Capitolo 5: I Ricordi Che Ci Perseguitano
John l’avrebbe chiamato spiare. Diamine, Sherlock sapeva che lo era. Si fermò sul marciapiede; bavero del suo Belstaff alzato contro la pioggia ("così da sembrare figo", John aveva detto una volta) e li guardò mangiare la cena. Ingoiò l'amarezza e la bile che saliva in gola mentre osservava e deduceva, e cercò conforto amaro nell'unica cosa che aveva tralasciato.
Stavano bene insieme. Con la pelle pallida e i riccioli d'oro di lei e gli occhi azzurri e le spalle forti di lui, sembravano veramente appartenere l’una all'altro. Sembravano una coppia in procinto di innamorarsi follemente, sposarsi e sistemarsi in una vita normale con un lavoro e bambini e tutte le cose che le persone vere fanno nelle loro vere vite.
Non era odioso?
Lei si protese oltre il tavolo del piccolo pub incredibilmente intimo dove stavano bevendo e gli toccò il braccio. Per un brevissimo secondo, il sorriso lasciò le labbra di lui e i suoi occhi diventarono ombrosi e distanti. Nel secondo dopo, era tutto passato e lui era vivace. Era incandescente. Si stava, a tutti gli effetti, innamorando.
E se le sue spalle erano leggermente tese e la sua mano teneva quella di lei non così saldamente come lei teneva quella di lui, sarebbe stato il loro piccolo segreto. Non l’avrebbe mai guardata con aperto stupore e chiamata "straordinaria" per la sua veloce e magnifica mente. Non avrebbe mai corso per le strade di Londra con lei, drogato di adrenalina che gli avrebbe fatto battere il cuore in gola. Non l’avrebbe mai baciata come se volesse assaggiare la sua anima. Non sarebbe mai, mai stato completamente suo.
E questo doveva essere sufficiente.
Ignorando il violento dolore nel petto, Sherlock se ne andò.
Note dell’autrice:
Questo è solo un breve capitolo (imperdonabilmente breve) per organizzare l'enorme capitolo in arrivo. So che ho promesso un grande capitolo ed è in corso. 10 pagine scritte, molte di più in arrivo. Grazie per la pazienza, ragazzi, e spero che non vi deluderò.