Libri > Fallen
Segui la storia  |       
Autore: bradlifer    06/04/2014    5 recensioni
Dopo la battaglia alla Sword & Cross, per Luce viene scelta una destinazione diversa dalla Shoreline: passerà, infatti, i diciotto giorni della tregua a New York, dove come unico punto di riferimento avrà Cam.
Il loro rapporto si evolverà, così come quello tra lei e Daniel, e questi cambiamenti potrebbero portarla ad agire e a scegliere come lei stessa non avrebbe mai immaginato.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cameron Briel, Daniel Grigori, Gabrielle Givens, Luce Price
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

    Epilogo – È una vita che ti aspetto

New York City, 14 settembre 2026


"Luce!" La voce squillante di sua madre al piano di sotto era un martello pneumatico nel cervello. "Farai tardi! Sono già le sette!"
Lucinda Vanderbilt scostò la coperta pigramente, imprecando a bassa voce, coprendosi gli occhi con una mano per proteggerli dal sole, che entrava prepotentemente dalla finestra che sua mamma aveva spalancato poco prima, quando era venuta a svegliarla.
Sbadigliando, si affacciò, guardando giù. La Fifth Avenue era già trafficatissima (ma c'era forse un momento della giornata in cui non lo era?) E diversi studenti erano già in giro.
Andò in bagno, si truccò e si vestì. L'elegantissima divisa della sua scuola privata a pochi isolati da casa era fresca di lavanderia.
Trucco leggero, qualche goccia di profumo, i lunghi boccoli neri che le coprivano morbidi mezza schiena.
Luce scese le scale, sedendosi a tavola con sua madre, Stephanie, suo padre, Paul, e la sua sorellina, Kate.
Mangiò in fretta qualche fetta biscottata, sapendo che Daniel sarebbe arrivato di lì a pochi minuti.
Avevano sempre avuto l'abitudine di fare la strada insieme, da quando si erano incontrati due anni prima. Lui arrivava dalla California, ovviamente non conosceva nessuno, e Luce era subito stata attratta da quei capelli biondi e gli occhi grigi. Per non parlare di quel tatuaggio sul collo...
Puntualissimo come un orologio, il campanello suonò. Sua madre alzò lo sguardo dal piatto per fulminare Luce con uno sguardo: non le piaceva che sua figlia, una brillante promessa dell'Upper East Side di Manhattan, se ne andasse in giro con un californiano abbronzato e tatuato.
Luce le sorrise, come se stesse leggendo la mente della madre, le diede un bacio e salutò suo padre e sua sorella. Afferrò la borsa mentre e si chiuse alle spalle la porta.
In ascensore, si stese sulle labbra il suo gloss preferito di Chanel, e si agitò i capelli con una mano. Era perfetta, come sempre. Sorrise compiaciuta e un po' troppo vanitosa alla sua immagine allo specchio.
Uscì in strada e trovò Daniel alla sua destra, gli occhiali da sole sul viso, un bel sorriso stampato in faccia.
"Buongiorno, miss Venderbilt." La salutò con un bacio sulla guancia.
"Ciao, Dan." Luce lo abbracciò.
Lui le offrì il suo milkshake, ma lei rifiutò, sbuffando. "Ho lo stomaco chiuso."
"Lucinda Vanderbilt che ha paura di tornare a scuola? Potrai schiavizzare delle nuove matricole, la cosa sarà divertente." Rise Daniel.
Luce scosse la testa. "Non lo so. Solo, non ho proprio voglia di tornare a scuola. Insomma, si aprirà un nuovo anno, uguale a quello finito in giugno, sempre le stesse facce, gli stessi amici, le stesse feste... Non ti annoi anche tu?"
Daniel si alzò gli occhiali sulla testa, guardandola con un sopracciglio alzato. Si bloccò di colpo, e Luce lo imitò. Tacque a lungo, per tenerla sulle spine, poi si abbassò di nuovo gli occhiali sul naso e scrollò le spalle.
"Nah." Bevve un po' del suo frullato. "Secondo me è una figata."

