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Autore: Princess_Klebitz    04/04/2014    1 recensioni
Amici fino alla morte ed oltre; nemici controvoglia. Musica, amore e morte nella metà sbagliata degli anni '90, scaraventati avanti volontariamente per non poter più tornare indietro.*
La tregua tra la Ragione ed il Caos durava da troppo tempo; quando si accorsero dell'errore, corsero ai ripari, e l'Immemore e l'Innocente si trovarono faccia a faccia, dopo anni di ricerche, per riportare la situazione in parità.
Un errore troppo grosso, la persona sbagliata, un imprevisto che non doveva assolutamente accadere.
Storia scritta nel 1997, e l'epico tentativo di riscriverla senza snaturarla.
Spero qualcuno apprezzi.
Genere: Drammatico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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29. Chi vivrà vedrà

 

In Ringsend Road, ai Windmill Lane studios, il lavoro degli Interferences e di Flood, assistito da Lou e da pochi altri, ferveva da quando la tregua era stata dichiarata.

 

In una settimana di lavoro, grazie anche al fatto che si mandavano i pezzi via e mail, dai quattro irlandesi uscirono cinque canzoni nate già quasi perfette ed in soli due giorni Flood e Lou riuscirono a mixarle nel modo migliore, effettando specialmente la batteria ed i microfoni ambientali.

Dorian li seguì passo passo, chiedendo e dando suggerimenti (spesso non richiesti ma a volte davvero pieni di buonsenso) fino a guadagnarsi l'accesso alle sacre manopole del mixing desk, seppure sotto la stretta sorveglianza di Flood.

 

In due settimane riuscirono a rifare quasi daccapo le altre cinque canzoni già registrate, lasciandone intatta solo una che suonava già perfetta.

 

 

Justin, Eddie, Shane e Dorian lavoravano con un videoregistratore acceso a volume bassissimo o azzerato con i loro film preferiti e quelli che dovevano dare loro la spinta verso quell'ambiente oscuro e saturo di meccanismi nascosti che volevano raggiungere.

Primeggiavano Il Corvo, Blade Runner, Il cielo sopra Berlino,Così lontano così vicino, Trainspotting, Velvet Goldmine e I ragazzi dello Zoo di Berlino; per lo spasso di Dorian, un sacco di cartoni animati che avevano furoreggiato nei 90's ma che non avevano mai avuto il tempo per goderseli nell'età giusta.

 

Il cielo sopra Berlino sparì dopo tre giorni e riapparve a singhiozzo due-tre volte al mese; Flood lo sequestrò a Dorian perché si incantava a guardare il film invece di suonare.

Justin portò I ragazzi dello Zoo di Berlino e Velvet Goldmine ed il biondino suo amico, per equilibrare le sorti del torto che gli aveva fatto Flood col suo film,li sfasciò letteralmente durante una litigata.

 

Avevano stabilito una tregua, non una pace eterna, e non sarebbe stata neppure l'ultima volta che avrebbero litigato in studio.

 

Una pace eterna tra Dorian e Justin era fattibile quanto sconfiggere la fame nel mondo con un pacchetto di gallette; difatti quasi si scazzottarono di nuovo, per la disperazione di Flood e il sottile divertimento dei loro due compari.

Dorian riuscì a riallacciare i rapporti con il cantante solo regalandogli di nuovo i film in edizione Dvd e aggiungendoci anche 'L'uomo che cadde sulla terra'.

 

Justin ed Eddie facevano fuori dall'uno ai due pacchetti di sigarette al giorno,Shane aveva smesso in pianta stabile e Dorian aveva ricominciato a ritmo allarmante;in capo a un mese li batteva entrambi,soprattutto in fase di missaggio, visto si fermava anche di notte.

 

Verso la fine del lavoro Flood gli impose un limite tassativo, facendo anche la voce grossa; avrebbe dovuto calare ad un pacchetto e mezzo al giorno perché iniziava a stentare nella seconda voce, sempre molto alta e che in certe canzoni era indispensabile.

