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Autore: DearDiary    15/03/2014    2 recensioni
«Le persone che hanno così tanto odio dentro di loro, molto spesso, hanno anche amato con la stessa intensità.»
Genere: Generale, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO UNO

 

La fine della Grande Guerra, portò Re Roland e il popolo di Theires alla vittoria. I maghi furono esiliati sull'Isola di Keladia e di loro, si sperava, sarebbe rimasto solamente il ricordo. Ma l'anima di quelle creature si rivelò più crudele e vendicativa di quanto tutti noi ci potessimo aspettare. Prima di abbandonare il nostro Regno, uno di loro lanciò una potente maledizione sulla nostra amata terra. Theires si spaccò in cinque parti. Ognuna di esse venne afflitta da una piaga diversa che avrebbe impedito alla gente di vivere felice. La sabbia, la pioggia, l'inverno, la nebbia e il sale. Ciascuna Contea divenne invivibile. Così, la pace tanto desiderata dal nostro Re, divenne nuovamente una meta lontana e irraggiungibile.“

Frammento proveniente dalla Biblioteca privata di Re Roland. 
Zephiro, Contea di Ayril.

Laar, Consigliere del Re



Ainohl si svegliò nel cuore della notte con una strana ed inspiegabile sensazione d'inquietudine addosso. Incapace di scacciarla, istintivamente si voltò verso il letto di suo fratello Eiron, per poi sospirare sollevato quando lo vide dormire tranquillo.
Aveva boccheggiato fino a poco prima. Il suo petto non aveva fatto altro che alzarsi ed abbassarsi convulsamente, come se i suoi polmoni fossero stati schiacciati sotto il peso di una roccia. Come sempre, Ainohl non era stato in grado di fare nulla per liberarlo da quel tormento. Non c'erano rimedi, cure o sollievi... si trattava solo di aspettare. Attendere che quegli spasmi finissero e pregare che il respiro gli tornasse regolare. Il solito terrore cieco gli aveva preso lo stomaco, impedendogli di prendere sonno. Del tutto impotente, Ainohl era rimasto nel proprio letto ad osservare il fratello minore lottare contro quel male che fin dalla nascita non gli aveva mai dato tregua.  Poi, dopo quelle che erano parse come ore infinite, il respiro del ragazzo si era regolarizzato e i suoi ansiti erano scemati. Ainohl aveva così potuto finalmente fare un profondo sospiro di sollievo e abbandonarsi all'incoscienza. Suo fratello era riuscito ancora una volta a contrastare quella misteriosa malattia senza cura.  Ainohl si era trovato inconsapevolmente a sorridere quasi con orgoglio prima di chiudere gli occhi e addormentarsi con una cauta serenità. Ma evidentemente, quella calma non era destinata a perdurare.
Il suo sguardo cadde casualmente sul letto di sua sorella e, trovandolo vuoto, quella fastidiosa sensazione d'inquietudine tornò a farsi sentire, stavolta più intensamente.
Ormai rassegnato al fatto che quella notte non avrebbe più chiuso occhio, Ainohl si alzò e uscì dalla propria stanza per cercare la sua sorella più piccola.
Trovò la porta di casa spalancata e, improvvisamente preoccupato, corse fuori. Ad accoglierlo all'esterno, fu lo spesso e famigliare muro di nebbia che affliggeva tutta la Contea di Keiran. Essendo nato in quel luogo, lui non aveva alcun problema ad orientarsi. La vista degli abitanti di Keiran era molto più sviluppata rispetto a quella della gente delle altre Contee.
Ainohl fece un profondo sospiro rincuorato quando l'esile figura di una bambina apparve fra la coltre di nebbia che inghiottiva l'intero cortile della sua casa.
«Ari, che stai facendo qui fuori?» le domandò raggiungendola, cercando di assumere un tono severo che venne però offuscato da uno sbadiglio.
La bambina lo guardò con i suoi vispi occhi nocciola e si posò subito un dito sulle labbra, intimandogli di tacere. «Lo senti?» chiese sottovoce.
