Nick: HollyMaster
Tributo: Mags
Turno: Secondo
Titolo Storia: La rosa del
caduto
Genere: Angst
Raiting: Arancione/Rosso
Pairing: Non è presente
Note: Nello zaino era presente, oltre
al genere e al raiting obbligatorio, questa immagine http://www.cliccascienze.it/files/1rosa-nera.jpg
E’
la prima fanfiction propriamente angst
che scrivo quindi spero che lo sia sufficientemente. Detto questo, buona
lettura!
Era
sopravvissuto al bagno di sangue e continuava a lottare in cerca di qualche
goccia d’acqua.
Era
difficile non poterlo aiutare; fissarlo da uno schermo piatto, osservare ogni
sua minima mossa e pregare, sperare che trovasse ciò di cui aveva bisogno.
Essere
mentori non era per niente come mi ero sempre immaginata. Durante la mietitura
trattenevi il fiato allo stesso modo e spalancavi la bocca ogni volta che una
nuova, magnifica e mortale arena veniva presentata. Non era meno straziante
vedere strappare via la vita a uno dei tuoi due Tributi nei primi secondi del
gioco.
Ora
mi rimaneva solamente lui.
Il
Tributo che continuava a camminare nelle caverne costruite appositamente per
essere l’ultimo paesaggio che avrebbe dovuto vedere.
Le
gallerie si snodavano per diversi kilometri ed erano volutamente strette; se
avevi la sfortuna di incontrare un altro tributo non potevi evitare lo scontro
diretto. Il capo stratega era stato astuto, forse voleva finire in bellezza la
sua carica durata dieci anni. Annate di successi di cui io stessa avevo preso
parte solamente l’anno prima.
Mi
avvicinai allo schermo come se in quel modo potessi trasmettere un po’ di
coraggio anche a lui.
Aveva
un anno in più di me, sarebbe dovuta essere la sua ultima Mietitura, era stato
sfortunato.
Era
forte, massiccio, ma si spostava a fatica, trascinava i piedi, rischiando ad
ogni passo di cadere.
Era
disidratato.
Poggiai
una mano sullo schermo come nella speranza di dargli conforto. Avrei volto
aiutarlo, ma gli sponsor avevano un altro vincitore in mente per quell’anno.
Il
Tributo continuava a trascinarsi per gli stretti cunicoli, quando si aprì,
davanti a lui, una piccola grotta. Era due o tre volte più larga dei cunicoli
in cui fino a quel momento si era imbattuto.
Era
spaziosa.
Ma
quello che lasciava stupiti erano le bellissime rose nere che erano cresciute
in ogni anfratto di quella caverna. Ne sbucavano dal pavimento sabbioso, dalle
mura rocciose e ne pendevano perfino dal soffitto.
Il
colore scuro delle rose faceva brillare le piccole gocce di rugiada che ne
decoravano i petali.
Sorrisi
quando capì il motivo della loro esistenza e quando anche il Tributo lo
comprese, le sue labbra imitarono le
mie, incurvandosi a loro volta.
Acqua!
Il
Tributo spalancò le labbra mostrando una lingua porosa e secca. Gli occhi
avevano una strana luce, un po’ folle, ma che sapeva di speranza.
Tolsi
la mano dallo schermo, per andare a congiungerle sulle ginocchia, rilassandomi;
aveva finalmente una possibilità.
Il
Tributo si avvicinò a uno dei fiori e ci si piegò sopra catturando, con la
lingua, ogni piccola goccia di rugiada.
Un
rumore squarciò l’aria e la mia mano saettò nuovamente sullo schermo appena in
tempo per vederlo: un piccolo insettino nero staccarsi dal petalo della rosa e
risalire la lingua secca del Tributo, rivelando un bianco candido. Presto fu
seguito da altri e ognuno scopriva un nuovo pezzo di petalo che da nero si
tramutava in un bianco accecante.
Urlai
al Tributo di combatterli.
Lui
non poteva sentirmi e la sua lingua, ancora disidratata, non poteva percepire
nulla.
Se
ne accorse appena il primo insetto raggiunse la sua gola. Si portò la mano sul
collo mentre sgranava gli occhi sorpreso dall’arrivo della morte.
Provò
a sputare, a pulirsi la lingua con le mani ma ora ogni piccolo insettino di
ogni rosa stava percorrendo il suo corpo, tanto da farlo assomigliare ad un
nero mostro informe.
Crollò
a terra scosso da spasmi.
Se
non fossi stata abituata a scene del genere da svariate edizioni precedenti di
Hunger Games, avrei di certo vomitato. Pensare a quei piccoli esserini che
entravano nella sua bocca, zampettavano veloci giù, lungo la gola e si
depositavano sulla bocca dello stomaco, aspettando di essere raggiunti dagli
amici; era una delle scene più ripugnanti che avessi mai visto.
I
miei occhi si fecero lucidi, pieni di lacrime che non avrei voluto versare
mentre quelli di lui diventavano vitrei ma rimanevano spalancati in
un’espressione di terrore.
Stava
cedendo alla morte e non potevo chiedergli di combatterla. Stava annaspando
alla ricerca d’aria, ma quei piccoli ibridi si erano intrufolati ovunque: non
l’avrebbe trovata.
Ancora
qualche altro movimento violento dopodiché l’informe massa nera si bloccò
mentre gli insetti continuavano a cibarsi del corpo del Tributo ormai morto.
La
mia mano scivolò sullo schermo del televisore al plasma, percorrendolo
interamente, mentre le telecamere diminuivano lo zoom mostrando l’intera scena.
Il
corpo deforme di un Tributo in un campo di rose bianche.
Il
suono sordo di un cannone rimbombò nell’aria facendomi sobbalzare mentre gli
insetti si allontanavano da quel corpo che avevano dilaniato, come se qualcuno
avesse suonato la ritirata.
Il
rombo del cannone e le rose bianche.
La
morte e Snow.