 

Come già detto, Dorian e Justin si accapigliarono un'altra dozzina di volte, non arrivando mai comunque al parossismo di prima; almeno cinque volte fu per i testi, e le restanti quando tentarono di mettere le mani su 'Silences'.

 

Quella cosa era stata caldamente sconsigliata da Flood, visto quella canzone sembrava maledetta.

 

Era stata perfetta ai tempi del gruppo indipendente e secondo, beh, tutti, compagni compresi, non si sarebbe riuscito a modificarla per integrarla nell'album, trasportandola così nell'epos che volevano, ma Dorian lavorò per ben tre giorni senza mai staccare, litigando con tutti e persino con Flood su certe parti del missaggio, finchè Justin un giorno non abbandonò lo studio lasciando detto al bellicoso biondino che la parte di testo di Silences che sarebbe dovuta cambiare e che non gli andava mai bene avrebeb dovuto scriversela da solo, così come era nata.

 

L'abbandono avvenne in seguito ad un litigio particolarmente violento che ricordava quelli pre-tregua; si erano urlati dietro di tutto, non risparmiandosi nessuna meschinità finchè Dorian, in un attacco di nervi, rabbia, isterismo e non ultimo stress e consapevolezza di essere l'unico a tenere così tanto a quella canzone, non aveva preso Justin dai capelli e lo aveva trascinato in giro per lo studio per cinque minuti a vuoto, con l'altro impossibilitato a liberarsi.

Quando Eddie gliel'aveva fatto mollare,Justin era scappato con le lacrime a metà guance dal dolore e aveva dato loro l'impressione di un addio definitivo.

Dorian, preso dai sensi di colpa e ispirato dal temporale come un novello Frankestein, mandò via tutti ed infine anche Flood e Lou dal mixing desk e, fumandosi un'intero pacchetto di sigarette in due ore, incazzato come una iena e con gli occhi resi ormai folli dallo stress, rivoluzionò la canzone ed anche il testo.

 

Il giorno dopo, la suonò assieme agli altri (Justin era ancora latitante a causa del nervosismo) e ne fu talmente soddisfatto da telefonargli per farlo tornare in studio a cantarla.

Quando Justin tornò, cupo come nei soliti postumi di litigata, prima gliela fecero sentire, poi gli diedero il testo con le variazioni da leggere.

 

La prima cosa che Justin disse fu 'Quando canti ti mangi le parole' e la seconda, col mento per terra, fu 'Dorian, l'hai DAVVERO scritta tu?! E' persino più cupa di prima!'

Dimenticate le vicissitudini passate, insistette perchè la cantasse l'autore, ma Dorian rifiutò in ogni modo. Quando la provarono in versione definitiva, Shane disse, senza offesa, che se con Dorian suonava bene, ma con Justin suonava grande.

 

Modificare 'Silences', il loro caposaldo di sempre, ebbe l'effetto di uno scossone da voltaggio elevato ma non mortale; rimasero storditi per un po', poi tutti, compreso il sempiterno indeciso Eddie, capirono in che direzione andare.

 

Se 'Silences' era modificabile, tutto era modificabile.

Se il loro passato era modificabile, potevano cancellare ciò che erano stati.

Se potevano cancellare e modificare, potevano provare a fare seriamente ciò che volevano.

 

E come se ne convinsero, come quell'idea attecchì nelle menti di tutti, capirono di aver preso il biglietto giusto per l'album che sognavano.

 

Tutti i pezzi finirono di nuovo (quinta volta) sotto le mani di Flood (che giurò di non produrre mai più interamente un loro disco), Lou, Dorian e persino Justin si aggiunse all'allegra brigata in control room, facendo più danni che altro, ma con la sua ritrovata calma riusciva a frenare i bollori di Dorian, spesso troppo solerte ai limiti del disturbo.