Ainohl si corrucciò di confusione e, paziente come sempre, decise di assecondarla. Rimase in silenzio e si accorse subito cosa fosse stato ad incuriosire tanto Ari.
Urla. Erano lontane, probabilmente arrivavano dal villaggio di Amdir poco distante da lì, ma nella quiete assoluta della notte, si sentivano perfettamente. Qualcuno stava urlando. Una voce di donna sovrastava tutte le altre, sembrava quella più disperata. Le altre parevano spaventate e furiose.
Per un momento, Ainohl fu tentato di chiamare suo padre. Temeva stesse accadendo qualcosa di grave al villaggio, ma alla fine prese in mano la situazione e scelse di non svegliarlo. C'era anche la possibilità che non fosse nulla di grave, in fondo. In ogni caso, doveva accertarsene.
«Torna a letto!» esclamò, spingendo delicatamente sua sorella verso l'uscio di casa. «Io vado a vedere cosa sta succedendo.»
Com'era prevedibile, Ari protestò. «Voglio venire anch'io!»
«No. Tu torni in casa e ti rimetti a dormire. O sveglio nostra madre e le dico che sei uscita in piena notte.»
Fu una mossa decisamente sleale, Ainohl lo sapeva bene, ciò nonostante non si lasciò intenerire. Ari perse all'istante tutta la sua determinazione e abbassò il capo rassegnata.
«Va bene...» mormorò remissiva. Puntò lo sguardo a terra e i suoi occhi si velarono di lacrime. Ainohl sbuffò, sentendosi all'improvviso in colpa. Spesso dimenticava che Ari aveva solo sette anni … era normale che fosse tanto curiosa, così come il fatto che volesse sempre seguirlo ovunque andasse.
«Convincerò mamma e papà a portarti con loro domani, va bene?» promise subito, in un disperato tentativo di farsi perdonare.
Subito, gli occhi di Ari si riaccesero di entusiasmo ed euforia. «Davvero? Li convincerai a portarmi fino a Valcalia?»
«Certo, te lo prometto. Ma per affrontare un viaggio così lungo, hai bisogno di riposare. Quindi torna a letto.»
Stavolta, Ari non protestò. Ubbidì senza recriminare e corse in casa con fin troppa energia per convincere Ainohl che avrebbe davvero dormito. La cosa importante comunque era che fosse al sicuro.
Rimasto solo, seguì la luce delle torce perennemente accese che delimitavano il sentiero fino al villaggio. Erano l'unica fonte di luce nelle ore notturne. Restavano accese anche di giorno, ma erano utili solamente per gli stranieri delle altre contee. La gente di Keiran aveva imparato ad orientarsi senza problemi in quella terra soffocata dalla nebbia. Per quanto lo riguardava, avrebbe potuto raggiungere Amdir anche ad occhi chiusi.
Le voci concitate che erano giunte fino alla radura in cui viveva con la sua famiglia, si fecero sempre più forti. L'urlo della donna si era trasformato in un pianto straziante. Ainohl raggiunse il villaggio in pochi minuti e si rese presto conto che tutti gli abitanti erano raggruppati nella piazza principale. Tutti gli adulti, perlomeno. Riuscì ad intravedere il volto curioso di qualche bambino che sbirciava dalle finestre delle case. Qualunque cosa stesse accadendo, era grave e ringraziò il cielo di essere riuscito a convincere Ari a non seguirlo.
Le persone erano tutte attorno al pozzo che stava al centro della piazza. Ainohl iniziò in quel momento a prendere lentamente coscienza di ciò che stava accadendo.
Quel pozzo non veniva usato per l'acqua, era stato costruito per un altro scopo. Per rispettare una legge crudele e disumana che lui non aveva mai accettato. Non raggiunse gli abitanti di Amdir. Rimase in disparte e nel momento in cui vide la donna che stava urlando, si rese conto che i suoi sospetti erano più che fondati.
