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Autore: MedusaNoir    16/03/2014    1 recensioni
Brienne Tarth, capo del Consiglio Studentesco, ha un problema che non riesce a risolvere; un problema biondo, arrogante e che risponde al nome di Jaime Lannister. Per causa sua, deve saltare ore di lezione e presentarsi quasi ogni giorno nell'ufficio del preside, ma l'"Headslayer" non pare curarsene: a lui importa solo poter fumare a scuola, fare impazzire i professori e stare il più possibile lontano dalla sorella Cersei, per la quale prova un amore che definisce "malato, folle".
Jaime si diverte a punzecchiare Brienne, che lo vorrebbe espulso dalla King's Landing High una volta per tutte, ma situazioni inaspettate potrebbero portare alla nascita di una nuova amicizia... e a trasformare Jaime Lannister in un vero "cuor di leone".
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Brienne di Tarth, Cersei Lannister, Jaime Lannister, Loras Tyrell, Renly Baratheon
Note: AU | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
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Capitolo secondo

A Jaime non piaceva rimanere a casa: era la prima volta, in sedici anni di vita, che era costretto a passare le giornate in camera sua, senza poter neanche lasciare il letto e prendersi da bere in cucina.

Un braccio ingessato, frattura allo sterno e lividi lungo tutto il corpo – perfino su quel bel faccino che ora, tumefatto e violaceo, è così diverso dal volto di Cersei – ecco qual era stata la conseguenza per avere tentato di difendere una ragazza dallo stupro. Se contava anche le ore di incoscienza al termine di quella maledetta serata, i debiti che Tarth aveva contratto con lui diventavano incredibilmente difficili da ripagare. Ma se l’era cercata, lo sapeva bene: avrebbe potuto chiedere subito aiuto agli avventori del  Flea Bottom – perlomeno a quelli che sembravano avere un po’ di sale in zucca – o evitare di tirare fuori la solita tiritera sul suo cognome e sui soldi che uscivano dal culo di Tywin Lannister. Era una soluzione perfetta per i problemi scolastici, decisamente meno per quelli riguardanti dei teppisti di merda.

Teppisti che – Jaime si era ripromesso – un giorno avrebbe ritrovato e fatto pentire di tutti i calci che aveva ricevuto.

Suo padre aveva insistito affinché il figlio fosse riportato a casa dall’ospedale il prima possibile, in modo che ad assisterlo fossero i migliori specialisti e non dottorucoli da strapazzo. Jaime non aveva protestato solo perché era stufo degli sguardi curiosi degli altri pazienti, che probabilmente si chiedevano come mai il figlio del direttore della banca avesse trovato grane in un postaccio come il Flea Bottom – non che protestare con Tywin Lannister avesse mai fruttato qualcosa.

Durante la mattina Jaime riceveva la visita di un rinomato medico della città e di una vecchia infermiera; altre due si davano il cambio il pomeriggio e la notte, gustando perlopiù il televisore a ottantaquattro pollici che era nel salone ed entrando di tanto in tanto in camera del malato per controllare le sue condizioni. Quando Tyrion rientrava da scuola, portava libri e quaderni in camera del fratello e faceva i compiti con lui, così da fargli compagnia, e Jaime era felice di poter avere qualcuno con cui scherzare.

Aveva pensato che le parti peggiori della giornata sarebbero state le ore in cui Tyrion era dalla fisioterapista e, eccetto l’andirivieni dell’infermiera di turno, tra lui e Cersei si sarebbe stagliata solo una parete rossa e oro; non aveva però messo in conto le visite della sorella, che avvenivano sempre quando Tyrion non c’era. Cersei sedeva sul bordo del letto di Jaime e leggeva dal tablet le ultime notizie inerenti la politica e l’economia, per poi informalo dei pettegolezzi che giravano a scuola riguardo la sua disavventura. Un giorno gli disse che aveva fatto in modo di metterli a tacere, perché era stufa di sentir sussurrare malignità su di lui. A volte restava nella stanza per un’ora intera, mettendo da parte temi e compiti e i preparativi per il prom, e a Jaime piaceva vederla sorridere, seduta sul letto o sul davanzale della finestra con un libro in mano: sembrava che Cersei sapesse che la sua sola presenza lo allietava più di qualsiasi altro visitatore, ma non poteva immaginare quanto al contempo si sentisse teso e frustrato per un amore che non avrebbe mai potuto soddisfare. Quando sua sorella andava via il dualismo delle sue emozioni raggiungeva l’apice, perché Cersei lo salutava sempre con un bacio sulla guancia, a volte casualmente vicino alle labbra, accarezzandogli i capelli biondi.

