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Autore: _Frency_    10/03/2014    3 recensioni
Ci sono momenti in cui bisogna fare delle scelte, e non ci si può più tirare indietro. Bill è più deciso che mai a vivere a fondo la sua storia con Kerli, e il primo passo è presentarla ufficialmente alla famiglia. Tom desidera rimediare ad un errore commesso in passato, e tornare in Germania sembra l'occasione perfetta. Georg e Gustav si trovano coinvolti, una volta ancora, nelle balzane idee dei compagni, che sembrano pronti a tutto pur di non lasciarsi sfuggire le ragazze che hanno rubato loro il cuore. Proprio queste ultime, anime femminili coinvolte in una storia che le vede protagoniste, si trovano per la prima volta faccia a faccia. E sono due mondi agli antipodi che si scontrano, non solo due donne che all'apparenza non hanno nulla in comune. Incomincia così una rocambolesca storia che racchiude al suo interno sia giornate luminose che tempestose, proprio come gli animi mutevoli dei suoi personaggi. Perché ognuno di due cela in sé luci e ombre. Cosa succede, quando il confine tra l'una e l'altra si assottiglia, fino a diventare una mera illusione?
[Seguito di: "No Woman No Cry" e "Wonderland"; ultima parte della serie "Ricami sul Cuore".]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricami sul Cuore.'
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Capitolo 5: Nothing Has Happened.
 
Si sbaglia sempre.
Si sbaglia per rabbia, per amore, per gelosia.
Si sbaglia per imparare. Imparare a non ripetere mai certi sbagli.
Si sbaglia per poter chiedere scusa, per poter ammettere di aver sbagliato.
Si sbaglia per crescere e per maturare.
Si sbaglia perché non si è perfetti.

(Bob Marley)
 

Aveva fantasticato migliaia di volte di trovarsi in quella situazione, e la sua mente aveva architettato sempre qualcosa di differente. Mai aveva azzardato a proporsi uno scenario realistico: era più facile se immaginava di ricevere una telefonata da lei nel cuore della notte, durante la quale si confidavano quanto la lontananza gli facesse soffrire. Era stato più facile sognare di vedersela comparire davanti all’aeroporto di Amburgo, con gli occhi persi a scrutare l’orizzonte in attesa del suo arrivo. Sarebbe stato molto bello, e altrettanto poco verosimile. Però ci aveva sperato davvero: aveva veramente desiderato scorgere i suoi occhi verdi speranza tra la folla.
E adesso, adesso che le sue dita, come dotate di volontà propria, avevano sfiorato il campanello provocando un insistente trillo, adesso che era veramente ad un soffio dal rivederla, una strana sensazione si stava impossessando di lui. Provava uno strano senso di vuoto all’altezza del petto, come se fosse in piedi su un cornicione sospeso nel nulla e dovesse saltare da un momento all’altro. Di colpo era scosso da un fremito interiore così violento da fargli dubitare di riuscire a reggersi sulle proprie gambe. E, proprio mentre soppesava l’ipotesi di allontanarsi, dimenticare tutto e fingere che non fosse mai successo nulla, sentì il chiaro clangore del portone che veniva aperto. Come un automa, spinse piano la porta, chiudendosela successivamente alle spalle rimanendo immobile al centro dell’atrio senza riuscire a muovere un passo di più verso le scale. Il suo cuore batteva così forte che temeva avrebbe potuto squarciargli il petto.

Sei tu. Questo battito sei tu.

Sono qui per te.

Poi, fu come se tutta la tensione e il panico provato fino ad ora si tramutassero in euforia. Una gioia incondizionata, perché forse solo in quel momento realizzava che l’avrebbe davvero rivista. L’avrebbe nuovamente stretta tra le braccia, avrebbe finalmente ascoltato la sua voce e respirato il suo profumo. Sospinto dall’impeto di quel sentimento così nuovo, intenso e coinvolgente, trovò il coraggio di imboccare la scalinata e salire fino a quello che ipotizzava essere l’appartamento della ragazza. Non era mai salito fin lassù, e l’unica certezza di essere davanti all’abitazione giusta fu notare che una delle porte era lievemente socchiusa.
Rimase immobile, incerto su cosa fare.