Il rito di purificazione …
Conosceva quella donna. Vendeva stoffe e abiti al mercato del villaggio. Era da lei che Ainohl aveva comprato il vestito che aveva regalato ad Ari per il suo compleanno. Era una donna gentile e di buon cuore, sempre sorridente. Era strano vederla incatenata nella braccia del marito, con il volto esausto rigato dalle lacrime, e quella smorfia disperata a sfigurarle il viso. Si ricordò solo in quel momento che aspettava un bambino. Era il suo primo figlio... non aveva fatto altro che parlare e fantasticare su di lui per tutto il periodo della gravidanza, facendosi persino fastidiosa e ripetitiva molto spesso.
Ainohl provò un moto di rabbia quando vide il Capo- Villaggio stringere fra le braccia un fagotto. L'uomo passò accanto alla donna senza nemmeno rivolgerle uno sguardo di pietà. La sua freddezza era davvero impressionante.
Dovette combattere con tutte le proprie forze per non intervenire. Assistette furioso, nauseato ed impotente al rito. Era il secondo che vedeva in tutta la sua vita.
Era notte, la luna non si poteva vedere in quella Contea soffocata dalla nebbia, ma Ainohl sapeva comunque che doveva esserci il plenilunio, perchè quando nasceva una di quelle creature, c'era sempre la luna piena. Tornò a guardare il fagotto di coperte in braccio al Capo-villaggio e quando udì dei vagiti provenire da esso, si sentì un criminale almeno quanto tutta la gente di Amdir.
La donna li stava implorando di non farlo, ma loro non la degnavano di uno sguardo. Nessuno si schierò dalla sua parte, nemmeno il marito.
Il Capo – Villaggio sollevò il neonato, in modo che tutti lo vedessero. Dal punto in cui era, Ainohl riuscì ad intravedere un bagliore provenire da una delle mani del bambino.
Il piccolo, stringeva convulsamente qualcosa. L'oggetto per cui ora sarebbe morto.
Una lacrima di Luna...
Fu solo un'ulteriore conferma a ciò che aveva già intuito. Quel bambino non era umano. Era un mago, nato per errore nel regno sbagliato. I suoi occhi erano chiusi mentre strillava, disturbato da tutta quella confusione, ma Ainohl sapeva bene che dovevano avere la tinta dell'oro.
La donna cadde in ginocchio, senza più forze e continuò ad implorare pietà per quella creatura che aveva appena messo al mondo.
«A questi abomini non è concesso vivere.» Furono le uniche parole che il Capo-Villaggio le rivolse.
Un attimo dopo, l'uomo si avvicinò al pozzo. Tenne il bambino sollevato sopra di esso, mormorò una preghiera nell'antica lingua degli Antenati, e poi … lo lasciò cadere nel vuoto.
Ainohl si voltò, incapace di guardare. Lo schianto sul fondo venne coperto dalle urla della donna che si fecero talmente strazianti e laceranti, da farlo vacillare per un momento. Chiuse gli occhi e strinse i pugni così forte da sentire le unghie conficcarsi nella carne. Sentì lo stomaco rivoltarsi per la rabbia, per la vergogna e per il disgusto che provava verso i suoi stessi simili, e anche verso sé stesso per non riuscire a trovare il coraggio di intervenire e ribellarsi a quell'assurdità.
Chiamavano i maghi «abomini», eppure strappavano i figli appena nati alle loro madri per poi gettarli in un pozzo. Ai suoi occhi, i veri mostri erano sempre stati loro.
Decise di tornare a casa e cercare di dimenticare ciò che aveva visto, ma quando nel riaprire gli occhi vide il volto terrorizzato di Ari che fissava impietrita il pozzo, si sentì morire.
«Ari!» Fu da lei in un attimo e la fece subito voltare per impedirle di guardare, pur sapendo che ormai era troppo tardi. «Ti avevo detto di restare a casa, maledizione!»
Si accorse di aver alzato troppo la voce e sebbene fosse arrabbiato, cercò di non agitarla più di quanto già non fosse.