Ogni tanto, quando i compiti di capo del Consiglio Studentesco le permettevano un pomeriggio di tregua, anche Tarth veniva a fargli visita. Tyrion gli aveva raccontato che “quel donnone di due metri” non aveva voluto lasciare l’ospedale finché non l’avevano tranquillizzata sulle condizioni di Jaime; lui non stentava a credere che potesse essere la verità e non perché si fidava cecamente, come sempre, delle parole del fratello minore, ma perché non si aspettava niente di meno da una ragazza onorevole come Brienne la Bella.

Durante la sua prima visita, Brienne aveva dei punti sopra l’occhio destro e il braccio ingessato come il suo, ma quel pomeriggio di metà maggio almeno la ferita sul volto sembrava essere guarita. Arrivò mentre Tyrion faceva i compiti e Cersei era fuori con le amiche.

«Dunque… Mi è stato chiesto di fare un tema sulla mia famiglia.» Suo fratello si grattò la testa, guardando la pagina bianca del quaderno come assorto in una profonda riflessione. «“Mio fratello è ok, mia sorella è una stronza e mio padre caga oro.” Che ne dici, può andare?»

Jaime sghignazzò. «Un’ottima sintesi, ma forse sarebbe meglio evitare l’ultima parte: non vorrai che i tuoi compagni vengano a frugare nei nostri cessi.»

«Per il Sette Dei, non lo vorrei mai!» si finse scandalizzato Tyrion. «Ne andrebbe del buon nome della nostra famiglia… E per di più papà non avrebbe un posto dove cagare nel caso gli scappasse qualche lingotto! Che ne dici di “il mio amato padre ci delizia ogni giorno col suo olezzo dorato”?»

«L’oro è un colore, Tyrion.»

«Ma ha un suo profumo.»

«Touché

In quel momento una delle infermiere – rugosa e sulla mezza età, come se Tywin temesse che suo figlio rimanesse a letto per così tanto tempo da dover ripiegare su una donna di un ceto sociale molto più basso – bussò alla porta e, all’assenso di Jaime, introdusse un visitatore nella camera.

«Ha ospiti, signorino.»

“Signorino”: Tyrion ridacchiò, illustrando perfettamente ciò che anche Jaime pensava di quello sciocco appellativo.

«Falla entrare, grazie.» Con le infermiere Jaime cercava di mostrarsi gentile, perché sapeva che trattare bene loro e non i professori avrebbe fatto infuriare suo padre – e lui si era appena reso conto di avere una vena masochista.

Aveva visto il faccione lentigginoso di Tarth dietro la schiena dell’infermiera. Il capo del Consiglio Studentesco entrò nella stanza, stringendo tra le braccia una pila di quaderni che Jaime intuì essere gli appunti delle lezioni che stava perdendo.

«Buon pomeriggio, donzella» la accolse. «Posso presentarti mio fratello Tyrion? Non credo vi siate mai incrociati nella mia stanza.»

Tyrion scese dalla sedia e si avvicinò a Tarth per stringerle la mano. «Ci siamo visti all’ospedale, ma non mi sono presentato. Tyrion Lannister, piacere.»

Jaime fu divertito dall’espressione della ragazza: Tyrion aveva dieci anni, ma il suo comportamento spingeva gli sconosciuti a pensare che fosse la sindrome di nanismo a farlo apparire, oltre che basso, anche così giovane. Tarth rispose comunque alla stretta di mano, parlando al bambino come se fosse in presenza di una persona della sua età.

«Il mio nome è Brienne Tarth e il piacere è mio.»