E adesso?

Prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, una testolina bionda fece capolino dalla porta. Tom, nell’incrociare lo sguardo scuro della bambina che gli stava difronte, sorrise dolcemente. Ricordava bene quella piccola stellina che adesso lo osservava con i suoi occhioni grandi, colmi di stupore, meraviglia e…

Felicità?

-Denise, dove sei? Chi è che…- una voce roca, graffiante e meravigliosamente famigliare colpì il ragazzo, che trovò la forza di alzare lo sguardo dalla bambina e incrociare le iridi smeraldine della donna che adesso aveva davanti.

Senza fiato.

Nell’impossibilità assoluta di dire o fare qualcosa, semplicemente immobile e silenzioso. Per la prima volta capiva realmente il senso di quell’espressione.

Senza fiato…

-Nesta- sussurrò.

…ma non abbastanza, infondo.
 

Era lì. Davanti a lei. Era proprio lui.

Tom.

Avrebbe voluto piangere, gettarsi tra le sue braccia e stringerlo al petto. Avrebbe voluto urlargli contro tutta la sua rabbia, cieca e divampante come il più ardente degli incendi, tutta la sua angoscia e la sua disperazione. Avrebbe anche voluto baciarlo, lì, sul pianerottolo di casa, con la sua sorellina ad un passo di distanza. Perché le era mancato, le era mancato tanto da far male, e Tom era davanti a lei, con quell’espressione indecifrabile, bello come probabilmente non sarebbe stato mai più.

-Ragazzo- mormorò, come se di colpo le parole le mancassero, e con esse anche la forza e la capacità di fare qualcosa di più che bisbigliare il
suo nome a mezze labbra. Come se il ragazzo che aveva di fronte fosse potuto sparire se lei avesse osato qualcosa di più.

-Sei tornato-

Era una semplice constatazione, ma il tono accusatorio e sprezzante che aveva usato lei colpì Tom con inaspettata violenza. Perché quelle due semplici parole sembravano un’accusa, perché il suo sguardo chiaro tradiva angoscia e sgomento e gioia allo stesso tempo, e lui non sapeva come fare per non perdersi in quel mare di emozioni contrastanti. La vide sospingere delicatamente la sorellina dentro all'appartamento, per poi tornare a osservarlo.

-Sì, sono qui. Sono qui per te- trovò la forza di ammettere.

Tom non era mai stato un poeta, ma aveva l’incredibile pregio di essere un ragazzo trasparente: quando pensava una cosa non poteva fare a meno di dirla in totale onestà. E quelle spontanee dichiarazioni avevano sempre, inevitabilmente fatto battere il cuore della ragazza. Eppure, in quel momento era diverso. Perché Nesta sentì chiaramente il suo cuore mancare un battito nell’ascoltare le parole sincere del ragazzo e nel vedere i suoi occhi velati d’emozione, ma qualcosa le impedì di correre a rifugiarsi tra le sue braccia.

-Non dovresti essere qui- riuscì solo a dire, più freddamente di quanto avrebbe voluto, senza guardarlo negli occhi.

Tom le rivolse un’occhiata smarrita. C’era qualcosa di sbagliato in tutto quello, perché lei era distaccata in una maniera che gli era estranea e, nonostante gli separassero solo pochi passi, a lui sembrava di non esserle mai stato tanto distante.

-Non dovresti- rimarcò lei, abbassando lo sguardo.

Non dovresti.

Quanto potevano ferire due semplici parole? Quanto? Perché lei non lo voleva lì, perché lei sembrava un’altra donna e non la ragazza di cui si era innamorato.

-Sì, invece! Non c’è altro posto in cui dovrei essere adesso!- disse, con voce spezzata.

Era raro che l’emozione lo tradisse, proprio lui che cercava sempre di mostrarsi distaccato e disinteressato per non apparire vulnerabile. Per non dare a nessuno la possibilità di capire come si sentisse veramente. Ma lei… Lei era Nesta, ed era semplicemente impossibile per lui esserle indifferente. Invece, in quel momento, era proprio lei a sembrare un’apatica imitazione della ragazza vitale che aveva conosciuto. E lui si sentiva sempre più ferito dal suo prolungato silenzio.

