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Autore: _Princess_    28/06/2008    35 recensioni
“Tom Kaulitz,” si presentò lui alla fine, stringendole la mano. Fu allora che l’attenzione gli cadde sul cartellino che lei aveva al collo. “Vibeke V. Wolner?” lesse.
“Si legge ‘Wulner’,” lo corresse lei rigidamente. “Sono norvegese.”
“Ah,” fece lui, dimostrando scarso interesse. “Posso chiamarti Vi, per comodità?”
“No.” Ribatté lei secca.
“La v puntata per cosa sta?” le chiese allora Tom.
“Non sono fatti tuoi.”
Si occhieggiarono con un accenno di ostilità. Vibeke seppe immediatamente che tra loro due sarebbe stato impossibile instaurare un rapporto civile.
[Sequel di Lullaby For Emily]
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Heart Of Everything' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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“Ti ho detto di no!”

“E invece sì!”

“No!”

“Sì!”

“No, cazzo, no! No, no, no!”

“Non sperare di spuntarla così, guarda che ti conosco, te lo si legge in faccia che è successo qualcosa!”

“Ho detto che non è successo niente, fratello, comprendi? N-i-e-n-t-e!”

“Ma a chi vuoi darla a bere?”

Vibeke strinse i pugni ed inspirò a fondo, le narici dilatate dall’irritazione.

“In nome di Thor, BJ, la vuoi piantare?!” sbraitò incattivita. Erano già due giorni – tre, con quello – che suo fratello la stressava insistentemente con quelle stupide domande. Al momento era dedito ad un pedinamento tormentoso alle calcagna di Vibeke: aveva riesumato la curiosità non appena disceso dal letto (alle decorosissime ore cinque del pomeriggio) e non le aveva ancora dato tregua, seguendola perfino quando era andata a lavarsi i denti, costringendola così ad una lesta fuga dal bagno, per di più inutile, visto che lui non la aveva mollata comunque, e a lei era toccato correre in giro per casa con lo spazzolino ancora in bocca. Si divertivano da morire a fare questi giochetti stupidi, ma lei stavolta non aveva proprio intenzione di cedere alle molestie.

“Se tu mi dici che cos’è successo con Tom.” Insistette lui.

“Oh, cazzo, che palle!”

BJ si portò le mani ai fianchi asciutti, abbracciati dall’unico indumento che indossasse, ossia un paio di imbarazzanti boxer con una bella freccia nera puntata all’insù stampata sul davanti, accompagnata dalla scritta ‘Alto’.

Ma si può avere un manager che fa regali così cretini?, pensò Vibeke. Andava da sé che l’unico motivo per cui BJ aveva un manager maschio era che si trattava di un esemplare di maschio così etero che era impossibile sarebbero mai sorte complicazioni professionali, tra loro due. La prima manager, Helena, era finita a letto con lui dopo nemmeno una settimana dall’assunzione, ed era stato complicato farle capire che c’era un abisso tra una notte di divertimento e una relazione fissa. Dopo di lei, BJ aveva voluto andare sul sicuro.

Vibeke lo scansò per imboccare il corridoio e tornò a passo di marcia verso il proprio bagno per sciacquarsi la bocca e deporre lo spazzolino. Lui, ovviamente, la seguì.

“Dai, sorella, tanto lo so che qualcosa è successo, e ho anche qualche vaga idea di che cosa si tratti,” perseverò imperterrito, affiancandosi a lei di fronte allo specchio e mettendosi a controllare il proprio viso da ogni lato. “Hai due chances: o non me lo dici e lasci così galoppare la mia fervida immaginazione ricca di sesso, godimento e amplessi, oppure me lo dici e smonti – o confermi – la mia ipotesi.”

Vibeke si tamponò l’asciugamano sul viso, fissando se stessa riflessa.

Non voleva rispondere a nessuna di quelle domande, non le voleva nemmeno stare a sentire, e BJ avrebbe fatto bene a comprenderlo in fretta, perché un crollo di nervi sarebbe stato fatale ad entrambi, e i nervi di Vibeke erano già stati messi a dura prova dal quel dannato bacio a tradimento che quell’immane deficiente di Tom aveva trafugato dalle sue labbra.

Ma tanto era solo un bacio.

Un bacio sconvolgente, rovente e mozzafiato (a cui lei aveva peraltro risposto senza un briciolo di dignità), ma pur sempre un bacio, nient’altro. Quello che non capiva era perché la cosa la disturbasse tanto: c’era anche andata a letto, con quell’idiota, ed era stata un’esperienza più che positiva – l’ottimo sesso disinteressato lo era sempre – e non aveva senso che fosse rimasta così travolta e scombussolata da nient’altro che un misero bacetto sprovvisto di lingua (sebbene fosse sicura che, avendone avuto modo e tempo, la lingua ci sarebbe stata eccome, e magari non solo quella).

E io l’ho lasciato fare!, si disse, stritolando l’asciugamano dalla rabbia.

No, non l’hai semplicemente lasciato fare, la redarguì la sua coscienza, tu c’eri dentro almeno quanto lui, e te la stavi pure godendo un mondo, dolcezza.

“Sono in ritardo,” disse ad alta voce, sforzandosi di sopprimere quel flusso ininterrotto di pensieri che la stava tormentando almeno quanto BJ. “E devo passare da quei quattro scalcinati.”

Non che l’idea di andare alla tana del lupo le piacesse. Del resto non vedeva Tom da mercoledì, e poteva affermare con una certa sicurezza che andava bene così, ma era San Valentino, la gran serata di Georg e Nicole, e a lei era toccato l’ingrato compito di ritirare il nuovo set di abbigliamento elegante di Georg, visto che il vecchio (per così dire) paio di D&G gli andava ridicolmente corto.

“Come ti pare,” le disse BJ, passandosi le mani tra i capelli con il suo solito fare vanitoso. “Ma sappi che non finisce qui.” La ammonì, puntandole un dito contro.

Oh, dèi, mi state punendo per aver mangiato quel delizioso krapfen ai frutti di bosco e panna montata?

