CAPITOLO UNO
“La fine della Grande Guerra, portò Re Roland e il popolo di Theires alla vittoria. I maghi furono esiliati sull'Isola di Keladia e di loro, si sperava, sarebbe rimasto solamente il ricordo. Ma l'anima di quelle creature si rivelò più crudele e vendicativa di quanto tutti noi ci potessimo aspettare. Prima di abbandonare il nostro Regno, uno di loro lanciò una potente maledizione sulla nostra amata terra. Theires si spaccò in cinque parti. Ognuna di esse venne afflitta da una piaga diversa che avrebbe impedito alla gente di vivere felice. La sabbia, la pioggia, l'inverno, la nebbia e il sale. Ciascuna Contea divenne invivibile. Così, la pace tanto desiderata dal nostro Re, divenne nuovamente una meta lontana e irraggiungibile.“
Frammento
proveniente dalla Biblioteca
privata di Re Roland.
Zephiro, Contea di Ayril.
Laar,
Consigliere del Re
Ainohl si svegliò nel cuore della notte con una strana ed inspiegabile
sensazione d'inquietudine addosso. Incapace di scacciarla,
istintivamente si
voltò verso il letto di suo fratello Eiron, per poi sospirare sollevato
quando
lo vide dormire tranquillo.
Aveva
boccheggiato fino a poco prima. Il suo petto non aveva fatto altro che
alzarsi
ed abbassarsi convulsamente, come se i suoi polmoni fossero stati
schiacciati
sotto il peso di una roccia. Come sempre, Ainohl non era stato in grado
di fare
nulla per liberarlo da quel tormento. Non c'erano rimedi, cure o
sollievi... si
trattava solo di aspettare. Attendere che quegli spasmi finissero e
pregare che
il respiro gli tornasse regolare. Il solito terrore cieco gli aveva
preso lo
stomaco, impedendogli di prendere sonno. Del tutto impotente, Ainohl
era
rimasto nel proprio letto ad osservare il fratello minore lottare
contro quel
male che fin dalla nascita non gli aveva mai dato tregua.
Poi, dopo
quelle che erano parse come ore infinite, il respiro del ragazzo si era
regolarizzato e i suoi ansiti erano scemati. Ainohl aveva così potuto
finalmente fare un profondo sospiro di sollievo e abbandonarsi
all'incoscienza.
Suo fratello era riuscito ancora una volta a contrastare quella
misteriosa
malattia senza cura. Ainohl si era trovato inconsapevolmente
a sorridere
quasi con orgoglio prima di chiudere gli occhi e addormentarsi con una
cauta
serenità. Ma evidentemente, quella calma non era destinata a perdurare.
Il
suo sguardo cadde casualmente sul letto di sua sorella e, trovandolo
vuoto,
quella fastidiosa sensazione d'inquietudine tornò a farsi sentire,
stavolta più
intensamente.
Ormai
rassegnato al fatto che quella notte non avrebbe più chiuso occhio,
Ainohl si
alzò e uscì dalla propria stanza per cercare la sua sorella più piccola.
Trovò
la porta di casa spalancata e, improvvisamente preoccupato, corse
fuori. Ad
accoglierlo all'esterno, fu lo spesso e famigliare muro di nebbia che
affliggeva tutta la Contea di Keiran. Essendo nato in quel luogo, lui
non aveva
alcun problema ad orientarsi. La vista degli abitanti di Keiran era
molto più
sviluppata rispetto a quella della gente delle altre Contee.
Ainohl fece un profondo sospiro rincuorato quando l'esile figura di una
bambina
apparve fra la coltre di nebbia che inghiottiva l'intero cortile della
sua
casa.
«Ari,
che stai facendo qui fuori?» le domandò raggiungendola, cercando di
assumere un
tono severo che venne però offuscato da uno sbadiglio.
La
bambina lo guardò con i suoi vispi occhi nocciola e si posò subito un
dito
sulle labbra, intimandogli di tacere. «Lo senti?» chiese sottovoce.
Ainohl
si corrucciò di confusione e, paziente come sempre, decise di
assecondarla.
Rimase in silenzio e si accorse subito cosa fosse stato ad incuriosire
tanto
Ari.