-Guardami- mormorò, con un tono più deciso di quello supplichevole usato poco prima.

-Guardami, perché io sono mesi che aspetto di guardati negli occhi. Guardami, perché amo il tuo sguardo, e non c’è giorno da quando sono partito in cui non mi sia mancato. Guardami, dannazione, perché mi mi mancavi tanto da star male, perché ho perso il conto delle notti che ho passato sognando di averti al mio fianco!-

Davanti a quel discorso accorato, Nesta non poté fare altro che rialzare gli occhi e fissare le proprie iridi chiare in quelle ambrate del ragazzo che aveva difronte.

-Vuoi che ti guardi? È questo che vuoi?- sibilò -Ecco! E tu, ragazzo, tu mi vedi?- domandò, con voce carica di sofferenza.

Tu mi vedi?

Sì, la vedeva. Vedeva una ragazza cresciuta troppo in fretta e segnata da tante ingiustizie, vedeva tutto il dolore che nascondeva dietro parole taglienti e sguardi rancorosi, vedeva tutta la determinazione che era la sua forza più grande. Vedeva la ragazza che aveva lasciato e la donna che aveva ritrovato.

-Lascia che ti dica una cosa, Tom- aggiunse lei, passandosi una mano sul viso -Va via-

Il ragazzo era sempre più incredulo. No, non poteva averlo detto davvero. Lui era lì per lei. Solo per lei. Non poteva respingerlo così.

-Perché dovrei? Non capisco, io…- farfugliò, cercando di incrociare nuovamente il suo sguardo sfuggente.

-Non capisci? Vedrò di essere chiara allora- ringhiò, avvicinandosi pericolosamente a lui.

-Devi andartene, perché non puoi riapparire come se niente fosse nella mia vita e pretendere di essere accolto a braccia aperte! Vattene, vattene perché non voglio nemmeno vederti! Non puoi tornare così, dopo essertene andato e avermi lasciata sola. Non puoi, cazzo! Non puoi illudermi di essere tornato per me, perché non è vero!- urlò, afferrandogli con forza la stoffa della felpa all’altezza del petto e strattonandolo violentemente. Tom le cinse immediatamente i polsi sottili con le mani, in una stretta abbastanza forte da impedirle di spingerlo nuovamente.

-Credi che non lo sappia?- riprese lei, la voce resa roca da un miscuglio di frustrazione, odio e affanno.

-Sei un bugiardo. Tra una settimana, due al massimo, te ne sarai andato di nuovo. O mi sbaglio?- chiese, con una punta di sarcasmo. Il chitarrista non rispose e lei rise, una risata vuota e senza fredda.

-Vedi? Lo sai anche tu. Ecco perché ti chiedo di andartene: è la scelta migliore, per entrambi- concluse, allentando la presa sulla sua felpa e scuotendo debolmente la testa, facendo ondeggiare i dreads sulle spalle esili.

Tom, rimasto silenzioso mentre lei si sfogava, rilassò un poco la presa sui suoi polsi. Respirò a fondo, prima di parlare.

-Come puoi sapere ciò che è meglio per entrambi?- sussurrò, chinando il viso e cercando un contatto con quello della ragazza, che però si ritrasse uno strattone, sgusciando via dalla presa di Tom.

-Non so quello che è meglio per entrambi: so quello che è meglio per me-

Il chitarrista, per la prima volta da quando l’aveva rivista, provò la stessa furia cieca che sembrava essersi impossessata della ragazza poco prima.

-Siamo in due! Non sei solo tu! Non c’è solo il tuo cuore, c’è anche il mio! Siamo in due, Nesta, che ti piaccia o no. Io e te. E tu non puoi essere così egoista- gridò.

-E perché no? Perché? Dopotutto tu hai pensato solo a te stesso quando mi hai lasciata qui, da sola!- ribatté, con altrettanta ferocia.

-Smettila di tirare fuori questa storia! Cos’altro avrei mai potuto fare? Non ho avuto scelta, era la decisione più giusta da prendere- ringhiò risentito il ragazzo.

-Potevi scegliere me!- singhiozzò lei, con voce rotta e gli occhi lucidi.

Tom tacque, senza fiato per replicare e con il cuore che gli batteva furiosamente nel petto.