“Ah, una cosa: dove hai messo i miei vestiti?” aggiunse BJ, prima che lei potesse uscire dal bagno.

“Sul tuo letto.”

Lui le sorrise ruffiano. Quando sorridevano così, sia lui che lei, somigliavano incredibilmente a Rogue nei suoi momenti di maggiore coccolosità felina.

“Takk.” (Grazie.)

Bare hyggelig.” (Prego.)

Non pago di esserle stato alle calcagna per tre quarti d’ora filati, BJ dovette necessariamente accompagnarla fino all’ingresso.

“Esci con Niek e company, stasera?”

“L’idea è quella,” disse Vibeke, afferrando la propria borsa. “Se esci prima che io torni, buona serata con l’eletta.”

Lui si stiracchiò con una finezza che avrebbe fatto ricredere molte della sue fans che sembravano considerarlo l’incarnazione terrestre del fascino e dell’eleganza.

“Tusen takk,” Le diede un buffetto sul naso e la salutò. “Ha det!” (Grazie. Ci vediamo!)

“Ha det!” ricambiò lei, prese le chiavi della Golf dal mobile ed uscì, pensando a quello che la aspettava a casa Tokio Hotel: un ladro di baci privo di ritegno, un Georg in fase di imbellettatura (che con ogni probabilità le sarebbe stato fatale), una principessa presumibilmente impegnata a dare il tormento al suddetto ladro di baci privo di ritegno, esattamente come BJ aveva fatto con lei, e un povero Gustav ai limiti del cedimento psicologico braccato nel mezzo dell’insieme.

Chiuse gli occhi per un istante, poi sospirò.

Facciamoci coraggio.

E infine si decise a scendere le scale.

 

***

 

Da un momento all’altro avrebbe dato di matto, Gustav lo sentiva. Vivere in quella casa certe volte, per quanto grande e sterminata fosse, poteva diventare una seria minaccia per le coronarie, i nervi e perfino i neuroni: se una persona sana di mente metteva piede là dentro, era garantito che ne usciva pazza. L’unico modo per entrare in quell’appartamento ed uscirne senza aver subito pericolosi danni mentali era farlo quando era vuoto, oppure farlo con un cervello già in pappa.

Fortuna che almeno Nicole ed Emily erano uscite, o era matematicamente certo che si sarebbero convinte una volta per tutte che far parte della famiglia Tokio Hotel rappresentava un biglietto di sola andata per il manicomio, ma un po’ matte dovevano esserlo anche loro, se avevano resistito un anno assieme a loro. Quello che doveva averle salvate dalla follia definitiva era senza dubbio il fatto che abitassero a centinaia di chilometri di distanza.

Georg era in doccia da almeno mezz’ora, e Gustav aveva la sensazione che ci sarebbe rimasto ancora a lungo, Bill se ne stava stravaccato sul divano a sgranocchiare patatine e a sfogliare Cosmpolitan (una new entry recente tra le sue letture impegnate) con un muso lungo così, mentre Tom era disperso da qualche parte non ben nota al piano di sopra, probabilmente occupato con uno dei suoi nuovi, costruttivissimi passatempi preferiti, e cioè muffire imbronciato ribollendo internamente come un vulcano in piena attività, il tutto variabilmente in silenzio.

Se c’era una cosa più pericolosa, inquietante, preoccupante e terrificante, in quella casa, che vedere due gemelli Kaulitz scannarsi a vicenda, era vedere due gemelli Kaulitz in assetto di guerra fredda. Praticamente la preannunciazione della fine del mondo.

Bill e Tom erano famosi per le loro litigate selvagge, per le urla, le grida e gli strepiti, per la sorprendente quantità di casino che erano in grado di creare in una modesta manciata di secondi, tanto che lui e Georg avevano scelto il nome in codice ‘Tornado Kaulitz’ per riferirsi alle loro memorabili sessioni di bisticci selvaggi. Da un certo punto di vista era anche divertente a vedersi, ma due Kaulitz incazzati – in particolar modo l’uno con l’altro – potevano mettere più paura di un branco di tigri fameliche.

La causa scatenante questa volta era stata abbastanza stupida – nulla di nuovo sul fronte provocazioni – non fosse stato che Tom aveva scelto proprio il bel mezzo di una diretta tv per dare a Bill del ‘fancazzista senza palle’.

Gustav ricordava fin troppo bene quell’esatto istante, come le narici di Bill si fossero dilatate, sbiancando, e come i suoi occhi si fossero chiaramente messi a graffiare Tom con un impeto che, fosse derivato dalle mani, lo avrebbe lasciato senza nemmeno un brandello di carne addosso. La storia era rimasta in sospeso, perché, miracolosamente, Bill aveva avuto la saggezza di aspettare la fine dell’intervista per riversare sul fratello la propria febbrile sete di vendetta: non appena avevano messo piede fuori dagli studi, Bill era esploso in un’invettiva apocalittica e Tom, neanche a dirlo, aveva risposto per le rime, tirando fuori tutto il cattivo umore che sembrava aver accumulato, e da lì non si erano più fermati, fino ad arrivare, tre giorni dopo, a covare rancore reciproco senza più lotte vocali all’ultimo sangue, e Gustav trovava la cosa molto, molto spaventosa.

La genetica dei Kaulitz li predisponeva a tutto, fuorché al silenzio.

“God kveld, mine kjære, hvordan går dere?”

Gustav distolse lo sguardo dallo schermo della televisione e mise in pausa la Playstation per voltarsi a guardare verso l’ingresso, richiamato dal saluto di rito di Vibeke, che non aveva nemmeno sentito entrare.

“Takk, bare bra.” Le rispose con un sorriso, che lei accolse con uno ancora più ampio. Bill, sull’altro divano, sembrava catalettico.

“Che succede alla principessa?” domandò Vibeke, posando i due scintillanti sacchetti firmati Emporio Armani che aveva in mano.

“Lui e Tom hanno litigato.” Le spiegò.

“Strano,” Vibeke si sfilò la giacca. “Non vedo cadaveri, macerie e distruzione, in giro.”