Tyrion parve compiaciuto dal modo in cui gli si era rivolta e rispose con un sorriso.

«Che cosa porti, donzella?»

Brienne si avvicinò al letto e poggiò i quaderni sul comodino. «Gli appunti delle materie che non stai seguendo. Gli esami sono vicini e potrebbero anche permetterti di farli a casa, se…»

«Non hanno rinunciato a bocciarmi e basta, vero?»

«Non sapendo che tuo padre potrebbe fare pressioni sul SAC.»

«Divertente questa» si intromise Tyrion. «Tutti i tuoi “Lo dirò a mio padre” si sono dimostrati un’arma a doppio taglio.»

«Se mi promuovono o mi rimandano non mi cambia niente.» Jaime sollevò l’unica spalla libera. «Basta che mi lascino in pace.»

«Stai diventando un cliché, fratellone.»

Notò che Tarth stava trattenendo un sorriso e si chiese se avrebbe chiesto ripetizioni a Tyrion per riuscire a chiudergli la bocca. Poi lei si voltò verso di lui e studiò i lividi che aveva ancora sotto gli occhi e sul collo.

«Come stai?»

«Potrebbe andare meglio, ma sto tornando a essere bello come prima. Non voglio rischiare di farmi vedere a scuola con te e costringere i nostri compagni a chiedersi chi dei due sia il bello e chi la bestia.»

«Tornerai a scuola prima della fine dell’anno, quindi?»

«Non ne ho idea, ma a settembre sarò di nuovo lì per farti dannare.»

«Studia» fu l’unica cosa che parve venire in mente a Tarth. Già, Tyrion doveva proprio darle delle ripetizioni. «Biologia ha spiegato molto, ma ho fatto degli schemi…» Nella fretta di prendere il quaderno dalla pila sul comodino, Tarth fece cadere una cornice. La raccolse e la scrutò.

«È la prima volta che ti vedo insieme a tua sorella. Siete quasi identici.»

Con il braccio ancora funzionante, Jaime le strappò la cornice dalle mani. Si accorse che Tyrion aveva aggrottato le sopracciglia, sorpreso.

«Ci credo, siamo gemelli. E ora sei pregata di tenere le mani a posto.»

Non avrebbe voluto essere scortese, ma era stufo di sentirsi dire quanto si somigliassero lui e Cersei. La gente pensava che fosse un complimento, ma per Jaime il motivo di quella straordinaria somiglianza era solo una dannazione.

 

*****

 

«Hai visto com’era figo Loras oggi?»

«L’ho visto mentre si allenava con la squadra, è così… sexy

«Oooh, quanto vorrei che mi invitasse al ballo!»

Cersei sospirò. Probabilmente suo padre, per ottenere gli agganci che avevano fatto di lui l’uomo più potente di King’s Landing, aveva dovuto fin da giovane sorbirsi pranzi d’affari e partite di golf con gente con la quale non avrebbe neppure parlato, se non fosse appartenuta al suo ceto sociale, ma Cersei credeva che non poteva in alcun modo avere incontrato persone più noiose e scoccianti di Lysa e Walda. Passavano il tempo a cianciare sui belloni della scuola, fantasticando su quali di loro le avrebbero invitate al ballo e quale abito avrebbero indossato.

Sfogliò distrattamente la rivista che stava tentando di leggere. «È gay.»

Walda si interruppe, l’espressione sognante distrutta da un paio di parole lapidarie. «Scusa?»

«Loras Tyrell è gay, lo sa tutta la scuola.»

Lysa ridacchiò e Cersei si chiese se fosse più stupida di quanto pensasse – e la riteneva più stupida della cameriera di Casterly Rock che lei stessa aveva fatto licenziare, perché quell’idiota non si era presa neanche la briga di attendere che una Cersei di otto anni fosse uscita dalla sala da pranzo prima di mettersi a frugare tra l’argenteria.

«Sei una forza, Ce!»

“Cersei. Mi chiamo Cersei. E tu farai meglio a ricordartelo, se non vuoi che ti faccia tagliare la testa e la appenda sulle punte del cancello di Casterly Rock.”

