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Autore: Rexam    12/03/2014    2 recensioni
Quando Matthew si svegliò aveva la vista distorta ed era confuso. Era steso a terra, faccia in giù, senza forze, quasi privo di coscienza. Il suo corpo era rigido come un gigantesco tronco di legno. Le ossa gli dolevano e non riusciva a sentirsi le gambe. Riposava su una superficie calda e soffice. Non avrebbe saputo dire a cosa somigliasse quella sensazione. Era così familiare, ma anche così distante. Forse perché la sua testa ancora rimbombava di strani rumori immaginari. Percepiva i raggi del sole sulla sua pelle. Il suo respiro era regolare. Nonostante tutto, era felice di scoprirsi vivo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3: La Collina dei Conigli

“Qui non c'è nessun pericolo, per ora.
Ma si sta avvicinando... è in arrivo.
 Oh, Moscardo, guarda! Il prato! È coperto di sangue!”

Matthew era disteso – ancora una volta – su quella sabbia finissima. Dormiva saporitamente mentre le stelle, dall’alto, vegliavano su di lui. La notte era placida ed era scesa silenziosamente, come una dolce coperta di velluto, ad avvolgere quei luoghi incantati. Sotto quel mantello oscuro, l’unica cosa che si riusciva a percepire era il silenzio, mentre, su quel tratto di costa, il ragazzo dai ricci capelli castani riposava le sue membra in una comunione perfetta con l’ambiente circostante.
Matthew aveva ripensato molto alle parole di Nathan, prima di addormentarsi, ma per lui avevano sempre meno senso. Voleva forse dirgli di inoltrarsi in quella jungla? Ma per fare cosa poi? Non c’era assolutamente niente lì, a parte alberi su alberi. Certo, non sarebbe potuto rimanere su quella spiaggia per sempre. E dopotutto non aveva nulla da perdere. Quindi decise che l’indomani sarebbe partito. Non sapeva per dove o perché, ma sarebbe stato meglio che rimanere lì. Poi, con la mente serena, chiuse gli occhi e cadde fra le braccia di Morfeo.
L’aurora giunse presto anticipando la venuta del sole, con i suoi colori lilla-lavanda prima, per poi passare a deliziosi toni d’arancio. Il mare iniziò a scintillare dall’emozione. Matthew si svegliò non appena i primi raggi luminosi varcarono i confini dell’orizzonte. Era riposato, e si scoprì stranamente euforico alla prospettiva dell’avventura che stava per vivere. Aveva inavvertitamente ripreso sensibilità alle gambe e riusciva a muoverle senza problemi. Il dolore era sparito, come portato via da una grande onda marina. Non era ancora riuscito a fare ordine nei suoi ricordi, ma almeno adesso credeva di poter riuscire a camminare. Titubante, si erse, mettendosi seduto sulla sabbia. Poi, poggiando entrambe le mani per terra, si diede una spinta, forte. Le gambe ressero. Matthew era in piedi, di fronte a quell’oceano sterminato che, scintillando, sembrava applaudire il suo trionfo. Il sole lo investì da lontano in tutta la sua interezza. Sentì i suoi caldi raggi sulla pelle come un premio.
Matthew si guardò intorno. Nonostante riuscisse a stare eretto aveva ancora paura di cadere nuovamente. Fortunatamente, poco distante da dove si trovava, le onde avevano riportato sulla riva un sottile tronco di albero, adatto a fare da bastone. Muovendosi con cautela, ponderando bene i singoli passi, si avvicinò ad esso e lo raccolse. Era perfetto. Liscio, quasi da sembrare lavorato, lo affondò nel terreno e iniziò ad avvicinarsi alla jungla.
