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Autore: Carotina91    01/04/2014    0 recensioni
"Sai Tom credo che tu mi piaccia, ma non posso innamorarmi di te, come hai detto tu sei famoso e non vuoi una relazione duratura, rispetto la tua decisione, saremo buoni amici lo prometto. Il mio cuore è già stato spezzato troppe volte i cocci sono piccoli frammenti impossibili da rimettere insieme, non sono pronta per un'altra delusione per questo non voglio concedermi a te. Ti voglio bene, è tutto ciò che posso dirti.”
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Tom Und Hanna: Molto più che amici'
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È il 20 Giugno, oggi è l’ultimo giorno di scuola.
Non vedo l’ora di evadere da questo istituto, anche se la cosa che mi mancherà di più sono le lezioni di arte. E in primis, non vedrò per molto tempo Nathaniel. Lo trovo simpatico e disponibile, è una bella persona, ma le sue avance no.
Potrei fare a meno di quelle. Non ho mai fatto niente che potesse attirare la sua attenzione, parte tutto da lui. E non smette di chiedermi se può portarmi a cena fuori. È come se il preside mi chiedesse un appuntamento. Con l’improvviso arrivo di mia madre, la mia vita è troppo incasinata.
Spengo la cicca pestandola con il piede, mi chiudo la porta antincendio alle spalle. I corridoi sono colmi di alunni, l’ultima ora è saltata ma dobbiamo restare comunque fino alla fine.
In corridoio vedo Nathaniel chiacchierare con il prof di storia, mi fa cenno di aspettare, ma lo ignoro e filo dritto evitando le sue occhiate. Di solito non mi comporto in questo modo, li affronto i problemi invece di scappare, ma oggi non mi va di parlargli.
Scendo in cortile dove ritrovo Stephanie e le sue amiche se così si può chiamarle. È proprio come nei film americani, Ci sono i popolari, i nerd, i cervelloni e chi come me cerca di adattarsi.
Questi ragazzi sono così diversi tra loro, per etnia e per altro, ma non per questo si deve ignorarli.
Vera sta chiacchierando con delle ragazze e a notarle bene, sembrano far parte di un fan club di qualcosa. Appena mi avvicino una ragazza mi stritola con il suo abbraccio, quasi non respiro.

?: Tu sei quella nuova, vero?
Hanna: Nuova quasi quanto la tua tinta.

Ci guardiamo negli occhi per interminabili minuti. Vera e l’altra tipa si guardano aspettando una nostra reazione, eventualmente per separarci in caso di lite.

?: Mi piaci! –Sposta una ciocca celeste dietro l’orecchio- Mi chiamo Karen! –Disse porgendomi la mano smaltata di celeste-
Hanna: Anche tu non sei male –Karen sorride- Sono Hanna!
?: Ahhh… -Urla la ragazzina dell’abbraccio- Non ci posso credere ragazze!!
Karen: Emily, ti avevo detto di non urlare a quel modo!
Emily: Scusa! –Fa gli occhioni- Hai letto il blog di Tom?
Hanna: Tom ha un blog?! –Come se fossi cascata dalle nubi-
Emily: Che razza di fan sei, se non sai nemmeno questo?! –Mi ringhia contro-
Vera: Calmati Emily, lei è nuova anche in questo! –Ridacchiando-
Karen: Davvero interessante, vorrei scoprire altre cose su di te.
Hanna: -Sbuffo- Sono stufa di questa etichetta!

Le ragazze ridono mentre io incrocio le braccia scalciando un sassolino.

Emily: Scusami, tendo ad essere un po’ aggressiva, quando si parla di loro –Con occhi sognanti- Oh, Bibi!!

Guardo Vera alzando un sopracciglio. Karen scoppia a ridere.

Vera: Le fan chiamano Bill, Bibi e Tom…Tomi, Tommino etc…! –Sono sconcertata- Ci sono tante cose da sapere ancora su di loro!
Emily: Chi ti piace dei quattro?

Gonfio le guance a mo di bambina, non so cosa rispondere. Guardo la mia amica in segno di aiuto, ma lei scuote la testa mentre la nanetta continua a farmi domande alle quali per il momento non so rispondere. Questa è comicità ragazzi, cosa volete che me ne freghi di quali mutande indossa Tom o il piatto preferito di Georg?! Sapere queste cose non vuol dire conoscere una persona.