“Perché lo scoppio del conflitto è avvenuto fuoriporta, e ormai il tutto si è ridotto ad una logorante guerriglia sordomuta.”

Bill non dava segni di vita, gli occhi fissi sullo stesso preciso punto mentre continuava a divorare patatine.

“Oh, delizioso,” cinguettò Vibeke. “Raccontami tutto.”

Gustav le spiegò, pur temendo di risvegliare in Bill qualche indesiderato istinto nevrotico, ma questi sembrava isolato da un’invisibile patina insonorizzante. Quando ebbe finito, Vibeke sembrava turbata.

“Non accennano a trattati di pace o almeno ad armistizi?”

“Macché,” Gustav spense definitivamente la tv e la Playstation. “Si limitano a rimuginare e farsi vicendevolmente a pezzi a suon di occhiatacce.”

Lei stava per dire qualcosa, ma fu interrotta dal precipitarsi giù per le scale di qualcuno, nella fattispecie Georg Listing in tenuta da bagno (per lui corrispondente ad un asciugamano legato in vita).

“Ciao Bee,” salutò frettolosamente, già adocchiando i due sacchetti che lei aveva portato. “Sono questi?”

Vibeke annuì, ma non proprio prontamente. Gustav aveva notato che si era prima concessa una squadrata generale del panorama, prima di attivare la risposta automatica.

Georg non si sprecò in convenevoli: arraffò le due buste e si precipitò di nuovo di sopra, scalzo e gocciolante d’acqua.

Gustav la osservò in silenzio per un po’, e lei ebbe la netta impressione che quei suoi stupendi occhi stessero scavando dentro di lei alla ricerca di qualche informazione precisa.

“Allora, come va con… Quella cosa?” le domandò con tatto.

Vide Vibeke esitare per un secondo o due, come se non avesse ben afferrato la domanda, poi i suoi lineamenti si distesero rilassati.

“Oh, intendi… Be’, non è che… Insomma, va.”

“Va.”

“Sì.”

“Nel senso che continua o che passa?”

“Passa, direi.”

“Be’, direi che è una buona cosa.” Si congratulò Gustav. Vibeke sembrava all’incirca d’accordo.

“Sì, penso proprio che –”

Non riuscì a finire, perché proprio in quel momento Georg tornò, sfrecciando giù per le scale come un razzo, ancora scalzo, ma stavolta decisamente vestito, e in un modo che Vibeke sembrava apprezzare, visto che la sua bocca si era lentamente ma evidentemente spalancata.

 

***

 

I jeans chiari, la camicia bianca un po’ slacciata, i capelli leggermente scompigliati, e quell’espressione al contempo ansiosa, beata e sognante che lo faceva sembrare un ragazzino alla prima cotta… Vibeke non aveva mai visto Georg così maledettamente perfetto.

Era una visione. Una visione visibilmente emozionata.

“Come sto?” chiese insicuro, una cravatta verde scuro che gli pendeva ai lati del collo.

“Sei quello che ogni ragazza sogna di avere a San Valentino.” Gli rispose Vibeke in completa onestà, mentre Gustav sollevava due pollici in approvazione e Bill lo ignorava regalmente. Georg sorrise piuttosto nervosamente, allacciandosi – o per lo meno provandci – i polsini della camicia.

“È il primo San Valentino che passiamo insieme,” disse in agitazione, armeggiando alla cieca con le estremità della cravatta. “Vorrei che fosse speciale.”

“Lo sarà, scemo,” lo canzonò lei, alzandosi per portargli via quella stupida cravatta inopportuna che avrebbe rovinato l'insieme. “Sei un damerino, ma fai la tua porca figura.”

Georg le sorrise riconoscente.

“Grazie.” Le disse.

“E di che?” fece lei, minimizzando.

Lui sollevò le spalle.

“Di esserci.”

Vibeke scosse il capo lusingata.

“Hey, Bill, ora che mi viene in mente,” disse Georg. “Tu lo sapevi che Tom si è trovato una nuova Ragazza del Venerdì?”

Le orecchie di Vibeke si rizzarono prontamente.

Una cosa di che?

“No.” Biascicò Bill senza interesse.

“L’ho scoperto l’altra sera, quando ho portato Nicole all’Immortal,” raccontò Georg, raccogliendosi i capelli in una coda. “Il barista ha detto che si vedono spesso.”

Bravo, Kaulitz, complimenti, borbottò Vibeke dentro di sé, irritata, era mercoledì, non avevi la tua Ragazza del Venerdì, e giustamente hai baciato la prima che ti è capitata sottomano. È una cosa che da te ci si dovrebbe aspettare, in effetti.

Se non altro era una buona notizia: aveva una ragazza, non si sarebbe messo a dar noia a lei con altri tentativi di scambi illeciti di fluidi. Si era trattato di un caso isolato, una patetica sottomissione al testosterone galoppante, che lo abbassava di diversi gradi nella scala della dignità umana. Essere schiavi del sesso era una cosa veramente ignobile, soprattutto quando portava a non curarsi dell’opinione altrui.

“Pazzesco.” Esclamò Gustav, decisamente più colpito di Bill. Georg annuì.

“Già.”

“Cos’è questa Ragazza del Venerdì?” intervenne Vibeke, incuriosita.

“Oh, è una lunga e vecchia storia,” le spiegò Gustav. “Circa un anno e mezzo fa Tom usciva più o meno regolarmente con una ragazza, sempre di venerdì, perché poi lei il sabato aveva il giorno libero. Ovviamente lui per il resto della settimana aveva altre ragazze, ma continuava comunque ad uscire con lei ogni venerdì sera. È durata un paio di mesi, giusto il tempo per farci venire il sospetto che la cosa si stesse facendo seria, poi lei gli ha detto che non le stava più bene che lui vedesse altre ragazze, e che doveva scegliere.”

“Immagina Tom messo di fronte ad un ultimatum,” Georg si passò un dito sulla gola, mimando significativamente una lama. “L’ha scaricata in men che non si dica.”

“Già,” Bill schioccò la lingua con disappunto. “‘È stato bello, tanti saluti, a mai più rivederci’.”

