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Autore: Judith Loe    12/03/2014    6 recensioni
Espirando pesantemente, guardò verso il basso, cogliendo l’occhio del suo sensei puntato proprio verso di lei, osservandola da sopra le pagine di quel suo stupidissimo libro. In un istante si ricordò di essere appesa al ramo a testa in giù con le gambe a penzoloni. Veloce fece risalire le braccia al bordo della gonna così da potersi coprire le gambe, comunque sufficientemente nascoste dai pantaloncini neri. Arrossendo come un pomodoro, distolse lo sguardo e borbottando un ”Questa è una scemenza…” ritornò all'esercizio.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Sakura Haruno, Team 7, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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NOTE1:
 
BUON DUE DI OTTOBRE A TUTTI! *si abbassa per schivare gli oggetti acuminati diretti alla testa*
Ah-ah-ah .-.  Come? Che dite? Non è ottobre? Pff…non siate ridicoli… ceeerto che è ottobre. Mep.
Vabbè ormai è passato un sacco di tempo e ve ne siete accorti da soli che non ho mantenuto la promessa, perdonatemiiii!! *si prostra a terra* è che me ne sono successe di ogni e non ho avuto né il tempo né la testa per mettermi a scrivere e non mi andava di forzare nulla perché la storia mi sta a cuore e non sarebbe stato giusto postare qualcosa fatto alla cavolo, così ho preferito aspettare che l’ispirazione tornasse e…MIRACOLO! Eccomi qui!
Ve la ricordate la storia? Un minimo della trama? Sì? Non mi aspetto un applauso, non me lo merito dopo questo spaventoso ritardo, ma beh…il nuovo capitolo è pronto e spero che qualcuno di voi vorrà leggere e magari – dico magari – commentare, tanto per farmi sapere se ci siete ancora dopo cinque mesi. *fa un suuuuper inchino*
 Sono una brutta persona, me ne vado nel mio angolino e vi lascio alla storia D’:
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
V.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Non era convinta. Oh no. Non era convita per niente. Più si guardava e più si sentiva sciocca, inadeguata e…sì, e alla fine pure un po’ stupida. Era davanti a quello specchio da quasi due ore. All’inizio neanche si voleva guardare di sfuggita, aveva anche preparato un paio di forbici così da poter tagliare la frangia o eventuali ciuffi ribelli che avrebbero potuto tentare di mettersi davanti ai suoi occhi, immaginarsi specchiarsi! Ma poi si era ripetuta di come fosse necessario svolgere l’operazione di fronte allo specchio così da essere sicura di farlo per bene, non poteva permettersi di combinare un disastro a così poche ore dalla partenza. Aveva rimandato per troppo quel compito necessario, ritrovandosi ora a doversi svegliare ben prima il sorgere del sole per completare la sua preparazione. La sera prima era addirittura arrivata ad accettare l’invito di Naruto ad uscire a bere qualcosa. Beh, in effetti l’aveva fatto perché Sasuke sarebbe rimasto con loro, cosa più unica che rara, e lei voleva esserci. Avevano fatto degli stupidissimi brindisi inneggiando alla loro futura famigliola, al fatto che entrambi le promisero – una volta sufficientemente pieni di…boh, non lo sapeva, dopo le prime tre birre e due bicchierini di sakè aveva smesso di tenere il conto - che sarebbero stati dei figlioletti perfetti ed obbedienti e lei in silenzio aveva brindato anche alla speranza di non fare qualcosa di idiota con Kakashi intorno.
 
Con un’attenzione quasi esagerata, si passò una mano tra i capelli. Okay, in effetti doveva proprio ammetterlo: il risultato non era tremendo come aveva temuto. E pensare che per due notti aveva faticato a prendere sonno al solo pensiero di quel preciso istante, ed ora, mentre si osservava con reverenziale attenzione nello specchio, trepidante quasi, scrutando la sconosciuta nello specchio con un briciolo di compiacimento che le montava dentro solleticandole la gola, si ritrovò a sorridere in risposta allo sguardo timoroso di quegli occhi verdi.
 
