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Autore: casty    08/04/2014    3 recensioni
Cosa ci fanno Sherlock e John travestiti da Merlin e Arthur al Comicon di Londra? Cercano un serial killer, che domande! Se la dovranno vedere con un gruppo di fanciulle furbe, spietate e ossessionate da una strana passione...
[post stagione 3][rapimento]
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Disegnino illustrativo di un missing moment del capitolo.


Mezz’ora prima.
 
«Diamo il benvenuto al produttore esecutivo e sceneggiatore capo di Doctor Who, Steven Moffat!»
Le oltre mille persone che affollavano il teatro si alzarono in piedi simultaneamente e sommersero di urla e applausi l’ingresso di Steven Moffat sul palcoscenico. Soltanto Sherlock rimase immobile sulla sua poltrona, seduto con le braccia conserte. Sembrava quasi voler ignorare la confusione che era appena esplosa attorno a lui.
John, che si era educatamente alzato in piedi ad applaudire, sedette di nuovo sulla poltrona accanto a quella di Sherlock, sistemando la cotta di maglia del suo costume da Artù in modo che i mille anellini di plastica non si marchiassero indelebilmente sul suo didietro.
Gli applausi e le urla scemarono e si spensero le luci in sala.
«Potresti almeno fingere un po’ di entusiasmo, in fondo sei stato tu a voler venire» disse John avvicinandosi all’orecchio di Sherlock.
«Non sono certo venuto per prendere parte a una scena di isteria collettiva» ribatté Sherlock con aria disgustata. La ragazza che sedeva alla sua destra gli lanciò un’occhiata perplessa. John tossicchiò imbarazzato.
Sul palco, l’intervistatore iniziò a fare domande agli ospiti del panel dedicato al Doctor Who: oltre a Steven Moffat c’erano anche il produttore esecutivo Brian Minchin e il sedicesimo Dottore in persona, o meglio, la sedicesima dottoressa, l’attrice Maisie Williams: per la prima volta nella storia dello show, infatti, il dottore si era rigenerato in una donna, destando grande stupore e anche qualche lamentela tra i fan.
 
Era stato Sherlock a voler partecipare a quel panel. Non perché fosse un fan dello show, decisamente no: Sherlock sospettava che Steven Moffat fosse un obiettivo sensibile.
Era stato l’incontro con le loro fan a fargli venire in mente l’idea. Le due ragazze travestite da John e Sherlock (ogni volta che ci ripensava gli sembrava di aver vissuto un’allucinazione) avevano menzionato il panel e si erano stupite quando John e Sherlock avevano detto di non conoscere Steven Moffat.
«Ma come? Non siete fan di Herk?» aveva chiesto una delle due, stupita.
Herk! Al solo suono di quel nome il volto di Sherlock era stato attraversato da un lampo di illuminazione. Senza nemmeno salutare le due fan aveva trascinato John per un braccio e, senza spiegazioni, chiamato Lestrade per dirgli che: «L’obiettivo delle killercon è Steven Moffat.»
Herk era una pluripremiata serie poliziesca della BBC, la cui ultima attesissima stagione era andata in onda pochi mesi prima. John non si era mai preoccupato di scoprire chi fosse l’ideatore, nondimeno era stato un fan della serie e aveva seguito con trepidazione tutte le stagioni. Anche Sherlock l’aveva seguita silenziosamente insieme a lui (steso sul sofà mentre fingeva di pensare ad altro – ma John lo sorprendeva sempre a sbirciare lo schermo). Era un adattamento in chiave moderna delle avventure di Hercule Poirot, l’investigatore uscito dalla penna di Agatha Christie. Sempre conciato in modo bizzarro, con il suo marcato accento belga,  e sempre in compagnia del fido amico e collega, il capitano Arthur Hastings. Le puntate avevano letteralmente incollato John allo schermo. Un po’, doveva ammetterlo, rivedeva se stesso e Sherlock nei due personaggi (Sherlock ovviamente era il furbo e saccente Poirot) e si scopriva a paragonare le sue incredibili avventure con Sherlock a quelle altrettanto incredibili del duo televisivo.
 