Hanna: Davvero basta! –Cerco di calmare la nana- Mi sta venendo il mal di testa.
Karen: Dai lasciala in pace.
Emily: Ma io…volevo solo… -Occhioni lacrimosi e testa bassa- Va bene!
Karen: Dobbiamo portarti ad un loro concerto, non puoi non conoscere niente di loro!

Annuisco con poca convinzione. Un sms cattura la mia attenzione, guardo il display “numero sconosciuto” immagino di chi sia.

“Mi manchi” Questo è treccina, di sicuro.

Hanna: Stupido!
Emily: Chi è? Dai fa vedere!
Hanna: Na, affari miei!
Emily: Dai non fare la cattiva!!

Nascondo in fretta il cell nella tasca della gonna. Non sono sicura della sua reazione nel sapere che è proprio Tom il mittente. Meglio tacere.

Vera: Hanna è un po’ gelosa del suo ragazzo!
Karen: È così sexy che hai paura che qualcuno te lo freghi?!
Hanna: Dovrebbero solo azzardarsi a farlo. Non è un bene farmi incazzare.

Vera sorride sotto i baffi, io la fulmino invece.
Come può pensare a me e Tom come una coppia? Ammetto però, che l’idea non sarebbe male.

Karen: Ehy, Hanna! Nathaniel ti sta guardando –Dice con fare malizioso-
Emily: Il segretario ha una cotta per te.

Sbuffo, per carità è un bel ragazzo, ma…proprio non lo vedo in quel senso.

Hanna: Si, che palle che è –Scuoto la testa- Non sopporto i tipi appiccicosi!
Karen: Non preoccuparti, non sei l’unica.
Hanna: Che vuoi dire?!
Karen: Che si comporta così con tutte le nuove studentesse. Le seduce, le porta a cena, dice che vuole essere solo un amico e poi…
Vera: E poi se le scopa e sa che può farsele quando vuole dopo.

Lo guardo con stupore, non immaginavo potesse essere così stronzo. Non giudico mai prima di conoscere qualcuno, ma da come si comporta con me e quello che hanno detto le ragazze, non so se fidarmi di lui.

Hanna: E voi siete state con lui?!
Vera e Emily: No, scherzi?!
Hanna: Tana per Karen –Ridiamo- Tu ci hai scopato, vero?
Karen: Non guardatemi così. Ero giovane e ingenua, e poi se proprio lo volete sapere, a letto ci sa fare!
Emily: Eri una verginella, per questo ti è piaciuto così tanto! –Disse limandosi un unghia-
Karen: Chiudi quella bocca Emily!
Vera: Scusale…tendono un po’ ad esagerare a volte.
Hanna: Non preoccuparti…-Sospiro- Già mi piacciono!
Karen: Ehy, vi va di andare alla festa di Kelly, stasera?
Vera: Come avete fatto a farti invitare? So che lei invita solo quelli della sua cerchia.
Emily: Beh, quest’anno per la fine della scuola ha voluto essere clemente anche con noi!
Vera: Capisco…
Karen: Hanna, verrai vero?
Hanna: Le feste sono la mia vita!
Karen: Bene, perché nessuno le organizza come lei, fiumi di alcol e…maschi! –Disse eccitata-
Hanna: Ah, ecco! –Ridacchio- Va bene direi di andare, voglio levarmi questa divisa, non la sopporto più!
Emily: Nemmeno io. –Disse allentandosi la cravatta-
Karen: Ok, girls! Stasera alle 21:30 alla fermata dell’autobus!
Hanna: In bus?!
Karen: Purtroppo ci tocca -Mocia- mamma ha preso la macchina e non torna prima di dopodomani.
Emily: Io non ho la patente.
Hanna: Non guardatemi, vi ci porterei ma idem anche io come Emily.
Vera: Dai girls, no problem ci sono qui io! –Le ragazze ridacchiano- Passo a prendere prima Hanna e poi voi, ok?
Emily: Io dormo da lei –Indica Karen- quindi mi trovi a casa sua, senza fare troppi giri!


