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Autore: Kveykva    10/04/2014    3 recensioni
Eragon è nelle terre oltreconfine, Arya in Alagaesia quando arriva una notizia sconcertante: degli elfi hanno trovato un incantesimo in grado di risanare Vroengard dai suoi gas nocivi, e sarà presto pronta per allenare i nuovi cavalieri e i nuovi draghi. Quindi se Eragon tornerà in Alagaesia come sarà la sua vita con Arya? Cosa nascerà fra loro?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya, Eragon, Fìrnen, Saphira | Coppie: Eragon/Arya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E c'era sangue, sangue dappertutto.

E c'erano grida, c'erano urla.

E c'erano spade contro spade, spade contro uomini, spade contro carne.

E c'erano morti, morti ovunque.

Per quanto i suoi artigli dilaniassero, per quanto le sue fauci mutilassero, per quanto la sua coda schiacciasse, Saphira vedeva i nemici moltiplicarsi.

E ce n'erano cento, e ce n'erano duecento.

Firnen, come lei, stava uccidendo sempre più Ra'zac ma erano troppi, e troppo forti.

E c'era il cielo livido, e c'erano sempre più nuvole.

Ere stava aiutandola con tre Ra'zac che l'avevano accerchiata, ma appena li ebbero uccisi altri quattro presero il loro posto.

Neppure la gioia di rivedere Firnen riusciva a farla andare avanti: non aveva neanche avuto il tempo di parlargli perchè era dovuta entrare subito in battaglia.

E c'era la sua coda sanguinante, e il quadricipite destro squarciato.

Eragon era così impegnato nella lotta, che la dragonessa non riusciva più a contattarlo con la mente.

Il Cavaliere si trovava accerchiato: quelle creature sibilavano, emettevano strani versi, schioccavano freneticamente le lingue bluastre.

Si muovevano a scatti, troppo velocemente per la vista, seppur perfetta, del Cavaliere.

Un salto, e sentì uno squarcio aprirsi nel suo polpaccio.

E ne sentì un altro sulla spalla destra.

Le due ferite erano larghe, ma poco profonde.

E mentre si muoveva, ginocchia flesse, occhi fissi, si curò velocemente.

Avvertì istantaneamente il calo di energia, ma nei quattro anni di solitudine lui e Saphira ne avevano immagazzinata un quantitativo notevole.

Perciò non aveva ancora, dopo almeno due ore di battaglia, riportato ferite.

E purtroppo non aveva ancora visto Arya.

O meglio, dopo che si erano visti e Saphira era scesa nel campo di battaglia non si erano mai più incrociati, ed Eragon ovviamente non si azzardava ad espandere la mente in cerca della sua.

Un Ra'zac gli passò accanto, sfrecciando velocissimo: Eragon si girò, Brisingr già levata a mezz'aria, e con un grido disumano spaccò il cranio del mostro, quasi fosse d'argilla.

Uno dopo l'altro, i Ra'zac che gli si avvicinavano morivano, privati della vita dalla micidiale spada forgiata dal Cavaliere stesso.

Sarò anche stato stanco, saranno stati troppi i nemici, ma lui era Eragon Ammazzaspettri, colui che aveva ucciso il Tiranno e aveva ripristinato e dato nuova vita alla stirpe dei cavalieri dei Draghi, e per quanto la battaglia potesse durare, per quanto il dolore sarebbe stato intenso, niente l'avrebbe fermato. Ora che era così vicino ad Arya, l'idea di perderla per sempre sembrava troppo vicina di quanto lui volesse.

Incrociare una nuova volta quegli occhi obliqui, di quel verde in cui cento e cento volte ancora si era perso, era stato come un sogno. Distrutto dall'immagine di ciò che realmente stava accadendo vicino all'elfa.

Un rivolo di sudore gli cadde nell'occhio e gli accecò la vista per un secondo: in quello stesso istante un altro Ra'zac si preparò a colpire.

-I nosssstri padri hanno pagato cara la loro vita, per caussssa tua. Ma ora tu morirai, sssssi!-

Lo stesso, ripugnante essere che aveva pronunciato quelle parole si lanciò alla carica del fianco destro di Eragon. Egli capì l'intenzione del mostro, ma quella del Ra'zac era stata soltanto un finta:

puntò all'ultimo istante alla spalla sinistra, ed Eragon lo capì troppo tardi: la dentatura, o qualunque cosa in bocca avessero quegli esseri, penetrò a fondo e a lungo nella carne del Cavaliere.

Un dolore lancinante. Nero, buio, una macchia bianca in lontananza, debole, si stava quasi per spegnere.

E il Cavaliere cadde.

 

 

I capelli mossi le solleticavano le dita, mentre li accarezzava, con movimenti ripetitivi.

Prese una delle sue mani e ammirò la perfezione di quelle lunghe e affusolate dita.

Qualche volta, scappava al ferito un gemito o un sospiro, quasi stesse sognando.

Intorno a lei era tutto un gran vociare, un gran fare, un gran “ricostruire la nostra amata foresta”.