“Ne ha avute un altro paio di storie così, dopo quella, tutte finite allo stesso modo,” Georg fece una faccia che parlava per lui. “Le chiamiamo le Ragazze del Venerdì, in onore della prima, anche se esce con loro in giorni a caso. Erano diversi mesi che non capitava, però, credevamo si fosse stancato, e invece…”

“E questa qui com’è?” si informò Gustav.

“Mah, bellina, ma niente di speciale” rispose Georg senza entusiasmo. “Alta, bel fisico, pelle chiara, capelli neri, occhi sul verde… Somiglia a Vibeke, anche se ha uno stile completamente diverso. Sicuramente non ha il suo caratterino.” Aggiunse con una breve risatina complice. Vibeke gli mostrò la lingua.

“E come si chiama?” domandò Bill.

“Lara, mi pare.”

“Bel nome da spocchiosa.” Commentò Vibeke con una smorfia.

“Sì, dovrebbe essere una modella. Pare abbia anche partecipato a Miss Germania, un paio di anni fa, era in finale.”

“Tutto si spiega, direi.” Commentarono Bill e Gustav all’unisono.

Vibeke finì di dare una rassettata alla camicia profumata di nuovo di Georg, poi lo lasciò schizzare a controllarsi allo specchio dell’ingresso. Per lui era davvero una serata importante.

Il quello stesso istante qualcuno scese giù per le scale con pesanti tonfi oziosi e raggiunse il salotto. Tom, neanche a dirlo. Scoccò un’occhiata in direzione di Georg con una smorfia.

“È ridicolo.” blaterò, una volta fuori dalla sua portata uditiva.

“È in tiro, e ci sta pure bene,” discordò Vibeke, osservando da lontano Georg che si lisciava la giacca nera davanti allo specchio dell’ingresso. “Solo l’amore può far impazzire un uomo a tal punto da vestirsi in quel modo spontaneamente.”

Lo pensava veramente.

E mentre Tom se ne andava brontolando qualcosa sottovoce, lei tornò a studiare silenziosamente quell’insolito Georg in preda al nervosismo, trovandolo molto più umano di come lo vedeva di solito, e non era certa che si trattasse di un’impressione negativa.

C’era qualcosa di irrimediabilmente seducente in lui, un magnetismo che solo ora Vibeke comprendeva pienamente: se Tom era talmente consapevole delle proprie doti da diventare posato ed arrogante nel farne sfoggio, Georg aveva invece una certa distratta naturalezza nel porsi, una semplicità silenziosa che gli permetteva di mettersi in luce senza diventare caricaturale, come invece accadeva a Tom, troppo occupato a pavoneggiarsi e mostrarsi disinvolto per curarsi della spontaneità. Sotto questo aspetto, era quasi ovvio il motivo per cui Georg le stava decisamente più simpatico: Vibeke era sempre stata una ragazza combattiva, si era sempre comportata come se avesse avuto qualcosa da dimostrare, come se smettendo di essere dura e schiva avesse potuto perdere la propria autorevolezza, e Tom… Tom era proprio come lei. Con una presenza forte e matura come Georg accanto, ma essendo anche abituato a convivere con l’esuberanza e il costante imporsi di Bill, si era dovuto costruire, enfatizzando certe sue caratteristiche e sacrificandone altre.

Non si trattava di falsità, ma di selettiva verità, e Vibeke ne sapeva qualcosa.

Suonò il campanello e Georg aprì prima ancora che il trillo si fosse completamente diradato.

“Ciao!” salutò la vocetta pimpante di Emily.

Vibeke si ricordò all’improvviso della sua esistenza e di quella della sua splendida mammina, che stava giusto facendo il suo ingresso nell’appartamento, lasciando tutti i presenti di stucco.

Doveva essere reduce da una seduta in un centro di bellezza, perché se prima Vibeke credeva che fosse perfetta, adesso proprio non avrebbe saputo come definirla.

Era semplicemente meravigliosa e meravigliosamente semplice, con un paio di pantaloni neri a fasciarle morbidamente le gambe sottili e, sotto alla giacchetta di velluto, una maglietta che richiamava alla perfezione il color indaco dei suoi occhi appena sfumati di trucco, i lunghi capelli rossi e scuri che le scivolavano lungo la schiena in morbidi boccoli lucenti, due piccoli brillanti come orecchini ed un sobrio punto luce al collo, e ai piedi un paio di Blahnik che ingolosirono perfino una fanatica della comodità come Vibeke.

Era la cosa più semplice e bella che si fosse mai vista, e sembrava che anche Georg, Gustav e Bill, imbambolati a guardarla, lo stessero pensando.

“Hai visto com’è bella la mamma?” disse Emily ammirata, rivolta a Georg.

“Come sempre.” Rispose lui, ammiccando in direzione di Nicole, che si fissava umilmente le punte dei piedi.

“Sei una favola!” non poté risparmiarsi di commentare Vibeke, studiandola sbalordita. Nicole arrossì un poco, ma ringraziò con modestia.

Non era un tipo che si crogiolava nei complimenti, Vibeke lo aveva capito da un pezzo. Nonostante ne avesse tutti i motivi per farlo, non ostentava la propria avvenenza, non ne faceva un oggetto di sfoggio, e non era difficile capire perché Georg fosse così perso di lei. Un’altra, al posto di Nicole – una qualunque, perfino Vibeke stessa – si sarebbe agghindata con un miniabito scollato e quintali di trucco, ma non lei, che sembrava essere quasi allergica agli eccessi di attenzioni.

“Georg, facciamo cambio,” propose Gustav. “Io esco con lei e tu ti becchi il cocktail di musoneria gemellare, ti va?”

“Col ca–” cominciò Georg, ma si zittì nel vedere la testolina bionda di Emily voltarsi verso di lui. “Niente da fare, questa Sandberg è tutta mia, stasera.”

“E questa è tutta mia!” esclamò Bill, materializzatosi di fronte ad Emily. La prese in braccio e le sorrise in modo a dir poco abbagliante. Non c’era più la minima traccia del Bill corrucciato di poco prima.