 

Quando l'album fu finito, quasi fu rimandato indietro dalla casa discografica da tanto era ciò che non si aspettavano, non fosse stata per l'appassionante difesa del produttore.

L'Universal si arrese, sia perchè i critici di cui disponeva dettero un'ok appasionato, sebbene stupiti, sia perchè il parere di Flood non era acqua fresca.

 

'Velvet Wall'

Questo era il titolo del disco.

E puntava ad essere un grandissimo disco.

Uno di quelli miliari, per intenderci.

*

*

Alla festa di presentazione del disco completamente missato, finito e ormai persino chiuso in quello che sarebbe stato il suo packaging di distribuzione, Eddie si sentì gonfio d'orgoglio all'ultimo tocco di batteria che lo chiudeva.

Non riusciva a crederci, non poteva crederci.

Per lui era stato tutto facile, troppo facile, aveva buttato fuori tutto quello che aveva e non si era guardato indietro mai, non aveva lasciato vittime sul percorso e i suoi sensi di colpa non affioravano mai.

Aveva fatto un lavoro che quel bastardo di suo fratello Edmond, presente alla festa a Dublino e che si nascondeva dietro due Mojiti, elogiava borbottando a mezza voce.

Se pensava che una volta gli sarebbe bastato quello come apprezzamento, ne rideva: ora puntava a molto di più.

 

Shane, riascoltando per l'ennesima volta Blindness, si sentiva commosso: non aveva mai creduto nella sua vita di riuscire a suonare qualcosa di così bello, di così carico ma semplice, così fottutamente suo.

Era suo quel bellissimo giro di basso che lo stava colpendo al cuore fin quasi alle lacrime; lo stava sentendo sul cd dalle cuffie: quel suono che aveva cercato per anni in tutte le canzoni e non riusciva mai a trovare.

Il SUO suono!

 

Justin, invece, si sentiva stremato e vagamente spaesato sentendo il suo ultimo disperato falsetto.

Era stato faticoso per lui, a volte addirittura umiliante e il peggio doveva forse ancora venire, con i suoi pensieri e le sue visioni in pasto agli ascoltatori, probabilmente mal interpretate, bisognose di spiegazioni e di voce, una voce che non riusciva sempre a fare ma che sentiva di dover per lo meno provarci.

Era nato per quello, non sarebbe vissuto se non l'avesse rifatto al più presto.

 

Poi si aprì in un sorriso, ascoltando una traccia cui teneva particolarmente, 'Someone in my mind'.

Aveva così tanto ancora da dire, da urlare, da sussurrare, da inventare...Aveva ancora tanti scritti già pronti e tanti ancora da preparare ma tutti lì, intorno a lui, nella vita che svolgeva tutti i giorni, non necessariamente in forma di parole.

Immagini...e anche facce, atteggiamenti, fatti, distorsioni, sentimenti...Ma soprattutto immagini.

 

Guardò con affetto gli altri, mentre il nastro ripartiva su Silences.

Si sentiva come se avesse concluso un parto difficile e doloroso, ma dopo aver visto il frutto della fatica era più che pronto a ricominciare.

C'erano tanti, tanti fiori sotterranei da cogliere...

*

*

*

ROLLING STONE UK, Gennaio 2002

 

Recensione di 'Velvet Wall', Interferences

 

“Il cambiamento da molti definito "ridicolo" e "senza speranza" dei Changes (boyband irlandese) ad Interferences (stessi elementi ma suonano veramente) trova sfogo, dopo guerre con l'ex management, molti annunci, false dichiarazioni e una partenza volutamente tenuta nascosta, nel primo album ufficiale del gruppo, 'Velvet Wall', registrato e missato ai Windmill Lane studios di Dublino da Mark 'Flood' Ellis, il Re Mida delle produzioni dei gruppi che hanno ispirato i quattro ragazzi irlandesi.