  “Cosa ti avevo detto?” iniziò a berciare con fare saccente la ragazza ancora più bionda seduta sul bordo della vasca alle sue spalle “Allora? Ma guardati… Mi hai fatto fare tutto di corsa, quasi senza volermi far accendere la luce, alle quattro di mattina, costringendomi a sorbirmi le tue lamentele e borbottii per poi vederti sorridere come un’idiota al tuo riflesso!” la ragazza si passò una mano sulla fronte fingendosi esausta “Ah Fronte Spaziosa, cosa devo fare con te?” continuò Ino portandosi accanto a Sakura spintonandola con un colpo d’anca in modo da conquistarsi una metà buona dello specchio. Scocciata da ciò che vide fece schioccare la lingua “Dannazione, guarda che occhiaie” si lamentò passandosi i polpastrelli delle lunghe dita smaltate di lilla sotto gli occhioni cerulei  “Altro che sonno di bellezza, mi ci vorranno settimane per smaltirle” dallo specchiò le lanciò uno sguardo sottile che gridava chiaro e tondo un’accusa.
Sakura non rispose alla provocazione e con un colpo di gomito la fece arretrare quel bastava per tornare ad osservarsi.
 
“Certo, certo Ino-Pig, non ti basterebbe un mese per migliorare la faccia che ti ritrovi“ la bionda già iniziava ad impettirsi pronta a rispondere “Ma devo anche ammettere che hai fatto un ottimo lavoro” continuò la ragazza portando sotto la luce una ciocca di capelli biondi. “Non che avessi grossi dubbi. Dopotutto sono anni che tu stessa mantieni la tua chioma bionda” continuò senza badare alle smorfie di protesta dell’amica alla sua insinuazione.
 
  “Ci mancherebbe!” rimbeccò quella, offesa “Non ho mai avuto bisogno di certi trucchetti io” sottolineò lanciandole una lunga occhiata. Sakura trattenne il respiro mentre notava come gli occhi della amica si fossero scivolati dalla sua nuova chioma per poi fermarsi sul suo petto. Una volta certa di aver colpito un nervo scoperto, Ino corrucciò lo sguardo arricciando le labbra e inarcando le sopracciglia. “E per quello?” chiese indicandolo con una alzata di mento “Cosa hai intenzione di fare? Anche una bambina avrebbe più tette di te…” continuò con leggerezza senza la minima delicatezza.
 
Sakura fremette al pensiero e serrando maggiormente le braccia sul petto si voltò dandole le spalle, uscendo dal bagno diretta alla camera da letto dove aveva lascito la borsa da viaggio che aveva preparato la sera precedente.
 
Ad essere onesti, lei a quello ci aveva pensato. Ci aveva pensato fin troppo.
Dal momento in cui Kakashi sensei aveva annunciato con risoluzione il piano per la loro missione come quel “E Sakura sarà mia moglie” un enorme macigno le era piombato sul petto mozzandole il respiro. Stringendo i denti e sentendo gli occhioni verdi diventare spropositatamente sporgenti il terrore l’aveva posseduta. Come diavolo avrebbe fatto a passare per una donna adulta? Non che non lo fosse, insomma a diciannove anni lei era a tutti gli effetti una donna adulta, era un medico se cose del genere non le sapeva lei chi doveva ricordarglielo? Ma così tanto adulta? Una donna adulta sposata! Una donna adulta e sposata  con il sensei! Aveva sentito chiaramente il sangue smetterla di irrorarle il viso e da un improvviso e violento rossore avvertì la faccia farsi cinerea.
 
Okay, passasse il fatto che fosse più giovane di quasi dieci anni rispetto all’Hatake, dopotutto i loro nemici non potevano di certo sapere che  magari all’uomo piacessero donne di molto più giovani – come in effetti, si ritrovò a ragionare la rosa, poteva benissimo essere. E , Kami!, avrebbe voluto morire dopo aver concepito un tale pensiero. Il vero problema era il fatto di come il suo corpo urlasse nella maniera più assoluta la sua giovinezza. Nessuno sano di mente avrebbe potuto credere al fatto che un tale corpicino potesse aver messo al mondo un paio di ragazzini. Sperò con tutto il suo cuore che Sasuke e Naruto se ne rendessero minimamente conto, e dal modo in cui Sasuke l’aveva studiata durante il discorso del sensei seppe che per quanto lo riguardava ne era perfettamente a conoscenza. Almeno i due sarebbero sembrati due bambinetti di non più di sette anni. Questo avrebbe facilitato di un po’ le cose. I suoi capelli sarebbero stati tinti, in un disperato tentativo  se non di invecchiare il suo viso, per lo meno di donargli un po’ più di maturità, ma il vero problema era, per l’appunto, il suo corpo. Qualcosa avrebbero fatto i vestiti che aveva trafugato in casa di sua madre sperando di non essere beccata, ma una volta di fronte allo specchio con orrore aveva realizzato il modo in cui quelli si afflosciassero nell’esatto punto in cui un petto florido avrebbe dovuto riempire il suo yukata.
 