«L'hanno buttato nel pozzo...» la sentì mormorare, con voce tremante e spaventata. «Perchè hanno buttato quel bambino nel pozzo?»
Non sapeva cosa dirle. Non sapeva come farglielo capire, dal momento che nemmeno lui capiva i motivi che spingevano le persone a compiere quel crimine tanto orrendo.
Non appena vide i suoi occhi riempirsi di lacrime, la sollevò fra le braccia, caricandosela sulle spalle e s'incamminò verso casa. Ora più che mai voleva allontanarsi da quel villaggio. Ari piangeva e tremava, continuando a fare la stessa domanda. Lui ancora non rispondeva, chiedendosi quali sarebbero state le parole giuste da rivolgerle. Scelse di usare le stesse che suo padre aveva rivolto a lui quando aveva assistito al suo primo rito di purificazione.
«Lo hanno gettato in quel pozzo perchè avevano paura di lui.» Ari subito interruppe il flusso di domande. Nel suo silenzio c'era un chiaro invito a continuare a parlare. «Tu lo sai che il Re non sopporta i maghi, vero?» La bambina annuì senza dire nulla. «E visto che li odia tanto, ha ordinato che tutti loro vengano uccisi. Così ogni volta che nasce un bambino mago, per legge lo dobbiamo eliminare.»
Ainohl rimase in attesa di una sua reazione. Si accorse che aveva smesso di piangere e la cosa lo rincuorò.
«Ma... se non gli piacciono, perchè non li manda a vivere nel Regno di Keladia?» domandò lei, con la voce rotta dal pianto che ancora la minacciava. «Invece di ucciderli, non sarebbe meglio mandarli laggiù? Così troverebbero qualcuno che si prende cura di loro. Qualcuno che non li odia.»
Ainohl non potè fare a meno di sorridere a quelle parole. Una bambina di sette anni riusciva ad essere più saggia e razionale dell'uomo adulto che sedeva sul trono di Theires.
«Sarebbe bello se tutti la pensassero come te, Ari. Ma purtroppo non è così.»
Aveva sperato di poterla tenere lontana da quella realtà piena di odio e pregiudizi ancora per un po'. Si era sempre impegnato a non farle sapere cosa succedesse davvero fuori dai confini di Amdir, anche i suoi genitori e Eiron avevano fatto lo stesso. C'era bisogno di innocenza e ingenuità in quel mondo dominato dal caos. E Ari, per lui e la sua famiglia, ne era la rappresentazione. Ora però, tutto ciò si era incrinato. In fondo lo sapeva che non avrebbe potuto proteggerla per sempre da quegli orrori.
Ainohl aveva nove anni quando aveva assistito al suo primo rito di purificazione. E per lui era stato mille volte peggio.
Certo, assistere all'uccisione di un neonato innocente era stato terribile, ma in quel momento i suoi pensieri non si erano concentrati unicamente sulla piccola vittima. Si era sentito un po' egoista, perché lui aveva pensato ad un'altra persona. La stessa a cui stava pensando anche adesso, a più di dieci anni di distanza da quel giorno.
C'era un motivo se lui era l'unico essere umano, forse di tutta Theires, a provare pietà per i maghi. Un segreto che custodiva fin da quando era bambino e che l'avrebbe fatto finire condannato a morte se solo fosse stato rivelato.
L'inquietudine che l'aveva fatto svegliare si fece d'un tratto molto più intensa, ma stavolta Ainohl sapeva perfettamente da cosa fosse provocata. Aveva un gran bisogno di sapere che il suo segreto fosse al sicuro. Non avrebbe riconquistato la serenità se prima non se ne fosse accertato.
Ari però, non poteva andare con lui. Sperava che un giorno avrebbe potuto condividere quel segreto con lei, ma adesso era ancora troppo presto.