«Non era una battuta, Lysa

«Ma dai, Cersei. È solo la voce messa in giro da qualche maligno» commentò Walda, sistemandosi sulla testa un anello di carta come se fosse una corona.

Cersei la fulminò con i suoi occhi verdi. «Pensi di avere qualche possibilità di essere nominata reginetta?»

Walda avvampò vistosamente e si tolse la finta corona, per poi chinare imbarazzata il capo. «N-no, scusa… Volevo solo vedere che ef-effetto avrebbe…»

«Goditi quella tiara di carta, perché non ne vedrai altre.» Cersei scavallò le gambe e si alzò dalla sedia. «Dov’è la vodka?»

«Cersei, non dovremmo bere così presto…»

«Non vuoi essere una ragazza cattiva?»

La smorfia maliziosa sul suo volto convinse Lysa e Walda a scambiarsi un’occhiata complice, per poi correre a estrarre dall’armadio una fiaschetta argentata molto capiente. Ne versarono mezzo bicchiere per ciascuna di loro, ma Cersei fece segno di volerne ancora, così Walda fu costretta a svuotare la fiaschetta. In un attimo la reginetta della scuola fece scomparire gran parte della vodka.

«Cos’hai, Cersei?» le chiese Walda, che fingeva di apprezzare quel liquido trasparente sorseggiandolo lentamente. «Oggi sembri piuttosto tesa.»

Cersei fece ondeggiare la vodka nel bicchiere, in silenzio, e Lysa ne approfittò per rispondere al posto suo. «Mia sorella ha visto Rhaegar ieri! Non voleva dircelo, faceva tutta la misteriosa, ma l’abbiamo sentita parlare con Ned al tel-»

«BASTA!»

Lysa si interruppe, spaventata dal rumore del vetro che sbatté sulla sua scrivania.

«Le stavo solo dicendo…»

«Se avessi voluto che Walda sapesse questa storia, le avrei risposto.»

«Perché non potevo saperlo?»

«Già, perché?»

La lingua di Lysa stava diventando un problema: parlava troppo e le rivolgeva spesso frecciatine condite da uno sguardo indagatore e vagamente appagato. Credeva che fosse così facile trovare un punto di cedimento in Cersei? Non gliene avrebbe data la soddisfazione.

Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark si erano fatti vedere in città. Dopo tre mesi dalla loro fuga, si erano deciso a comparire a casa del vecchio preside della King’s Landing High; Hoster Tully era a cena da Aerys e Rhaella Targaryen per informare il suo amico delle novità apportate al sistema scolastico e Catelyn, la sua figlia maggiore, lo aveva accompagnato – Lysa non aveva voluto andarci, si annoiava in occasioni del genere e Cersei si era chiesta se non sarebbe stato meglio, per lei, avvicinare Catelyn al posto di quell’idiota della sorella minore. Poco prima che venisse servito il dessert, la cameriera aveva annunciato, visibilmente agitata, che i signori avevano altri due visitatori.

Catelyn aveva appena accennato alle urla di Aerys, che aveva spinto lei e il padre a congedarsi in fretta, ma si era soffermata sul particolare che credeva fosse più importante per Ned Stark: il pancione di sua sorella.

Cersei non sapeva che Lyanna fosse incinta; non lo sapeva nessuno, neppure Catelyn a giudicare dalla preoccupazione che Lysa aveva sentito nella sua voce – Lysa era così stupida da poter scambiare un tono euforico con del nervosismo, ma Cersei pensava che questa volta avesse ragione. Quella notizia l’aveva fatta andare su tutte le furie: Rhaegar era il suo fidanzato, il loro matrimonio era già stato deciso quando, da un giorno all’altro, quel bastardo era fuggito con Lyanna Stark! Jaime si era preso il merito di aver fatto andare via dalla King’s Landing High il preside Aerys, ma probabilmente Tywin non avrebbe compiuto un atto così decisivo contro quello che avrebbe dovuto diventare suo suocero se il nome dei Lannister non fosse stato infangato con un fidanzamento rotto all’improvviso.