La soluzione che le si presentò in un primo momento fu abbastanza ovvia. Imbottire i suoi reggiseni. Insomma, era veramente semplice come soluzione e pure abbastanza utile allo scopo. Un paio di calzini, uno a destra e uno a sinistra, sistemati per bene ed il gioco era fatto. Una volta in camera se li sarebbe sfilati da dento il reggiseno e sarebbe tornata la solita ragazza di quasi vent’anni con il seno di una quattordicenne, ci conviveva da una vita dopotutto…
E le complicazioni si erano presentati a questo punto. Quando ormai aveva tirato un sospiro di sollievo, sentendo il peso abbandonarle il petto ed il sangue riprendere a scorrerle nelle guance, convinta di aver trovato la soluzione perfetta al problema ecco che una stretta invisibile le prendeva con forza la gola.
Il pensiero di dover dormire lontana da casa non era mai stato un grosso problema, se ne andava in missione da quando era una bambinetta appena uscita dall’accademia, il problema era quello che avrebbe dovuto fare durante questa specifica missione.
 Sarebbe stata la finta-mog…- si impedì di pronunciarlo anche solo nella sua mente. Avrebbe dovuto recitare fino in fondo? Avrebbe dovuto condividere una stanza con il sensei? Arrossì immediatamente. Si sentiva una sciocca a fare certi pensieri. Con tutta probabilità avrebbe dormito con i ragazzi, dopotutto era anche la loro finta-mamma. Le madri dormono con i propri figli, no? Eppure l’incertezza la logorava. Come avrebbe fatto se fosse finita in camera con l’uomo? Dio. Non poteva nella maniera più assoluta presentarsi con uno dei suoi pigiami sformati e infantili. Aveva passato in rassegna il suo cassetto della biancheria trovandolo di colpo del tutto inadeguato. Mutandine e culottes con cuoricini, fiocchetti ed animaletti stampati sopra? Reggiseni sportivi, e nel migliore dei casi un paio di sciatti preformati. Pigiami troppo corti di improbabili fantasie? Come aveva potuto non accorgersene fino a quel momento? Era un’adulta ormai, perché la sua biancheria era ancora la stessa di quando aveva quattordici anni?! Dove era stata per tutto quel tempo?
 Brutta idiota! Si maledì. Non andava bene, non andava bene  nella maniera più assoluta.
 E poi, problema ancora più impellente, con che faccia si sarebbe tolta le calze da dentro il reggiseno una volta in camera!?
 
 Così il pomeriggio prima, dopo il suo turno in ospedale – turno passato ad osservare con cupa rassegnazione e pure una punta di invidia il seno enorme di Tsunade-shishou, cosa che non aveva di certo giovato al suo umore ed ai suoi nervi già fortemente provati -, era sgattaiolata via silenziosamente e discretamente si era avviata verso il centro della villaggio. Con circospezione aveva finto di ritrovarsi a gironzolare per caso di fronte ad uno dei migliori negozi d’intimo che era riuscita a trovare, e sempre fingendosi innocente si era lasciata guidare dentro dopo aver passato una buona decina di minuti a fissare la vetrina. Una volta dentro aveva ingenuamente creduto di poter tirare un sospiro di sollievo. Era stata così preoccupata dall’arrivare lì senza essere vista che non aveva sprecato tempo a pensare al come avrebbe affrontato la cosa da lì in avanti. Una donna avvenente, con una vita da vespa ed un decolté che beh…non poteva essere tutto merito di madre natura, e che sembrava avesse fatto il bagno nel profumo o per lo meno che questo facesse parte della sua dieta quotidiana, le si avvicinò con un sorriso che non prometteva nulla di buono.
 
“Posso aiutarti cara?” e il suo modo di calcare sul termine aiuto fece crollare Sakura in una crisi tanto nera da costringerla a stringere i denti pur di non rannicchiarsi a terra. Era così palese? E, , si rispose sommessamente, lo era. Si guardò attorno, trovando ad ogni occhiata costosa lingerie la cui sola esistenza e coesistenza in quella stanza la metteva tremendamente a disagio.
 
