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Autore: Dream_world    08/03/2014    3 recensioni
Questa è una vera e propria AU dove Sasori e Deidara vanno a scuola (anche se nella storia vi passeranno sì e no cinque minuti) e, mentre Deidara è il tipico ragazzo popolare e figo, sempre circondato da ragazze, Sasori è un'appassionato di fotografia. Fin qui tutto normale, ma ben presto Sasori si accorgerà che l'altro non ama farsi fotografare, e si chiederà il perchè...
Vi anticipo solo che non tutto è come sembra, ed in questa storia tutti i personaggi nascondono dietro delle maschere stereotipate dei sentimenti veri, che sono riusciti a far commuovere me mentre scrivevo, e spero riusciranno a far provare qualcosa anche a quelli che leggeranno!
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akasuna no Sasori, Deidara, Kisame Hoshigaki, Konan | Coppie: Sasori/Deidara
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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Un sottile raggio di luce filtrava dalle tendine azzure della finestra e come al solito andava ad infastidire uno degli occhi chiusi di un dormiente Sasori.

Ma cos'ho fatto di male per essere disturbato in questo mod... Oh! La sveglia ha suonato, ma non l'ho sentita! Devo assolutamente alzarmi se non voglio arrivare in ritardo!

Gettò le coperte da una parte e balzò fuori dal letto con un'energia che non aveva mai avuto la mattina ed il motivo era semplice: la felicità procurata dall'avventura del giorno precedente non se ne era andata.

Deidara aveva avuto ragione.

Pur senza fotografare quel meraviglioso tramonto, Sasori ancora conservava dentro di sè tutte le emozioni che gli aveva suscitato.

Il suo ottimo umore permetteva ai suoi pensieri di fluire liberamente nella mente, uno dopo l'altro, senza freni, però... vi era sempre qualcosa che lo lasciava perplesso.

Questo qualcosa era la facilità con cui Deidara gli aveva parlato della sua vita, come ad un vecchio amico di cui si fidava, e l'ancor più grande rapidità con cui erano entrati in sintonia l'uno con l'altro.

Di solito Sasori faceva amicizia con difficoltà e di certo non aveva mai parlato ad un'altra persona con il cuore in mano allo stesso modo del giorno precedente, soprattutto di argomenti che non aveva mai affrontato se non con sè stesso, nell'intimo del suo io interiore, e questo lo spiazzava molto.

La sua confusione era palese: da un lato era felice di essere finalmente riuscito ad aprirsi con qualcuno che si era rivelato per quello che era in realtà, ma aveva anche il timore di aver detto troppo di sè e della propria vita.

La paura di venire tradito e conseguentemente abbandonato era grande, e Sasori non voleva provare di nuovo quei sentimenti che ancora bruciavano dentro il suo cuore.

Che fare, dunque?

Andare a scuola era la prima cosa che gli venne in mente e così uscì dal portone di casa giusto in tempo per prendere l'autobus.

 

Cosa dovrei fare?

Ieri sono stato così bene... dovrei proporgli di uscire ancora?

E se poi racconta ai suoi amici che sono solo un povero stupido che si diverte a rompergli le scatole?

E se invece lui avesse voglia di parlare di nuovo?

Se avesse altro da dirmi?

Mandami un segno, nonna...

 

I pensieri nella mente di Sasori andarono a rifugiarsi nell'abbraccio caldo e morbido del ricordo della nonna, che gli portava sollievo, seppur per poco.

Mentre ripensava ai momenti felici passati con lei, sperando che potesse aiutarlo a decidere cosa fare, gettò uno sguardo fuori dal finestrino dell'autobus e vide qualcosa che poteva davvero essere un segno: una moto rossa fiammante il cui motociclista aveva dei lunghi capelli biondi tenuti dal casco, ma lo stesso agitati dal vento passò sfrecciando e sparendo dalla sua vista dopo pochi secondi.

Deidara era appena passato accanto al suo autobus.

Non era mai successo, o quantomeno non se ne era mai accorto.

 

Nonna, grazie.

Ho capito cosa devo fare.

 

Arrivato alla sua fermata, scese dal mezzo insieme ad una piccola schiera di studenti e varcò il cancello della scuola.

Camminando a passo svelto si avvicinò al parcheggio dove Deidara era solito lasciare la moto e giunto lì si accorse che il biondo era ancora seduto su di essa.

Il problema, però, era la folla di ragazzi e ragazze che lo circondava.