«Sono presenti poliziotti in sala?» sussurrò John, mentre sul palco l’intervista andava avanti.
«Lo vedi quello Spongebob là nell’angolo?» disse Sherlock accennando con la testa verso un pupazzone giallo seduto in prima fila.
«Mi prendi in giro?»
«È Lestrade.»
«Mi prendi in giro.»
«È Lestrade, ti dico!» insistè Sherlock.
John sorrise divertito. «Quello che si dice: nascondersi in piena vista!»
«Non mi piace.»
«Come può non piacerti Spongebob?»
«Non sto parlando di Spongebob. Non ho idea di chi sia, per inciso. È che non mi piace questa situazione. Mille persone al buio, non riesco ad analizzare la scena.»
«Stai tranquillo. Spongebob ci protegge. Io mi sento tranquillo.»
Sherlock rispose con una smorfia.
 
Dieci minuti prima.
 
L’intervista era giunta al termine ed era arrivato il momento delle domande del pubblico. La prima fu per Maisie Williams e riguardava il suo ruolo in Game of Thrones. 
La risposta dell’attrice fu brevissima e si passò alla nuova domanda, una ragazza qualche fila più in basso di loro.
Sherlock si agitò impaziente sulla sedia, come se fosse in attesa di qualcosa che non stava succedendo.
«La mia domanda è per Steven Moffat. Buonasera, son una grande fan!»
Moffat fece un cenno di saluto e un sorriso alla ragazza. Sherlock la osservò socchiudendo gli occhi.
«So che questo panel è dedicato al Doctor Who, e sono una grande fan anche del Dottore, lo giuro...»
«Fammi indovinare» la interruppe Moffat «Una domanda su Herk
Ci fu qualche risatina tra il pubblico e la ragazza ondeggiò avanti e indietro imbarazzata.
«Non preoccuparti, me l’aspettavo. Chiedo scusa ai produttori, ma temo che le domande per me saranno tutte su Herk... ops, ma sono io il produttore!»
Altre risate tra il pubblico.
«Cosa pensa delle critiche che accusano lei e Gatiss di queer baiting?» la ragazza, che fino a pochi istanti prima era sembrata timida e insicura, aveva assunto un atteggiamento quasi spavaldo.
«Queer baiting?» disse John sottovoce.
«L’aggiunta deliberata di tensione omoerotica tra due personaggi maschili di una storia al solo scopo di attirare pubblico gay o appassionato di storie gay.» disse Sherlock tutto d’un fiato a velocità supersonica.
«Oh.» Tensione omoerotica? In Herk?
«Penso che siano delle sciochezze. Non era nostra intenzione compiacere un certo tipo di pubblico, volevamo solo raccontare una storia.»
«Ma allora perché avete disseminato la serie di sottotesto gay?» ribattè la ragazza.
«Sottotesto gay? Di cosa diavolo sta parlando?» chiese John sempre più perplesso.
John vide Sherlock scuotere la testa con aria sconsolata mentre Moffat ricominciava a parlare.
«Il sottotesto che vedete voi fan è una delle tante possibili interpretazioni della storia, e non è quella che avevamo pensato io e Mark.»
«Prossima domanda. Maglietta rossa in quarta fila.» disse il moderatore interrompendo qualsiasi possibile obiezione della ragazza.
