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Autore: Quinny El FW    04/03/2014    1 recensioni
Quinn è rimasta vittima di un incidente che l'ha costretta sulla sedia a rotelle, non sa quanto ci rimarrà se per poco o se per tutta la vita quello che sa è che oggi è un grande giorno per lei e deve tornare al McKinley dai suoi amici del Glee che ricorda uno ad uno ed in particolar modo Santana.
Sola in camera Quinn passa il tempo a pensare a com'era e a come potrebbe essere, ma il tempo trascorre e sembra che nessuno si vada ad interessare di lei per darle aiuto e deve provvedere da se od almeno così sembra...
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Quinn Fabray | Coppie: Quinn/Santana
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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           Per un’amica pure io, Santana, farei di tutto.


Santana Lopez , per tutti sono solo una stronza insensibile senza cuore e forse non hanno tutti i torti eppure da qualche giorno sento che qualcosa dentro di me è cambiato, qualcosa che non so come chiamare.
Circa due settimane fa Quinn , la mia migliore amica, ha fatto un incidente d’ auto che le è costato l’uso delle gambe costringendola quindi su una sedia a rotelle per non si sa quanto tempo.
Probabilmente non lo ammetterò mai in vita mia però sento di doverle dare una mano, insomma la conosco da anni ormai e so come deve essere duro per lei stare così lo sarebbe per tutti in realtà eppure sento che per lei sia ancora più difficile tenendo conto anche del suo carattere.
Dopo l’ incidente Quinn è stata circa quattro giorni, una settimana al massimo, in ospedale ed io sono andata a trovarla anche se lei dormiva sempre e probabilmente nemmeno sa che ero io la persona che le lasciava sempre fiori sul mobile accanto al suo letto. Si, ora che ci penso bene credo che lo facessi apposta ad arrivare nella sua stanza, 329 , sempre quando dormiva in modo tale da non farmi mai vedere ne da lei ne da quell’ idiota di sua madre che era occupata sempre a fare il giro dell’ ospedale quasi come se fosse a Disneyland.
L’ unica cosa che sarebbe rimasta a Quinn delle mie visite all’ ospedale di Lima erano i fiori ed i petali secchi di rose o di altri fiori dai colori chiari dei quali non ricordo nemmeno il nome.
Avevo un orgoglio io non potevo mica farmi vedere fare cose così dolci nei confronti di un’amica?  Credo nessuno sapesse che i fiori e le saltuarie scatole di cioccolatini provenissero da me e non l’ avrei di certo mai confessato anche se qualcuno avesse improvvisamente tirato fuori delle prove.
Oggi, sapevo che Quinn sarebbe tornata a scuola al Glee le avevamo preparato una sorpresa ed ero un po’ nervosa non perché lei era sulla sedia a rotelle,  ma semplicemente perché temevo nelle reazioni che avrebbero potuto avere gli altri studenti del McKinley e non volevo che lei si abbattesse di più di quanto non potesse già esserlo. Volevo difenderla,  volevo starle vicino sperando di non diventare una rammollita sentimentalista ne una colla come Rachel che non faceva altro che sentirsi in colpa per l’incidente.

Indossai la divisa dei Cheerios e legai i capelli nella mia consueta coda alta, misi le scarpe, salutai mia madre  ed uscì di casa dirigendomi verso la scuola. Non ero in grande ritardo erano le 7.30.
Una volta arrivata mi diressi rapidamente verso l’aula dove avrei dovuto seguire la prima lezione e mi sedetti al mio solito posto in ultima fila, però qualcosa mi saltò subito all’occhio in quell’orrenda aula dalle pareti gialline: Quinn mancava.
Pensai che sarebbe venuta con un po’ di ritardo con un permesso speciale, ma alle 8.30 di lei non c’era ancora traccia. Non era da lei questa cosa. La prof era così idiota che le avrei facilmente potuto far credere di star male in modo tale che mi facesse dare un’ora o due di permesso per uscire per riprendermi ed infatti fu proprio quello che feci.
Mia madre venne a prendermi guardandomi perplessa senza riuscire a capire cosa potessi avere di così grave, poco contava però in questo momento il suo pensiero,  da farmi uscire solo per delle ore.