Rhaegar era il ragazzo più popolare della scuola – bello, intelligente, eccelso in tutti gli sport che aveva praticato – e stare con lui era per Cersei la cosa giusta; quando si era vista rifiutata per una ragazzina insulsa come Lyanna non aveva perso tempo a piangere, ma aveva subito indirizzato la propria rabbia verso Robert Baratheon, che a sua volta aveva sperato di avere qualche possibilità con la sorella del suo migliore amico, della quale era innamorato da anni.

«Non possiamo permetterci di essere messi da parte» gli aveva detto e Robert, seppur riluttante, aveva infine accettato la sua proposta.

Cersei sapeva che il suo ragazzo passava gran parte del tempo a destreggiarsi tra altre donne, nella speranza di togliersi dalla testa Lyanna, ma l’unica cosa che contava per lei erano le apparenze. I Baratheon erano un importante partito e dal momento che Stannis studiava ad Asshai e che Renly sembrava più che convinto dei propri gusti sessuali – qualunque fossero le dicerie su lui e Loras che Lysa e Walda consideravano solo come diffamazioni – l’unica scelta disponibile era Robert, che al contempo era anche il più popolare tra i tre fratelli. Non l’avrebbe mai amata come amava Lyanna, allo stesso modo in cui Cersei non lo avrebbe amato come Rhaegar – che l’aveva tradita, aveva messo incinta un’altra mentre erano ancora insieme – ma l’amore non era essenziale nella sua scalata al successo.

«Cersei?»

Si riscosse dai propri pensieri. «Non voglio parlare di loro.»

Walda si sporse verso di lei, sinceramente preoccupata. «Sei ancora innamorata di Rhaegar?»

«Innamorata?» Cersei la scansò con un movimento secco del braccio. «Come ti viene in mente?»

«Già» si inserì Lysa. «Non potrebbe stare con Robert, se amasse ancora un altro.»

Il suo orgoglio ricevette un colpo affilato come l’affondo di una spada. Non voleva che qualcuno pensasse che lei fosse ancora innamorata di Rhaegar – non lo era, non lo era, non lo era – ma neanche che fosse così volubile da averlo dimenticato tanto in fretta. L’amore non era importante per lei, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa senza pensare ai sentimenti dell’altra persona.

«Qualsiasi cosa» rifletté ad alta voce.

«Come?»

Cersei scosse la testa e sollevò il mento, cercando di riparare quell’orgoglio ferito. «L’amore non guida le mie azioni. Potrei fare qualsiasi cosa e farla passare per amore.»

«Qualsiasi? Allora bacia il professor Pycelle!» la sfidò Walda, ridacchiando divertita.

«No, aspetta.» Il lampo che balenò negli occhi di Lysa non prometteva niente di buono. «Ho un’idea migliore.»

 

*****

 

«…e l’organizzazione del prom spetta a Petyr Baelish.»

Alle parole di Brienne, Petyr si alzò e si portò una mano al petto, sorridendo in quel modo mellifluo che a lei dava il voltastomaco. «Cercherò di svolgere al meglio il mio ruolo. Spero solo che alcuni di voi possano darmi una mano… Cat, cosa ne dici? Posso contare su di te?»

Catelyn raccolse le fotocopie che aveva fatto per la riunione e aggrottò la fronte. «A cosa posso esserti utile?»

«Il menù della serata ha bisogno di essere esaminato da un occhio femminile. Se vuoi, posso portartelo stasera a casa…»

«Stasera ceno da Ned, ma puoi lasciarlo a Lysa. Ti aiuterò volentieri.»

«Oh.» Petyr si attorcigliò il pizzetto. La sua esclamazione era apparsa come un suono deluso, ma il volto ancora sorridente non lasciava trasparire nulla di simile. «D’accordo, lo affiderò a Lysa. Sono certo che sarà felice di vedermi.» Disse l’ultima frase a bassa voce, tanto piano da poter essere udita solo da Brienne che era in piedi accanto a lui e stava raccogliendo le sue cose; sembrava parlare tra sé e sé.