Maglietta rossa fece una domanda a Maisie Williams che John non ascoltò. Stava pensando alla domanda della ragazza. E alle cosplayer che Sherlock aveva catalogato come “sospette”. Sono tutti pairing... non riusciva a ricordare il termine usato da Sherlock. Sembrava che tutti volessero vedere relazioni omosessuali dove non c’erano. Ma perché? Gli sembrava un’idea quantomeno bizzarra. Come gli sembravano bizzarre, anzi, assurde tutte le illazioni su lui e Sherlock. Vivevano insieme. Erano coinquilini. Ma lui era stato sposato, accidenti, e prima di sposarsi aveva avuto una lunga lunga lista di fidanzate. Non era gay! Non contava più le volte che aveva pronunciato quella frase: non sono gay! Non siamo una coppia! Questo non è un appuntamento, dannazione, siamo solo due amici che vanno a cena insieme: è un’idea davvero così sconvolgente, due amici che vanno a cena insieme? E anche da parte di Sherlock, John era sicuro non ci fosse il minimo interesse, niente che potesse dar adito a pettegolezzi. Sposato con il suo lavoro, aveva detto. Perfetto. E c’era stata Irene. John era certo che Sherlock si fosse infatuato di quella donna, anche se non voleva ammetterlo. E come biasimarlo? Bellissima, affascinante, intelligente quanto lui. Ci voleva qualcuno alla sua altezza, per conquistare il cuore di Sherlock Holmes. John si era sempre chiesto se c’era stato qualcosa, tra di loro: un bacio? Del sesso? Sherlock non aveva mai voluto rispondere alle sue domande. E Janine? Ok, Janine era per finta, era tutto uno stupido piano di Sherlock per avvicinarsi a Magnussen. Ma tutte le interviste che lei aveva rilasciato ai tabloid? Sesso selvaggio con Sherlock Holmes. Uh, si imbarazzava solo a ripensarci. John era certo che fossero in buona parte invenzioni, ma un fondo di verità forse c’era. Forse. Anche su Janine Sherlock non aveva mai voluto dire niente.
Eppure, nonostante tutti sapessero che John non era gay, e che Sherlock, be’, chissà, ma per quanto ne sapevano aveva avuto una storia con Janine, ecco, nonostante questo, tutti continuavano a pensare che fossero felicemente innamorati: battutine sulla stampa, battutine da parte degli amici, battutine di Mycroft, Lestrade ogni tanto faceva qualche domanda imbarazzata, Harry continuava a chiedergli quando avrebbe ricevuto le partecipazioni (frase a cui John continuava a rispondere con occhiate assassine), Mrs. Hudson continuava a parlare di «fare un salottino nella camera da letto al piano di sopra» («È la mia camera da letto, Mrs. Hudson!»«Oh, come volete, ragazzi!»).
E in modo simile, anche molti dei personaggi di Herk scambiavano Herk Poirot e Arthur Hastings per una coppia, nonostante i ripetuti dinieghi di Arthur. C’erano state un paio di scene che avevano particolarmente divertito John: ci si era immedesimato, doveva ammetterlo. Ma non avrebbe mai pensato che qualche spettatore potesse prendere sul serio le battute sull'omosessualità dei due personaggi. Un'idea semplicemente assurda. Erano due ottimi amici, un’amicizia speciale, un’amicizia fuori dal comune. Ma un’amicizia, punto. Possibile che la gente non riuscisse a capire il concetto di “amicizia tra uomini”?
 