Urla.
Erano lontane, probabilmente arrivavano dal villaggio di Amdir poco
distante da
lì, ma nella quiete assoluta della notte, si sentivano perfettamente.
Qualcuno
stava urlando. Una voce di donna sovrastava tutte le altre, sembrava
quella più
disperata. Le altre parevano spaventate e furiose.
Per un momento, Ainohl fu tentato di chiamare suo padre. Temeva stesse
accadendo qualcosa di grave al villaggio, ma alla fine prese in mano la
situazione e scelse di non svegliarlo. C'era anche la possibilità che
non fosse
nulla di grave, in fondo. In ogni caso, doveva accertarsene.
«Torna a letto!» esclamò, spingendo delicatamente sua sorella verso
l'uscio di
casa. «Io vado a vedere cosa sta succedendo.»
Com'era
prevedibile, Ari protestò. «Voglio venire anch'io!»
«No.
Tu torni in casa e ti rimetti a dormire. O sveglio nostra madre e le
dico che
sei uscita in piena notte.»
Fu una mossa decisamente sleale, Ainohl lo sapeva bene, ciò nonostante
non si
lasciò intenerire. Ari perse all'istante tutta la sua determinazione e
abbassò
il capo rassegnata.
«Va
bene...» mormorò remissiva. Puntò lo sguardo a terra e i suoi occhi si
velarono
di lacrime. Ainohl sbuffò, sentendosi all'improvviso in colpa. Spesso
dimenticava che Ari aveva solo sette anni … era normale che fosse tanto
curiosa, così come il fatto che volesse sempre seguirlo ovunque andasse.
«Convincerò mamma e papà a portarti con loro domani, va bene?» promise
subito,
in un disperato tentativo di farsi perdonare.
Subito,
gli occhi di Ari si riaccesero di entusiasmo ed euforia. «Davvero? Li
convincerai a portarmi fino a Valcalia?»
«Certo,
te lo prometto. Ma per affrontare un viaggio così lungo, hai bisogno di
riposare. Quindi torna a letto.»
Stavolta,
Ari non protestò. Ubbidì senza recriminare e corse in casa con fin
troppa
energia per convincere Ainohl che avrebbe davvero dormito. La cosa
importante
comunque era che fosse al sicuro.
Rimasto solo, seguì la luce delle torce perennemente accese che
delimitavano il
sentiero fino al villaggio. Erano l'unica fonte di luce nelle ore
notturne.
Restavano accese anche di giorno, ma erano utili solamente per gli
stranieri
delle altre contee. La gente di Keiran aveva imparato ad orientarsi
senza
problemi in quella terra soffocata dalla nebbia. Per quanto lo
riguardava,
avrebbe potuto raggiungere Amdir anche ad occhi chiusi.
Le
voci concitate che erano giunte fino alla radura in cui viveva con la
sua
famiglia, si fecero sempre più forti. L'urlo della donna si era
trasformato in
un pianto straziante. Ainohl raggiunse il villaggio in pochi minuti e
si rese
presto conto che tutti gli abitanti erano raggruppati nella piazza
principale.
Tutti gli adulti, perlomeno. Riuscì ad intravedere il volto curioso di
qualche
bambino che sbirciava dalle finestre delle case. Qualunque cosa stesse
accadendo, era grave e ringraziò il cielo di essere riuscito a
convincere Ari a
non seguirlo.
Le
persone erano tutte attorno al pozzo che stava al centro della piazza.
Ainohl
iniziò in quel momento a prendere lentamente coscienza di ciò che stava
accadendo.
Quel
pozzo non veniva usato per l'acqua, era stato costruito per un altro
scopo. Per
rispettare una legge crudele e disumana che lui non aveva mai
accettato. Non
raggiunse gli abitanti di Amdir. Rimase in disparte e nel momento in
cui vide
la donna che stava urlando, si rese conto che i suoi sospetti erano più
che
fondati.
Il
rito di purificazione …
Conosceva
quella donna. Vendeva stoffe e abiti al mercato del villaggio. Era da
lei che
Ainohl aveva comprato il vestito che aveva regalato ad Ari per il suo
compleanno. Era una donna gentile e di buon cuore, sempre sorridente.