Sasori aveva dimenticato quanto il suo nuovo amico fosse popolare e non aveva fatto i conti con il fatto che sarebbe stato difficile avvicinarlo da solo per parlargli.

E dire che nell'ultimo mese era stato così attento ai suoi spostamenti e alle sue azioni...

Il rosso rinunciò a provare di avere un contatto con Deidara, e cominciò ad avviarsi verso la sua classe con le spalle basse e la schiena curva, quando all'improvviso sentì una serie di voci lamentarsi scocciate e un rumore di passi in avvicinamento.

«Dai, resta un altro po'!»

«Perchè non ci fai compagnia?»

«Che figo che sei!»

Quelle voci.

Ragazzine in piena crisi ormonale che chiamavano l'oggetto del loro desiderio: un bel motociclista palestrato era perfetto per loro.

«Ehi!» una voce dietro di lui cercava di attirare l'attenzione di qualcuno. Sasori abbassò lo sguardo ed affrettò il passo, mettendosi le mani in tasca.

«Sasori, dico a te!», la voce si rivolgeva a lui.

«Ma che stai facendo, Deidara! Torna qui!» le oche continuavano a tormentare il ragazzo.

Sasori si girò lentamente e si trovò davanti il biondo che sorrideva sereno, ignorando bellamente le ragazze che strillavano e commentavano fra loro quanto desiderassero portarlo a letto, anche più volte di fila.

«C-che ci fai qui?» fu l'unica domanda che riuscì a fare.

«Beh, io vengo a scuola qui, ma dovresti saperlo, visto che ci incontriamo praticamente ogni giorno!»

«Io effettivamente intendevo... Che ci fai qui, con me? Le tue amiche laggiù non sembrano molto contente di ciò» così dicendo indicò con la mano lo stuolo di ragazze che circondavano la moto dell'interessato, che roteò gli occhi azzurri per poi piantarli in quelli scuri dell'amico.

«Credi davvero che sia meglio stare con quelle lì? Caspita, darei qualsiasi cosa perchè la smettano di comportarsi così con me»

«Semplice, loro non saranno più così interessate a te se tu smetterai di essere così...» e si bloccò, senza trovare un aggettivo decente per descrivere Deidara.

Affascinante? Figo? Nah, non era certo il caso di ammettere che lo era.

«Embè? Smettere di essere così come?» lo imbeccò questi.

«Smettere di essere così e basta. Se tu fossi come tutti gli altri ragazzi non ti calcolerebbero neanche di striscio, un po' come fanno con me»

«Permettimi di dissentire. Tu non sei come tutti gli altri ragazzi...» disse con voce ferma il biondo, proprio mentre la campanella che segnava l'inizio della prima ora suonava.

«Dobbiamo andare...» sussurrò Sasori.

«Ascolta, ti va se dopo la scuola facciamo un giro insieme?» propose su due piedi Deidara, cogliendo l'amico di sorpresa.

«Mh... Non vedo cosa ci sia di male! Okay, ci vediamo al cancello principale dopo la quinta ora?»

«Puoi contarci!» sorrise il motociclista, facendogli un occhiolino prima di sparire dentro il prefabbricato in cui si trovava la sua classe.

 

 

Deidara passò tutta l'ora di storia a ricordare.

Ricordare sensazioni, sentimenti, emozioni provate.

Le manine paffute del suo fratellino spesso tornavano a tormentare il suo cuore.

Gli occhi azzurri del padre, quelli verdi della madre gli mancavano, ma gli davano anche la forza di andare avanti, di costruire il futuro che era stato rubato loro.

Però... All'improvviso qualcuno di diverso si presentò dai suoi ricordi.

Si sentì quasi scocciato quando il volto di un ragazzo dai capelli rossi, debole ed indifeso, si presentò nella sua mente, insieme a quelli dei componenti della sua famiglia.

Lui non c'entrava nulla, stonava in mezzo a loro, l'unica testa scarlatta in mezzo a tanti capi dorati, ma allora perchè mai vedeva mentre giocava con lui ed il suo fratellino? Mentre sua madre preparava da mangiare e lui la aiutava?

Era forse impazzito?

«Deidara, visto che non eri molto attento... voglio sapere che cosa ci faceva Napoleone in Italia...» l'anziana professoressa di storia l'aveva beccato mentre pensava alla sua famiglia e a Sasori e lo stava umiliando davanti alla classe con una domanda a cui non sapeva rispondere.