Uscita dalla scuola la guardai e le dissi semplicemente che dovevo passare a prendere Quinn a casa, lei non obbiettò e mi firmò un pezzo di carta che mi sarebbe servito come permesso per rientrare a scuola, come se ne morissi dalla voglia,  la salutai rapidamente e mi diressi a passo svelto verso Dudley Road.
Arrivata alla grande casa Fabray , che ormai conoscevo a memoria, attraversai il vialetto principale ed arrivata alla porta suonai il campanello e dopo svariati minuti capì che nessuno l’aveva sentito o mi sarebbe venuta ad aprire e così mi ricordai di quando Quinn mi aveva detto che c’era sempre un mazzo di chiavi nascosto dietro una pianta particolare e l’andai a prendere. Aprì ed entrai richiudendo a chiave e, mentre mi dirigevo verso quella che immaginavo potesse essere la nuova camera di Quinn al piano terra accanto alle scale, spaventai una cameriera che sculettava come una pazza indecente nel salotto spolverando con la musica nelle orecchie.
Aprì la porta della stanza e lo scenario che mi si presentò davanti fu del tutto impensabile e sconcertante ma al contempo talmente tanto divertente che non riuscì a trattenermi dal ridere a crepapelle in modo molto rumoroso sentendo poi cosa disse, o meglio cosa bofonchiò Quinn intrappolata in una tenda stretta a lei come fosse una salsiccia e stesa a terra con tanto di sedia a rotelle attaccata al sedere.  Data la posizione e la vicinanza con l’armadio nero immaginai che si volesse vestire e che la madre era scomparsa come sempre.
Mi avvicinai a lei e, dopo averle detto due cose divertenti e sarcastiche la guardai meglio. Credo che sarebbe anche potuta soffocare in quel coso tanto che era stretto. Basta dovevo aiutarla, specialmente dopo il suo chiaro urlo “AIUTAMI SANTANA”.
Mi abbassai inginocchiandomi e le dissi, per tranquillizzarla sentendola piangere a singhiozzi: -“Non piangere Quinn, non devi preoccuparti ora ti libero io…almeno sono arrivata in tempo no?” -
Ovviamente lei non rispose,  ma non c’era bisogno sarebbe stato solo fiato sprecato.
Tolsi il cordino dal fermo della sedia a rotelle al quale si era incastrato e lo tolsi delicatamente almeno così liberandola dello stritolamento.
-“Ecco vedi? Ora stai già meglio”-  dissi mentre le toglievo piano la tenda di dosso non volendole fare in alcun modo del male e non sapendo dove fossero i vari agganci della sedia.
Dopo una ventina di minuti l’avevo completamente liberata e potevo vedere che era stravolta, sembrava fosse reduce di una guerra e la sua camera ne era la conferma,  doveva esserle caduto tutto addosso ed ad ogni oggetto che cadeva potevo facilmente immaginare che fosse stato accompagnato un senso di fallimento sconfitta e tristezza infinita.
Presi la sedia e la rimisi dritta mentre lei era ancora a terra stesa sul pavimento,  poi mi abbassai e le misi le mani intorno al mio collo prendendola in braccio posandole le gambe insensibili sulle mie braccia, non era pesante.
-“Grazie Santana” – mi disse semplice ed io le accennai un timido sorriso come per dirle che non doveva preoccuparsi di questo e la guardai
-“hai i capelli tutti in disordine e poi si vede che hai pianto molto, hai il viso rosso e rigato, dobbiamo davvero darci una sistemata Fabray non puoi mica venire così a scuola?”- domandai nel tentativo disperato per lo meno di vedere sul suo viso accennarsi un sorriso,  ma nulla.
Sembrava muta, non parlava mi guardava e non faceva altro che guardarmi e tenersi sempre più stretta a me come se temesse che la potessi lasciar cadere.
