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Autore: jalexislikeaunicorn    08/04/2014    2 recensioni
Una banalissima, stupida, Jalex. Però leggetela, se vi va.
Alex Gaskarth.
Una checca depressa del Maryland che trova l'amore dietro ad uno schermo.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alex Gaskarth, Jack Barakat, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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5. Once upon a time.

 JACK POV.

Oh, okay, per me questa è una cosa nuova. Una splendida cosa nuova, in questo caso. E per tutti i versi. Sia perché non ho mai parlato a nessuno di questo, sia perché ne sto parlando per la prima volta con… Alex. Alex Gaskarth. Cioè, fino alla settimana scorsa, nemmeno mi conosceva e oggi… mi chiede qualcosa su di me. Beh, è straordinario.  Ho passato così tanto tempo a raccontare a me stesso questa storia che, beh, l’ho imparata a memoria, virgole comprese.
È una cosa da psicopatico, ma è da quando sono piccolo che, almeno una volta a settimana, faccio un riepilogo di tutte le cose “importanti” che sono successe nei giorni precedenti. Non voglio dimenticare niente della mia vita, anche le cose peggiori. Ed è anche per questa mia abitudine che non riesco a dimenticare veramente niente della mia stupida infanzia.
 
“Hey, guardate quel bimbo lì da solo!”
“Ma cos’ha, due bastoncini al posto delle gambe?”
“E poi, guardate quanto è alto! Dove hai preso i fagioli magici?”
“BASTA!” Urlai, tra le lacrime. Scappai via, persi del tutto il controllo. La mia testa stava scoppiando, ero troppo piccolo e ignorante per riuscire a rispondergli per le rime.
“BRAVA, MAMMOLETTA! SCAPPA VIA, ADESSO! COS’È, NON MI SAI RISPONDERE?”
Continuai a scappare, con la vista annebbiata per gli occhi colmi di lacrime. Non gli risposi. Non potevo rispondergli, ma non era quello che volevo ammettere a me stesso. Credevo… di essere forte, prima di entrare alle elementari. E fu proprio alle elementari che cominciò l’inferno. Avevo i miei problemi, avevo i miei motivi per piangere, anche senza nessuno che mi insultasse. Loro mi hanno aiutato a piangere, loro mi hanno aiutato a morire in silenzio.
 
 
Smetto di pensare a questi ricordi e comincio a rispondere alla domanda di Alex.
 
 
“Ero nello scantinato di casa, che cercavo qualcosa con cui giocare o da aggiustare, come ero solito fare a quei tempi. Ad un certo punto, apro un armadio che, non ricordo il perché, non avevo mai aperto. Forse non c’era un perché, ma adesso questo non importa.
Importa cosa ci trovai dentro.
Una Les Paul impolverata, senza corde, le valvole del bass e del treble che non si muovevano più. Beh, doveva essere lì da decenni, come se qualcuno l’avesse abbandonata, con l’intenzione di non averla mai più tra le mani ancora. Tutt’ora non capisco il perché. Andiamo, è come abbandonare un cucciolo. Non lo so, ma penso che quando vidi quella vecchia chitarra elettrica, i miei occhi si illuminarono.
Non avevo nessun prodotto, ovviamente, non mi aspettavo di trovarci una chitarra lì dentro. Ma soprattutto, non avevo delle corde che potessi usare. Cioè, c’erano sei corde e qualche spartito logorato e sbiadito dentro l’armadio, ma le corde erano troppo malmesse per usarle. Così, provai a cercarne delle altre, invano. Il pomeriggio successivo, andai in un negozio di musica che si trovava nel tragitto casa-scuola. Appiccicavo sempre il mio naso dantesco alla vetrina, anche se non sapevo neanche come prendere in mano uno di quegli strumenti esposti. Mi affascinavano, ecco. E lo fanno tutt’ora.  Ed ecco, puoi immaginare che essermi trovato uno di quegli oggetti così affascinanti per me nelle mani, era una sensazione indescrivibile. No, non come quando aprivi i regali di Natale e ci trovi quel giocattolo che avevi visto in televisione qualche settimana prima ed era diventato “il tuo desiderio più grande”, questo era molto di più. Comprai le prime corde che il commesso mi consigliò, logicamente non sapevo orientarmi in campo di corde. Potevano anche essere le più scarse del mondo, non lo capivo. Mi trovai tra le mani un paio di “Ernie Ball” di cui non ricordo il modello. Non so come ci riuscii, ma dopo due giorni ero riuscito a mettere le corde nella chitarra. Sì, mi ero spremuto le meningi percapire come fare. Ero un piccolo genio, evidentemente.
Fu così che iniziai a suonare. Presi gli spartiti ingialliti e imparai a leggere le note, con tanto impegno e tanta fatica. Ed è con quella Les Paul impolverata che suono le mie cazzate, ancora oggi. Questa è la storia di Jack il chitarrista mancato, scusa per la noia.”
 
Ho scritto questo messaggio come se stessi ricopiando una poesia ripetuta millemila volte, ed è così. È la poesia che mi porterò dietro nella tomba. Quel ricordo che riporterò sempre nella mia mente, ogni fine settimana.
 
Hey, non mi hai annoiato, sai? Che bimbo ingegnoso. Io da piccolo non mi scervellavo in queste cose, sai? Ma forse, avrei dovuto. Non avevo nessuno svago da piccolo, passavo le mie giornate chiuso in camera, il massimo del divertimento, no?”
 
La risposta arriva immediata.
 
Ingegnoso? Ma dai, non sparare cazzate, ho lo stesso quoziente intellettivo di un tavolo con tre gambe. E la mia vita non era poi chissà quale divertimento, sai?”
 
Non dovevo scrivergli questa frase. Pensavo di aver cancellato dalla mia mente questi ricordi, ma non posso cancellare un ricordo, non… questo tipo di ricordi.
 
Avevo 13 anni.
JAAACKIE! AMORE DI PAPARINO! NON DOVRESTI PASSARE IL TUO TEMPO CHIUSO A CHIAVE IN CAMERA TUA A SUONARE LE TUE CAZZATE! DOVREMMO INTENSIFICARE IL NOSTRO RAPPORTO PADRE-FIGLIO… NON CREDI?” Urlava mio “padre”, probabilmente sotto l’effetto di qualche droga… ancora una volta.
“APRI QUESTA FOTTUTISSIMA PORTA, RAGIONE DI VITA MIA…” Urlava ancora. Avevo spostato la scrivania e il comodino dietro alla porta, per bloccarla un po’, nel caso avesse intenzione di buttarla giù. Ormai, da lui, si aspettava questo e altro.
E detto fatto, butto giù la porta.
 
AUTRICE CORNER WOHO
Kiau, lo so che volete defenestrarmi, non riceverò recensioni, già, ma spero che qualcuno legfgerà questo capitolo. Mi metto all’opera per il prossimo, sperando per qualche recensione. Tanta suspence, pubblicherò in fretta.
Zao zao, lettori.
  
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