“E io niente?” intervenne Gustav, mostrandosi offeso.

“No, tu niente.” Lo rimbeccò Bill, facendogli una linguaccia giocosa.

“No, Bill, dai!” si oppose Emily. “Facciamo che sono un po’ di tutti e due.”

Risero tutti quanti, e stavolta Vibeke si sentiva meno un pesce fuor d’acqua, rispetto alla prima, anche se non sapeva spiegarsi il perché.

“Se sei pronta, vado a mettermi le scarpe e andiamo.” Disse Georg a Nicole, la quale annuì. Georg salì quindi a finire di vestirsi, tornando trenta secondi dopo, l’orlo dei pantaloni nuovi di zecca che lasciava intravedere un paio di stivali stile cowboy che avrebbero fatto letteralmente impazzire BJ. Offrì a Nicole il proprio braccio, come un perfetto cavaliere, e le sorrise. Non c’era verso di negarlo, erano una coppia perfetta.

“Emily, mi raccomando,” disse Nicole alla piccola. “Non fare impazzire nessuno e quando ti si dice che è ora di andare a dormire, niente storie.”

Emily scambiò un sorrisetto con Bill ed annuì.

“Sì, mamma.”

“Lo conosco quello sguardo,” replicò Nicole severamente. “Bill, alle undici, massimo undici e mezza, la signorina va a letto, caschi il mondo, chiaro? Gustav, conto su di te.”

“Certamente!” la rassicurò quest’ultimo.

“Gustav, mi faresti una cioccolata, per favore?” chiese Emily educatamente, mentre Bill la lasciava scendere a terra.

“Ma certo,” le disse Gustav, offrendole la propria mano. “Andiamo.” E, dopo che lei ebbe salutato Nicole e Georg con un bacio, la portò con sé in cucina.

“Bene, noi allora andiamo anche noi,” Annunciò Georg, aprendo la porta. “Ciao a tutti, e ricordatevi di controllare che Tom sia vivo, ogni tanto.”

Il nome di Tom distrasse Vibeke, che non fece in tempo ad augurare una buona serata ai due prima che uscissero, come invece aveva fatto Bill, con un sorrisino sbilenco dei suoi. E ora fissava la porta, le mani in tasca, con uno sguardo svagato che non era da lui.

Vibeke non era un tipo empatico, ma avvertiva che c’era qualcosa che aleggiava nell’aria, irradiando da lui, qualcosa che le mise una brutta ed inspiegabile sensazione di malinconia addosso.

“Lei mi piaceva,” disse Bill pacatamente, gli occhi ancora incollati alla porta. “Ma non c’era storia, quei due sono fatti per completarsi, era inutile perseverare,” Gettò un’occhiata in tralice a Vibeke, sempre quel vago sorriso a piegargli le labbra. “Una volta presa coscienza della situazione, non è poi così difficile come potrebbe sembrare, soprattutto se si tratta di una semplice cotta,” Continuò. “È vero, brucia, all’inizio,” Allargò il sorriso con un’incurante scrollatina di spalle. “Però poi alla fine passa, va via, e resta solo l’affetto.”

Non era la principessa a parlare, ma un Bill Kaulitz sconosciuto a Vibeke, uno maturo e razionale, quasi saggio, che non credeva esistesse, sotto a tutti quei vezzi e capricci. Un Bill che le fece molta tenerezza e per il quale provò un’improvvisa ondata di affetto. Era così dolce da commuovere, con la sua tuta arancione e blu addosso e il viso sgombro dal solito make up scuro, i capelli calati morbidamente sulle spalle strette. Sembrava veramente un cucciolo d’uomo smarrito.

“Ti sei arreso di fronte all’evidenza?”

“Sì, anche,” rispose lui, scrollando ancora una volta le spalle. “Ma, in ogni caso, io non ero adatto ad una come Nicole. Lei è forte, è vero, ma aveva bisogno di qualcuno su cui poter fare affidamento, e io, lo sai tu meglio di me, non sono proprio essenza di affidabilità concentrata,” Rise flebilmente, allontanandosi finalmente dall’ingresso. “E nemmeno lei andava bene per me, alla fine. Insomma, la devo ancora incontrare la ragazza che sappia farmi veramente pensare ‘Sei tu!’, capisci?”

Vibeke era notevolmente, elegantemente, genuinamente spiazzata, per una lunga serie di motivi differenti che, elencati, avrebbero facilmente ricoperto la distanza Polo Nord-Polo Sud, e anche una buona porzione della rotta inversa. Finalmente le era anche più chiaro anche quello che le aveva detto Gustav in cucina, qualche giorno prima.

Hai capito, la principessina?, esordì la sapiente voce che albergava dentro di lei. Guarda e impara, razza di incompetente! Ti fai bagnare il naso da un moccioso che fino a tre secondi fa giudicavi inguaribilmente immaturo ed egoista?

“Sì, capisco.”

E non capiva solo la storia di Bill, ma anche un paio di altre cose che finora aveva tralasciato di considerare.

Georg non fa per te. È troppo calmo e riflessivo. Non potreste mai stare bene insieme.”

Si era subito concentrata su di lui, abbagliata dal suo sex appeal e dalla sua semplicità di porsi alla gente, così diverso da lei e forse proprio per quello affascinante, affascinante come solo l’ignoto poteva essere. Ma cosa ci avrebbe potuto fare lei, la bizzarra straniera sfacciata dall’arrabbiatura facile, con uno come lui? E lui cosa avrebbe mai potuto fare con una come lei? Forse, al massimo, in un mondo in cui lui non era follemente innamorato di due Sandberg dagli occhi a mandorla, avrebbero potuto instaurare una soddisfacente relazione sessuale, e magari portarla avanti per un bel po’, ma non avrebbe mai potuto esserci alcun tipo di amore romantico, tra di loro. Gli opposti si attraevano, niente di più vero, ma l’eccessiva diversità che c’era tra loro li avrebbe solamente condotti ad annoiarsi a morte a vicenda.