[…]


Allento la cravatta togliendola del tutto. Non vedo l’ora di tornare a casa e buttarla nell’armadio, non ho mai desiderato così tanto qualcosa prima d’ora, come in questo momento.
Gabrielle oggi è al lavoro e Vera mi ha offerto il pranzo a casa sua, promettendomi che non mi farà indossare altri vestiti di quel genere. Non mi è piaciuto affatto andare in giro mezza nuda la sera della dicesi gara.
E sinceramente non mi va di incontrare Nathaniel in giro. Mi ha un po’ non proprio scosso quello che le ragazze hanno detto di lui, ma per come cerca di essermi “amico”. Accavallo le gambe mordicchiandomi il piercing al labbro.

Vera: Cosa c’è? Sei nervosa?
Hanna: No, in verità pensavo…
Vera: A Tom? –Disse maliziosa-
Hanna: Lui è l’ultimo dei miei pensieri.
Vera: Allora a chi? –Disse aggrottando le sopracciglia-
Hanna: Pensavo a Nathaniel e alle cose che avete detto su di lui.
Vera: Di, non avrai una tresca con lui?!
Hanna: Ma cosa ti salta in mente? –Abbaio furiosa- Io e lui, poi…
Vera: Scusa è che…pensavo che ti interessasse? Tu sei la sua nuova preda a scuola.
Hanna: Preda o no, con me non attacca. –Guardo fuori dal finestrino- Però il suo comportamento non mi convince granché.
Vera: Stacci solo attenta, ok?

Annuisco vaga. Prendo una boccata d’aria. Oggi sono un po’ giù, an

Vera: Posso chiederti una cosa?
Hanna: Spara!
Vera: Cos’è che ti fa tanto tentennare, con Tom?
Hanna: È una lunga storia, beh non tanto ma…avevo quattordici anni, quando è successo.
Vera: Cosa è successo?
Hanna: Stavo insieme a Matteo, un ragazzo bellissimo. Andavamo a scuola insieme, ma non eravamo nella stessa classe.

Ogni giorno dopo scuola, tornavamo a casa insieme, o andavamo hai giardinetti a fumare. E a pomiciare, e ridere e raccontarci tante cose. A sognare…stavamo insieme, ma eravamo anche migliori amici.
È stata Carol, a farci incontrare. Io e lei frequentavamo la stessa classe. Ad una festa di compleanno, mi presentò Matteo e…è scattato il colpo di fulmine, Non che io ci creda sul serio, ma ho sentito come un gran calore dentro di me.
Non so esattamente come spiegarlo, so solo che volevo stare con lui. Qualche giorno dopo, abbiamo cominciato a frequentarci, e una cosa tira l’altra, ci siamo dati il primo bacio fuori da scuola.
Passò del tempo, e con lui feci l’amore per la prima volta.
Fu bellissimo, non la dimenticherò mai quella sera.
Io lo amavo, e lui amava me, ci completavamo a vicenda. Ma si sa, tutto accade per una ragione. Un giorno, comprai uno di quei test sulla gravidanza. Prima per curiosità, poi capii che mi sarebbe servito.
Non mi arrivava, il ciclo…non voleva saperne di arrivare.
Non ero spaventata, c’era tipo…una possibilità su un milione di restare incinta.
Prendevo la pillola da un po’, e avevamo sempre usato il preservativo, eppure…tutto questo non fu abbastanza. Dopo il primo test, ne comprai un altro e capii, ero incinta.
Non potevo crederci, un bambino tutto mio. Mio e di Matteo, il mio più grande amore.
Quando glielo dissi...non fu della mia stessa idea. Cominciò a sbraitare, diceva che non ero stata attenta, che un bambino per una ragazzina come me, era troppo presto.
La scuola, gli amici, l’adolescenza…tutto sarebbe cambiato. Non voleva avere un bambino, voleva che abortissi.

Vera: Hanna mi dispiace… -Disse con le lacrime agli occhi-
Hanna: Non dispiacerti, è tutto apposto! –Feci un sorriso amaro-
Vera: Cosa successe dopo?