Era
strano vederla incatenata nella braccia del marito, con il volto
esausto rigato
dalle lacrime, e quella smorfia disperata a sfigurarle il viso. Si
ricordò solo
in quel momento che aspettava un bambino. Era il suo primo figlio...
non aveva
fatto altro che parlare e fantasticare su di lui per tutto il periodo
della
gravidanza, facendosi persino fastidiosa e ripetitiva molto spesso.
Ainohl
provò un moto di rabbia quando vide il Capo- Villaggio stringere fra le
braccia
un fagotto. L'uomo passò accanto alla donna senza nemmeno rivolgerle
uno
sguardo di pietà. La sua freddezza era davvero impressionante.
Dovette
combattere con tutte le proprie forze per non intervenire. Assistette
furioso,
nauseato ed impotente al rito. Era il secondo che vedeva in tutta la
sua vita.
Era
notte, la luna non si poteva vedere in quella Contea soffocata dalla
nebbia, ma
Ainohl sapeva comunque che doveva esserci il plenilunio, perchè quando
nasceva
una di quelle creature, c'era sempre la luna piena. Tornò a guardare il
fagotto
di coperte in braccio al Capo-villaggio e quando udì dei vagiti
provenire da
esso, si sentì un criminale almeno quanto tutta la gente di Amdir.
La donna li stava implorando di non farlo, ma loro non la degnavano di
uno
sguardo. Nessuno si schierò dalla sua parte, nemmeno il marito.
Il
Capo – Villaggio sollevò il neonato, in modo che tutti lo vedessero.
Dal punto
in cui era, Ainohl riuscì ad intravedere un bagliore provenire da una
delle
mani del bambino.
Il
piccolo, stringeva convulsamente qualcosa. L'oggetto per cui ora
sarebbe morto.
Una lacrima di Luna...
Fu
solo un'ulteriore conferma a ciò che aveva già intuito. Quel bambino
non era
umano. Era un mago, nato per errore nel regno sbagliato. I suoi occhi
erano
chiusi mentre strillava, disturbato da tutta quella confusione, ma
Ainohl
sapeva bene che dovevano avere la tinta dell'oro.
La donna cadde in ginocchio, senza più forze e continuò ad implorare
pietà per
quella creatura che aveva appena messo al mondo.
«A
questi abomini non è concesso vivere.» Furono le uniche parole che il
Capo-Villaggio le rivolse.
Un attimo dopo, l'uomo si avvicinò al pozzo. Tenne il bambino sollevato
sopra
di esso, mormorò una preghiera nell'antica lingua degli Antenati, e poi
… lo
lasciò cadere nel vuoto.
Ainohl
si voltò, incapace di guardare. Lo schianto sul fondo venne coperto
dalle urla
della donna che si fecero talmente strazianti e laceranti, da farlo
vacillare
per un momento. Chiuse gli occhi e strinse i pugni così forte da
sentire le
unghie conficcarsi nella carne. Sentì lo stomaco rivoltarsi per la
rabbia, per
la vergogna e per il disgusto che provava verso i suoi stessi simili, e
anche
verso sé stesso per non riuscire a trovare il coraggio di intervenire e
ribellarsi a quell'assurdità.
Chiamavano i maghi «abomini», eppure strappavano i
figli appena nati
alle loro madri per poi gettarli in un pozzo. Ai suoi occhi, i veri
mostri
erano sempre stati loro.
Decise
di tornare a casa e cercare di dimenticare ciò che aveva visto, ma
quando nel
riaprire gli occhi vide il volto terrorizzato di Ari che fissava
impietrita il
pozzo, si sentì morire.
«Ari!» Fu da lei in un attimo e la fece subito voltare per impedirle di
guardare, pur sapendo che ormai era troppo tardi. «Ti avevo detto di
restare a
casa, maledizione!»
Si
accorse di aver alzato troppo la voce e sebbene fosse arrabbiato, cercò
di non
agitarla più di quanto già non fosse.
«L'hanno
buttato nel pozzo...» la sentì mormorare, con voce tremante e
spaventata.