 In seguito c’è da dire che la commessa si dimostrò molto più amichevole di quanto la prima impressione non l’avesse fatta apparire. Si era impegnata al massimo una volta notato il nuvolone che si era formato sulla testolina rosa della cliente, e facendosi in quattro aveva ribaltato l’intero negozio pur di trovare i completi più adatti a Sakura.
Dopo un paio d’ore, quando ormai il cielo si era fatto scuro, e la merce era stata pagata, Sakura, una volta  aver ringraziato la commessa, era sgattaiolata fuori dal negozio ed era praticamente volata a casa, infilando la fin troppo riconoscibile borsina del negozio in una sacca a tracolla che si era portata appositamente appresso.  Si era diretta in quattro falcate in camera ed aveva svuotato il contenuto della tracolla nello zaino che aveva preparato sul letto prima di uscire.
 Una risatina isterica le aveva scosso le membra stanche.
 
Si disse che no, naturalmente non avrebbe dormito col sensei, che idea ridicola! Perché mai avrebbe dovuto? Avrebbe dormito con quella testa bacata di Naruto che con tutta probabilità avrebbe cercato di sbirciare e con Sasuke. Ecco, se doveva seriamente farsi venire il mal di pancia per qualcuno, che se lo facesse venire per l’Uchiha e non per l’Hatake. E per un attimo ci provò. Si impegnò, concentrandosi profondamente sull’immagine del ragazzo che se ne stava nella stessa stanza dove anche lei avrebbe dovuto cambiarsi e mettersi in uno di quei suoi pigiami orrendi e si sorprese non poco nel rendersi conto che non gliene sarebbe potuto importare di meno. Che la vedesse pure. Non si sarebbe di certo sprecata di indossare uno di quei costosissimi completi per lui! Pff! Quelli li aveva comprati pensano a-
 
Con uno scatto improvviso aveva chiuso la zip dello zaino e poi senza nessuna delicatezza lo aveva infilato sotto al letto, spingendolo per bene contro il muro, il più lontano da lei, sperando ingenuamente di spingere lontano anche l’ultimo percorso malato di pensieri che aveva concepito.
 
In seguito aveva finto di essere riuscita a dimenticarsene, ma ora che la sofisticata busta di cartoncino avorio con le maniglie in sottili nastri di raso rosato di diverse gradazioni sapientemente attorcigliate tra loro la fissava dal basso ricordandole che quello che c’era dentro, l’aveva fatta arrossire in diversi ed imbarazzanti modi già solo quando era sola in quel camerino con il suo riflesso a farle da unico compagno, una strana morsa le prese lo stomaco.
 
 Era ridicolo che si sentisse così a disagio ora,  in casa sua, davanti a quelli che ormai erano i suoi indumenti (e dannazione a loro se non lo erano, aveva sprecato uno stipendio e mezzo per tutti quei maledettissimi pizzi, nastrini e fiocchetti). Si indispettì nel rendersene conto, aveva speso non solo un sacco di soldi, ma anche tempo ed energie – e Kami solo sapeva davvero quanto coraggio le era costato portarsi di fronte a quel benedetto negozio e poi avere la forza d’animo per affrontare lo sguardo compassionevole prima e mezzo addolorato poi della commessa nell’osservare le sue forme che, a confronto della donna, erano tremendamente acerbe.
 Eppure ora, a pochi minuti dalla partenza per la missione, dopo tutto ciò che aveva fatto – si era tinta i capelli santo cielo! I suoi amatissimi capelli, e non se ne sarebbe mai pentita abbastanza, lo sapeva benissimo – ora, quando i giochi ormai erano praticamente chiusi eppure ancora tutto andava seriamente affrontato, si ritrovava sfinita. Non vedeva proprio come avrebbe potuto affrontare la missione vera e propria.
 
 Ino con la sua solita delicatezza le ricordò che mancava davvero poco tempo  al suo appuntamento con il resto del team e che avrebbe dovuto affrettarsi. Naturalmente usò altre parole e la frase che le rivolse parve molto più simile ad una minaccia che ad un accorato ed amichevole consiglio. La ragazza si lasciò cadere con poca grazia a peso morto sul suo letto sbuffando e lamentandosi con fare teatrale dei dolori atroci che le affliggevano la schiena e le trafiggevano la testa dovuti alla mancanza di sonno e le disse di fare in fretta perché il suo sonno di bellezza stava per iniziare e non la voleva di certo attorno così depressa ad appestale il clima della stanza rovinando tutto per l’ennesima volta.
 