Hanna: Io…non volevo abortire. Gli dissi che se lui non lo voleva, beh poteva andarsene al diavolo.
Quello che lui etichettava, come “parassita” io già lo chiamavo amore.
Non dissi niente a nessuno per un po’, ma non potevo nasconderlo per sempre.
Una mattina, mia madre scoprì della mia gravidanza.
Andò su tutte le furie, diceva che ero una stupida, una donnaccia, che avrebbe risolto lei il problema.
E così mi trascinò con la forza, in una clinica privata.
Una figlia minorenne e incinta, era…peggio di un umiliazione, peggio.
Mi fece abortire, ero ancora in tempo per farlo. Quando la dottoressa glielo comunicò, fece un sospiro di sollievo. Non poteva credere alle sue orecchie. È stato così ingiusto.
Non potevo fare niente, lei aveva ucciso il mio bambino.
Lo aveva strappato via da me, con quale diritto si è permessa di fare una cosa così sporca?
Lo pensai per tutto il viaggio clinica-casa.
Io non volevo più parlarle. Non parlai per settimane ne con mio fratello, ne con mio padre e tanto meno con lei. Mi mancava…anche se l’ho avuto per poco dentro di me, sentivo la sua mancanza.
Un anno dopo, incontrai di nuovo Matteo. Lo avevo evitato per tutto l’anno scolastico, dopo che l’ebbi lasciato, non volli sapere più nulla di lui. E quando mi vide, mi disse che gli dispiaceva e che era giusto così. Sarebbe stato una sofferenza, far nascere un feto, di cui non puoi prenderti cura.
Lui lo chiamava feto, non aveva nemmeno pensato per una volta, che quello era suo figlio.
Lo ignorai quel giorno, e quelli successivi.
Con Carol, ripresi la mia vecchia vita. Tra feste, alcol, sbronze e visite all’ospedale.
L’ultima cosa che ho combinato, mi ha fatta finire in carcere. Non quello vero…ho passato una notte alla stazione di polizia, dietro le sbarre con Carol.
Lei diceva che sapeva come entrare e uscire da un banco di pegni. Gli dissi che era ok, volevo provarci. E così la sera stessa, entrammo in un negozio.
Lei cominciò a riempire la sua borsa, io no…volevo solo provare quelle sensazioni che provava lei, non mi interessava rubare nulla. Fummo arrestate, prima di uscire scattò l’allarme.
La faccia di mia madre quando si presentò nel commissariato, non la posso dimenticare.
Era tra il viola e il rosso acceso.
Mi portò a casa il giorno e dopo, e lo stesso giorno, comprò un biglietto di sola andata per la Germania. Ed eccomi qui, fine della storia.

Vera: Per cui…non vuoi stare con Tom, per via di quella storia con il tuo ex?!
Hanna: Non riuscirei a sopportarlo, di nuovo. –Dico abbassando la testa-
Vera: Lui non è quel ragazzo…
Hanna: Non importa, io non mi concederò a lui.
Vera: Dovresti ripensarci! Tom non è come appare, è molto di più.
Hanna: Mi accompagni a casa? –Dico sviando il discorso- Arriva mia madre dall’Italia. Non so perché viene, pensa di controllarmi anche qui, povera illusa.
Vera: Si, ti accompagno.


[…]


La sera stessa…

Gabrielle: Non esci con le amiche stasera?
Hanna: Non mi va…
Gabrielle: Dai, dimmi cosa succede!
Hanna: Nulla, perché me lo chiedi?
Gabrielle: Hai il morale a pezzi, e sei taciturna.
Hanna: Ok, ho detto a Vera di Matteo!
Gabrielle: Tesoro stai bene? –Le disse preoccupata- So quanto hai sofferto, per quella storia.
Hanna: Sto bene. È tutto passato ora.
Gabrielle: Come mai, gliene hai parlato?
Hanna: Mi ha chiesto perché non voglio andare, a letto con Tom. E così…gli ho detto parte del motivo.
Gabrielle: Hanna…Tom non è Matteo, e poi non è giusto che tu ti punisca così.
Hanna: Non voglio riprovare quell’esperienza…
Gabrielle: Non resterai incinta di nuovo.
Hanna: Non è per questo…è che se mi innamoro di lui, poi…so che andrà male.
Gabrielle: Se non ci provi, non lo saprai mai.
Hanna: Tom non è come gli altri ragazzi. So che un giorno andrà via, è un musicista.
Gabrielle: Hanna…questo è l’ultimo dei problemi. Se ci pensi ora, non riuscirai mai a crearti una storia con lui.
Hanna: Io non la voglio. Sto bene così!