«Perchè hanno buttato quel bambino nel pozzo?»
Non
sapeva cosa dirle. Non sapeva come farglielo capire, dal momento che
nemmeno
lui capiva i motivi che spingevano le persone a compiere quel crimine
tanto
orrendo.
Non
appena vide i suoi occhi riempirsi di lacrime, la sollevò fra le
braccia,
caricandosela sulle spalle e s'incamminò verso casa. Ora più che mai
voleva
allontanarsi da quel villaggio. Ari piangeva e tremava, continuando a
fare la
stessa domanda. Lui ancora non rispondeva, chiedendosi quali sarebbero
state le
parole giuste da rivolgerle. Scelse di usare le stesse che suo padre
aveva rivolto
a lui quando aveva assistito al suo primo rito di purificazione.
«Lo
hanno gettato in quel pozzo perchè avevano paura di lui.» Ari
subito
interruppe il flusso di domande. Nel suo silenzio c'era un chiaro
invito a
continuare a parlare. «Tu lo sai che il Re non sopporta i maghi, vero?»
La
bambina annuì senza dire nulla. «E visto che li odia tanto, ha ordinato
che
tutti loro vengano uccisi. Così ogni volta che nasce un bambino mago,
per legge
lo dobbiamo eliminare.»
Ainohl rimase in attesa di una sua reazione. Si accorse che aveva
smesso di
piangere e la cosa lo rincuorò.
«Ma... se non gli piacciono, perchè non li manda a vivere nel Regno di
Keladia?» domandò lei, con la voce rotta dal pianto che ancora la
minacciava.
«Invece di ucciderli, non sarebbe meglio mandarli laggiù? Così
troverebbero
qualcuno che si prende cura di loro. Qualcuno che non li odia.»
Ainohl non potè fare a meno di sorridere a quelle parole. Una bambina
di sette
anni riusciva ad essere più saggia e razionale dell'uomo adulto che
sedeva sul
trono di Theires.
«Sarebbe
bello se tutti la pensassero come te, Ari. Ma purtroppo non è così.»
Aveva
sperato di poterla tenere lontana da quella realtà piena di odio e
pregiudizi
ancora per un po'. Si era sempre impegnato a non farle sapere cosa
succedesse
davvero fuori dai confini di Amdir, anche i suoi genitori e Eiron
avevano fatto
lo stesso. C'era bisogno di innocenza e ingenuità in quel mondo
dominato dal
caos. E Ari, per lui e la sua famiglia, ne era la rappresentazione. Ora
però,
tutto ciò si era incrinato. In fondo lo sapeva che non avrebbe potuto
proteggerla per sempre da quegli orrori.
Ainohl aveva nove anni quando aveva assistito al suo primo rito di
purificazione. E per lui era stato mille volte peggio.
Certo,
assistere all'uccisione di un neonato innocente era stato terribile, ma
in quel
momento i suoi pensieri non si erano concentrati unicamente sulla
piccola
vittima. Si era sentito un po' egoista, perché lui aveva pensato ad
un'altra
persona. La stessa a cui stava pensando anche adesso, a più di dieci
anni di
distanza da quel giorno.
C'era
un motivo se lui era l'unico essere umano, forse di tutta Theires, a
provare
pietà per i maghi. Un segreto che custodiva fin da quando era bambino e
che
l'avrebbe fatto finire condannato a morte se solo fosse stato rivelato.
L'inquietudine
che l'aveva fatto svegliare si fece d'un tratto molto più intensa, ma
stavolta
Ainohl sapeva perfettamente da cosa fosse provocata. Aveva un gran
bisogno di
sapere che il suo segreto fosse al sicuro. Non avrebbe riconquistato la
serenità se prima non se ne fosse accertato.
Ari
però, non poteva andare con lui. Sperava che un giorno avrebbe potuto
condividere quel segreto con lei, ma adesso era ancora troppo presto.