Sakura neanche la ascoltava ad ogni modo. Era troppo impegnata a fermare il flusso dei suoi pensieri – che in ogni caso si stavano pericolosamente avvicinando al suo sensei – e riprendere il controllo delle sue emozioni. Ficcò le ultime cose nella sacca , avendo la distratta accortezza di imprimere la dose di forza necessaria a far scivolare la costosa lingerie proprio sul fondo. Non poteva neanche immaginarsi cosa sarebbe accaduto se uno dei tre suoi compagni, cercando qualcosa nel suo zaino l’avesse anche solo intravista. I suoi nervi – già così provati - senza dubbio non avrebbero retto l’imbarazzo e la successiva umiliazione.
  Lasciarli a casa sarebbe stata la soluzione migliore, ma Ino era a pochi centimetro da lei. Se ne sarebbe accorta. Era quasi sorpresa del fatto che ancora non avesse ancora  intuito nulla. Era sicura al cento per cento che una come l’amica quel tipo di biancheria potesse captarla dall’odore. Sakura sapeva che se solo si fosse accorta di cosa stava cercando disperatamente di nascondere in quel dannato zaino fosse saltato fuori, Ino avrebbe capito in un batter d’occhio i pensieri che stavano ronzando nella testolina confusa dell’amica e l’avrebbe presa in giro per i successivi quarant’anni.
 E no, non ne aveva proprio voglia. Già si era dovuta sorbire tutti i suoi stupidi commenti e supposizioni maliziose sul fatto che avrebbe dovuto fingersi la moglie di Kakashi (con i suoi discutibilissimi apprezzamenti sull’uomo sopra citato). Immaginarsi cosa sarebbe accaduto se avesse scoperto che era andata a comprare della nuova biancheria appositamente per l’occasione!  Decise che si sarebbe sbarazzata della biancheria strada facendo, avrebbe ideato un piano con calma, aveva tempo. Una volta allontanatasi dal gruppo con una scusa, del tipo il dover urgentemente fare pipì, si sarebbe inoltrata nel bosco accanto al selciato ed avrebbe sotterrato il tutto. Poi sarebbe tornata dagli altri a cuor leggero e con la mente libera da sciocchi pensieri pronta ad affrontare la missione. Semplice e pulito.
 Un qualcosa nel fondo del suo stomaco le ricordò che non sarebbe stato facile per niente sotterrare dodicimila ryo nel terreno.
 
 Si guardò attorno un’ultima volta sperando di trovare nella stanza un problema colossale, talmente impellente da permetterle di abbondonare la missione, perché doveva ammettere che “Davvero sensei, sono dispiaciutissima ma non posso proprio rischiare di partire per la missione e farmi vedere mezza svestita da te” non suonava esattamente benissimo.  Eppure tutto quello che trovò nella sua attenta ispezione fu Ino buttata scompostamente sulla sua vecchia trapunta verde chiaro che se la ronfava alla grande.
 
Con rassegnazione si buttò lo zaino in spalla scostando le tendine della finestra e saltò fuori atterrando con un leggero tonfo sul tetto di fronte. Prima che la fuga in un’altra nazione, con conseguente cambio di identità e  di professione, si delineasse troppo dettagliatamente nella sua mente divenendo un’idea allettante, si mise a correre verso le porte della città, dove con tutta possibilità un ragazzo biondo molto assonnato ed un ragazzo moro infastidito la stavano aspettando.  Rallentò lievemente l’incedere sbirciando con la coda dell’occhio l’orologio che aveva al polso, era in  anticipo di trenta minuti. Sospirò rallentando ultimamente fino a camminare.
 Beh, per lo meno aveva il tempo per prepararsi all’inevitabile. Il sole stava finalmente sorgendo all’orizzonte lanciando i suoi primi raggi verso di lei. Si passò una mano tra i capelli osservando le nuove sfumature d’orate che giocavano creando incantevoli riflessi. Mestamente dovette ammettere che quel colore non era poi così malvagio. Per lo meno il sensei non le aveva chiesto di farseli di un colore improbabile come il rosso, o l’argento. La decolorazione li avrebbe rovinati in una maniera che neppure riusciva ad immaginarsi. Afferrò l’elastico che portava al polso e li acconciò in uno chignon improvvisato sulla nuca. Sperò che questo le donasse qualche anno di più. Velocemente si sistemò la fascia che le chiudeva lo yukata, ora molto meno sgonfio sul petto (forse tutti quei soldi non erano stati spesi del tutto inutilmente), di certo non avrebbe potuto indossare i suoi soliti abiti da missione. Erano pur sempre sotto copertura.
 
 Con fare rassegnato lanciò uno sguardo poco più avanti, sul grande viale che accoglieva gli stranieri appena varcate le soglie di Konoha. Scandagliò con circospezione ogni tratto, sorprendendosi nel non trovare i compagni abbandonati su qualche panchina. Poi realizzò che stava cercando male. I ragazzi probabilmente avevano già attivato il Jutsu di trasformazione ed ora doveva trovare due ragazzini mori. Eppure anche modificando i termini di ricerca non li trovò da nessuna parte.
 