Potevi scegliere me.

Le parole della ragazza gli risuonavano nella mente come una cantilenante litania.

Potevi scegliere me.

Era la verità.

Tom prese un respiro profondo, prima di rialzare lo sguardo su di lei e cercare di non farsi sopraffare dall’emozione.

-Ho sbagliato. Lo so, ho sbagliato. Non avrei dovuto andarmene, forse hai ragione. Ma… Accidenti, sono solo un ragazzo! Non sono perfetto e non lo sei nemmeno tu. Pensavo che sarebbe stata la scelta più giusta e… Sì, sì è stata la scelta migliore per me in quel momento, è inutile girare intorno a questa cosa. Ha aperto a me e ai ragazzi milioni di possibilità. Ma adesso sono qui, sono qui per noi. Sono qui anche se non basterebbe l’intera serata per spiegarti come mi sono sentito, perché non sono bravo con le parole e vorrei solo riabbracciarti e fare finta che non sia mai successo nulla- mormorò.

-Tom, è questo il problema!- sbottò lei, esasperata -Non puoi tornare e avere anche la presunzione di voler fingere che non sia successo niente, perché non è così!-

Il ragazzo provò a ribattere, ma lei non glielo permise, riprendendo velocemente a parlare.

-Non è così. Non lo è, accidenti! Io sono andata avanti! Io ho deciso di chiudere quel capitolo della mia vita, e tu non hai il diritto di ripiombare qui così, incasinando nuovamente il mio equilibrio. È già abbastanza precario di per sé- concluse, passandosi una mano sul viso e respirando profondamente nel tentativo di calmarsi.

-Nesta- mormorò affranto Tom, allungando una mano e cercando di intrecciare le proprie dita a quella della ragazza. Lei, però, si ritrasse con un tremito, quasi temesse di essere toccata.

-No Tom, te lo chiedo per favore- bisbigliò Nesta -Vai via-

-Guardami e dimmelo. Guardami negli occhi, ripetimelo e… Sì, allora me ne andrò- tentò lui.

La ragazza strinse nervosamente le mani sulla stoffa dei jeans sgualciti, alzando lo sguardo e incrociando le iridi scure, prima di pronunciare con durezza quelle ultime due parole.

-Vattene ragazzo-
 


Bill era comodamente steso sul letto quando sentì il rumore secco della porta che si apriva all’improvviso e subito dopo si richiudeva in un tonfo. Un attimo dopo suo fratello gli era davanti, con il volto arrossato e il fiatone come dopo una lunga corsa. Bill stava per chiedergli il motivo di quell’improvvisa irruzione nella sua stanza e il come mai di quell’espressione sconvolta, quando vide il gemello accasciarsi al suolo. Spaventato, balzò in piedi e gli si inginocchiò accanto, passandogli un braccio attorno alle spalle.

-Tom, cos’è successo?- sussurrò, con la voce velata dalla preoccupazione.

Il fratello non rispose, si limitò ad alzare gli occhi e a incrociare le iridi scure del gemello. E Bill capì. Nonostante il silenzio ostinato, a lui quello sguardo bastò più di mille parole. Allora lo abbracciò con dolcezza, e subito sentì il fratello nascondere il viso nell’incavo del suo collo.
Tom si sentiva soffocare. Sentiva fuoco scorrergli nelle vene ed era come se davanti a se vedesse solo un indistinto insieme di macchie scure e punti luminosi. Solo quando sentì qualcosa di caldo e umido bagnargli le guance si accorse di aver iniziato silenziosamente a piangere. Spense in un gemito sommesso sulla spalla del fratello quei singhiozzi che sembravano volergli sconquassare il petto. Dentro, era come se il suo cuore si fosse spezzato in mille, pungenti schegge. Si aggrappò con più forza alle sue spalle esili, come se quello fosse l’unico modo per non sprofondare del tutto in quell’incubo. Sentì le dita fresche del fratello accarezzargli lievemente il capo e la schiena, cercando di calmare quei sussulti, mentre a mezza voce mormorava qualcosa che lui non riusciva a comprendere. Ma la voce di Bill era confortante e carezzevole, era una boccata d’aria fresca che sembrava placare ad ogni parola quella tempesta d’emozioni che non smetteva di abbattersi su di lui.