«John, seriamente?»
John si riscosse dai suoi pensieri. «Come?»
«Seriamente trovi assurda l’idea che Herk e Arthur siano innamorati?»
John inclinò la testa da un lato e rifletté per qualche secondo. «Cosa ti dice che stavo pensando a Herk
«Tutto. Le sopracciglia aggrottate, gli sbuffi, i no-no-no con la testa. È ovvio che stavi pensando a Herk e ti stupivi del fatto che la gente pensi che lui e Arthur siano una coppia gay.»
«Ma sono solo amici! Arthur Hastings non è gay! Si è sposato con Dulcie Duveen! Herk, devo ammetterlo, ha dei comportamenti più ambigui. Ma non ha mai dimostrato interesse nei confronti di Arthur, quindi...»
Sherlock lo interruppe con una risata che fece voltare una decina di persone verso di loro.
«Chiedo scusa per il mio amico» disse John sottovoce.
«Come sempre, John, guardi e non osservi.» disse, anche lui sottovoce.
John si morse un labbro e non rispose, ma si rivolse a Sherlock con uno sguardo interrogativo.
«La storia è stata sviluppata esattamente come una storia d’amore. Si conoscono, si piacciono, si frequentano, non possono più fare a meno l’uno dell’altro.»
«Non possono fare a... credo che tu stia un po’ esagerando.»
«Si guardano spesso negli occhi» continuò Sherlock, con il suo solito eloquio rapidissimo «lunghe occhiate intense, che durano parecchi secondi. In un film in cui i protagonisti fossero un uomo e una donna ognuna di quelle singole occhiate sottintenderebbe un bacio. Invadono continuamente l’uno lo spazio interpersonale dell’altro, e non sembrano a disagio nel farlo. Arthur nega continuamente e con veemenza di essere gay o fidanzato con Herk.»
«Ecco questa secondo me è una prova di...»
«Le dinamiche narrative, John! Se un personaggio dice di non essere gay, tutti penseranno che è gay. Non pensare all’elefante? Il pubblico penserà all’elefante! Devo continuare? Continuo. Arthur è geloso di Herk, mostra segni di disagio quando Herk è in compagnia di donne, gli chiede conto delle assenze ingiustificate, controlla le sue telefonate. Herk è geloso di Arthur: manda costantemente all’aria i suoi appuntamenti per coinvolgerlo nelle indagini. Arthur, da parte sua, non sembra farsi troppi problemi ed è ben lieto di mandare all’aria i propri appuntamenti per stare con Herk. Herk cade in depressione quando Arthur si sposa con Dulcie. Il matrimonio di Arthur è la definizione dell’infelicità. Arthur esce nel cuore della notte lasciando la moglie da sola appena Herk gli telefona. Arthur sogna di fare indagini con Herk mentre è a letto con la moglie. Herk si rade persino i suoi amatissimi baffi per attirare l’attenzione di Arthur!»
«Sono perfettamente d’accordo con lei» disse la ragazza alla destra di Sherlock «Ma per favore potreste finire questa discussione fuori di qui?»
John si morse di nuovo il labbro. Poi si avvicinò all’orecchio di Sherlock e parlò a voce più bassa possibile: «Ti rendi conto che molte delle cose che hai detto potrebbero essere dette anche di noi due?»
Sherlock si limitò a sollevare un sopracciglio e non aggiunse altro.
«Comunque» proseguì John «mi fa piacere sapere che tutte quelle sere sul sofà, mentre facevi finta di pensare ai casi e io guardavo Herk, in realtà stavi guardando la televisione insieme a me.»
Sherlock fece una smorfia e incrociò le braccia.
Proprio in quel momento venne data la parola a una ragazza che aveva una domanda per Moffat.
«Anche la mia domanda è sul finale di Herk...»
Moffat rise e allargò le braccia guardando gli altri ospiti come a dire che ci posso fare?
«Vorrei proseguire le riflessioni dell’altra ragazza. Tutti si aspettavano che Herk e Arthur si mettessero insieme. Vorrei sapere per quale motivo avete inserito tanti indizi, perché avete voluto farci credere che fossero innamorati, se poi non avevate il coraggio di concludere la storia come avrebbe dovuto concludersi, ossia con Herk e Arthur innamorati.»
«Ma la storia tra Herk e Arthur è una storia d’amore.» disse Moffat.
Cosa sta dicendo? pensò John.
«Quello che avrei voluto vedere io, però, e non solo io, era una storia d’amore non platonica! Una storia d’amore vera e propria!» protestò la ragazza.
«Ma perché amore deve significare che c’è del sesso implicato? Viviamo proprio in un mondo assurdamente sessualizzato, se tutti insistono che Herk e Arthur devono fare sesso. Perché dovrebbero? Arthur non è gay, qualsiasi cosa Herk sia.»1
John annuì vigorosamente, comprendendo e condividendo il punto di Moffat.
«Il signor Moffat ha risposto, passiamo alla prossima.» si affrettò a dire il moderatore «La ragazza in nero, laggiù.»
«La mia domanda è per Steven Moffat, salve!»
«Ciao» rispose Moffat.
«C’è molto dibattito sul fatto che Hercule Poirot...» un brusio infastidito della folla interruppe la domanda «sul fatto che Hercule Poirot» continuò la ragazza alzando la voce «nel canone di Agatha Christie, fosse gay.» Tra la folla si levarono delle grida furibonde «Basta!»«È il panel del Doctor Who!»«Tornatevene a casa, slasher!»