Il lavoro sembra esattamente il contrario di cosa ci si aspettava dalla band irlandese ma non giunge certo sgradito in questo momento e soprattutto non è stato progettato come un operazione mirata di un utopico cambiamento-svolta rock, con una pennellata di basi di chitarre elettriche e riffoni a mascherare un gruppo che ormai stava cadendo a pezzi.

Questo, signori, è un disco autentico e chi l'ha suonato sono dei veri musicisti; certamente non i migliori ma veri.

Velvet Wall suona a tutti gli effetti come un disco alternative rock e della miglior qualità, con ottimi intrecci di melodie e testi efficaci anche se spesso troppo introspettivi e, sorpresa sorpresa, suona completamente anni '90; in un periodo in cui impazza il crossover, il nu rock, il nu metal e la Bristol school, questi quattro ragazzi (a cui nessuno avrebbe dato mezza sterlina come musicisti veri ed anche in grado di pensare) dal background musicale molto diverso tra loro, hanno riunito le varie sfaccettature degli anni '90 ed anche '80 in certi casi, e sono riusciti a registrarle negli anni 2000, pur non perdendo niente del buon secolo appena passato.

La prima canzone, Blindness, sembra costruita appositamente per farsi odiare da chi ha amato le canzoni pop sdolcinate o le coreografie esagerate della precedente vita del gruppo e l'intero disco sembra calibrato su questa idea, con i pesanti ritmi di una batteria abbellita da echi e un cantato a tratti aggressivo e a tratti filtrato e inquietante, che lascia spazio ad una seconda voce quasi sempre presente.

Come per liberarsi dalle melensaggini e le banalità del precedente disco, gli Interferences sembrano voler scaricare sull'ascoltatore un epos macabramente ironico a chi li aveva ritenuti incapaci di suonare e di ricostruirsi; scaricano la loro adolescenza rubata e tornano volutamente indietro nel tempo, fregandosene delle mode in circolazione ora, puntando a rifarsi a grandi nomi nella loro evoluzione con una maturità impressionante.

Provate a non lasciarvi impressionare dall'ex bella vocina di Justin Swanson che lascia un'eco di un sussurro dicendo 'Next shot missed it will be just for you' fondendosi con l'eco del basso e della chitarra in dissolvenza.

Ignorate che il delicato ritornello di 'Silences', tra l'altro presente in due versioni come bonus track cantata in acustico da Dorian Kierdiing, autore sia del testo che della canzone, sia un carrillon di delay distorto dopo brevissime punteggiature di powerchords che, a due voci, ricorda sinistramente i lavori di Trent Reznor-Nine Inch Nails; macabramente simili nel ritornello quanto lontanissimi nella strofa.

 

Velvet Wall suona come una sorta di eredità dell'eurowawe della trilogia berlinese di Bowie (Heroes, Lodger e Low), le atmosfere inquietanti dei sopracitati NIN (su tutti l'e.p. Broken) , è un disco che suona tirato dall'inizio alla fine senza una pausa, rifinito fino all'ultimo dettaglio seppur fatto in fretta e intenzionalmente decandente e industriale, una sorta di Songs of faith and Devotion dei Depeche Mode o di Achtung baby degli U2 parte seconda, arrivando persino a toccare muri grunge di tanto in tanto. Ne sono la prova i due capisaldi del disco, Silences, tra l'altro attuale singolo di lancio, e la centralissima ed infatti anche baricentro del disco, Someone in my mind , una strana canzone con un ritmo di 3\4 e una linea di basso fissa e persistente, che lascia un po' perplessi all'inizio ma che conquista pian piano.

Il basso pulsante ed insistente ma non groovy, la chitarra usata come strumento ritmico quando accuratamente distorta e come solista quando insistente con il delay (a proposito, è proprio il biondino ex-preferito dalle ragazzine il maggior protagonista dell'album, sia come songwriter che come co-produttore) e la batteria pesante e rumorosa, il tutto completato da un cantato filtrato e pieno di effetti, danno l'impressione che gli Interferences abbiano voluto deliberatamente fare un disco che suonasse come rumore industriale, tecnologicamente grezzo, sopra un base rock, forse per liberarsi del troppo lucido che avevano accumulato con il loro passato.