Nesta.

E quel nome, quel nome che non faceva altro che ripetersi nella sua mente.

Potevi scegliere me.

Non lo sapeva nemmeno lui se sarebbe stato giusto farlo. Quante cose sarebbero andate diversamente, se lui quel giorno non avesse mai seguito suo fratello e i propri amici?

Vattene ragazzo.

Decisa, fredda, dolorosamente consapevole. Non aveva tentennato nemmeno un istante. Avrebbe voluto vedere quel tremore nei suoi occhi, aveva desiderato un qualsiasi appiglio pur di dimostrarle che non era realmente intenzionata ad allontanarlo. E invece l’aveva stupito per l’ennesima volta.

Tom.

-Tom-

La voce di Bill – ovattata, distante, solo un flebile richiamo proveniente da chissà dove – lo riscosse dallo stato di incoscienza in cui sembrava essere sprofondato.

-Tom, ti prego…-

Il ragazzo si scostò bruscamente dal corpo del fratello. Non voleva che lo vedesse così. Sapeva che era un pensiero totalmente irrazionale, dato che si era precipitato da lui in quello stato, ma all’improvviso desiderava solo che il gemello non vedesse i suoi occhi arrossati di pianto.
Si rialzò velocemente in piedi, barcollando leggermente a causa di un improvviso capogiro.

-Tom, cosa…-

Aveva sentito nitidamente la voce del fratello questa volta, eppure non gli diede ascolto. Doveva andarsene di lì prima che la disperazione lasciasse spazio alla frustrazione, alla rabbia e alle grida che sapeva non sarebbe riuscito a trattenere. Doveva andarsene prima di ferire anche lui, il suo Bill, che non aveva nessuna colpa.
Percorse a passi svelti la distanza che lo separava dalla porta della camera, ma mentre le sue dita si chiudevano sulla maniglia, contemporaneamente quelle del fratello si aggrappavano al suo polso.

-Dove vai?- domandò accigliato il moro, mentre il chitarrista si voltava quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi.

-Bill, lasciami-

-No, no che non ti lascio- ribatté fermamente.

-Bill…-

-No- si impuntò il cantante. Ciò nonostante Tom strattonò con violenza il braccio per sciogliere quella presa che, seppur salda, cedette.

-Perché fai così? Perché corri tra le mie braccia, ti sfoghi, ti lasci consolare e poi scappi? Perché fuggi anche da me?- domandò scoraggiato Bill.

Tom respirò profondamente, cercando di calmarsi.

-Lo faccio sia per te che per me- ammise -Perché adesso ho solo bisogno di stare solo-

-Lo fai anche per me, dici? Beh, sappi allora che così a me non sta bene! Non puoi farmi preoccupare in questo modo e poi andartene, come se niente fosse!-

Come se niente fosse.

Vorrei solo riabbracciarti e fare finta che non sia mai successo nulla.

Non puoi tornare e avere anche la presunzione di voler fingere che non sia successo niente, perché non è così!

-Sembra che sia la cosa che so fare meglio- mormorò, prima di voltarsi e chiudersi la porta alle spalle.












My Space:

Buonasera ragazze!

Come state?

Allora, cosa ne pensate di questo nuovo capitolo? Finalmente Nesta Green è tornata!

Spero vogliate dirmi la vostra, anche perché non è stato affatto semplice scrivere questo capitolo: volevo che la reazione della nostra ragazza fosse, come dire, in linea con il suo carattere e il suo temperamento spesso "scostante". Mi rendo conto che la maggior parte del capitolo sia incentrato sul loro incontro/scontro, sul loro acceso dibattito e su ciò che provano, ma lo ammetto, io stessa non vedevo l'ora di riprendere in mano il suo personaggio. E da adesso... Beh, ci sarà da divertirsi, ve lo posso assicurare! ;)

Intanto ne approfitto per ringraziare
auroramyth e Billina_Pazza che hanno recensito il precedente capitolo: siete state gentilissime ragazze. E ovviamente grazie a tutte le lettrici e le "seguaci" della storia, siete la mia forza!

Alla prossima,

Frency.

 
   
 
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