Tom si sveglio con il cuore a mille, urlando. Era da quando aveva memoria che quell’incubo si ripeteva, ogni anno il 14 luglio. Ma non era un banale sogno: era impresso nella sua mente come un eco lontano, ma non riusciva mai a ricordarne i dettagli, che sfuggivano dalla sua mente non appena si svegliava.
Guardò fuori dalla finestra: la seconda luna era ancora alta nel cielo, ma il Sole stava già sorgendo.
Tom si alzò, diretto alla cucina, dove lo aspettava la sua colazione. Mentre camminava nel corridoio spoglio vide la sua immagine riflessa in uno specchio a parete, solo per vedere la sua pelle azzurrina assumere una tonalità più scura, segno inequivocabile di vergogna. Sì, perché se c’era una cosa di cui si vergognava veramente, era di essere un Teinar, un “alieno”, come dicevano i Portatori di Luce, splendidi ed eleganti nella loro pelle rosata, gloriosi e potenti nei loro draghi d’acciaio.
Quando non faceva quell’incubo, sognava spesso di essere un Portatore di Luce, di poter viaggiare in un drago d’acciaio, di poter vedere la gloriosa madre dei Portatori di Luce, la Terra, o semplicemente di poter essere amico di uno di loro… Invece no: era un comune, stupido, Teinar, segregato per ordine dei suoi Signori sul suo brutto e sporco pianetino, costretto a vivere lontano da quei bambini infinitamente intelligenti e geniali, da quegli uomini saggi e gentili, e dal grande Spazioporto che dominava la collina al centro di Ascension City.
Fece colazione nella spaziosa cucina dalle pareti arancioni e si preparò per andare a scuola, una volta tanto non in ritardo.
Ma, appena entrato in classe, si accorse che quella lezione era diversa dal solito: L’istruttrice, una splendida Portatrice di Luce sempre perfetta e ordinata, sembrava nervosa, e accanto a lei c’erano altri due Portatori. –Allora, bambini- la voce melodiosa dell’istruttrice sembrava incrinata da una nota di tensione –Oggi faremo un piccolo controllo del vostro cervello, per scoprire se, dentro a quello di qualcuno di voi, c’è una cosa che non va per nulla bene. Capito?-
-Si, signora istruttrice- Rispose in coro la classe, tranne Tom, che improvvisamente sentiva girarsi la testa.
-Ottimo, state tranquilli, comunque: stanno controllando a tutti gli Alieni della vostra età, è improbabile che sia uno di voi il problema- Disse l’istruttrice esibendo un sorriso a trentadue denti.
Tom ora stava decisamente male, e quando vide i due uomini avvicinarsi a lui si sentì svenire. Stava per chiamare aiuto quando crollò a terra.
Era in piedi, dentro una stanza dalle pareti grigie, con un grande tavolo al centro.
Davanti a lui un Portatore di Luce in giacca e cravatta stava parlando.
-Non cre- La scena sembrò scomparire.
-..che sia meglio per entrambi se non mi la- Di nuovo un interruzione.
-Vuoi dire condannare il mio popolo?- Ora era lui a parlare.
-No, vo- interruzione.
-...ciò che è giusto.-
Disse qualcosa, dopodichè scoppiò l'inferno.
Tom si risvegliò, intorno a lui vedeva pareti squallide e sporche, ma non avrebbe saputo dire dove fosse.
Tentò di alzarsi, ma anche solo provarci gli provocò un dolore terribile alla gamba, e, con il dolore arrivarono anche i ricordi.
La bomba.
Il fuoco.
I Teinar.
Le urla dell'istruttrice.
E la visione. Quella visione che lo aveva tormentato per anni, che ogni quattordici luglio turbava i suoi sogni.
Quello era l'incubo.