“Andiamo al bagno, ti do una mano a lavarti il viso poi ti aiuto a vestirti ed andiamo a scuola, c’è molta gente che non vede l’ora di rivederti.”  Aggiunsi semplice dirigendomi poi verso il bagno in camera che aveva e, mentre andavo verso di esso che fortunatamente aveva la porta aperta, vidi una scatola trasparente con tutti i petali dei miei fiori lo seppi con certezza quando lei disse: - “Quelli sono tutti i fiori che mi sono arrivati in ospedale,  non so chi me li ha mandati, non c’era nemmeno un biglietto ne su quelli ne sulle scatole di cioccolatini”-.
Sorrisi e la guardai nei suoi bellissimi occhi verde smeraldo: - “Non c’è bisogno di saperlo, conta il pensiero, ora sai che qualcuno è venuto da te. Qualcuno che è più vicino di quanto tu stessa possa immaginare.” – Dissi semplicemente sapendo di starle così mettendo curiosità e la cosa devo ammettere che mi eccitava.
Entrai nel bagno e la posai su una sedia facendola reggere forte ad un mobile mentre rendevo tiepida l’acqua nel lavandino dove avevo messo il tappo di gomma in modo tale da poter creare una specie di pozzetta per facilitarle il lavarsi.
Tornai in camera e portai la sedia a rotelle nel bagno e lo misi di fronte al lavandino, andai da lei e la presi in braccio come prima posandola sulla sedia, ma mi accorsi che non sarebbe mai potuta riuscire a lavarsi da sola, quel dannato lavabo bianco era troppo alto per la sua nuova altezza, ma era mai possibile che quell’idiota della sua madre fosse così stupida da non riuscire a capire che doveva mettere tutto alla nuova portata della figlia? A quanto pare si. Sbuffai e vidi nel volto di Quinn un amarezza infinita e quasi una vergogna per quella situazione e le sorrisi incrociando le braccia al petto sotto la maglia della mia bella divisa: -“ Ascolta non devi essere così triste Q. So che non è facile però ci sono io ora quindi ti do una mano a lavarti e giuro che non ti farò le foto senza maglia.” – aggiunsi poi ridendo per quest’ultima frase e mi tolsi la giacca della divisa buttandola a caso su una panca e le tolsi la maglia.
Non avrei mai e poi mai pensato in vita mia di ritrovarmi a vedere il seno di Quinn eppure era inevitabile del resto era facilmente immaginabile che sotto la maglia del pigiama non avesse il reggiseno. Riempì i palmi delle mani di acqua con poco sapone e le avvicinai al suo corpo ed al suo viso quando all’improvviso lei mi parlò.
-“ Non voglio che tu lo faccia Santana, non voglio che tu mi veda così, ti prego esci. Non voglio, sono troppo in imbarazzo e non voglio stare senza maglia davanti a te. Lascia stare.”- disse guardandomi negli occhi ed io mi persi nei suoi vedendoli lucidi non so se perché voleva continuare a piangere o se era solo ancora scossa da prima, ma sapevo che non avrei mai potuto lasciarla così non me lo sarei perdonata e poi si sa che io, Santana Lopez, quando mi fisso una cosa in testa costi quel che costi la porto a termine.
-“ Non preoccuparti Fabray non ho intenzione di violentarti e poi è inutile che insisti tanto lo sai benissimo che non me ne vado fino a che non ti ho aiutata e fino a che non siamo usciti da questa dannatissima casa. Insomma tutti abbiamo bisogno di qualcuno e per quanto assurdo possa sembrare io sono qui per questo, c’è qualcosa a scuola che tu devi vedere. Ricordi? Iniziamo insieme e finiamo insieme…” – dissI semplice e cercando di essere il più convincente possibile guardandola negli occhi e sapendo che le ultime cinque parole del mio breve discorso rappresentavano per noi una certezza, ce l’eravamo dette insieme e con Brittany due anni fa circa quando entrammo nel Glee e  ce lo continuiamo a dire sempre per farci forza, aspettai la sua risposta guardandola fissa nei suoi occhi e vedendo nelle sue pupille quasi in maniera chiara il riflesso del mio volto. Ero curiosa di sentire cosa mi avrebbe risposto, ma avrei aspettato che sospirasse e che prendesse tutto il tempo necessario per parlare.



 
  
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