Brienne non lo degnò di un secondo sguardo, consapevole che Ditocorto era in grado di mascherare qualsiasi emozione, e dopo aver salutato gli altri membri del Consiglio Scolastico si diresse verso l’ufficio del counselor. Controllò l’orologio e decise che, quel pomeriggio, non sarebbe andata a trovare Lannister. Si era recata spesso da lui per un misto di sensi di colpa e rispetto verso la persona che l’aveva salvata da… non voleva neanche pensarci. E ora, al termine della scuola e con l’esame finale alle porte, avrebbe dovuto rendere quelle visite meno frequenti, ma ancora non se la sentiva: Lannister giaceva nel suo letto e di certo non passava le giornate a studiare, e lei che era in debito nei suoi confronti doveva aiutarlo a prepararsi per gli esami nonostante il poco tempo disponibile a entrambi. Però quel giorno aveva avuto la riunione del Consiglio Scolastico e doveva ancora andare a parlare con Jon, quindi era costretta a rimandare. Quel pensiero le strinse inspiegabilmente lo stomaco.

Bussò alla porta del counselor e si portò una mano alla ferita sopra l’occhio, che le doleva ancora a tratti. Lannister aveva rischiato la vita per correre in suo soccorso… Con i suoi modi stupidi e insolenti, certo, però l’aveva tratta di impaccio quando lei ne aveva avuto bisogno. E, ancora una volta, ricordò di essergli debitrice.

«Avanti.»

Brienne entrò nell’ufficio e attese di fronte alla scrivania, mentre Jon le dava le spalle, intento a sistemare qualcosa sugli scaffali.

«Ah, Brienne, sei tu.» Jon le sorrise, affabile. «La riunione è andata avanti per le lunghe?»

«Sì. Gli ultimi giorni sono i più impegnativi.»

«Siediti, siediti!» Raccolse le mani sotto il mento e la guardò attentamente. A Brienne parve che si soffermasse sulla ferita che si stava cicatrizzando. «Come va il braccio?»

«È guarito, non era una frattura grave.»

«Brutta storia, gran brutta storia… Stai bene adesso?»

«Sì.»

Era strano il modo in cui Jon la stava fissando, come se attendesse un’ulteriore risposta; alla fine, il counselor si sistemò gli occhiali sul naso e aprì la cartellina che aveva poggiato sulla scrivania. «Allora… sei interessata alla Law School, a quanto vedo. Qui a King’s Landing ne abbiamo una molto valida.»

«Non punto a quella.»

«Già, lo immaginavo. Il tuo sogno è la Sunspear di Dorne, non è vero?»

Brienne annuì. «È la più valida.»

«Ti ci vedo, sai, a studiare legge. Sei inflessibile, una persona su cui si può sempre contare.» Jon attese ancora che lei parlasse, ma non lo fece. «E tu ce l’hai, qualcuno su cui contare?»

«Come?» Brienne aggrottò la fronte, sorpresa, e Jon le rivolse un sorriso di incoraggiamento.

«Gli studenti contano su due persone: te e Renly Baratheon. Ma lui – non so se hai saputo – è intenzionato a frequentare l’ultimo anno in un’altra scuola…»

Deglutì e annuì un’altra volta. Quel pensiero le dava la nausea, la faceva sentire spaesata.

«Certo che lo sapevi, era ovvio… Sai anche di essere la studentessa più quotata per prendere il suo posto? Dovrai lasciare il Consiglio Scolastico per entrare nel SAC, ma questo non significa un impegno di meno conto; al contrario, oltre gli studenti anche il personale della King’s Landing High conterà su di te.»

«Lo fanno già» disse, pensando al ruolo di spaventapasseri che svolgeva per il preside.

«Senza contare la tua media, che è inferiore solo a quella di pochi altri… La scuola ti porta come un esempio. Sei – ripeto – una persona su cui si può contare per qualsiasi cosa. Ma è difficile sopportare una tale pressione da sola. Hai qualcuno con cui confidarti? Qualcuno con cui parlare delle tue aspettative, dei tuoi sogni? Del tuo futuro?»

«Tu sei qui per questo.»