Prova a rilassarti, dolcezza, che ne dici?, proseguì la voce mistica. Prova a parlare con lui come se stessi parlando con il tuo Gud e vediamo cosa succede.

Sembrava, tutto sommato, un’idea ragionevole e sensata. La volpe aveva rinunciato all’uva, quando aveva capito di non poterla raggiungere, ma Vibeke non era abituata alle rese, non aveva mai rinunciato a nulla in vita sua, e sicuramente non avrebbe cominciato adesso. Georg era un ottimo amico, che sapeva ascoltare e consigliare, e lei una stupida che non aveva capito un cazzo: un’accoppiata più perfetta non ci poteva essere.

“Grazie.” Disse Vibeke, decidendo finalmente di elargire a Bill un meritato sorriso.

“E di che?”

“Devo scappare,” glissò lei, affrettandosi a recuperare la propria roba. “Ci vediamo la prossima settimana.”

“Buona serata.” Le augurò Bill.

“Ciao Gud, ciao Emily!” urlò Vibeke verso la cucina. Le teste dei due fecero capolino dalla porta.

“Ciao!”

“Divertiti!” aggiunse Gustav in tono complice.

“Farò del mio meglio.” Disse Vibeke, aprendo la porta. Al piano superiore qualcosa – o qualcuno – provocò un tonfo sordo che si propagò attraverso il soffitto, ma lei era già uscita.

 

***

 

Tom stava praticamente per morire di frustrazione. Si trovava ancora in preda a quell’indigeribile prurito cosmico che non ne voleva sapere di dargli tregua, aveva voglia di movimento (nel senso meno classico del termine) e non poteva chiamare Lara perché farsi vivo la sera di San Valentino sarebbe equivalso ad ammanettarsi personalmente e giocarsi così la gratuita – o quasi – collaborazione della ragazza.

Erano solo le nove, poteva chiamarne una a caso, o semplicemente imbucarsi in uno di quei club dove i single cercavano ristoro dalla zuccherosa felicità delle coppiette in festa, ma abbassarsi a quello era fuori discussione.

“Tom, noi andiamo al cinema!” proclamò la voce di Gustav dal piano inferiore.

Sì, bene, bravi, levatevi dai coglioni.

“Ok!”

“Non ti suicidare, mentre noi siamo fuori, e se lo fai, non sporcare, o Vibeke ti resuscita per poterti ammazzare personalmente!” gridò la voce di Bill.

“Vaffanculo!” gli gridò indietro Tom, sbattendo la porta della propria stanza con tanta violenza da far tremare la parete.

Attese che fossero usciti, poi pensò bene di sbatacchiare la porta un altro paio di volte, giusto per il gusto dare sfogo a qualunque cosa si fosse impossessata di lui. Nonostante l’iperattività, si sentiva paradossalmente stanco, come se non avesse fatto altro che sfacchinare dalla mattina alla sera, come di solito succedeva in pieno tour.

Scese di sotto, si buttò sul divano ed accese la tv, già sapendo che non avrebbe trovato niente di decente da guardare, eppure, nonostante questo, riuscì a restare lì impalato per un’oretta buona, senza nemmeno seguire il programma sullo schermo, qualunque esso fosse.

Si stava annoiando da morire e se non avesse fatto qualcosa al più presto, avrebbe dato di testa.

Il problema reale era che, non avendo niente da fare, non riusciva a fare a meno di pensare alla più grande cazzata della sua vita, e cioè quel maledetto bacio che gli era sfuggito a casa di Vibeke. Si sentiva peggio ogni minuto che passava, a pensarci: avevano condiviso una bollente notte di sesso, e lei lo aveva liquidato con un biglietto demente e un souvenir in pizzo nero; si erano baciati e lei aveva dichiarato che non era successo niente. Era la prima volta che a Tom capitava di fare qualcosa con una ragazza che non solo non voleva andare per il mondo a vantarsene, ma che addirittura pretendeva di fare finta di niente.

Da quando una non gli chiedeva di più, ma di cancellare tutto? Da quando farsi Tom Kaulitz non era motivo di vanto, ma di rifiuto? E soprattutto: perché?

Ti da così fastidio che per una volta una non ti stramazzi ai piedi adorante?, sproloquiò il lui più recondito e meno noto, quello dotato di buonsenso.

Il Tom di tutti i giorni si mise d’impegno per evadere quella domanda così scomoda, a cui si rifiutava categoricamente di rispondere.

Va bene, riformuliamo, riperse l’altro Tom, irremovibile, ti da fastidio che una non ti stramazzi ai piedi adorante o ti da fastidio che lei non ti stramazzi ai piedi adorante?

Di nuovo, Tom non volle saperne di dar retta a quelle stupidaggini assurde.

Aveva voglia di bere e sbronzarsi per bene, ma se lo avesse fatto da solo, le conseguenze potevano essere infinite, e sapeva che in certi casi tendeva a perdere facilmente il controllo. Inoltre non sopportava l’idea di essere li ad ammazzarsi di seghe mentali mentre qualcun altro se la spassava alle sue spalle dopo averlo umiliato per la seconda volta.

Per di più non si sentiva nemmeno tanto bene.

 

***

 

Vibeke era con Moniek ed un altro paio di loro conoscenti davanti all’ingresso del Crossover ad aspettare il resto della combriccola. Non era un’uscita di San Valentino tra coppie, almeno non ufficialmente, anche se nel gruppo ce n’erano un paio, in cui lei non era solita includere se stessa e Moniek, ma che Moniek ogni tanto si azzardava a far salire a tre.

Erano le dieci passate e la temperatura era generosa, rispetto al solito, fredda ma non troppo, quasi piacevole, almeno per Vibeke.

“Se entro dieci minuti non sono qui, io direi di cominciare ad entrare.” Suggerì Joel, il ragazzo più bello, più simpatico e più gay che Vibeke avesse mai conosciuto, sfoggiando la propria erre moscia francese.

“Io ci sto.” Concordò Tasha, migliore amica di Joel e unico membro puramente eterosessuale della compagnia.