Non gliene importava molto, però, quindi, dopo essersi scusato, chiese il permesso di andare in bagno.

Ci mancava solo la vecchia per completare il quadretto...

Si sciacquò il viso e poggiò le mani sul lavandino bianco, stranamente pulito per essere quello di una scuola.

Cavolo, ma perchè vedo lui con loro?

Il suo volto, quello di Sasori quando Kisame lo tormentava il giorno prima, continuava a fare capolino nella sua mente.

Quel viso, però, non era poi così fuori luogo.

Il ragazzo si rese conto che la sua presenza non gli dava affatto fastidio, anzi... lo rincuorava, in un qualche strano modo.

Si sentiva sereno se lo sapeva al sicuro.

Aspetta, Dei... Forse ho capito.

Deidara non era riuscito a proteggere la sua famiglia, ma stavolta doveva riuscire a salvare quel giovane ragazzo che aveva molti più problemi di quelli che dava a vedere.

In quel momento Deidara si rese conto di avere finalmente uno scopo nella vita e promise a sè stesso che avrebbe messo tutte le proprie energie nel perseguirlo.

Tornò presto in classe e continuò a pensare ad altro mentre la prof imperterrita narrava le avventure di Napoleone.

Aveva capito che doveva salvare Sasori, ma non sapeva ancora che sarebbe stato l'altro a salvare lui, prima o poi.

 

 

 

Sasori continuava a tremare sulla sedia, facendo rimbalzare entrambe le gambe a ritmo per via di un tic nervoso molto comune.

Ma avrò fatto bene a dirgli di sì? A me quello sembra un po' pazzo. Ma che dico? Lui ieri si è fidato di me, mi ha raccontato tutto di lui e ora io gli do del pazzoide? Ma la nonna... mi ha dato un segno! Effettivamente non era proprio un segno, può essere stato un caso... Ah, che faccio?!

«Sasori, per favore, stà un po' fermo!» la voce disperata del suo compagno di banco fece sussultare il ragazzo immerso nei suoi pensieri.

«Oh, scusa, non mi ero accorto di stare tremando» disse, cercando di fermare le gambe che parevano animate di vita propria.

Bene, ormai gli ho detto che ci vado e ci andrò.

Ma... dove mi vuole portare? Perchè gli ho detto sì?

Continuò a lamentarsi nella propria mente per un altro po', fin quando la campanella della ricreazione non suonò e finalmente potè uscire dall'asfissiante aula colma di ragazzi e recarsi a fotografare qualcosa o qualcuno.

Teneva come al solito la macchina fotografica appesa al collo e la prese appena vide una ragazza che mangiava un gelato, pronto a chiederle se poteva immortalarla, quando un ragazzo biondo con i capelli lunghi gli si parò davanti sorridendo a trentadue denti.

«Sasori!» esclamò.

«Deidara!» sussultò spaventato dall'improvvisa comparsa dell'amico.

«Che hai? Stai tremando... Sicuro di star bene?» disse Deidara corrugando la fronte.

«Eh? S-sì, sto bene, mi sono solo spavent-» e venne subito interrotto dal biondo.

«Fantastico! Allora ci vediamo all'una davanti al cancello principale, come avevamo deciso prima, ok?» riprese il suo sorriso di sempre, trasmettendo immediatamente a Sasori molta calma che lo fece diventare di buon umore. Perchè mai si era fatto tutti quei film horror mentali?

«Certo! Ma, tanto per sapere, dove vuoi andare?» chiese.

«Mh... Sorpresa! Sempre che non piova, perchè se no non si può fare» fece un sorrisetto sarcastico.

«Okay... Allora a dopo!» sorrise Sasori, allegro.

«Hai forse tutta questa fretta di liberarti di me?» lo incalzò Deidara.

«Credevo che tu volessi andare da qualche parte, visto che... Ah, lasciamo stare!» sospirò il rosso passandosi una mano fra i capelli.

«No, io non devo andare da nessuna parte... Piuttosto, tu che volevi fare con quella in mano?» disse indicando la Canon del ragazzo di fronte a lui.

«Beh, volevo fare una foto a quella ragazza laggiù» si scostò leggermente per far vedere chi intendesse all'amico, ma la sua modella improvvisata era sparita, forse andata via con delle amiche.