Ma lei aveva occhi solo per lui.

Si era dimenticata quanto bello fosse Eragon.

Il suo viso era un ovale perfetto: la forma degli occhi, le nuove linee più maschili, la mascella marcata, la bocca a cuore leggermente schiusa.

Le palpebre gli tremolavano, e di tanto in tanto, il viso gli si deformava in un'involontaria smorfia di dolore.

Ad Arya scappò una lacrima: era la prima da molto tempo; neppure quando lui se ne era andato, ne aveva versate. Ma ora non riusciva a trattenersi.

L'argentea goccia cadde sulla guancia del ragazzo.

-Arya, dobbiamo andare.-

-No-

-Arya, non c'è più niente da fare. Sei stanca dalla battaglia, gli altri elfi stanno controllando il campo in cerca dei feriti. Lascialo a loro.- disse Taelì.

-Vattene!- disse lei -Vattene, t-ti p-prego.- ormai singhiozzava.

Una mano le toccò la spalla, in senso di solidarietà e poi svanì.

Svanirono tutti.

C'erano solo lei e il corpo di quel ragazzo.

Che forse amava, o forse no. Che forse era morto, o forse no. Che era appena ritornato, e già partito.

 

 

Era sospeso in un non luogo. Non era proprio uno spazio, ma era pur qualcosa.

Era tutto nero, non c'era luce da nessuna parte. E faceva caldo, un caldo opprimente.

Camminava su una superficie, che non era una superficie, eppure c'era.

E sentiva le gambe, le braccia, il suo corpo, eppure esso non c'era.

Non c'era niente in quel luogo. C'era solo caldo, tanto caldo.

Era cosciente del suo spirito, riusciva a pensare lucidamente e per questo la consapevolezza di non essere ne' vivo ne' morto lo terrorizzava.

Quanto avrebbe dovuto stare li'?

La temperatura ora era salita. Da dove proveniva? In quello spazio non c'era niente e nessuno.

Si sentiva schiacciato da un enorme peso, come se si stesse facendo carico di una montagna inesistente sulle spalle. E quella forza lo schiacciava, lo portava giù. Lui provava a resistere, ma l'energia invisibile che lo stava calpestando, lo spingeva, lo comprimeva, lo pressava.

Pensò ad Arya.

Quell' Arya che aveva potuto vedere per una frazione di secondo, prima della fine.

Chissà dov'era lei ora. E la battaglia? Era già finita? Magari non si era neanche accorta che lui era morto. In effetti ancora non lo era.

Ma quella furia schiacciante, di cui portava il peso addosso, lo stava spezzando.

Si sarebbe abbandonato volentieri all'abisso senza fine. Si sarebbe buttato nelle braccia della morte come una grazia, la fine del supplizio.

Ma poi pensò a Saphira: la sua compagna che mai lo aveva abbandonato,e che mai l'avrebbe fatto.

Mai....mai. Mai! La verità arrivò al cavaliere come una scossa di energia.

Se lui fosse morto, anche lei sarebbe caduta con lui! No,non poteva permetterlo; non poteva permetterlo.

E con l'immagine di Saphira e di Arya stampate nella mente, ricominciò la sua scalata per la vita, finchè non sentì un leggero alito di vento sul viso. E aprì gli occhi.

 

 

 

 

Arya si ritrovò a fissare uno dei profondi occhi grigi di Eragon, appena spalancati.

Era vivo. Aveva aperto gli occhi, era vivo. Non riusciva ancora a crederci.

Eragon forse era ancor più sorpreso di lei, perchè gli si stampò un maschera di incredulità sul viso, così comica che Arya incominciò a ridere e a singhiozzare insieme.

Era vivo.

Vedere il viso di Arya, accanto al suo, appena risvegliato, era stato come una scarica di adrenalina.

Lei era stata lì accanto a lui tutto il tempo.

Eragon non pensò neanche a cosa stava per fare. Qualunque cosa fosse successo dopo lo avrebbe accettato, ma ora doveva farlo. Perchè troppo tempo era passato.

Di slanciò si tirò su, sugli avambracci e premette le sue labbra su quelle di Arya.

Si aspettava uno spintone, un calcio, qualche serie di pungi, o una magia improvvisa che l'avrebbe reso immobile.

Invece Arya non fece nulla di tutto ciò. Strinse Eragon ancor più forte vicino a se'.

Non se l'era aspettato un gesto del genere. Era stato improvviso. Ma ormai aveva capito.

Era stata così vicina al perderlo, che aveva concepito solo ora l'attaccamento che provava nei confronti di quel ragazzo, e lo baciò con più passione.

Rimasero così,l'uno nelle braccia dell'altro, l'uno nell'anima dell'altro per minuti interi.

Quando alla fine si staccarono, i loro visi erano vicinissimi, le fronti a contatto fra loro.

-Sei qui- sussurrò Eragon all'elfa.

Seguì un minuto

-Wiol  ono-              Per te

  
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