«Shh! Per favore!» disse Moffat cercando di calmare l’agitazione «Ti fermo subito,» aggiunse rivolgendosi alla ragazza «non c’è nessuna indicazione nelle storie originale che Poirot fosse gay. Quello che dici semplicemente non è vero.»2
«Molti esegeti non sarebbero d’accordo con lei» ribattè la ragazza.
«Sono interpretazioni.»
La ragazza continuò: «Per una volta abbiamo avuto la speranza che...»
«Per favore, niente più domande su Herk.» la interruppe il moderatore. «Prego continuiamo con...»
«Avete deluso milioni di fan!»
«Spegnete quel microfono!»
«John...» disse Sherlock. Dal tono di voce John capì che Sherlock pensava stesse per succedere qualcosa. Si guardarono entrambi intorno, ma l’oscurità rendeva difficile vedere alcunché.
«Ci avete prese in giro!» disse una seconda voce dagli altoparlanti.
«Chi ha dato un microfono a quella ragazza?» chiese il moderatore, visibilmente arrabbiato.
«Sarebbe stata la storia d’amore più bella di tutti i tempi!» una terza voce.
Diverse persone tra il pubblico si alzarono, alcuni urlarono insulti. Il brusio si faceva sempre più forte.
John vide il moderatore parlare, ma il suo microfono era stato spento, perché non si sentì nulla dagli altoparlanti.
«Hanno preso controllo della regia!» esclamò Sherlock allarmato.
John lanciò istintivamente un’occhiata a Spongebob-Lestrade e notò che si era portato sotto il palcoscenico.
Il pubblico era ormai diventato incontrollabile, diverse persone stavano uscendo dalla sala, tutti parlavano ad alta voce creando un fragore indistinto di sottofondo.
«No, no, no, è quello che vogliono! Calma! State calmi, maledizione!» gridò Sherlock guardandosi angosciosamente intorno «Perché, perché la gente si comporta sempre in modo stupido!?» sputò fuori.
«Avete rovinato tutto!» «E qualcuno pagherà per questo!» dissero due diverse voci femminili dall’altoparlante.
«Non le vedo, Sherlock. Non vedo chi ha il microfono!» disse John continuando a scannerizzare la sala con lo sguardo.
«Sono in regia!» rispose lui: era salito sulla poltrona e si guardava intorno.
Steven Moffat si era alzato in piedi, due uomini, probabilmente due poliziotti in borghese, si erano arrampicati sul palco e si stavano dirigendo di corsa verso di lui.
Improvvisamente tutte le luci si spensero.
Grida di panico. Nel buio, John si sentì travolgere da diverse persone che cercavano di passare nello stretto corridoio tra i sedili. Sentì la plastica del costume deformarsi contro gli urti. «Spostati, cosplayer di merda!» disse qualcuno.
Uno sparo.
«Sherlock!» gridò John, e allungò le mani dove l’aveva visto l’ultima volta.
Un secondo sparo.
La mano guantata di John incontrò quella di Sherlock, che la strinse.
«In alto a sinistra, John!» gridò Sherlock che gli stava stringendo entrambe le mani con tanta forza da fargli male «Gli spari erano in alto a sinistra!»
John girò la testa in quella direzione, anche se l’oscurità totale lo rendeva cieco.
Le luce si accesero di nuovo, in tutta la sala. Nuove grida di orrore.
E in quel momento John la vide.
Ritta in piedi sulla poltrona, il braccio che stringeva la pistola abbandonato sul fianco, un visore a infrarossi davanti agli occhi. Indossava la tuta del capitano Kirk di Star Trek, ma era una ragazza.
«Là, Sherlock!» disse John liberandosi dalla stretta dell’amico e puntando il braccio verso di lei. Sherlock con un balzo scavalcò il sedile, superò John e iniziò a farsi strada.
La ragazza si strappò via il visore, si voltò verso di loro e per un lunghissimo istante lei e John si guardarono negli occhi: il suo sguardo folle lo paralizzò.
«Seguimi John!» gridò Sherlock.
John si riscosse. Nonostante l’armatura, riuscì a scavalcare i sedili e a raggiungere Sherlock, che era stato bloccato da un muro di folla in preda al panico. La ragazza era ancora visibile, distava da loro una decina di metri ed era anche lei bloccata. Vicina, eppure irraggiungibile.
«Sarà un lungo inseguimento» disse John tra sé.
Poi, lentamente, si girò verso il palco, ad occhi chiusi, temendo quello che avrebbe visto.
È solo morto, pensò, hai visto tanti morti, John. E spalancò gli occhi.
Il corpo senza vita di Steven Moffat giaceva sul palco in mezzo a una pozza di sangue.

***

Note:
Buongiorno a tutti/e e grazie per aver letto fin qui ^^. In questo capitolo, come avrete notato, mi sono divertita a citare un po' di argomentazioni della cosiddetta "Johnlock conspiracy". Se non la conoscete googlate o fatevi un giro sul tag #tjlc su tumblr.

1. La risposta di Moffat l'ho presa e leggermente riarrangiata da questa intervista (in cui ovviamente parlava di Sherlock e non dell'inesistente show Herk)
2. Anche questa risposta è tratta da un'intervista reale, eccola.
   
 
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