«Oh, non c'è più... Sarà per la prossima volta! Che ne dici se facciamo un giro insieme?» propose un Sasori insolitamente sicuro di sè e Deidara accettò subito, cominciando a camminare al fianco del ragazzo.

«Allora... È da un po' di tempo che volevo chiederti una cosa, ma non c'è stata mai occasione di farlo...» cominciò il rosso, ricordandosi di una cosa di cui aveva sentito parlare a proposito dell'amico.

«Spara! Sono tutt'orecchi»

«Dei ragazzi, qualche giorno fa, dicevano che all'ultima corsa in autostrada sei stato bravissimo e hai vinto un sacco di soldi... Erano abbastanza contenti del fatto che presto parteciperai ad un'altra gara e mi stavo chiedendo... Non è che queste "gare" sono quelle famose corse clandestine di cui si sente tanto parlare?» Sasori sapeva benissimo che era così, ma voleva conoscere tutto ciò che stava dietro quelle competizioni, come mai Deidara vi partecipasse e quanto erano pericolose.

«Oh, non credevo sapessi anche questo!» ammise il biondo, ma il suo volto non mostrava la minima sorpresa. Era sorridente come sempre quando cominciò a raccontare.

«Beh, ci hai azzeccato. È da circa due anni che ogni sabato partecipo a delle corse "non proprio legali" in autostrada con la mia moto e nelle ultime settimane mi sono portato a casa un bel gruzzolo perchè ho trovato un meccanico che sa fare il suo lavoro, non so se mi spiego...» sorrise eloquente mentre indicava il proprio bolide parcheggiato accanto al prefabbricato dove si trovava la sua classe.

«Ah... Moto modificata di recente? Io non me ne intendo molto di motori e questo genere di cose» sussurrò il rosso grattandosi la testa, vagamente imbarazzato per questa sua ignoranza.

«Hai afferrato il concetto, è questo che conta. Riguardo alla gara che sto per disputare, si terrà sabato come sempre, nel remoto caso in cui ti interessi venire a vedere. Se vuoi possiamo andarci insieme, anche se non credo sia qualcosa a cui ti piacerebbe assistere...» disse Deidara abbassando leggermente il capo, sperando in fondo al cuore che l'altro non accettasse.

«Voglio venirci» affermò Sasori convinto.

«Cosa?» esclamò il biondo puntando gli occhi azzurri in quelli del rosso.

«Mi piacerebbe vederti mentre corri con la moto, che c'è di male?»

«Un sacco di cose. Se per caso passasse una pattuglia della polizia ti arresterebbe, giusto per fare un esempio» cominciò il motociclista, vagamente infastidito dall'aria da finto innocente di Sasori.

«E poi qualcuno potrebbe investirti per sbaglio, potrebbe esserci qualche incidente, potresti incontrare qualche malintenzionato, qualcuno potrebbe...» e avrebbe continuato a lungo se l'amico non avesse smesso di camminare per guardarlo intensamente negli occhi e affermare:«So badare a me stesso, ho quasi diciott'anni, voglio venire a vedere la corsa. E poi l'avevi appena proposto tu, vorresti forse rimangiarti la parola?» questa volta era il suo turno di sfoderare un sorriso sarcastico che stava facendo perdere le staffe a Deidara. Come poteva pensare di proteggerlo se lui per primo lo portava nei posti più pericolosi che conosceva?

«Cavolo, sei molto insistente...» tornò a sorridere «Ti ci porterò, ma devi promettermi di fare molta attenzione a tutto ciò che dirai o farai mentre sarai lì».

«Sissignore!» disse ironicamente Sasori esibendosi in un saluto militare.

La campanella suonò proprio in quel momento e i due ragazzi tornarono alle loro lezioni, pronti per vedersi dopo.

 

 

Le due ore rimanenti erano passate velocemente per entrambi e Sasori era scattato dalla sedia non appena la campanella dell'ultima ora aveva segnalato a tutta la scuola la fine di quel giorno di lezioni.

Si recò al luogo dell'appuntamento e si infilò una cuffietta nell'orecchio sinistro, cominciando ad ascoltare un po' di musica per rilassarsi e scaricare la tensione dovuta alla mattinata stressante.

Passarono diversi minuti e la playlist del suo telefono scorreva, fin quando un dubbio non gli attraversò la mente: poteva essere che Deidara l'avesse fatto aspettare lì come uno stupido, davanti ai ragazzi che passavano prendendolo per sfigato? Dopotutto non era parso molto felice quando avevano parlato di portarlo con sè alla gara in moto... Possibile che volesse solo prenderlo in giro?