♦♦♦

Cameron Briel si chiuse la camicia bianca, immacolata e profumata, e mise gli ultimi due libri nella cartella. Dallo specchio in cui si stava guardando, riusciva a vedere Lilith, la studentessa inglese dai capelli rossi con cui era andato a letto la sera prima, ancora addormentata nel suo letto.
Sorrise tra sé, pensando che quella ragazza non aveva nulla a che vedere con la sua antenata, che lo aveva maledetto migliaia di anni prima.
Si avvicinò al letto, le tirò con fare divertito una caviglia, e le si distese addosso, baciandole il viso.
"Sveglia sveglia..." Cantilenò, solleticandole la pancia.
Lilith si svegliò con un sorriso, stropicciandosi gli occhi, e Cam scattò in piedi, preoccupandosi di non aver spiegazzato la sua camicia. No, era ancora perfetto.
"Mi dispiace non poter fare colazione con te." Disse brusco, prendendo una giacca e sedendosi sul bordo del letto, mentre la guardava recuperare la biancheria intima.
"Oh, non c'è problema." Scosse la testa lei, un ribelle ciuffo rosso sul viso. "Il lavoro chiama, no?" Si voltò a sorridergli. "E il professore più sexy di New York non può certo arrivare in ritardo." Gli diede un bacio veloce mentre si metteva gli stivali, già pronta.
Si diressero insieme verso la porta.
"Cos'è quello sguardo stupito?" Domandò lei, sprizzando buon umore da tutti i pori, segno che Cam la notte prima era stato davvero davvero bravo, come gli aveva sussurrato lei. "Te l'ho detto", continuò Lilith, spingendo il bottone dell'ascensore. "Anche io sono per le cose senza impegno."
Cam sorrise sotto i baffi entrando in ascensore, dove lei si diede una rapida sistemata ai capelli guardandosi allo specchio. Poco prima di arrivare al piano terra, gli sorrise e lo baciò, allontanandosi in fretta.
"Non far innamorare troppe studentesse, professor Briel." Gli strizzò l'occhio. "Ciao."
"Ciao, Lilith." Sorrise Cam, e l'uno voltò le spalle all'altra, incamminandosi verso direzioni opposte in una tiepida mattina di settembre su Madison Avenue.