La jungla, che Matthew aveva osservato finora solo da lontano, era un enorme intarsio di alberi dalle forme più varie e raccapriccianti. Le radici che riusciva a vedere si sovrapponevano le une sopra le altre, in una sorta di lotta per la sopravvivenza. Qua e là qualche fiore cercava di farsi largo, aggiungendo un tocco di colore a quei rami secolari, ma, nonostante questo, quel panorama era il caos. Matthew costeggiò la jungla per alcuni metri prima di trovare un’insenatura che, nelle sue condizioni, gli permettesse di accedervi, e poi, con circospezione, guardando attentamente in avanti, procedette. La rassicurante luce del sole sparì, sostituita da toni di chiaroscuro. I raggi cercavano di farsi largo dall’alto, in quella fitta rete di gallerie naturali, con difficoltà. Matthew aveva il cuore a mille. Sembrava che ad ogni passo, i rami lo tirassero per gli abiti logori, come un segno d’avvertimento, come se gli dicessero di tornare indietro. Ma lui era risoluto a proseguire. Non c’era nulla sulla spiaggia per cui valesse la pena tornare. Più volte si trovò  di fronte a un sentiero diramato in due e la scelta su quale strada intraprendere fu totalmente casuale. Dopotutto, non c’era rumore di sorta che potesse dargli un indizio sulla via giusta da percorrere. In quel regno, v’era il silenzio, un’assoluta assenza di suono, una musica perversa, priva di tono, timbro o intensità. Questo spaventava Matthew più di qualsiasi altra cosa. Era innaturale e claustrofobico. Era asfissiante. Alterava ogni percezione, rendendo tutti i sensi più recettivi, come se il pericolo fosse acquattato fra i cespugli e potesse emergere improvviso, ad ogni angolo.
Dopo un tempo indefinito, in quella boscaglia tremolante, Matthew intravide in lontananza un sentiero che conduceva verso l’alto. Forse sarebbe riemerso dal torpore della selva. E così fu. Si ritrovò all’improvviso su una piccola collinetta verde, una duna d’erba. Fu un sollievo rivedere la luce del sole. Dall’alto di quella gobba naturale che la jungla aveva risparmiato, riusciva a vedere la spiaggia lasciata alle spalle. Non aveva rimpianti, certo. Ma ripensare a quella sabbia così calda e soffice gli fece provare un senso di nostalgia. Davanti a sé, invece, non riusciva a intravedere granché. Alcuni alberi dalla portata colossale gli impedivano la vista. Fu solo quando provò a mandare il suo sguardo ancora più in là che se ne accorse. Sulla superficie dell’intera collinetta erano deposti, per terra, centinaia di conigli di carta colorata, dalle differenti forme e dimensioni. Erano degli origami perfetti in ogni dettaglio. Ce ne erano di rosa, celeste, bianchi, insomma di tutti i più chiari colori. E ognuno aveva un particolare comune: alcune chiazze rosso carminio macchiavano quei capolavori come sangue nei punti più disparati. Taluni erano deturpati interamente. Era uno spettacolo raccapricciante. Matthew si chiese il significato di tutto ciò. Ancora una volta, non aveva senso. Non potevano esistere conigli di carta in una jungla spersa chissà dove! Eppure eccoli lì, moribondi, a fissarti con le loro tinte sanguigne. Matthew continuò a guardarsi intorno cercando una spiegazione razionale a quello che gli stesse succedendo, invano. In quel momento, si accorse di un cartello di legno posto ai piedi della collina, dal lato opposto dal quale era salito. Si avvicinò guardingo e, allucinato, lesse la scritta che recitava:

QUESTA TENUTA, COMPRENDENTE TERRENO EDIFICABILE,
IN POSIZIONE IDEALE,
VERRÀ TRASFORMATA IN UN MODERNO
CENTRO RESIDENZIALE DALLA DITTA
SUCH AND MARTIN.

L'Angolo dell'Autore
Ciao ragazzi! Sto procedendo molto spedito, più di quanto avessi pensato quindi eccomi qui con un nuovo capitolo, sperando che cominci ad intrigarvi un po'. Come al solito, ogni commento/critica è ben'accetto!

  
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