Abituato ad essere preso di mira da bulli e trattato male perfino dagli "amici" non si era certo illuso che quel ragazzo popolare e figo si fosse davvero interessato a lui e volesse spendere del tempo con lui... o no?

All'improvviso, mentre stava raccogliendo le proprie cose per andarsene, Sasori sentì qualcuno chiamarlo a gran voce e si voltò per sincerarsi che fosse davvero chi pensasse.

Deidara correva verso di lui con i capelli all'aria e agitava le braccia per farsi vedere.

Era uno spettacolo abbastanza buffo e Sasori sorrise, vedendo che era venuto davvero all'appuntamento.

«Ehiii, scusa per il ritardo!» disse ansimando il biondo appena fu a portata d'orecchio dell'altro.

«Figurati... Ma che è successo?» chiese curioso il rosso.

«Qualche idiota ha voluto farmi uno scherzetto... Ha ostruito la marmitta del mio bolide e ora non parte più» sospirò, tenendo in mano il casco decorato.

«Cavolo! E ora come facciamo?» si rabbuiò un po' Sasori.

«Non preoccuparti... Ho parlato con il mio meccanico di fiducia e mi ha detto che penserà a tutto lui, perfino al trasporto della moto in officina. Piuttosto, pensa a cosa potremmo fare in alternativa alla gitarella che avevo programmato, visto che siamo praticamente a piedi» sorrise Deidara guardando di sottecchi l'amico.

«...Potremmo...» Sasori fece una breve pausa in cui pensò cosa dire, «Potremmo andare a casa mia, è qua vicino!» sussurrò infine.

«Per me va bene, andiamo» decise l'altro cominciando a camminare e varcando il cancello grigio della scuola, seguito a ruota dal rosso che teneva lo zaino in spalla.

Mentre camminavano fianco a fianco nessuno disse niente, ma entrambi sorridevano sereni, almeno per i primi dieci minuti.

L'unico che disse qualcosa durante tutto il breve tragitto fu Sasori, che una volta giunti all'incrocio dove sua nonna aveva perso la vita si era preso di panico.

«Ho paura, voglio la nonna» mormorò, senza farsi sentire da Deidara.

Questi non poteva aver udito quel sussurro poichè era troppo debole, ma notò un cambiamento nel comportamento del compagno, così gli prese la mano come avrebbe fatto con il suo fratellino più piccolo senza vergognarsi di ciò che questo poteva significare agli occhi degli altri e attraversò la strada con lui.

Sasori abbassò lo sguardo, leggermente in imbarazzo quando il biondo gli lasciò la mano per ravviarsi i capelli scompigliati.

Era felice di ciò che Deidara aveva fatto.

Quel contatto gli aveva infuso coraggio e forza, la consapevolezza di essere capace di fare tutto ciò che voleva.

Attraversare quella strada non era mai stato così facile.

 

Con pochi passi arrivarono al portone verde del palazzo dove abitava Sasori, che lo aprì con la chiave.

Entrati nell'androne incontrarono una vecchietta che doveva uscire e il biondo tenne aperto il portone per farla passare con facilità, guadagnandosi un'occhiata riconoscente e le parole che questa disse:«Sasori, sono felice di vedere che finalmente hai un amico, e soprattutto che quest'amico sia ben educato e gentile con le signore! Dimmi caro, per caso hai la ragazza?» chiese cordiale al motociclista.

«Mi spiace, signora, ma nessuna ragazza ha ancora rubato il mio cuore...» rispose questi.

«Oh... perfino poetico! Se solo avessi avuto quarant'anni di meno...» esclamò l'anziana signora uscendo dalla stanza e continuando a borbottare qualcosa riguardo alla bellezza degli anni perduti.

«Ma davvero non hai la ragazza? Possibile che di tutte quelle che ti vengono dietro non te ne piaccia neanche una?» commentò Sasori sorpreso, quando la vecchietta non poteva più ascoltare.

«Nah. Ma dico, le hai sentite parlare? Nel loro cervello non c'è assolutamente nulla, sono scatole vuote, non si può affrontare un qualsiasi argomento senza che loro credano che tu le voglia solo portare a letto e il problema più grande è che ne sono perfino felici! Spero di trovare una persona che mi sappia capire, ascoltare e volere bene allo stesso momento. Che voglia aprirmi il suo cuore e che possa sentirsi felice quando sta in mia compagnia, perchè al contrario di ciò che può sembrare, credo di non essere egoista, o quantomeno provo a non esserlo» concluse Deidara soddisfatto di ciò che aveva appena detto.