♦♦♦

Luce osservò l'elegante struttura del suo liceo, la Winston High School, col naso all'insù e un'espressione indispettita sul viso, il naso arricciato.
Si sedette sui gradini accanto a Daniel, in attesa che Rachel ed Eva arrivassero. Erano le sue più care amiche d'infanzia: si conoscevano da sempre, e insieme avevano praticamente fatto e passato di tutto. Si erano divertite tantissimo, quell'estate, negli Hamptons. Non si vedevano da un paio di settimane, cioè da quando Luce era rientrata a New York per fare compagnia a Daniel, tornato anche lui dalle sue vacanze: dai suoi nonni in California.
Daniel era rigido accanto a Luce: sentiva che qualcosa stava per cambiare. Non sapeva dire cosa, perché erano quasi dieci anni che non percepiva più la scia di Cam. Questo significava che Cam l'aveva trovata già da molto tempo, molto prima di quando Daniel era giunto a New York per stare vicino in un qualche modo alla donna che aveva sempre amato che sempre avrebbe amato. Anche da demone.
Luce si guardava intorno, aveva rubato a Daniel gli occhiali, e ora aveva ancora di più l'aria di un'adolescente newyorchese antipatica e snob.
"Luce! Daniel!"
I due si voltarono di scatto: Victor, altro membro della loro compagnia, li stava salutando dall'ingresso della scuola. Luce e Daniel sorrisero, alzandosi per raggiungerlo.
Luce si tirò gli occhiali sulla testa, con un sorriso felice sul viso.
"Thor!" Lo salutò lei divertita. Gli aveva affibbiato quel soprannome “supereroistico” ad una festa di qualche mese prima, dopo qualche bicchiere di troppo.
Un paio di gradini, qualche passo, e Luce sentì Daniel, alla sua destra, inveire contro qualcuno.
"Guarda dove metti i piedi, novellino." Daniel sputò quelle parole, inveendo contro un ragazzo moro alto almeno un paio di centimetri più di lui, che lo guardava con un'aria divertita, scuotendo la testa.
"Ah, Daniel Grigori, ancora in preda ai cambiamenti d'umore dell'adolescenza." Fece una pausa, togliendosi gli occhiali da sole.
Luce era come ipnotizzata: quel tizio aveva i più bei occhi che lei avesse mai visto. Verde smeraldo. Disarmanti.
Lo sguardo di lui, però, era focalizzato sull'amico di Luce, cosa che la indispettì parecchio.
Dopo aver armeggiato un paio di secondi con il suo tablet, il ragazzo mostrò lo schermo a Daniel.
"Sei tu, giusto? Passato al pelo all'esame di recupero di inizio settembre in biologia molecolare, vedo." Continuò con aria soddisfatta.
Daniel corrugò le sopracciglia, confuso.
Il ragazzo moro fece un largo sorriso, porgendogli la mano. "Cameron Briel. Il nuovo insegnante di biologia molecolare."
L'espressione rigida e strafottente di Daniel si sgonfiò all'istante, rassegnato all'idea di essere già partito col piede sbagliato col nuovo professore. Gli strinse la mano poco convinto, un sorriso tirato sul viso.
Finalmente, l'attenzione del prof si spostò Luce. Quando i loro sguardi s'incrociarono, le sembrò che lui avesse sgranato gli occhi per un brevissimo istante.
Poi, porse la mano destra anche a lei, lo stesso sorriso stampato sulla faccia da schiaffi.
"Tu devi essere Lucinda Vanderbilt. Promossa a pieni voti in tutte le discipline."
Luce strinse la mano con decisione, annuendo con un finto sorriso imbarazzato.
"Piacere di conoscerla, professor Briel." Squittì lei.
Briel gettò un'ultima occhiata a Luce, poi salutò entrambi, sia lei che Daniel.
"Ci vediamo in classe, ragazzi." E in un attimo, voltò loro le spalle, allontanandosi.
Furono raggiunti da Victor, che li abbracciò mentre da una decapottabile piccola e vintage, di un elegante color crema, suonava una vecchia canzone, che si confondeva col fastidioso suono del clacson, che Eva continuava a schiacciare.
"Lu-Lu-Lu-Lucindaaa!" Cantilenò Rachel scendendo dall'auto.
Luce le raggiunse a passo veloce, ancora frastornata per l'incontro col nuovo insegnante.
I suoi pensieri erano in frullo, e non erano sicuramente pensieri maturi. “Non dev'essere poi tanto più grande, in fondo, avrà venticinque, ventisei anni... Ed è sicuramente laureato, se insegna. Mamma approverebbe. Forse. Okay, no. Oh, chi se ne frega.”

Gli sembrava che gli stesse andando a fuoco la mano, dopo aver stretto quella di Luce.
L'aveva trovata nove anni prima. Era tornato a casa sua, a Park Avenue, per prendersi una breve pausa, fare un salto da Jimmy a bere qualcosa, girovagare
per le strade di Manhattan alle tre del mattino, cose del genere.

L'aveva vista a Central Park, in una calda giornata di maggio, mentre andava avanti e indietro in bicicletta con le sue amiche Eva e Rachel. Le aveva sentite ridere così spensieratamente, come solo le bambine sanno fare, e si era fermato ad osservarle. Poi, l'aveva riconosciuta.
Restò ad osservare Luce bambina incantato per tre minuti buoni. Poi, lei e le sue amiche furono richiamate dalla mamma (o dalla baby sitter?) di una delle tre, e se ne andarono veloci.
Nell'esatto istante in cui lei sparì dalla sua vista, Cam avvertì un cambiamento profondo, corporale e spirituale. Le ali svanirono tra i muscoli delle sue spalle, si dissolsero in un secondo.
Poi, avvertì un leggero e breve bruciore sul collo. Successivamente, guardandosi nella vetrina di un negozio, aveva notato che il tatuaggio del sole nero di Lucifero era sparito.
Una volta a cada, si tagliò il palmo della mano sinistra con il coltello più affilato che aveva. La ferita ci mise quasi un mese a rimarginarsi.
E ora, aveva l'aspetto di un bellissimo ventiseienne, interessante e interessato da tutto ciò che vedeva e faceva, con in tasca una laurea in Biologia presa alla New York University un paio d'anni prima.
Il tablet sottobraccio e la cartella afferrata con la mano destra, stava per entrare a scuola, quando una frenata brusca e il ripetuto suono del clacson attirarono l'attenzione di tutte le persone attorno alla scuola.
Quando finalmente l'amica di Lucinda spense il motore, per salutare l'amica, Cam riconobbe la canzone che la radio stava trasmettendo.
The reason, la canzone preferita di Lucinda Price, la ragazza di cui si era innamorato diciassette anni prima.
Scosse la testa per scacciare quei ricordi, e fece per rientrare.
Poi, qualcosa, qualcuno, lo fermò.