Gabrielle sospirò sconsolata. Sa che sono una testa dura.
Non voglio innamorarmi di Tom, per poi soffrire e stare male, come è successo con Matteo.
La mia è una ferita, che non si è ancora cucita.

Gabrielle: Non puoi privarti dell’amore, Hanna.
Hanna: Io guardo al mio futuro. Che è molto roseo, a detto di molti.
Gabrielle: Ripensaci, dai una chance a Tom.
Hanna: Sei proprio ostinata tu!
Gabrielle: -Ride- Molto più di te cara.
Hanna: Ci penserò!
Gabrielle: No, domani tu vai a una festa e te lo rimorchi.
Hanna: Ma ti senti?? –Sgrano gli occhi- Hai proprio detto rimorchiare?
Gabrielle: Quando arriverà tua madre, scenderà l’inferno sulla terra. Lo sai vero?
Hanna: Si, addio seratine.
Gabrielle: Già, per cui sarò buona. Ti concedo di rientrare dopo le 11:00.
Hanna: -Storgo il naso- Alle 02:00.
Gabrielle: Troppo tardi. Quell’ora poi…
Hanna: Perché? Cos’ha che non va?
Gabrielle: Le mignotte escono a quell’ora.
Hanna: Beh, ringrazia che non lo sono.
Gabrielle: Ora fila a letto.

Sono molto fortunata, non mi serve la sveglia quando al mattino ho bisogno di svegliarmi.
Gabrielle è molto chiassosa, infatti immagino gli sia appena caduta una pentola.
Sbuffo rigirandomi per riprendere sonno, ma nulla da fare. Lei entra nella mia stanza, spalanca le finestre e scosta la coperta.

Gabrielle: Ma sei nuda! –Spalanca gli occhi ricoprendomi-
Hanna: No, quello è un pigiama a forma di pelle nuda.
Gabrielle: Ma cosa mi dici mai?
Hanna: Sai che al mattino presto sclero. –Mi metto seduta- Perché mi hai svegliata?
Gabrielle: Ricordi gli esercizi mattutini che ti sei gentilmente offerta di fare?
Hanna: Che tu mi hai costretta a fare!
Gabrielle: Si, va beh.. –Fa un gesto con la mano- Comunque questa è la prima lezione. In giardino ho portato dei pesi e una palla per lo yoga. Forza indossa una tuta, e andiamo.
Hanna: Prima della colazione?!
Gabrielle: No, ci mangiamo un croissant e un succo di frutta. E poi in giardino.

La vedo uscire già con la tuta da palestra. Sorride ancheggiando.
Lo sapevo che prima o poi la vecchiaia avrebbe colpito anche lei. Ma so già che se non mi muovo è capace di farmi uscire senza colazione.
Mi infilo nella doccia legando i capelli in una cipolla disordinata. L’acqua calda scorre sul mio corpo facendomi mugolare e desiderare di non uscire mai.
Quando rientro in camera trovo l’intimo, una canotta e dei pantaloncini striminziti sul letto. Ha preparato proprio tutto, anche i fantasmini e le scarpe.


Esco in giardino e c’è la zietta che fa stretching. Mi guarda sorridendo facendo segno di imitarla.
E va bene, se proprio devo.
Mi metto in parte a lei un po’ distante. Dalla pozione eretta, con le piante dei piedi parallele, porto le braccia verso il basso. Inspiro ed espiro, questa posizione l’ho vista fare una volta su youtube, volevo provare qualche esercizio.
All’inizio faceva male, non ero abituata a fare sport, ma dopo altri esercizi mi sono sentita subito meglio. Cerco di tenere ferme le ginocchia e di toccare con le mani le punte dei piedi.
Grabrielle mi imita, ma non resiste e crolla.
Ridacchio aiutandola ad alzarsi.