«Spero che ci riuscirai!» sorrise l'amico, salendo le scale fino al primo piano e fermandosi davanti alla porta di casa propria, aprendola e facendo accomodare il biondo.

«Oh» fu l'unico sorpreso commento di questi.

«Beh... Questa è casa mia. Non è un granchè, ma...» cominciò il rosso, ma fu interrotto dall'amico:«Non è vero, è bellissima!» esclamò Deidara, quando per la prima volta il suo volto fu attraversato da un lampo di sorpresa, dovuto a ciò che si trovava davanti.

Lo sguardo azzurro era stato catturato dal muro dell'ingresso, pieno di foto di dimensioni e formati variabili, raffiguranti persone, paesaggi, meraviglie e cose ordinarie.

Lo spettacolo variopinto era davvero suggestivo e Deidara si avvicinò alla parete per osservarla meglio, sfiorando con un dito i capolavori che reputava migliori.

«Sono... Davvero delle belle foto!» si congratulò il biondo dopo qualche attimo di sorpresa.

Quella che però aveva rapito maggiormente l'attenzione dell'ospite, era la foto che raffigurava un giovane, infante Sasori con la nonna, probabilmente scattata con l'autoscatto in un bel giorno d'estate.

Vedeva quel bambino tanto simile al ragazzo che aveva accanto in quel momento, ma allo stesso tempo molto diverso.

Ciò che era diverso era lo sguardo, le minuscole rughe che gli segnavano il viso.

Il Sasori moderno era molto più maturo e ne aveva passate tante, un'infinità.

Era dispiaciuto di non esserci stato quando Chiyo era morta, ai suoi funerali, a fare compagnia al ragazzo quando stava solo in casa e i bulli lo maltrattavano.

«Sei davvero un fotografo eccellente, devo ammetterlo... Ma ancora questa tua passione non mi convince, rimango della mia idea» sussurrò deciso Deidara, girandosi a guardare l'altro negli occhi, cercando di comunicargli con lo sguardo ciò che stava provando in quell'istante.

«Grazie per i complimenti. Beh, io non volevo farti cambiare idea, quindi non c'è problema!» sorrise un po' tirato questi.

«Oh! È ora di pranzo, dovremmo preparare qualcosa...» sorrise Deidara cambiando argomento.

«Hai ragione! Vieni, la cucina è di qua» rispose Sasori sorridendo e facendogli segno di seguirlo in una piccola, ma ordinata cucina luminosa.

«Hai davvero una casetta carina, non c'è che dire» commentò il biondo girando per la stanza.

Un tavolo di legno chiaro era appoggiato alla parete destra e tre sedie dello stesso colore erano intorno ad esso. Da una grande finestra coperta da una sottile tenda bianca entrava molta luce che rendeva tutto ben visibile e chiaro. Alle pareti erano appese presine, un grembiule bianco e rosso e alcuni piatti decorativi. Sul lato sinistro della cucina vi era il lavandino, i fornelli e un piano di granito su cui Sasori teneva ordinate delle bottiglie d'acqua e alcune bibite frizzanti.

Il rosso si diresse in fondo, dove si trovava un frigorifero bianco e uscì da esso due birre fredde, le aprì, ne porse una all'amico e si accomodò su una sedia.

«Cosa vorresti mangiare?» chiese, per poi assaggiare la propria birra direttamente dalla bottiglia verde.

«Oggi cucino io! Devo trovare un modo per farmi perdonare per non averti potuto portare in quel posto» sorrise il ragazzo mentre apriva il frigo e tirava fuori uova, parmiggiano, burro.

«Ma che dici, dai, ti aiuto! Cosa ti serve? Che vuoi preparare?» chiese Sasori alzandosi in piedi per raggiungere l'altro.

«Pasta alla carbonara! Ti va? Mi servirebbe la pancetta... E spaghetti, ovviamente!» rispose questi con un sorriso a trentadue denti.

Il rosso quasi si bloccò. Sua nonna gli preparava sempre quella pasta, era la sua preferita, ma non aveva fatto in tempo a farsi tramandare la ricetta e così non l'aveva più mangiata dal giorno dell'incidente.