La canzone finale, Burn, lascia un senso di estraneità con un basso che scorre ed una voce in perenne falsetto, chiude perfettamente il cerchio sullo stesso ritmo di Blindness, e invita a far ripartire il disco come un circuito chiuso ma lascia anche una porta aperta su un futuro.

L'album, benchè grezzo e industriale, suona come un parto doloroso e rumoroso avvolto in un'impalpabile velo di tastiere programmate che scopre le carte della produzione di Flood, che fa in modo, assieme ad un team di produzione di tutto rispetto, che il disco suoni come un'accusa al mondo dell'apparenza globale. Sfacciato e assurdo, rumoroso ma affilato, fragile sotto una tela grezza, oscuramente ironico, schizofrenico, Velvet Wall è un disco contraddittorio che richiama il bisogno di un paio di calci allo stereo ma incredibilmente funziona e affascina, e che potrebbe raggiungere sia una massa come disco da classifica che un'ottima posizione sulla scena alternativa.

E' ancora presto per parlare di next big thing, ma se il tour in partenza a febbraio e presentato come un ritorno ai grandi show itineranti, confermasse il loro talento, il bassista Shane Haynes, il batterista Edward Joyce, il cantante Justin Swanson e il chitarrista Dorian Kierdiing, età media 23\24 anni, si ritrovebbero ben presto nell'aria rarefatta dell'alta scena rock, grazie a questo disco che ha un po' dell'incredibile rispetto al passato.

La favola di questi quattro irlandesi,se ben gestita,potrebbe andare avanti per molto tempo prima del finale,bello o brutto che sia.

E comunque andrà,per usare una frase fatta,per loro è già un gran successo.”

*

*

Le recensioni di NME,Kerrang!, Hot Press e di vari altri giornali minori, confermarono quello che Rolling Stone, il primo a ricevere il cd per i critici assieme ad NME, aveva detto su di loro.

Velvet Wall era in pole position per essere il disco dell'appena iniziato 2002.

 

E, se si fossero giocati bene il mastodontico tour in cui avevano investito quasi tutti i loro guadagni e la percentuale che stavano ricevendo dalle prenotazioni del loro cd dalla casa discografica, sarebbe forse stato in pole position per raggiungere i suoi illustri predecessori citati nell'articolo che, negli anni a venire, sarebbe stato spesso ripreso.

Velvet Wall era un capolavoro, uscito non si sa da dove; era nell'aria da sei anni tra loro, messo in cantina per essere rimpiazzato con un onesto disco rock, e finalmente i ragazzi lo avevano recuperato e fissato su supporto in due mesi o poco più.

 

Justin, durante i festeggiamenti che seguirono l'uscita commerciale del disco, decretò che quel disco sarebbe diventato immortale: giusto perchè era Justin lo lasciarono dire.

 

Che sarebbe diventato davvero immortale, dopo un periodo di dimenticanza,non lo immaginava realmente nessuno.

*

*

Shane, durante le prove in studio del tour, notò improvvisamente che Justin era nuovamente dimagrito.

Poco prima dell'inizio delle registrazioni doveva pesare sui settanta chili nella boyband a quanto ricordava, ora doveva essere sui sessanta scarsi, arrivando al metro e ottantacinque con un ultimo salto dell'evoluzione.

Così magro aveva un'aria pallida ed evanescente che gli era tristemente familiare ma avrebbe messo la mano sul fuoco che non prendesse niente.

Lui non era cambiato ('...ci mancherebbe!', avrebbero commentato gli altri) minimamente, gli piaceva ancora tenersi in forma col rugby anche se non ai livelli di una volta, ma di Justin non se n'era accorto nessuno.