Guidato unicamente da quel senso di ansia che non aveva fatto altro che crescere fin da quando si era svegliato, Ainohl raggiunse in fretta casa sua. Ari era ancora comoda sulla sua schiena, con le braccia allacciate attorno al suo collo e le guance rigate di lacrime, gli occhi annacquati di paura e un broncio triste a spegnerle il viso. Faceva male vederla in quello stato. L'aveva vista in condizioni simili solo una notte di un anno prima, quando Eiron aveva rischiato davvero di non arrivare vivo al mattino.
Entrò in casa e la rimise a terra, Ari però si appese subito alla sua mano. Ainohl abbassò lo sguardo verso di lei, sorprendendola a fissare il pavimento. Non disse nulla, non pianse, ma lui conosceva bene quella muta richiesta.
«Non ti farò dormire nel mio letto, Ari.» Gli si strinse il cuore nel dirlo. Si sentì maledettamente in colpa, ma non poteva restare a casa quella notte.
«Per favore.» cominciò ad implorarlo lei, rafforzando la presa sulla sua mano.
«Sei grande abbastanza per dormire nel tuo letto da sola.» Giocarsi la carta del comportarsi da grande, era la sola cosa che potesse fare per non ferirla ancora di più. «Di cosa hai paura? Qui a casa non può succederti niente, lo sai.»
«Il capo- villaggio è anziano. Potrebbe sbagliarsi e scambiarmi per una maga.» La voce le si spezzò dietro un singhiozzo. «Non voglio finire nel pozzo!»
Ainohl vacillò. Come poteva lasciarla sola proprio in quel momento? Sebbene la sua fosse una paura sciocca, vedeva il suo corpo scosso da tremiti. Era davvero spaventata e si odiò a morte per aver deciso di andare fino ad Amdir. Se non l'avesse fatto, Ari non l'avrebbe ma seguito e non avrebbe mai assistito a quello strazio.
Ainohl s'inginocchiò a terra, in modo da poterla guardare negli occhi. «Questo è impossibile e lo sai.» le spiegò con tono paziente e rassicurante «Tu sei nata quando il sole era alto nel cielo, non hai gli occhi color dell'oro e non indossi una Lacrima di Luna. Tu sei umana, Ari. E il capo-villaggio lo sa perfettamente. Lui presenzia alla nascita di ogni abitante di Amdir e c'era anche per la tua.»
Ari rimase in silenzio, pensierosa. «... e non posso fare le magie.» aggiunse, con un velo di timidezza assai raro per lei.
Ainohl trattenne a stento una risata. Le scompigliò i capelli corvini e si rialzò in piedi «Esatto. Un vero peccato! Sarebbe divertente poter usare la magia, non credi?» Riuscì a strapparle un debole sorriso svagato e assieme a lei, si tranquillizzò anche lui stesso.
La bambina guardò poi il fratello con occhi afflitti e carichi di vergogna. «Chiederai lo stesso a nostra madre e nostro padre di portarmi con loro a Valcalia, domani?» Ainohl si era quasi dimenticato di quella promessa fatta forse troppo in fretta. «Glielo chiederai anche se ti ho disubbidito?»
Non se la sentiva proprio di dirle di no. Si sarebbe trattato del suo primo viaggio fuori dai confini di Amdir... e al momento, quella promessa rappresentava anche l'unica cosa in grado di allontanare da lei i ricordi di ciò che aveva visto al pozzo.
«Te l'ho promesso, no?» Il sorriso appena accennato di Ari, si fece radioso. I suoi occhi brillarono di entusiasmo, non più di paura. «Ma solo se dormirai nel tuo letto senza lamentarti.»
Ari annuì e corse fino alla loro stanza. Ainohl non la seguì. Rimase immobile davanti alla porta d'ingresso, per niente intenzionato a provare ad imitare la sorella.
Attese qualche minuto, immerso nel buio della cucina, poi raggiunse la propria camera da letto. Non entrò, vi si affacciò soltanto per assicurarsi che i suoi fratelli stessero dormendo.