 A quanto pare, non era così che dovevano andare le cose.
 
Per poco non cadde rovinosamente dal tetto della palazzina a tre piani sul quale si trovava quando, seduto su un masso ed assorto in profonda contemplazione, scorse una chioma argentea tanto riconoscibile quanto familiare da annodarle lo stomaco e farle tremare le gambe.
 Perché il sensei era già al punto d’incontro? Solo ed in anticipo?!
 Mordendosi la lingua atterrò poco distante dall’uomo ed a tessa bassa prese ad avvicinandosigli.
 
 
 
 
*
 
 
 
 
Non lo sapeva come ci fosse finito su quel masso. Davvero. Più ci pensava e meno ci capiva. Era successo tutto così velocemente… che ci fosse rimasta male?
La sua era stata un’idea tanto stupida…se fosse stato un tipo espressivo si sarebbe dato una pacca in fronte, ma visto che non lo era si incupì solo di più e prese tra le mani uno dei suoi Icha Icha, che solitamente avevano il magico potere di calmarlo qualsiasi fosse la situazione. Prese a rigirarselo tra le mani, sfogliandolo pigramente, senza prestargli attenzione mentre l’immagine di Anko con quel sorrisetto innocente gli bruciava le retine. Non serbava ricordo del modo in cui quello si era poi sfumato, perché tutto quello che aveva desiderato dal momento in cui si era congedato dai suoi ragazzi ai campi d’addestramento, era stato tornare da Anko e continuare il giochetto della sera precedente. Ogni passo che muoveva verso casa lo faceva sentire leggero mentre fingeva di non immaginare il viso di Anko, dai tratti felini, divenire più dolce, i suoi capelli più lunghi ed i suoi occhi più puri ed innocenti.
 Questa non ci voleva proprio.
 
 Scosse la testa tornando a concentrarsi sul come fosse finito su quel masso ad un’ora tanto indecente della mattina. Ricordò il sapore di Anko nella sua bocca, la sua voce solleticargli l’udito e poi la sua bocca aprirsi e rispondergli a tono.
  Se fosse stato un tipo emotivo forse avrebbe potuto guardare Anko in maniera abbastanza sconcertata da farle capire che quello che le aveva appena detto proprio non gli era piaciuto. Invece la sua faccia era rimasta inespressiva come al solito, ed il suo vano tentativo di non farla andare via era forse suonato un po’ più distaccato del previsto. O meglio, un po’ troppo opportunistico.
 
Lo schiaffo gli bruciava ancora sulla guancia ora nascosta dalla consueta maschera.
 
 “Un'altra missione Hatake?” aveva chiesto la ragazza immobilizzandosi tra le sue braccia. Come era entrato dalla finestra quella gli si era letteralmente gettata tra le braccia prendendo a sfilargli di dosso ogni indumento, avida si era incollata alla sua bocca gemendo ogni qual volta le mani dell’uomo la stringevano con più forza.
 
 “Sul letto sensei” aveva sussurrato senza voce, separandosi dal bacio per riprendere fiato, lanciandogli un’occhiata complice da sotto le ciglia nere degli occhi felini.
 
 E Kakashi non se l’era di certo fatto ripetere un'altra volta. L’aveva spinta senza la grazia necessaria sul letto posizionandosi di seguito tra le sue gambe socchiuse portando i palmi delle mani sulle sue cosce e separandole in un gesto secco. I suoni che erano uscite dalle labbra lucide di Anko gli avevano fatto perdere la testa. Fiondandosi sul suo collo esposto aveva avvertito le mani della ragazza infilarsi tra i suoi capelli scompigliando e stringendo le ciocche argentee mentre si spingeva contro il suo corpo. Una mano aveva preso a scendere impaziente sul ventre piatto della Mitarashi.
 
 “Domani” aveva detto tra un bacio e l’altro mentre esplorava il suo collo e poi il suo petto “domani parto” aveva terminato succhiando la pelle della clavicola. Una mano dell’uomo stava già scostando l’elastico dell’intimo della ragazza quando quella si era immobilizzata e le dita avevano preso stringere con più forza i capelli.
 
E qui era accaduto il tutto.
 
 “Un’altra missione?” aveva ripetuto la ragazza con lo stesso tono scettico  “Sei appena tornato” la sua voce era fredda ora. Della ragazzina che giocava a fare la sua studentessa non c’era più traccia.
 
