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Autore: Stray    28/06/2008    5 recensioni
"Passa la storia, passano anche gli uomini che l'hanno scritta. Ma questa sabbia non vedrà mai il mare: quello che vi abbiamo scrito, non verrà mai cancellato del tutto..."
Ishvar, una guerra, l'inizio di tutto.
Quello che la Storia non ha riportato, ma che non si può dimenticare.
Genere: Generale, Introspettivo, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Maes Hughes, Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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“And now she turns
This way she moves in the logic of all my dreams
This fire burns
I realize that nothing’s as it seems

I dream of rain
I lift my gaze to empty skies above
I close my eyes
The rare perfume is the sweet intoxication of love

Sweet desert rose
Whose shadow bears the secret promise
This desert flower
No sweet perfume that would torture you more than this

Sweet desert rose
This memory of hidden hearts and souls
This desert flower
This rare perfume is the sweet intoxication of love”

Sting, “Desert Rose” (seconda parte)

The act of falling down

La trova dove si aspettava di trovarla.

“Un compagno d’armi?”

“No… un bambino di Ishvar: lo hanno lasciato ai bordi del sentiero.”

Ricorda bene le sue lacrime: ricorda di non averla mai vista crollare, quasi mai durante tutta la guerra. Tranne una volta: davanti alla foto di una bambina, sporca del sangue dei genitori appena uccisi.

“E’ finita, Riza.”

Lo ripete varie volte, perchè se ne renda conto gradualmente, perché possa come lui assaporare appieno il significato reale di quella parola così apparentemente insignificante.

Lei non risponde subito. Lascia che l’eco di quella frase si dissolva del tutto nel vento che si impiglia nei suoi capelli e negli stendardi ancora appesi ai pennoni della festa.

La sente fare un respiro profondo, senza sollevare il capo, le mani che ancora artigliano il suolo e affondano nella terra.

“Negare, scontare la pena o chiedere perdono in ginocchio è l’arroganza di coloro che hanno ucciso con le proprie mani”

“Voglio che lei bruci la mia schiena.”

Il ritorno al Lei gli toglie il respiro, più della dolorosa assurdità della richiesta in sé: gli dice inconfutabilmente che qualcosa è cambiato.

“Dammi del tu…” sussurra impercettibilmente, disperatamente, a se stesso. Ma ciò che la sua voce riesce ad esprimere è solo qualche suono confuso, nella tenue e sciocca speranza di aver capito male.

“Se non posso estinguere il mio debito, che almeno non sia io a dar vita ad un nuovo Flame Alchemist…”

Non ha tempo per sentire il dolore: le sue parole sono raffiche di vento, sferzate taglienti, tempeste di sabbia senza possibilità di riparo.

“Che almeno i segreti della mia schiena non vengano usati di nuovo…”

Sabbia nella bocca, tra i denti, nei pensieri, dannata sabbia tutt’intorno e dentro di lui, - il cuore sepolto in mezzo a quell’oceano di sabbia, lo sente battere flebilmente, i colpi di un terremotato rimasto intrappolato sotto le macerie - sabbia tra le sue mani come carta vetrata.

“E affinché io possa lasciarmi alle spalle ciò che mi lega a mio padre, e all’alchimia…”

Sabbia che lo ricopre interamente, oscura la luce del sole, gli impedisce di urlare la fine di quella frase: Ciò che ti lega a me!

Quando riprende a respirare, il colore rosso del tramonto non lascia spazio ad altre interpretazioni.

Non l’ha mai vista implorare nessuno così: con le mani che tremano artigliando la sabbia umida e smossa, con gli occhi serrati, con il labbro tra i denti, con tutta se stessa – sente una voce, la sua, pregare, l’eco tra le sue costole: Svegliami, svegliami da questo sogno, svegliami da questo sogno talmente bello da non essere reale, da non essere mio; è il sogno di qualcun altro, un sogno nel sogno talmente bello da avermi fatto dimenticare che è solo un sogno nell’incubo. Svegliami bruscamente, con uno schiaffo, con un pugno, fammi male, fammi sentire quel dolore che la tua vicinanza ha addolcito, per tutti questi mesi.

