”Ci arrendiamo. Non fateci del male”

“Uhuh, non ve ne faremo, carina”

Improvvisamente un ninja atterrò davanti a loro. Aveva un coprifronte con il marchio della Nebbia, e una grande scimitarra in pugno.

“Siamo persone magnanime, noi Spadaccini della Nebbia”

Altri due shinobi comparvero dal nulla accanto al primo, uno con un grosso macete in pugno, l’altro con due jitte dalle punte affilate.

Erano tutti uomini adulti, sulla trentina, e con un’aria tutt’altro che rassicurante.

“Dammi il rotolo, ragazzino, e prometto che non vi faremo un graffio…forse”

“Non ti credo!” gridò Mizar.

“Ma sentitela, quanto strilla questa pupattola. Bella, hai forse qualche altra scelta?”

Itachi le fece cenno di tacere.

“Non ne abbiamo. Prendetevi il rotolo ma, vi scongiuro, lasciateci andare…”

Infilò una mano nella sua piccola sacca, ed estrasse il rotolo rubato.

“Tenete!” gridò l’Uchiha, lanciandolo al ninja che a tutti gli effetti sembra essere il capo, quello con la scimitarra.

“Bravo piccolo, saggia decisione…MA COSA…AAAARGHHH!”

La carta bomba con il finto rotolo esplose non appena la mano del ninja.

Nel fumo spesso che li avvolse, Itachi agguantò Mizar per un braccio e la spinse avanti.

“Corri, e non fermarti! VAI!”

Senza replicare, la ragazza corse via.

«Sta’ attento» pensò in cuor suo.

 

Il fumo si diradò in fretta, spazzato via dal vento.

I tre mukenin erano ancora vivi, e solo vagamente storditi.

Non che Itachi contasse di levarseli di mezzo con una banalissima carta bomba, ma come escamotage momentanea aveva funzionato.

Era rimasto lui da solo, come previsto.

“Piccolo bastardo, come hai osato! Dov’è la mocciosa?!” gridò quello con la scimitarra, con una parte del volto scottato dall’esplosione.

“Uhuh, vi siete fatti fregare facilmente, per essere degli Spadaccini. Sicuri delle vostre referenze?” commentò in risposta il jonin, sardonico.

“MALEDETTO, NON NE USCIRAI VIVO! TECNICA DEL VELO DI NEBBIA!”

Subito l’aria si velò, avvolta dal fitto vapore perlaceo provocato dall tecnica.

“Koshiro –ordinò il mukenin con la scimitarra- tu resti con me. Shogen, va a prendere quella sgualdrinella e ammazzala”

Il ninja con il macete annuì con un sorriso crudele.
”Considerami già tornato, Hanzo” disse, svanendo con un fruscio.

«E ora a noi due, piccolo bastardo» pensò Hanzo, sfoderando la sua spada.

“Voglio avvertirti, ragazzino. Non ho intenzione di lasciare integro un solo brandello del tuo corpo. Preparati, non sai chi hai sfidato! Questa nebbia è il mio regno, non hai scamp…”

Prima che potesse finire, un kunai gli sfiorò la guancia bruciata, facendolo urlare di dolore.

“So chi sei, Hattori Hanzo di Kiri. Un misero ladro che se la spassa a fare il ninja. In merito a questo, t’invito a raccomandare te stesso ai Kami”

Itachi si stagliò innanzi al ninja, la sua chokuto in mano, e lo sharingan ardente come l’inferno.

 

E Mizar c’è! Dopo mesi trascorsi nel buio, ha affrontato a testa alta gli esami di Maturità e ora manca solo l’orale.

E lo scoglio di questo capitolo è andato. Grazie di cuore a tutti quelli che, ancora dopo tanto tempo, mi seguono.

Grazie (anche a Ale che mi sommerge di spoiler…In fondo gli voglio bene…)

Passando alla storia, direi che i tre Spadaccini hanno sfidato Itachi senza sapere con chi hanno a che fare…La vedo brutta. I loro nomi sono il mio ennesimo tributo a quello stupendo manga che è Basilisk (Agli appassionati di ninja consiglio di leggerlo!), come già lo sono i cognomi Iga e Koga, nonché i nomi dei capostipiti dei due clan Yashamaru Koga e Gennosuke Iga (In Basilisk i clan sono invertiti ^_^).

Per quanto riguarda il povero daimyo…Brutta fine, un po’ macabra. Ci stava.

Suggerimento: non fate come la sottoscritta che si è letta un paio di studi su Jack the Ripper (Il serial killer londinese che nel 1888 uccise cinque donne, sgozzandole e squartandole). Purtroppo quella simpaticona della mia prof di inglese ce li ha rifilati come compito di letteratura sulla Victorian Age. Soprattutto, non cercate dati in internet se siete presi da una sfrenata curiosità, molti siti hanno la disgustosa abitudine di esporre in bella vista le foto dell’epoca delle vittime. Diciamo che come esperienza la consiglio solo a qualche pazzo che vuole ragionare nell’ottica di un possibile scenario immediatamente post-strage del clan degli Uchiha: descrizione macabra assicurata, nottate insonni incluse.

Toccando argomenti più piacevoli…Finalmente, ESTATE!

E tempo di aggiornare senza dover anteporre casini scolastici.

A presto,

Mizar*89

 

 

  
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