 Con un sospiro rassegnato Kakashi aveva capito l’andazzo della cosa e si era rizzato guardando in faccia Anko ritirando la mano e piazzandola sul suo fianco, gli occhi ancora lucidi del piacere che non era riuscito a prendersi ed il desiderio di continuare il loro gioco che gli stringeva i pantaloni.
 
  “Lo so,  lo so, ma dovrei impiegarci solo una settimana o giù di lì” l’aveva informata con il tono più seducente in repertorio, già pronto a riprendere quello che avevano interrotto, ma Anko l’aveva allontanato tenendolo fermo per le spalle. Con un sospiro rassegnato l’uomo aveva ritirato le labbra allontanandosi quanto gli bastasse per potersi guardare in viso. Anko non era di cero una ragazzina che abboccava a stratagemmi così idioti.
 
  “Senti Hatake, ci conosciamo da un sacco noi due e credevo che sin dall’inizio avessimo deciso di essere sinceri” aveva detto guardandolo con un sopracciglio inarcato e Kakashi aveva seriamente temuto che potesse dirgli qualcosa di estraneamente complicato da affrontare. Temette che…beh a dire il vero non lo sapeva neanche lui cosa, ma si aspettava di essere come scoperto per qualche cosa che ancora non si rendeva conto di aver fatto, o star facendo.
 
 O pensando.
 
 O desiderando.
 
Scacciò l’idea.
 
 “Se non hai voglia di vedermi basta dirlo sai. Non è che stiamo assieme o qualcosa del genere” aveva continuato quella ignara dei turbamenti dell’uomo, ruotando gli occhi al cielo ed  incrociando le braccia sul petto esposto.
 
 Kakashi aveva tirato un sospiro di sollievo mentale, rendendosi conto di aver scampato il pericolo di una qualsiasi confessione amorosa o qualcosa di molto, molto peggiore. E la cosa probabilmente lo sollevò più del necessario.
 
  “Tutto qui?” aveva chiesto sicuro che questo non avrebbe minato in alcun modo il loro tipo di rapporto. “Era questo a cui stavi pensando?”
 
  La ragazza gli rivolse uno sguardo sottile passandosi una mano tra i capelli tagliati corti. Gli sembrarono più corti di quando l’aveva lasciata il mese prima, ma non era davvero in gradi di dirlo con certezza quindi stette zitto.
 
“Sì” aveva risposto lei con schiettezza stiracchiandosi sul letto dell’uomo conscia dell’effetto che gli faceva.
“Cosa credevi che ti avrei detto? Devi andare in missione, okay, non sono la tua donna, non avresti neppure dovuto sentire il bisogno di dirmelo”.
 
“Mi sembrava corretto avvertirti” le aveva risposto lui con la sua solita espressione, come se fosse la cosa più normale del mondo. Ed in effetti per lui lo era. La cortesia per lo meno, era Anko che ogni tanto faticava a capirlo, rideva di lui alle volte per il suo modo di pensare, ma finché tutto quello che facevano era rotolarsi in un letto la cosa poteva passare anche in secondo piano. Ma ora, ora che parlavano, si rendeva conto di come Anko dopo tutto fosse sospettosa. Era pur sempre una donna, una donna tremendamente irascibile tra l’altro.
 
 “E’ per la storia della studentessa?” chiese dopo qualcuno momenti di silenzio la ragazza, vinta dalla curiosità.
 
 “Scusa?”
 
“Massì, questo gioco” aveva detto indicandosi ed allo tesso indicando il letto e poi l’Hatake stesso. “Credevo ti piacessero queste stronzate. Sei sempre incollato a quei libracci pornografici…” aveva continuato chiudendo gli occhi e abbandonandosi sul cuscino.
 
 “Non sono libracci pornografici…” aveva attaccato quello mentre la ragazza si alzava e raccoglieva rivestendosi man mano i propri abiti.
 
 “Certo certo” aveva tagliato corto “Ma vedi non ho proprio voglia di aspettarti, come ho già detto non sei il mio uomo” disse una volta completamente rivestita, avvicinandoglisi. Si chinò e lasciò un bacio umido all’angolo della sua bocca. Kakashi rimase immobile senza capire esattamente cosa stesse succedendo ed il perché. “Beh in ogni caso è stato divertente”. E a Kakashi onestamente la cosa bruciò un po’. Proprio ora che Anko aveva reso il loro non rapporto interessante, mollava.
 
“Anko” la richiamò prima che quella lasciasse l‘appartamento. La ragazza si voltò nella penombra della stanza. “Quando la missione sarà finita magari potrem-” e non fece in tempo a finire la frase che la mano della ragazza si era schiantata sulla sua faccia lasciandolo a bocca aperta.
 