Jon scosse la testa, sorridendo ancora. «No, Brienne, io sono qui per guidarti nella scelta del college. Sto parlando di un amico. Sei così impegnata con lo studio e il Consiglio Scolastico da farmi chiedere – permettimi la sfacciataggine – se tu abbia qualcuno con cui passare il tempo libero.»

«Non ho… non ho spesso tempo libero.»

«Questo lo so, ma ne va sempre ritagliato un po’.»

Brienne si agitò sulla sedia. Pensava che avrebbe parlato con Jon della Law School, che lui avrebbe saputo indirizzarla alla scelta delle materie dell’ultimo anno che le sarebbero stata più utili per il futuro, non che avrebbe cercato di psicanalizzarla. Non era il momento giusto: doveva tornare a casa per finire i compiti e… Interruppe i propri pensieri. Già, nelle sua vita c’era solo la scuola, ma era fatta così, non poteva mettere tutto da parte per…

«Torni sempre a casa dopo le lezioni e le riunioni?» Fu come se Jon le avesse letto nel pensiero.

«S-sì… No, non sempre. Ultimamente faccio visita a Jaime Lannister. Gli porto gli appunti.»

«Ah.» Sembrava interessato a quella notizia, ma non sorpreso. «E cosa fate? Gli dai solo gli appunti o parlate anche?»

«Beh… A volte ci capita di parlare.»

«Della scuola?»

«Sì. E dalla sua guarigione.»

«Dimenticavo, era con te quella sera.»

«Mi ha salvato la vita.»

«Quindi vai da lui perché gliene sei grata.»

«Sì, esatto.»

«Ma quella sera perché eravate insieme?»

Brienne si torse le mani, irrequieta. Non le piaceva quel tono da interrogatorio né lo sguardo indagatore di Jon. «Dovevo farlo, mi aveva… ricattata. Niente di serio» aggiunse subito, con un improvviso senso di colpa per non avere fatto il proprio dovere quel pomeriggio di alcune settimane prima. «Ma ero obbligata a uscire con lui.»

«Per quanto tempo?»

«Solo quella volta.»

«No, volevo sapere per quanto tempo eri costretta a stare con lui, quella sera.»

Aggrottò ancora la fronte. «Non c’era un orario prestabilito.»

«E quanto siete rimasti insieme?»

«Due ore… due ore e mezza, forse. Era molto buio quando sono andata via.»

«Avresti potuto tornare a casa prima?»

«Sì, immagino di sì.»

«Ma non l’hai fatto. E non gli dovevi ancora niente.» Ora il sorriso di Jon era aperto. Il counselor sembrava soddisfatto mentre si alzava e l’accompagnava alla porta dell’ufficio. «Ti ho già preparato un piano di studi per il prossimo anno, eccolo qui.»

Brienne afferrò il foglio che le stava tendendo. «Credevo ne avremmo parlato insieme…»

«Penso che approverai le mie scelte, e penso anche che un po’ di tempo libero ti farà bene. Va’ a trovare il giovane Jaime Lannister, anche se non dovessi avere appunti da dargli. Fatevi una chiacchierata, parla del tuo futuro.»

«Non mi sembra la persona adatta per un discorso del genere…»

«È un perditempo, è vero, e onestamente io non sceglierei lui per parlare di questioni serie. Ma tu l’hai già scelto.» Con un ultimo sorriso enigmatico, Jon la congedò. «Buona serata, Brienne, e in bocca al lupo per gli esami finali.»

 

*****

 

Si svegliò verso sera, quando il sole oltre la finestra stava tramontando. Avvertiva un peso sul letto e credeva che fosse Tyrion, ma non appena aprì gli occhi scoprì che a sedere al suo fianco era Cersei. Era la prima volta che sua sorella gli faceva visita mentre dormiva.

«Ehi» mugugnò Jaime con la voce ancora impastata dal sonno. Si tirò a sedere per guardarla meglio: ormai le sue condizioni stavano migliorando ed era anche libero di muoversi per casa, di tanto in tanto e con l’aiuto di una delle infermiere. «Ciao.» Lo disse con più dolcezza di quanto avrebbe voluto e sperò che Cersei interpretasse quella inaspettata tenerezza come la confusione data da un sonno interrotto.