Guidato
unicamente da quel senso di ansia che non aveva fatto altro che
crescere fin da
quando si era svegliato, Ainohl raggiunse in fretta casa sua. Ari era
ancora
comoda sulla sua schiena, con le braccia allacciate attorno al suo
collo e le
guance rigate di lacrime, gli occhi annacquati di paura e un broncio
triste a
spegnerle il viso. Faceva male vederla in quello stato. L'aveva vista
in
condizioni simili solo una notte di un anno prima, quando Eiron aveva
rischiato
davvero di non arrivare vivo al mattino.
Entrò in casa e la rimise a terra, Ari però si appese subito alla sua
mano. Ainohl abbassò lo sguardo verso di lei, sorprendendola a
fissare il
pavimento. Non disse nulla, non pianse, ma lui conosceva bene quella
muta
richiesta.
«Non
ti farò dormire nel mio letto, Ari.» Gli si strinse il cuore nel dirlo.
Si
sentì maledettamente in colpa, ma non poteva restare a casa quella
notte.
«Per
favore.» cominciò ad implorarlo lei, rafforzando la presa sulla sua
mano.
«Sei
grande abbastanza per dormire nel tuo letto da sola.» Giocarsi la carta
del comportarsi
da grande, era la sola cosa che potesse fare per non ferirla
ancora di più.
«Di cosa hai paura? Qui a casa non può succederti niente, lo sai.»
«Il
capo- villaggio è anziano. Potrebbe sbagliarsi e scambiarmi per una
maga.» La
voce le si spezzò dietro un singhiozzo. «Non voglio finire nel pozzo!»
Ainohl
vacillò. Come poteva lasciarla sola proprio in quel momento? Sebbene la
sua
fosse una paura sciocca, vedeva il suo corpo scosso da tremiti. Era
davvero
spaventata e si odiò a morte per aver deciso di andare fino ad Amdir.
Se non
l'avesse fatto, Ari non l'avrebbe ma seguito e non avrebbe mai
assistito a
quello strazio.
Ainohl
s'inginocchiò a terra, in modo da poterla guardare negli occhi. «Questo
è
impossibile e lo sai.» le spiegò con tono paziente e rassicurante «Tu
sei nata
quando il sole era alto nel cielo, non hai gli occhi color dell'oro e
non
indossi una Lacrima di Luna. Tu sei umana, Ari. E il capo-villaggio lo
sa
perfettamente. Lui presenzia alla nascita di ogni abitante di Amdir e
c'era
anche per la tua.»
Ari rimase in silenzio, pensierosa. «... e non posso fare le magie.»
aggiunse,
con un velo di timidezza assai raro per lei.
Ainohl
trattenne a stento una risata. Le scompigliò i capelli corvini e si
rialzò in
piedi «Esatto. Un vero peccato! Sarebbe divertente poter usare la
magia, non
credi?» Riuscì a strapparle un debole sorriso svagato e assieme a lei,
si
tranquillizzò anche lui stesso.
La
bambina guardò poi il fratello con occhi afflitti e carichi di
vergogna.
«Chiederai lo stesso a nostra madre e nostro padre di portarmi con loro
a
Valcalia, domani?» Ainohl si era quasi dimenticato di quella promessa
fatta
forse troppo in fretta. «Glielo chiederai anche se ti ho disubbidito?»
Non se la sentiva proprio di dirle di no. Si sarebbe trattato del suo
primo
viaggio fuori dai confini di Amdir... e al momento, quella promessa
rappresentava anche l'unica cosa in grado di allontanare da lei i
ricordi di
ciò che aveva visto al pozzo.
«Te
l'ho promesso, no?» Il sorriso appena accennato di Ari, si fece
radioso. I suoi
occhi brillarono di entusiasmo, non più di paura. «Ma solo se dormirai
nel tuo
letto senza lamentarti.»
Ari
annuì e corse fino alla loro stanza. Ainohl non la seguì. Rimase
immobile
davanti alla porta d'ingresso, per niente intenzionato a provare ad
imitare la
sorella.
Attese
qualche minuto, immerso nel buio della cucina, poi raggiunse la propria
camera
da letto. Non entrò, vi si affacciò soltanto per assicurarsi che i suoi
fratelli stessero dormendo.
Dovette
impegnarsi davvero per non ridere. Ari gli aveva disubbidito ancora,
infilandosi a tradimento nel letto di Eiron. Nel vederli entrambi
dormire
serenamente, Ainohl si sentì notevolmente più tranquillo.