Dovette impegnarsi davvero per non ridere. Ari gli aveva disubbidito ancora, infilandosi a tradimento nel letto di Eiron. Nel vederli entrambi dormire serenamente, Ainohl si sentì notevolmente più tranquillo.
Eiron sembrava stare bene, il suo respiro era regolare e non era scosso dai soliti brividi di febbre. L'espressione di Ari, rincantucciata contro di lui, era distesa e beata. Ainohl sperò che la vicinanza del fratello le evitasse un sonno agitato e preda di incubi.
Lui ne aveva avuti molti dopo aver assistito al suo primo rito di purificazione...
Le immagini del neonato che veniva buttato nel pozzo come immondizia, tornarono a riempire la sua mente. In quel momento si sentì di fare solo una cosa.
Si cambiò in fretta gli abiti, optando per alcuni più pesanti, si sistemò un mantello sulle spalle e uscì di casa, chiudendo piano l'uscio d'ingresso per non svegliare nessuno.
Il villaggio di Amdir era situato al confine della Contea di Sien, una terra caratterizzata da una pioggia perenne. Fu lì che Ainohl si diresse a passo spedito. Andatura che si trasformò ben presto in corsa.
Voleva raggiungere Sien il più in fretta possibile, per poter così fare ritorno a casa prima dell'alba, in modo che nessuno si accorgesse della sua assenza. Era sotto la pioggia eterna di Sien che era custodito il suo segreto.
Nonostante il buio e le poche lanterne che fendevano l'oscurità, Ainohl trovò il confine piuttosto in fretta. Non c'era nulla a delimitarlo, se non un muro di nebbia molto più spesso che nel resto di Keiran. Una volta che si tentava di superarlo, la visibilità diventava pressoché nulla e si era costretti a proseguire alla cieca. La nebbia in quel punto diventava talmente fitta da riuscire sentirne quasi il peso sulle spalle. Ainohl la sentiva sfiorargli il viso, inumidirgli gli abiti, infilarsi su per le sue narici e riempirgli i polmoni.
Ricordava di aver avuto paura la prima volta che si era ritrovato lì sul confine, nel soffocante abbraccio di tutto quel bianco. L'unico punto di riferimento era stato il suono della pioggia proveniente da oltre il muro di nebbia. Era bastato seguirlo per raggiungere Sien.
Si era ritrovato lì per caso, da bambino. Giocava nei boschi con i suoi amici, ma si era allontanato troppo dagli altri, ritrovandosi così in un luogo del tutto estraneo e di cui aveva solo sentito parlare nei racconti di suo padre.
Anche adesso, sarebbe stato molto facile farsi prendere dal panico e perdersi proprio lì, in quel mare di nebbia. Invece Ainohl mantenne il controllo di se stesso e chiuse gli occhi. Continuò a camminare imperterrito, con il passo deciso e sicuro di chi ha percorso quella strada già un migliaio di volte. E all'improvviso, la pioggia lo travolse. Bastò un passo per oltrepassare una volta per tutte il confine. Dal bianco soffocante della sua nebbia, il ragazzo si trovò sotto una pioggia fitta e battente. Non poté fare a meno di stringere gli occhi. Quel posto era sempre troppo luminoso e ampio per i suoi canoni, pur essendo notte.
Lui era abituato al grigiore della nebbia e a non vedere nitidamente il paesaggio intorno a sé. Ma Sien era diversa. Lì la visibilità era perfetta. Non solo riusciva a vedere cosa lo circondasse, ma anche dove i suoi passi lo avrebbero condotto. Gli dava sempre una fastidiosa sensazione di disorientamento, ma era fantastico poter vedere il bosco tutt'intorno così perfettamente.
La pioggia tuttavia, era molto peggio della nebbia. Trasformava la terra in fango, l'erba in muschio scivoloso, faceva morire le piante che agognavano la luce del sole, spingeva la fauna a fuggire. E ti faceva rabbrividire dal freddo. Ainohl non aveva mai smesso di chiedersi come facessero gli abitanti di Sien a vivere in quel postaccio.