“Anch’io.” Si aggiunse Moniek, rabbrividendo tra una nuvoletta di vapore e l’altra.

Vibeke era sul punto di assentire a sua volta, quando il cellulare prese a squillarle nella borsa. Lo recuperò in fretta, sotto agli occhi attenti dei presenti, e se portò all’orecchio, tappandosi l’altro con una mano per coprire il rumore proveniente dal locale.

“Pronto?”

“Vi, ti prego, devi venire subito…”

Un mormorio basso e distante, una voce insolitamente piatta che si dava il caso lei conoscesse fin troppo bene.

“Kaulitz!” Si tirò in disparte, sperando di migliorare l’audio della comunicazione. “Va tutto bene? Dove sei?” gli chiese con ansia.

“A casa,” rantolò lui, con la stessa intonazione fiacca. “Per favore, ho bisogno di te.”

E non puoi chiamare la tua Lara, stronzo?, sentenziò la voce interiore di Vibeke, ma lei la scacciò, preoccupata da quel tono labile. Non gradiva particolarmente l’idea di rovinarsi la serata per un probabile falso allarme, ma preferiva non rischiare.

“D’accordo,” acconsentì in fretta. “Arrivo subito, non ti preoccupare.”

Chiuse rapidamente la chiamata e rivolse uno sguardo di scuse a Moniek e agli altri, che, da come la guardavano, sembravano aver già intuito tutto.

“Fammi indovinare, niente aperitivo e nottata di follie.” Sbuffò Moniek, alterata.

“Niek, mi dispiace…”

“Non importa,” Moniek agitò una mano con incuranza, ed era evidente che non le andava giù quell’imprevisto. “Ci vediamo lunedì.”

Vibeke non si sprecò a sorridere: la avrebbe solo alterata di più.

“Grazie.” Disse. Salutò tutti e si incamminò a passo svelto verso la propria auto, sperando che quell’impiastro vivente di Kaulitz non si fosse messo in qualche guaio serio.

 

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Note: ora, ditemi voi se questo capitolo non è una desolazione. Anzi: considerate se questo è un capitolo, tanto per parafrasare Levi (e gli déi vogliano che non si rivolti nella tomba per questa a dir poco azzardata comparazione). Aaanyways, come tutti avrete notato succede poco o niente sulla piatta superficie narrativa, ma qualcuno sa che con me bisogna armarsi di crivella e tanta pazienza ed andare a disseppellire i dettagli sepolti e nascosti qua e là, ergo: buon lavoro. ;) Ah, per le parti in norvegese: se evidenziate la riga, troverete la traduzione nascosta! ;)

Orbene, ordunque, che altro dire, se non che ci sono degli eccessi di zuccherosità romantica in arrivo ben preannunciati dall’atteggiamento dei due piccioncini innamorati cotti, e che giuro solennemente di non avere buone inten– no, fandom sbagliato. Giuro solennemente che il prossimo capitolo sarà molto più gustoso, una bella panoramica sanvalentiniana generale, giusto per vedere cosa combina questo branco di folli allo sbaraglio. Abbiate fede, riuscirò a postare in tempi medio-ragionevoli. Il titolo del capitolo (che significa: Profondo, Silenzioso, Completo) è tratto dall'omonima, divina canzone dei sublimi Nightwish (gli unici ed originali, diffidate dalle patetiche imitazioni post-2005 -.- [Pao, tu comprendi il mio sdegno e dolore])

Ora passiamo ai ringraziamenti personali:

_Ellie_: santissimi Thor, Odino, Freya e tutti i sacri Vani! Ma quella è una recensione o una raccolta di poemi epici? XD L’ho adorata, sappilo. Tanto tanto tanto, e anche un po’ di più. *___* Ti adoro, ma tanto lo sai.

ElianaTitti: eeeh, nessuno può resistere alla pratica dello Scambio. Tra un po’ verrà ufficializzata al posto dello scambio degli anelli nuziali: scambio delle magliette nuziali. Non altrettanto chic e romantico, ma se ci consentirà di vedere qualche tokiohotellico petto nudo (nell’interesse di tutte/i, possibilmente quello di un G, perché i K non sono granché dotati, per quanto inverosimilmente fighi anch’essi). Sto divagando.

winTh: una nuova lettrice-recensitrice! Wilkommen im Tokio Bordel! Ehm, cioè, volevo dire, Hotel. Attenta a non andare in overdose di ff, a me è capitato, ed è bellissimo, per carità, ma poi ti ritrovi a sognare te stessa che fai da babysitter ad Emily assieme al Baggy Kaulitz su un elefante bardato (vero, Lady Vibeke? XD). Spero di ritrovarti ancora tra i miei commentatori. ;)

GaaRa92: non è la cosa più bella del mondo la sexy bitchyness? Su di me ha effetti devastanti. Per quanto riguarda il caro BJ… I due rintanati in camera da letto avrebbero dovuto palesare la loro attività con un bel cartello stile KIP (Kiss In Progress), ma penso si adegueranno la prossima volta (Ci sarà una prossima volta?!, vi chiederete voi. Eh, chi lo sa! XD)

Lady Vibeke: recensione schematica, chiara e concisa, molto MSosa. Ho appena adempiuto al punto cinque, in caso tu non te ne sia accorta, quindi appena riemergi dalla tua biblica prigione, porta il tuo fondoschiena secchione quaggiù, che le MS sentono la tua mancanza!

carol22: ok, se lavori ad un maneggio, io vengo a darti una mano gratis! *__* Io AMO i cavalli. Voglio due pony, uno nero e uno color champagne, da chiamare Bill e Gustav e coccolare dalla mattina alla sera. Mi puoi aiutare? Ah, e possiamo andare a lezione di Kaulitzese insieme, se vuoi, so che ci sono pochi posti rimasti!). Per inciso, comunque, in merito a quell’ultimo, santissimo episodio 31 della TH TV: ringraziate non so bene chi per avermi fatta miracolosamente sopravvivere alla celestial visione delle erotiche nudità date in pasto ai miei occhi. Tra l’infarto, l’aneurisma e la disidratazione da sbavamento incontrollato, ho rischiato di non farcela. u__u

Purple Bullet: va bene, dillo: tu sei Vi in incognito, ma te lo tieni per te perché temi ripercussioni da parte di noi tutte. Ti ho scoperta, eh? Comunque, non ci sono sviluppi tangibili, aimé, in questo capitolo, ma se ti armi di lente di ingrandimento alla Sherlock Holmes (o anche di buona vista) qualche cosina la trovi. ^^ Ah, per la cronaca: la tua punizione per essere Vi in incognito sarà regalarmi il tuo portatile. Questione chiusa.