Tra un abbraccio e l'altro, Luce non riusciva a concentrarsi sulla canzone, che le sembrava di avere già sentito.
"Che canzone è?" Domandò distratta a Eva, che prendeva dal sedile posteriore la sua borsa.
"Dio, Luce, la radio una volta all'ora si ostina a mettere canzoni dell'inizio del millennio se non del secolo precedente." Sbuffò Eva buttando gli occhi al cielo. "Probabilmente i miei genitori mi hanno concepita sulle note di questa The reason." Concluse sarcastica la ragazza, superando Luce e andando ad abbracciare Daniel.
Luce abbassò lo sguardo, un'emicrania fortissima si stava impadronendo della sua testa. Aveva dei capogiri, le orecchie ovattate. Tremava.
Ricordami di Cam, ricordami di Cam, ricordami di Cam...
Era la sua voce, quella? Perché aveva quella frase in mente? Quando l'aveva detta? Chi era Cam?
E in un secondo, la sua mente fu rinnovata, riempita. Riempita di immagini, suoni, sensazioni.
Un appartamento sulla Park.
Una scuola su Bleecker Street.
Il ristorante The View a Times Square.
Il ponte di Brooklyn. No, un attimo, lei che saltava dal ponte di Brooklyn. E... qualcosa che la afferrava?
Un bellissimo vestito nero e dorato.
L'hotel Plaza.
Baci, baci e ancora baci con un ragazzo con gli occhi verdi e i capelli neri.
Ricordami di Cam...
Cam.
Luce alzò la testa di scatto, lo sguardo puntato sulla nuca del suo nuovo professore, che stava entrando a scuola.
Agì d'istinto, meccanicamente, partì in avanti a passo spedito, il fiato corto, la bocca tremante e la testa che rischiava di esploderle.
"Cam!" Gridò.
L'insegnante si voltò piano, sorpreso che qualcuno lo chiamasse così in quel posto. Daniel non lo avrebbe mai fatto. Lei nemmeno. Giusto? Eppure, era stata dalla bocca di Luce, quella da cui era uscito il suo nome.
Aggrottò le sopracciglia, confuso.
"Lucin..." Non ebbe il tempo di cominciare la frase, le labbra di lei arrivarono d'impatto sulle sue, prepotenti, passionali e desiderose.
Luce gli strinse la testa tra le mani, le dita tra i suoi ricci neri, il corpo rigido contro quello di lui.
Continuava a baciarlo insistentemente, premendogli la lingua contro il palato, spingendolo contro la parete, mentre decine di studenti entravano a scuola ridacchiando di quella scena.
Con un notevole sforzo, lui la allontanò da sé.
"Lucinda, come ti permetti?" Cercò di sembrare severo e risoluto, ma sapeva che se lei aveva compiuto un'azione così impulsiva, voleva dire solo una cosa: lei ricordava. La polvere di Constance aveva funzionato.
Si guardarono negli occhi per un secondo, entrambi impazienti di riprendere da dove avevano interrotto.
"Sta' zitto." Bofonchiò lei, ricominciando a baciarlo.
Lui la lasciò fare. Fece cadere a terra la sua valigetta, e avvolse la schiena di Luce con le braccia, stringendola a sé più forte che mai. Le loro bocche si cercavano, i loro respiri si confondevano, e il trillo della campanella era solo un fastidioso suono di sottofondo.
Luce si lasciò sfuggire un gemito, e lui sorrise dolcemente sulle labbra di lei.
"Mi farai licenziare, Luce." Borbottò, spingendola via delicatamente, le mani sui fianchi di lei.
Lei sorrise maliziosa, scuotendo la testa. Poi, aggrottò le sopracciglia, guardandogli il collo.
"Mi sembra di... di ricordare un tatuaggio... proprio qui." Gli posò una mano sul punto della gola di lui dove una volta c'era marchiato un sole nero.
Lui sorrise, posò una mano su quella di lei e la guardò negli occhi.
"È una lunga storia."
"Immaginavo che mi avresti risposto così." Annuì lei sorridendo, intrecciando le mani a quelle di lui. Sapeva che le sarebbero venuti migliaia di dubbi, dopo, e sapeva anche che Cam l'avrebbe aiutata a riordinarsi le idee. Sempre dopo. Si mise in punta di piedi per stampargli l'ennesimo bacio sulla bocca.