Eiron
sembrava stare bene, il suo respiro era regolare e non era scosso dai
soliti
brividi di febbre. L'espressione di Ari, rincantucciata contro di lui,
era
distesa e beata. Ainohl sperò che la vicinanza del fratello le evitasse
un
sonno agitato e preda di incubi.
Lui
ne aveva avuti molti dopo aver assistito al suo primo rito di
purificazione...
Le
immagini del neonato che veniva buttato nel pozzo come immondizia,
tornarono a
riempire la sua mente. In quel momento si sentì di fare solo una cosa.
Si
cambiò in fretta gli abiti, optando per alcuni più pesanti, si sistemò
un
mantello sulle spalle e uscì di casa, chiudendo piano l'uscio
d'ingresso per
non svegliare nessuno.
Il
villaggio di Amdir era situato al confine della Contea di Sien, una
terra
caratterizzata da una pioggia perenne. Fu lì che Ainohl si diresse a
passo
spedito. Andatura che si trasformò ben presto in corsa.
Voleva raggiungere Sien il più in fretta possibile, per poter così fare
ritorno
a casa prima dell'alba, in modo che nessuno si accorgesse della sua
assenza.
Era sotto la pioggia eterna di Sien che era custodito il suo segreto.
Nonostante
il buio e le poche lanterne che fendevano l'oscurità, Ainohl trovò il
confine
piuttosto in fretta. Non c'era nulla a delimitarlo, se non un muro di
nebbia
molto più spesso che nel resto di Keiran. Una volta che si tentava di
superarlo, la visibilità diventava pressoché nulla e si era costretti a
proseguire alla cieca. La nebbia in quel punto diventava talmente fitta
da
riuscire sentirne quasi il peso sulle spalle. Ainohl la sentiva
sfiorargli il
viso, inumidirgli gli abiti, infilarsi su per le sue narici e
riempirgli i
polmoni.
Ricordava
di aver avuto paura la prima volta che si era ritrovato lì sul confine,
nel
soffocante abbraccio di tutto quel bianco. L'unico punto di riferimento
era
stato il suono della pioggia proveniente da oltre il muro di nebbia.
Era bastato
seguirlo per raggiungere Sien.
Si era ritrovato lì per caso, da bambino. Giocava nei boschi con i suoi
amici,
ma si era allontanato troppo dagli altri, ritrovandosi così in un luogo
del
tutto estraneo e di cui aveva solo sentito parlare nei racconti di suo
padre.
Anche
adesso, sarebbe stato molto facile farsi prendere dal panico e perdersi
proprio
lì, in quel mare di nebbia. Invece Ainohl mantenne il controllo di se
stesso e
chiuse gli occhi. Continuò a camminare imperterrito, con il passo
deciso e
sicuro di chi ha percorso quella strada già un migliaio di volte. E
all'improvviso, la pioggia lo travolse. Bastò un passo per oltrepassare
una
volta per tutte il confine. Dal bianco soffocante della sua nebbia, il
ragazzo
si trovò sotto una pioggia fitta e battente. Non poté fare a meno di
stringere
gli occhi. Quel posto era sempre troppo luminoso e ampio per i suoi
canoni, pur
essendo notte.
Lui
era abituato al grigiore della nebbia e a non vedere nitidamente il
paesaggio
intorno a sé. Ma Sien era diversa. Lì la visibilità era perfetta. Non
solo
riusciva a vedere cosa lo circondasse, ma anche dove i suoi passi lo
avrebbero
condotto. Gli dava sempre una fastidiosa sensazione di disorientamento,
ma era
fantastico poter vedere il bosco tutt'intorno così perfettamente.
La pioggia tuttavia, era molto peggio della nebbia. Trasformava la
terra in
fango, l'erba in muschio scivoloso, faceva morire le piante che
agognavano la
luce del sole, spingeva la fauna a fuggire. E ti faceva rabbrividire
dal
freddo. Ainohl non aveva mai smesso di chiedersi come facessero gli
abitanti di
Sien a vivere in quel postaccio.