 

Ricordava per esempio di Dorian, che era cresciuto di quasi quindici centimetri tutto di un colpo nell'ultimo anno alla Wenders School, (dall'uno e settanta al metro e ottantadue dell'era Queasyzoica) e di Eddie, che aveva fatto un'incredibile elevazione da tappo fino al metro e ottantacinque apparentemente nel giro di tre giorni quando giocava a rugby il secondo anno, se n'era accorto subito.

Che diavolo, sua madre diceva di sentirlo crescere di notte!

E poi Justin era sempre sembrato più alto, a causa del suo fisico, ora ancoradi più con quel dimagrimento.

 

Tuttavia, Shane dovette ammettere che non aveva la solita aria malaticcia che aveva a scuola.

Anzi, non era mai sembrato più a posto.

 

Justin, con la sua copia di Velvet Wall sempre in borsa tracolla, lo sorprese a fissarlo mentre si girava con la sua Telecaster in mano e gli spedì un sorriso dopo una boccata di sigaretta, con gli occhi scintillanti sotto il solito ciuffo spettinato dai riflessi violacei.

 

Sembrava un gatto che stesse per papparsi il pesce rosso.

Shane imputò la sua felicità alle recensioni positive del disco,e si disinteressò della faccenda.

 

A intromettersi nel rapporto tra Justin ed il cibo, Justin ed il peso, Justin ed i testi, Justin e la sua visione del mondo, Justin ed i suoi capelli, se ne usciva sempre pesti.

Così, mentre Dorian affannato correva a sistemargli un cavo che non stesse, agitato come al solito nell'anima ogni volta che lo vedeva con quella grazia di Dio di Telecaster in mano, pronto per rovinare la base sotto un suo assolo, Justin esalò un'altra boccata, compiaciuto.

“Piantala di agitarti, passerotto...”, disse, con tono leggero, mentre si toglieva dai piedi per permettere che Dorian potesse smadonnare liberamente sul casino del suo jack. “La vita è troppo breve per passarsela male.”

 

Eddie, che si stava sedendo dietro la batteria con una mezza pinta di birra fresca, sbuffò.

Le solite sparate di Justin e Dorian che lo stava anche a sentire, a vedere come si era rallentato nei movimenti, finendo di fissare il cavo jack in modo che l'amico non ci si inciampasse e togliesse l'audio a quegli scarni powerchords che sapeva fare per riempire il suo vuoto, quando il suono di Phoenix diventava più assente.

“Tu pensi che la vita sia breve?”

Justin annuì, bevendo dalla sua tazza di caffè.

“Breve, combattuta e con poche soddisfazioni.”

Dorian gli spedì il suo sorriso luminoso, che ultimamente si era visto raramente.

 

Sembravano tornati alle discussioni liceali; sembravano loro due liceali.

“Io invece penso che ti sbagli, Swanson. Penso che sia lunga.”,e finì di sistemare il cavo, facendolo passare tra il corpo e la cinghia della chitarra dell'amico. “E per aver appena finito un disco che sognavamo da una vita, penso che sei maledettamente pessimista.”

 

Justin accolse il commento dell'amico con un sorrisetto ironico che voleva quasi sfotterlo.

No, compatirlo, pensò Eddie, l'unico attento alla scena.

“Allora vedremo chi avrà ragione, probabilmente.”, alzò la tazza Justin, con voce dolce, come ad un augurio.

Dorian lo fissò e gli rivolse lo stesso sorriso.

Con uno sguardo di sfida.

 

“Chi vivrà vedrà.”

 


CAPITOLO BETATO DA CALIPSO_MACABRE DOLL.
Eh sì, ci saranno un paio di capitoli di transizione, d'altronde è un romanzo su un gruppo rock, che volete che descriva?
Il sovrannaturale dovrebbe tornare tra poco, e tornerà a valanga, ora niente più nascondini, si gioca all'aperto!!
Grazie a tutti per il seguito e cercate di non perdervi in questa trama così banale e a tratti noiosa
Babs

 

   
 
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