«Non mi dire che non hai la pancetta!» si rabbuiò un po' Deidara, preoccupato dalla faccia del padrone di casa.

«No, no eccola qua!» e così dicendo, Sasori la tirò fuori da un cassetto del frigorifero.

«Bene! Spaghetti?» continuò il cuoco improvvisato.

«Nello sportello in alto a sinistra!» indicò il rosso prendendo una pentola dalla credenza sopra il lavandino e posandola su un fornello acceso dopo averla riempita d'acqua.

«Bene, ora lascia fare a me» disse Deidara facendogli un sorriso dolce e cominciando a tagliare a fettine la pancetta.

«Ma no, fatti aiutare» protestò l'altro, sentendosi un po' punto nell'orgoglio dall'amico che si voleva premurare di preparargli il pranzo.

«Va bene... Potresti sbattere le uova?» suggerì il biondo mentre continuava nella propria opera.

Sasori si sentì un pizzico in imbarazzo.

Non c'era mai stata un'occasione in cui avesse dovuto farlo e si rese conto che non sapeva neanche rompere un uovo senza sporcare tutto intorno.

Rimase un attimo interdetto e Deidara si voltò per guardarlo in viso, capendo tutto al volo.

«Non l'hai mai fatto?» chiese, ma l'altro non rispose, abbassò solamente lo sguardo.

«Non ti preoccupare, ti faccio vedere come si fa!» sorrise di nuovo il biondo, preparando una tazza e una forchetta, prendendo un uovo e facendolo sbattere delicatamente contro il bordo di ceramica del recipiente, per poi aprirlo con le dita e versare il contenuto nella tazza.

«Aspetta, ci provo io» disse Sasori prendendosi di coraggio.

Sollevò un altro uovo e ripetè gli stessi gesti dell'amico, però mise un po' troppa forza quando lo sbattè per aprirlo e questo si ruppe sporcando tutto ciò che c'era intorno.

«Ma porc-» imprecò fermandosi il rosso.

«Fa nulla, dopo puliamo. Ora riprovaci!» lo incoraggiò paziente Deidara.

«No, non ne sono capace» si lamentò Sasori, ma il biondo prese un uovo e lo mise nella sua mano, lanciandogli un'occhiata carica di aspettativa.

Il rosso stava per avvicinare di nuovo il povero uovo alla ancor più povera tazza, quando Deidara avvolse la sua piccola mano con la propria, per aiutarlo nell'impresa.

Lo guidò, spiegandogli con la pratica il semplice movimento che doveva fare e finalmente anche il secondo tuorlo andò ad accompagnare il primo.

«Hai visto che ce la fai? Ora rompi l'ultimo e poi ti spiego come sbatterli» sorrise di nuovo il biondo.

Sasori riuscì a fare ciò che Deidara gli chiedeva sotto il suo sguardo vigile e si sentì soddisfatto, dopodichè questi gli spiegò come doveva mescolare quella massa informe e lo abbandonò lì per occuparsi della pancetta e degli spaghetti.

«Ho finito, e ora?» chiese Sasori.

«Ora... stai a guardare!» rispose questi versando ciò che il rosso aveva ottenuto in una padella dove vi erano già pezzi di pancetta e gli spaghetti.

Pochi minuti dopo Deidara mise la pasta in due piatti che Sasori gli aveva porto ed entrambi si

accomodarono nella tavola apparecchiata dal padrone di casa.







Note autrice: colgo l'occasione per chiedere perdono a tutti coloro hanno letto il primo capitolo/prologo e sono rimasti stupiti/delusi/sollevati (?) dal fatto che non avessi più continuato. 
Come vedete non vi ho abbandonati e sono tornata con il secondo capitolo! 
Scusate ancora se non succede molto in questa parte della storia, ma siamo "per strada" infatti presto si andrà avanti con la trama (che è tutta nella mia testolina bacata) e sorprenderò tutti1 *risata malvagia*
Che dire? Spero che non rimaniate delusi e se proprio dovesse capitare... Mi farò perdonare nei prossimi capitoli (che arriveranno si spera presto) e saremo tutti felici! 

Ps: voglio dare tanti grandi baci e abbracci a chi mi ha recensita e mi ha spinta ad andare avanti nonostante la mia immensa pigrizia, a chi ha messo la storia fra le preferite/ricordate/seguite (mi fate emozionare, davvero♥) e anche a chi ha letto questa mia piccola... cosa! Voglio bene a tutti voi♥

  
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