Dietro
di sé non c'era più traccia della barriera di nebbia che aveva
attraversato.
Era stata sostituita da un muro d'acqua di cui non si riusciva a
scorgere
l'inizio se si alzava lo sguardo al cielo.
Senza indugiare ulteriormente, Ainohl si strinse nel suo mantello e si
mise in
marcia, cercando di non pensare troppo alla pioggia che lo stava
infradiciando.
S'inoltrò nel bosco, tenendo lo sguardo puntato a terra per evitare di
scivolare. Era difficile muoversi laggiù. La prima volta era caduto
tantissime
volte, ritrovandosi con la faccia immersa nella fanghiglia.
Ora
però, dopo tanti anni che attraversava quel tratto di strada, Sien non
gli era
più così ostile. Adesso sapeva muoversi quasi come uno dei suoi
abitanti.
Era
stata lei ad insegnarglielo...
Accelerò
il passo, abbandonò il sentiero tracciato che conduceva al vicino
villaggio di
Aranel, e s'immerse nella boscaglia. Pochi minuti di cammino lo
avrebbero
condotto davanti al salice che occultava il nascondiglio del suo
segreto.
Si
trovò nuovamente a correre, percependo ancora quella sensazione di
ansia mista
a paura che aveva avuto per tutta la notte, e che si era intensificata
dopo
aver assistito al rito.
Superata
la boscaglia, vi era una radura. Al centro di essa, si ergeva solitario
un
salice piangente, che occultava quasi alla perfezione una piccola
grotta
ricavata dai resti di un'antica frana.
Fu lì
che Ainohl indirizzò i proprio passi.
Superò
il salice ed entrò nella grotta. Al suo interno, le fiamme di un fuoco
prossimo
all'estinguersi agonizzavano, rischiarando appena l'ambiente stretto ed
angusto. Accanto ad esso, su un giaciglio improvvisato, una ragazza dai
singolari boccoli rossi, dormiva serena.
Solo
a quel punto, tutta l'inquietudine accumulata, scivolò via dal corpo di
Ainohl,
alleggerendo il suo animo all'istante.
Quella
sciocca paura l'aveva abbandonato. L'orribile presentimento che potesse
esserle
accaduto qualcosa si rivelò essere del tutto immotivato. Assistere al
Rito di
purificazione doveva averlo scosso quasi quanto la prima volta. Anche
allora,
era poi corso a controllare che lei stesse bene. Perchè ciò che avevano
fatto a
quel bambino innocente, era niente in confronto a quello che lei
rischiava ogni
giorno.
La
ragazza si mosse nel sonno, le sue palpebre tremarono per poi aprirsi
lentamente. Ainohl si trovò a fissare un paio d'occhi color dell'oro.
Il mondo
intero era terrorizzato dalle iridi di quella tonalità, a lui invece,
avevano
sempre trasmesso una sensazione di pace e sicurezza. Davanti
alla sua espressione assonnata e confusa, Ainohl le sorrise. Era
chiaramente
sorpresa di vederlo lì a quell'ora di notte.
«Ainohl?»
mormorò con la voce ancora impastata dal sonno. Si mise a sedere e lo
guardò
preoccupata. «E' successo qualcosa?»
Lui
scosse solo testa. «No.» la tranquillizzò subito. «Io... volevo solo
assicurarmi che tu stessi bene.»
Gli occhi della ragazza si puntarono nei suoi. Ogni volta pareva capace
di
leggergli l'anima... e in verità, lei poteva farlo per davvero.
Lo
sguardo di Ainohl cadde sulla pietra bianca e luminosa che lei portava
al
collo. Un oggetto per il quale tante persone avrebbero voluto
ucciderla. E
assieme a lei, avrebbero ucciso anche lui per averla tenuta nascosta.
Non
c'era posto nel regno di Theires per quella giovane maga che aveva
vissuto
nascosta per tutta la vita. Non ci sarebbe mai stata comprensione per
l'essere
umano che l'aveva protetta. La grazia o la pietà, non sarebbero mai
arrivate
per loro se mai fossero stati scoperti.
Si
chiamava Ayleen, ed era lei il segreto di Ainohl.