"Sai", disse lui, guardandola negli occhi, "mi devi un furto da Abercrombie."
Luce rise, felice. Era tutto così chiaro, ora. La noia che provava, l'impazienza di terminare la scuola, la voglia di vivere e fare quante più cose possibili, ogni sua scelta... tutto era stato dettato da una consapevolezza che l'anima di Luce aveva sempre avuto. Consapevolezza che lei non era mai stata in grado di riconoscere, impegnata com'era a costruirsi il suo regno a Manhattan. Tutto ciò che lei era stata fino ad ora acquistava un senso, e il senso era il ragazzo che aveva di fronte. Il senso, era il sacrificio che lei aveva compiuto in passato per avere quel ragazzo di fronte adesso, in quell'istante, davanti a quella scuola, in quella vita. L'ultima. Definitiva.
Luce si morse il labbro, avvicinandosi all'orecchio di lui.
"E tu mi devi del sesso nell'ascensore del The View." Sussurrò, sperando di suonare almeno un po' intrigante.
Lui scostò la testa di lato, guardandola divertito. "Ho sentito dire che hanno aumentato la velocità."
"Arriva al top floor in diciannove secondi." Annuì Luce con entusiasmo.
Poi, i loro sguardi s'incontrarono di nuovo. Rimasero così a lungo, fregandosene del lavoro e della prima ora di lezione. Si osservarono, si studiarono, stretti l'uno nell'abbraccio dell'altra, dimenticandosi di qualunque cosa attorno a loro, pensando solo a loro. A ciò che erano stati. A ciò che avevano condiviso. A ciò che avevano ancora da fare, da essere, da vivere, insieme. Una vita intera.
"Ma tu quanti anni hai, adesso?" Domandò a un certo punto Luce con voce acuta.
"Ventisei." Ammise lui, un'espressione imbronciata sul viso.
Luce sorrise. "Dimmelo ancora." Roteò la testa all'indietro, ridendo.
"Luce!" Un finto tono di rimprovero nella voce, Cam la scrollò tra le sue braccia.
Lei tornò dritta subito, indispettita. "Che c'è?!" Sbottò. "Mi piacciono quelli più grandi." Spiegò a bassa voce, baciandogli il collo dove una volta sapeva che c'era uno strano tatuaggio di un sole.
Lui le accarezzò la schiena. "Buono a sapersi." Mormorò, un sorriso nella voce.
Luce si staccò un po', tornando a guardarlo negli occhi attentamente. Lui ricambiò lo sguardo, e si godette la sensazioni delle mani di lei sul suo viso, delle dita di Luce che gli accarezzavano le guance.
"Perché mi guardi così?" Domandò lui dopo un po', scuotendo la testa.
"Niente." Rispose subito lei, scuotendo la testa. "Niente, è solo che..."
"Che?" Insistette Cam, fremendo per l'impazienza. Gli sembrava di aver già avuto una conversazione del genere con lei, quasi vent'anni prima.
Luce prese un respiro profondo. Annuì tra sé, convinta di ciò che stava per dire. Posò di nuovo lo sguardo sul viso di Cam. E sorrise, sentendosi finalmente completa.
"È una vita che ti aspetto."

FINE ═

--- Spazio autrice
Ed eccoci qui. Questo è il finale di Falling In New York.
È in assoluto la prima fanfiction che completo, e su cui mi concentro così tanto. Forse mi viene solo naturale scrivere sui personaggi di questa saga, non lo so, ma mi ha davvero tenuta occupata e accompagnata per parecchi mesi.
Voglio ringraziare tutte voi che avete commentato i miei capitoli, con i vostri complimenti e il vostro entusiasmo. Mi avete dato tantissima soddisfazione, e chissà, magari ci risentiremo tra qualche tempo per una nuova storia, vostra o mia. Mi piacerebbe tantissimo.
Grazie di cuore.
Un abbraccio, Fallenatics del mio cuor!
Virginia.

 

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Fallen / Vai alla pagina dell'autore: bradlifer