“And now she turns
This way she moves in the logic of all my dreams
This fire burns
I realize that nothing’s as it seems
I dream of rain
I lift my gaze to empty skies above
I close my eyes
The rare perfume is the sweet intoxication of love
Sweet desert rose
Whose shadow bears the secret promise
This desert flower
No sweet perfume that would torture you more than this
Sweet desert rose
This memory of hidden hearts and souls
This desert flower
This rare perfume is the sweet intoxication of love”
Sting,
“Desert Rose” (seconda parte)
The
act of falling down
La trova dove si aspettava di trovarla.
“Un compagno d’armi?”
“No… un bambino di Ishvar: lo hanno lasciato ai bordi del sentiero.”
Ricorda bene le sue lacrime: ricorda di non averla mai vista crollare, quasi mai durante tutta la guerra. Tranne una volta: davanti alla foto di una bambina, sporca del sangue dei genitori appena uccisi.
“E’ finita, Riza.”
Lo ripete varie volte, perchè se ne renda conto gradualmente, perché possa come lui assaporare appieno il significato reale di quella parola così apparentemente insignificante.
Lei non risponde subito. Lascia che l’eco di quella frase si dissolva del tutto nel vento che si impiglia nei suoi capelli e negli stendardi ancora appesi ai pennoni della festa.
La sente fare un respiro profondo,
senza sollevare il capo,
le mani che ancora artigliano il suolo e affondano nella terra.
“Negare, scontare la pena o
chiedere perdono in ginocchio è
l’arroganza di coloro che hanno ucciso con le proprie
mani”
“Voglio che lei bruci la mia schiena.”
Il ritorno al Lei gli toglie il respiro, più della dolorosa assurdità della richiesta in sé: gli dice inconfutabilmente che qualcosa è cambiato.
“Dammi del tu…” sussurra impercettibilmente, disperatamente, a se stesso. Ma ciò che la sua voce riesce ad esprimere è solo qualche suono confuso, nella tenue e sciocca speranza di aver capito male.
“Se non posso estinguere il mio debito, che almeno non sia io a dar vita ad un nuovo Flame Alchemist…”
Non ha tempo per sentire il dolore: le sue parole sono raffiche di vento, sferzate taglienti, tempeste di sabbia senza possibilità di riparo.
“Che almeno i segreti della mia schiena non vengano usati di nuovo…”
Sabbia nella bocca, tra i denti, nei pensieri, dannata sabbia tutt’intorno e dentro di lui, - il cuore sepolto in mezzo a quell’oceano di sabbia, lo sente battere flebilmente, i colpi di un terremotato rimasto intrappolato sotto le macerie - sabbia tra le sue mani come carta vetrata.
“E affinché io possa lasciarmi alle spalle ciò che mi lega a mio padre, e all’alchimia…”
Sabbia che lo ricopre interamente,
oscura la luce del sole,
gli impedisce di urlare la fine di quella frase: Ciò
che ti lega a me!
Quando riprende a respirare, il colore rosso del tramonto non lascia spazio ad altre interpretazioni.
Non l’ha mai vista implorare nessuno così: con le mani che tremano artigliando la sabbia umida e smossa, con gli occhi serrati, con il labbro tra i denti, con tutta se stessa – sente una voce, la sua, pregare, l’eco tra le sue costole: Svegliami, svegliami da questo sogno, svegliami da questo sogno talmente bello da non essere reale, da non essere mio; è il sogno di qualcun altro, un sogno nel sogno talmente bello da avermi fatto dimenticare che è solo un sogno nell’incubo. Svegliami bruscamente, con uno schiaffo, con un pugno, fammi male, fammi sentire quel dolore che la tua vicinanza ha addolcito, per tutti questi mesi.
Appoggia la fronte alla sua nuca, un secondo prima della sua mano guantata. Sulla pelle già bollente, una goccia fredda ricalca il profilo dei ogni sua vertebra.