Sua sorella stava sfogliando uno dei quaderni che Tarth gli aveva lasciato; non appena udì la voce di Jaime, lasciò andare gli appunti per concentrarsi su di lui.

«Come stai?»

«Voglio fumare.»

Cersei gli rivolse una smorfia divertita. «Alzati e cerca le tue sigarette… Se nostro padre non le ha già trovate e confiscate.»

«Vorrei, ma» Jaime si indicò le gambe «da solo non posso fare niente. Puoi prendermele tu? Ti do qualcosa in cambio.»

«Come siamo gentili oggi» notò Cersei, alzandosi. Senza aspettare ulteriori istruzioni, aprì il primo cassetto della scrivania.

«È il sonno.»

«Ecco qua.»

Jaime estrasse una sigaretta e se la portò alla bocca, poi ne porse una a sua sorella. «Ed ecco a te la tua ricompensa.» Le accese entrambe e osservò Cersei aspirare il fumo, cercando di non pensare alle sue gambe accavallate e coperte solo da un filo di calze. Erano più vicine di quanto fosse in grado di sopportare e dovette fare ricorso a tutta la sua forza di volontà per evitare di posarvi una mano.

«Solo questo? Speravo in un bacio del mio dolce fratello.»

Lo disse senza malizia apparente, ma Jaime dovette cercare in fretta un altro argomento, preoccupato dal battito accelerato e frastornante del suo cuore.

«Allora, dov’è Tyrion?»

«Con la tata, l’ha portato dalla fisioterapista. È passata anche una tua amica.»

Sollevo un sopracciglio. «Un’amica?»

«Brienne la Bella. La Vergine Tarth. O come vuoi chiamarla» rispose Cersei, fissandolo intensamente negli occhi verdi. «Le ho detto che stavi dormendo.»

«Gentile da parte tua.»

Si limitò a stringersi nelle spalle, continuando a tenere lo sguardo sul suo.

«Che c’è?»

Imprevedibilmente, sua sorella sussultò e si voltò, agitata. «Niente.»

«Cersei?»

Sembrava imbarazzata e si ostinava a non dire cosa la rendesse così nervosa: di Cersei Lannister manteneva solo l’aspetto fisico, in quel momento. Alla fine tornò a guardarlo e gli posò una mano sui capelli, come faceva ogni volta che andava via. Jaime avrebbe desiderato che restasse ancora un po’ – ancora una vita, ancora un’eternità.

«La cena è quasi pronta» lo avvertì Cersei. Lasciò scorrere la mano sulla sua guancia e il suo tocco scaldò il cuore di Jaime allo stesso modo in cui gli strinse lo stomaco; senza riflettere, posò una mano sulle dita di sua sorella e strinse le palpebre, assaporando il calore di quel tocco.

Un istante dopo, un paio di labbra morbide e umide si posarono sulle sue.









Buonciao dopo tanti mesi!
Mi dispiace avervi fatto attendere, ma sappiate che i prossimi capitoli sono pronti: aggiornerò domenica prossima!
Allora, prima di tutto ringrazio la mia beta A g n e che è bellissima e bravissima e levubì ♥ Poooi... Vi è piaciuto il personaggio di bimbo!Tyrion? È quello di cui mi ha divertito più scrivere! Il riferimento a Rhaegar e Lyanna era d'obbligo, ma soprattutto perché non ci riesco proprio, a non infilare Rhaegar da qualche parte. Non ci sono citazioni telefilmiche, ma le troverete nei prossimi capitoli; qui posso solo parlare delle ferite riportate da Jaime, che mi sono sembrate essere il sostitutivo migliore a un taglio della mano.
Non uccidetemi per il finale. E non uccidetemi per ciò che accadrà nel prossimo capitolo, perché scriverlo è stato dolorosissimo.
Con quest'ultima nota allegra vi saluto e vi ringrazio per la lettura ♥

Medusa, a Lannister
   
 
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