MARINA KAULITZ: altra nuova lettrice, e ti chiami Mary come me! Doppiamente benvenuta! È vero, quei due hanno un potere eccitante non indifferente già da separati, figurarsi quando si incontrano. Peccato solo siano due testoni incurabili, ma li amiamo per questo, no?

kit2007: come ho già detto a qualcuno, quel bacio non era affatto previsto. È stato una bravata di quei due, io non c’entro niente, hanno fatto tutto loro. Io li ho solo messi lì seduti a guardare le foto, e loro hanno pensato bene si sfuggire al mio sacro volere di autrice e… Zac, Tom l’ha baciata e lei ha risposto. Ne parlerò con il mio avvocato, qui marchiamo male. -.- Mi auguro che l’aggiornamento non ti abbia delusa.

NeraLuna: ammetto che per un attimo qualche frammento del mio già in pezzi cuoricino è stato sul punto di sbriciolarsi definitivamente. Poi ho letto il resto e ho riso per qualche milione di anni. Devo assolutamente considerare l’idea dell’impacchettare bravura, ma temo che così il mio arricchimento si fermerebbe a due euro, che non sono esattamente niente, ma forse è meglio che quel poco che ho me lo tenga, non si sa mai. XD

Ihateyou: (nickname intimidante, ma non sono una che si spaventa per poco, abituata come sono a guardarmi allo specchio la mattina) Premettendo che ai miei occhi i Tokio Hotel sono assolutamente perfetti proprio perché sono ben lungi dall’esserlo realmente, sto facendo del mio meglio per renderli tutti con il massimo della concretezza e credibilità, e direi che ce la sto più o meno facendo (sì, sì, con calma vedremo anche l’umano che è in Georg, fin dove possibile -.-“). Mi riesce difficile con Gustav, veramente, perché, come dice Vi, non si è fatto tatuare quelle alucce favolose per niente: è un angelo, si fa fatica a demistificare una creatura celeste. <3

loryherm: carissima, tu non manchi mai! Ma soprattutto, sei diventata una asso nella decriptazione delle mie opere, il che mi compiace alquanto. Vediamo cosa mi snoccioli da questo capitolo. ;)

CowgirlSara: sai già perché non ti avevo detto nulla del bacio (quei due e io abbiamo fatto una bella chiacchieratina circa il rispetto per i progetti degli autori, ma non credo abbiano afferrato), per di più abbiamo già ampiamente discusso di tutto, perciò alla prossima, MS!

gioconda: un’altra nuova arrivata, che piacere! Sono lusingatissima che tu segua le mie storie senza amare spasmodicamente i Tokio Hotel, significa molto per me (non che tu non li ami, ma che tu trovi comunque abbastanza interessante ciò che scrivo da leggerlo e commentarlo ^^), quindi ti ringrazio davvero immensamente, mi ha fatto molto piacere leggere la tua recensione, e spero che ne saranno altre!

Hermyone: eheheh, la cosa dei pantaloni stretti è dovuta ad una determinata e precisa reazione fisica al bacio, ma non entro nei dettagli, che è meglio. XD se ora non è molto chiaro, capirai un giorno, vedrai. ;) È stato un modo più o meno indiretto per spiegare come ha reagito Tom (o meglio, il suo corpo) nel baciare Vi. ^^

Muny_4Ever: ti sei sprecata, vedo. XD Ma capisco che lo shock faccia di questi scherzi, quindi sei perdonata.

btb: e dopo il bacio, la negazione. E dopo la negazione? Il prossimo capitolo, ovviamente!

Prinzesschen: hai capito bene, Vi pensa che Tom non si ricordi un bel niente (povera piccola illusa). Il fatto che lui non le esponga questa consapevolezza è dovuto ad un semplicissimo motivo: se tu hai un asso nella manica, lo giochi senza motivo, rischiando di sprecarlo? No. E ancora, più specificamente: se tu sei Tom Kauliz e hai un asso nella manica, lo giochi senza motivo, rischiando di sprecarlo, quando invece potresti aspettare il momento a te più vantaggioso? La risposta è la chiave. XD

ruka88: temo che Lara resterà ancora a lungo, visti i bisogni fisici che Tom, povero caro, ha necessità assoluta di soddisfare in modo 100% disinteressato. Ma esiste (credo) una giustizia a questo mondo, e chissà mai che prima o poi il Karma non si abbatterà su questa manica di cretini confusi.

picchia: se mi reagisci così per un misero bacetto, sarà meglio che non ci metta niente di più pesante, in questa storia, o non solo le tue recensioni appassiranno miseramente, ma mi appassirai anche tu. XD

_ToMSiMo_: Kaulitz-litigio: fatto; Altro Tra Tom E Vi: aspetta a spera. ^^ Non resta che vedere cosa succederà dopo la criptica fine di questo capitolo!

Ladynotorius: a te non dico niente, sei cattiva, mi minacci, mi tratti male e mi assilli! ç__ç E per di più ti sei pure beccata il capitolo in anticipo! Ambasciatrice MS, sei viziata, te lo dico io!XD

RubyChubb: mugliera, non hai recensito e per questo sei stata giustamente punita (ah, la notte con G&G e D&D è stata sublime, mai goduto di più XD), ma ti liebo lo stesso, quindi ritieniti (s)fortunata!

A tutti gli altri, ossia chi legge e le 86 persone che finora hanno aggiunto la storia tra i preferiti: grazie! Ci si risente al prossimo capitolo!

   
 
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