“Erano esattamente due le cose che volevo assolutamente evitare Hatake. La remota possibilità che tu ti innamorassi di me “ detto questo aveva ruotato gli occhi al cielo sorridendo divertita dall’inverosimile eventualità , “e quella che tu prendessi a vedermi come la tua puttana” e lo sguardo divenne nero e micidiale. L’immagine del sensei della ragazza lo fece rabbrividire per un momento. Mitarashi Anko dopotutto era una ninja temibile. E quando si arrabbiava la somiglianza con Orochimaru-sama diveniva spaventosa.
 
 Trattenne il respiro mentre vedeva la rabbia scemare nello stesso modo in cui sarebbe accaduto per Orochimaru stesso. Gli occhi tornarono languidi ed il sorrisetto malizioso.
 
  “Ci si vede Hatake” e detto questo era sparita.
 
  E non avrebbe saputo dire con esattezza cosa lo avesse spinto in quel momento ad abbandonare lui stesso in fretta e furia il suo appartamento. Forse l’odore della ragazza che ancora ricopriva le lenzuola, o il fatto che fosse ancora tremendamente eccitato all’idea di quello che sarebbe potuto accadere se avesse tenuto chiusa la sua boccaccia e, di conseguenza, infastidito per come, invece, erano andate le cose.
Il fatto era che si rendeva perfettamente conto di come non fosse seriamente dispiaciuto di  essere stato in fin dei conti scaricato da Anko, quello no, sapeva sarebbe successo ed era stato un sollievo il fatto che la ragazza lo avesse fatto per conto suo.
Lo disturbava il non poter più sentirsi chiamare sensei ment-.
 
Con uno scatto irritato si era tirato su dal letto, vestito, aveva afferrato il suo zaino e pur consapevole di essere tremendamente in anticipo si era precipitato fuori, sperando che l’aria fresca della notte gli schiarisse le idee. In realtà la cosa non funzionò troppo e si ritrovò solo a gironzolare senza meta per il villaggio finché alzando lo sguardo non si era ritrovato alle porte della città e lì era dove ancora si trovava con la sensazione di inadeguatezza e un qualcos’altro che non sapeva identificare bloccati, da qualche parte nello stomaco.
 
E così mentre era seduto su quel masso a rimuginare sul casino che aveva in testa avvertì dei passi avvicinarsi. D’istinto voltò la testa fino a vedere la figura impacciata di una giovane donna avvicinarsi indecisa e con il volto fermamente puntato a terra.
 
 Gli tornarono alla mente in un secondo con raggelante chiarezza le parole che solo pochi giorni prima gli aveva rivolto Jiraiya. Le ricordò con singolare chiarezza, una alla volta, mente gli affondavano nel cervello e la ragazza gli sia avvicinava lentamente. Quando alla fine la vide lanciargli uno sguardo indeciso da sotto le lunghe ciglia comprese che la principale fonte di tutti i suoi problemi  era proprio quella ragazzina agitata ed avrebbe voluto convincersi di non conoscerne il motivo, ormai lampante nella sua testa.
 
  “Buongiorno sensei” farfugliò quella guardandolo solo di sfuggita. Un qualcosa gli scosse le ossa lanciando brividi lungo tutta la spina dorsale e di colpo l’idea di allenare la ragazza riprese fermamente piede nella sua mente, ed un piano si delineò come estrema semplicità. Forse quella missione si sarebbe rivelata molto più interessante di quanto non gli apparisse fino a pochi istanti prima.
 
 “Dormito bene, moglie mia?” domandò con eleganza azzardando un sorrisetto furbo. Giurò di aver visto la ragazza avvampare prima che Naruto si mettesse ad urlare alle sue spalle facendola voltare e privandolo di un tale e delizioso spettacolo.
 
 Oh sì. Sarebbe stato un viaggio estremamente interessante.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE2:
 
  Ed ecco il nuovo capitolo! Spero che vi sia piaciuto dopo tutta questa attesa, e mmh…boh non ho molto da dire riguardo al capitolo in effetti, se non che nel prossimo si inizierà a fare sul serio XD Kakashi ha già le idee chiare - *coff* pervertito *coff* - e Sakura, beh, questa povera piccola anima lo capirà a sue spese XD
 Spero avrete voglia di lasciarmi un commentino <3 
 Al prossimo aggiornamento, Judith (tremendamente dispiaciuta per avervi fatto aspettare così tanto! Lo sono davvero!) :)
   
 
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