Dietro di sé non c'era più traccia della barriera di nebbia che aveva attraversato. Era stata sostituita da un muro d'acqua di cui non si riusciva a scorgere l'inizio se si alzava lo sguardo al cielo.
Senza indugiare ulteriormente, Ainohl si strinse nel suo mantello e si mise in marcia, cercando di non pensare troppo alla pioggia che lo stava infradiciando. S'inoltrò nel bosco, tenendo lo sguardo puntato a terra per evitare di scivolare. Era difficile muoversi laggiù. La prima volta era caduto tantissime volte, ritrovandosi con la faccia immersa nella fanghiglia.
Ora però, dopo tanti anni che attraversava quel tratto di strada, Sien non gli era più così ostile. Adesso sapeva muoversi quasi come uno dei suoi abitanti.
Era stata lei ad insegnarglielo...
Accelerò il passo, abbandonò il sentiero tracciato che conduceva al vicino villaggio di Aranel, e s'immerse nella boscaglia. Pochi minuti di cammino lo avrebbero condotto davanti al salice che occultava il nascondiglio del suo segreto.
Si trovò nuovamente a correre, percependo ancora quella sensazione di ansia mista a paura che aveva avuto per tutta la notte, e che si era intensificata dopo aver assistito al rito.
Superata la boscaglia, vi era una radura. Al centro di essa, si ergeva solitario un salice piangente, che occultava quasi alla perfezione una piccola grotta ricavata dai resti di un'antica frana.
Fu lì che Ainohl indirizzò i proprio passi.
Superò il salice ed entrò nella grotta. Al suo interno, le fiamme di un fuoco prossimo all'estinguersi agonizzavano, rischiarando appena l'ambiente stretto ed angusto. Accanto ad esso, su un giaciglio improvvisato, una ragazza dai singolari boccoli rossi, dormiva serena.
Solo a quel punto, tutta l'inquietudine accumulata, scivolò via dal corpo di Ainohl, alleggerendo il suo animo all'istante.
Quella sciocca paura l'aveva abbandonato. L'orribile presentimento che potesse esserle accaduto qualcosa si rivelò essere del tutto immotivato. Assistere al Rito di purificazione doveva averlo scosso quasi quanto la prima volta. Anche allora, era poi corso a controllare che lei stesse bene. Perchè ciò che avevano fatto a quel bambino innocente, era niente in confronto a quello che lei rischiava ogni giorno.
La ragazza si mosse nel sonno, le sue palpebre tremarono per poi aprirsi lentamente. Ainohl si trovò a fissare un paio d'occhi color dell'oro. Il mondo intero era terrorizzato dalle iridi di quella tonalità, a lui invece, avevano sempre trasmesso una sensazione di pace e sicurezza. Davanti alla sua espressione assonnata e confusa, Ainohl le sorrise. Era chiaramente sorpresa di vederlo lì a quell'ora di notte.
«Ainohl?» mormorò con la voce ancora impastata dal sonno. Si mise a sedere e lo guardò preoccupata. «E' successo qualcosa?»
Lui scosse solo testa. «No.» la tranquillizzò subito. «Io... volevo solo assicurarmi che tu stessi bene.»
Gli occhi della ragazza si puntarono nei suoi. Ogni volta pareva capace di leggergli l'anima... e in verità, lei poteva farlo per davvero.
Lo sguardo di Ainohl cadde sulla pietra bianca e luminosa che lei portava al collo. Un oggetto per il quale tante persone avrebbero voluto ucciderla. E assieme a lei, avrebbero ucciso anche lui per averla tenuta nascosta.
Non c'era posto nel regno di Theires per quella giovane maga che aveva vissuto nascosta per tutta la vita. Non ci sarebbe mai stata comprensione per l'essere umano che l'aveva protetta. La grazia o la pietà, non sarebbero mai arrivate per loro se mai fossero stati scoperti.
Si chiamava Ayleen, ed era lei il segreto di Ainohl.

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