Gabrielle: Non credevo che facesse tanto male.. –Disse lamentandosi dei dolori alle braccia-
Hanna: È normale, soprattutto se non lo fai tutti i giorni.
Gabrielle: Io voglio avere un bel culo e dei fianchi perfetti.
Hanna: Per quello dei fare esercizi per i glutei. Per la pancia va bene un po’ di crunch alla panca. Ma in assenza di quella useremo la palla per lo yoga.
Gabrielle: Come sai queste cose? –Disse guardandomi con gli occhi a palla-
Hanna: Ho una vita anche io. E comunque mi allenavo un po’, e Andrea mi aiutava a tenermi in forma.
Gabrielle: Oh, bene. Insegni anche a me?
Hanna: E tu mi lasci tornare alle 02:00?
Gabrielle: Scordatelo! –Disse remissiva-
Hanna: Vorrò dire che dovrai ammirare la mia tartaruga, e sfigurare con la tua pancia flaccida!
Gabrielle: Sei proprio una stronza cara nipote.
Hanna: Ho di fronte la mia maestra.
Gabrielle: E va bene. Ma se comincerai a prostituirti, non azzardarti a mettere piede in questa casa.
Hanna: Non farò mai la prostituta!

Ci stendemmo entrambe su un tappetino per lo yoga, le dissi di appoggiare sulla palla tenendole ferme.
In modo da formare un angolo abbastanza retto, fra bicipiti femorali e polpacci.

Hanna: Ora metti le mani dietro la nuca, e ricordarti di inspirare ed espirare.
Gabrielle: Ok, ma facciamolo insieme.

E ora cominciamo in maniera fluida e lenta, staccando le spalle e la parte alta del dorso dalla base d’appoggio. Ritornando dopo poco alla base di partenza.
Gabrielle è ancora una principiante, e ad ogni sforzo si lamenta, mentre io eseguo gli esercizi come se fossi nata per quelli.

Gabrielle: Basta ti prego, è passata solo mezz’ora ma si sembrano di più.
Hanna: Se vuoi fermarti va bene. Io però vado a fare un po’ di jogging.
Gabrielle: Ma come fai?!
Hanna: Mi viene naturale penso. A dopo.


E comincio a correre lasciando distesa in giardino.
Mi viene da ridere, proprio lei mi costringe ad allenarmi solo per avere una forma perfetta, e poi è la prima ad arrendersi.
Mi mancano le corse mattutine con mio fratello.
Non andavamo a correre tutti i giorni, ma quando succedeva mi sentivo in un altro mondo. Uno in cui c’eravamo solo io e lui.
Forse sto correndo un po’ troppo, perché in poco tempo raggiungo il parco. Non c’è molta affluenza, in effetti sono appena le 7:00 del mattino.
Continuo a correre raggiungendo il centro del parco. Ogni tanto mi cade l’occhio su qualcuno che trovo ad allenarsi. Ci sono le coppietta che si allenano insieme, e inevitabilmente finiscono dietro un cespuglio a fare altro. L’obeso che tra una corsetta ed un'altra, mangia un panino al prosciutto.
Ma a cosa gli serve fare finta di tenersi in forma, se poi si abbuffa.
E infine, ci sono quelle persone che corrono con al fianco i loro cani. Quelli mi piacciono di più, non so il motivo preciso, ma è così.
Mi distendo sull’erba improvvisando qualche flessione, e alla fine lasciandomi cadere respirando l’odore dei campi in fiore.
Chiudo gli occhi immaginando che accanto a me ci sia mio fratello.
Sento il viso umidiccio, apro un occhio e un muso nero mi sta annusando, dopodiché una lingua mi lecca la guancia. Mi alzo a sedere guardando il cane accanto a me.
Ha la testa e la schiena nera, il pancino bianco con puntini neri. La coda lunga e affusolata e due occhi nocciola. Non vedo il suo padrone in giro, e non sembra un randagio, dal momento che ha la targhetta.
La guarda e vedo il nome. Scotty.

Hanna: Chi è il tuo padrone, piccolo? –Dico guardando il cane-
“Wolf..wolf…”
Hanna: Mh, facciamo che ti porto a casa e poi cerchiamo il tuo padroncino, ok?

Il cane sembra annuire. Ridacchio e nel momento in cui mi avvio verso casa, lui mi segue fidandosi di me.

  
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