Appoggia la fronte alla sua nuca, un secondo prima della sua mano guantata. Sulla pelle già bollente, una goccia fredda ricalca il profilo dei ogni sua vertebra.

Due giorni dopo, mentre la guarda salire a fatica sul convoglio di reclute diretto all’accademia – lei che guarda fissa davanti a sé, non si volta indietro, neanche una volta, una dannatissima volta, lo lascia morire, agonizzare davanti alla camionetta arrugginita, a pregare per un ultimo sorriso rassicurante, un ultimo sguardo, un’ultima testimonianza di ciò che è stato… perché è stato, vero Riza? Non è stato un sogno… io ero lì, tu eri lì, eravamo noi, non è così? Dimmi che è così! - per la prima volta si rende conto di non sapere se essere vivo sia stato un bene.

E un strana verità si insinua nella sua mente, un pensiero non voluto, patetico, amaro e crudele:

quella non è più Riza. E’un’altra persona. Ha lasciato dietro di sé la sua pelle vuota da serpente, la sua cenere di fenice risorta a nuova vita – una vita senza di lui, una vita senza dolore, o almeno così le augura.

Riza, non sa chi sia. Riza è rimasta sepolta, dispersa nel mare di sabbia, con quelle parole scritte in punta di dita, con le notti selvagge e i crepuscoli di tenerezza anacronistica, tra i bossoli e i mazzi di fiori, con tutto il detto e il non detto.

E’ stato lui a bruciarla, ad ucciderla. Anche se sapeva che le sarebbe mancata.

Per questo non dice addio a quella persona, mentre il convoglio affollato di reclute la porta via.

Perché glielo ha già detto due giorni fa.

Appena prima di appoggiare la mano sulla sua schiena e schioccare le dita.

“Ed ora lei si volta
Il modo in cui si muove nella logica di tutti i miei sogni
Le fiamme bruciano
E comprendo che nulla è come sembra

Ho sognato la pioggia
Alzo lo sguardo verso i cieli vuoti sopra di me
Chiudo gli occhi
Questo profumo raro e la dolce intossicazione dell’amore

Dolce rosa del deserto
La cui ombra nasconde la segreta promessa
Questo fiore del deserto:
non esiste profumo che mi torturi più di questo

Dolce rosa del deserto
Questa memoria di anime e cuori nascosti
Questo fiore del deserto
Questo raro profumo è a dolce intossicazione dell’amore.”

Non voletemene: nemmeno io sapevo come sarebbe andata a finire finché non ho visto con i miei occhi la piega che prendeva la storia. E ve lo dico sinceramente: non poteva che essere così, il finale zuccherosi e alla “vissero tutti felici e contenti” sono da fumetto e FMA NON è un (semplice) fumetto: altrimenti Maes Hughes sarebbe ancora vivo, tanto per fare un esempio… (ç______ç)

Ah, un chiarimento per Elyxys : non penso che Riza avesse intenzione di “lasciare” Roy (penso che nemmeno loro sarebbero in grado di dire se stessero veramente “insieme” a domanda) e nemmeno di recidere quel legame catalogandolo come qualcosa che ha a che fare con la guerra e per questa ragione da eliminare come tutte le cose spiacevoli. Penso piuttosto che, avendo toccato con mano il risultato di una sua scelta (Riza mi da molto l’idea di incolpare se stessa, e NON Roy – non più – per avergli rivelato i segreti del padre) si sia preclusa ogni possibilità di ripetere l’errore (che, ripeto, non è stato dare quei segreti A ROY, ma farli conoscere e basta, a prescindere dal destinatario di quel sapere: avrebbe potuto essere un altro, potrebbe in futuro essere un altro e lei non può permettersi il lusso di rischiare ancora una catastrofe come quella).

Questa almeno è la mia interpretazione: il fatto che chieda a Roy stesso di compiere quell’atto secondo me è un ulteriore segno di profonda fiducia e affidamento; poi però, penso si sia sentita in colpa (e ti pareva) per averglielo chiesto, magari vedendo come LUI ha interpretato la cosa (cioè come una presa di distanza DA LUI).

mmm… che contorsione di pensieri, chiedo scusa.

Mancano ancora due capitoli (sigh?): tenete duro! ;P

A domani! bacione

  
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