Due giorni dopo, mentre la guarda salire a fatica sul convoglio di reclute diretto all’accademia – lei che guarda fissa davanti a sé, non si volta indietro, neanche una volta, una dannatissima volta, lo lascia morire, agonizzare davanti alla camionetta arrugginita, a pregare per un ultimo sorriso rassicurante, un ultimo sguardo, un’ultima testimonianza di ciò che è stato… perché è stato, vero Riza? Non è stato un sogno… io ero lì, tu eri lì, eravamo noi, non è così? Dimmi che è così! - per la prima volta si rende conto di non sapere se essere vivo sia stato un bene.
E un strana verità si insinua nella sua mente, un pensiero non voluto, patetico, amaro e crudele:
quella non è più Riza. E’un’altra persona. Ha lasciato dietro di sé la sua pelle vuota da serpente, la sua cenere di fenice risorta a nuova vita – una vita senza di lui, una vita senza dolore, o almeno così le augura.
Riza, non sa chi sia. Riza è rimasta sepolta, dispersa nel mare di sabbia, con quelle parole scritte in punta di dita, con le notti selvagge e i crepuscoli di tenerezza anacronistica, tra i bossoli e i mazzi di fiori, con tutto il detto e il non detto.
E’ stato lui a bruciarla, ad ucciderla. Anche se sapeva che le sarebbe mancata.
Per questo non dice addio a quella persona, mentre il convoglio affollato di reclute la porta via.
Perché glielo ha già detto due giorni fa.
Appena prima di appoggiare la mano sulla sua schiena e schioccare le dita.
“Ed
ora lei si volta
Il modo in cui si
muove nella logica di tutti i miei sogni
Le fiamme bruciano
E comprendo che nulla
è come sembra
Alzo lo sguardo verso
i cieli vuoti sopra di me
Chiudo gli occhi
Questo profumo raro e
la dolce intossicazione dell’amore
La cui ombra nasconde
la segreta promessa
Questo fiore del
deserto:
non esiste profumo che
mi torturi più di questo
Questa memoria di
anime e cuori nascosti
Questo fiore del
deserto
Questo raro profumo è
a dolce intossicazione dell’amore.”
Non
voletemene:
nemmeno io sapevo come sarebbe andata a finire finché non ho
visto con i miei
occhi la piega che prendeva la storia. E ve lo dico sinceramente: non
poteva
che essere così, il finale zuccherosi e alla
“vissero tutti felici e contenti”
sono da fumetto e FMA NON è un (semplice) fumetto:
altrimenti Maes Hughes
sarebbe ancora vivo, tanto per fare un esempio…
(ç______ç)
Ah, un
chiarimento per
Elyxys : non penso che Riza avesse intenzione di
“lasciare” Roy (penso che
nemmeno loro sarebbero in grado di dire se stessero veramente
“insieme” a
domanda) e nemmeno di recidere quel legame catalogandolo come qualcosa
che ha a
che fare con la guerra e per questa ragione da eliminare come tutte le
cose
spiacevoli. Penso piuttosto che, avendo toccato con mano il risultato
di una
sua scelta (Riza mi da molto l’idea di incolpare se stessa, e
NON Roy – non più
– per avergli rivelato i segreti del padre) si sia preclusa
ogni possibilità di
ripetere l’errore (che, ripeto, non è stato dare
quei segreti A ROY, ma farli
conoscere e basta, a prescindere dal destinatario di quel sapere:
avrebbe
potuto essere un altro, potrebbe in futuro essere un altro e lei non
può
permettersi il lusso di rischiare ancora una catastrofe come quella).
Questa
almeno è la mia
interpretazione: il fatto che chieda a Roy stesso di compiere
quell’atto
secondo me è un ulteriore segno di profonda fiducia e
affidamento; poi però,
penso si sia sentita in colpa (e ti pareva) per averglielo chiesto,
magari
vedendo come LUI ha interpretato la cosa (cioè come una
presa di distanza DA
LUI).
mmm…
che contorsione
di pensieri, chiedo scusa.
Mancano
ancora due
capitoli (sigh?): tenete duro! ;P
A domani!
bacione