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Autore: mychemicalfrnk    10/04/2014    2 recensioni
Ti capita mai di sentirti stanca/o di te stessa/o? Di voler cambiare radicalmente la tua vita? Di voler ricominciare? Ecco, Quinn si sente esattamente così, da molto tempo ormai. Finalmente però, ha la possibilità di cambiare le carte in gioco, di cambiare se stessa e di apparire in maniera differente, ed è assolutamente decisa a farlo. Ma questa nuova vita è esattamente come se la aspetta? E tutto perfetto come pensava? Oppure la sua nuova vita si rivelerà un totale disastro?
Genere: Drammatico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Puck/Quinn, Quinn/Santana
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ogni volta che avevo una conversazione con Artie, finivo sempre per continuare a pensarci per il resto della settimana.
Aveva ragione, non potevo certo negarlo, ma ero arrabbiata per quello che mi aveva detto e per come mi aveva trattata.
La faccenda, in ogni caso, non riguardava lui. Non aveva nessun diritto di intromettersi e dirmi che stavo sbagliando.
 
Ad interrompere i miei pensieri fu la sveglia, che suonò puntuale e che mi costrinse ad alzarmi e ad affrontare quella giornata. Era lunedì, il giorno dell’incontro con gli Skanks.
 
Indossai dei pantaloni neri e una camicia a quadri rossa legata alla vita, una maglietta e un giacchetto di pelle nero senza maniche. Misi un cappello nero in testa e presi lo zaino.
Guardai l’orologio.
Ero in orario.
 
Dopo la punizione mia mamma aveva completamente dato di matto: ero tornata a casa ore dopo senza avvertire, e  lei, appena mi aveva visto entrare in casa, era corsa ad abbracciarmi chiamando mio padre.
 
“Russel, vieni! Grazie al cielo è tornata!”
 
“Mamma, per favore…” avevo detto cercando di allentare la presa delle sue braccia che ancora mi stringevano.
Di colpo si ricordò di essere arrabbiata e la sua espressione cambiò immediatamente.
 
“Dov’eri? Ho quasi chiamato la polizia, sono passate due ore!” disse, marcando la parola due.
 
“Ero in punizione mamma” risposi tranquillamente
Già il fatto che fossi in ritardo di due ore non giocava a mio favore, in più, quando pronunciai la parola “punizione” mia madre emise un suono strozzato. Mai era stato commesso un disonore così grande nella famiglia Fabray.
 
“In punizione?! Per cosa?” Disse, mentre il suo viso assumeva una sfumatura violacea e la sua voce si faceva più strozzata ad ogni parola.
 
“Troppi ritardi” Dissi, porgendole il foglio da firmare per giustificare tutte le volte che non mi ero presentata.
 
“Ritardi?” Spalancò gli occhi
 
“Sì, ritardi mamma, firmeresti?” dissi spazientita, muovendo il foglio che avevo ancora in mano davanti ai suoi occhi.
 
Mi strappò il foglio dalle mani e mi indicò le scale, mentre il colore del suo viso passava da viola a rosso intenso.
 
Salii le scale, con il suo sguardo e quello di mio padre (che per tutto il tempo era rimasto in disparte a guardare la scena) puntati addosso.
 
Da quella spiacevole conversazione si era deciso che sarei uscita di casa non dopo le sette e quarantacinque, e che sarei andata di filata a scuola. Mia mamma aveva chiamato la scuola chiedendo di essere avvertita ad ogni mio ritardo o assenza ingiustificata. Ero incastrata.
 
Dunque, alle otto e cinque mi trovavo già davanti alla scuola, in attesa del suono della campanella. Vidi Puck che entrava a scuola. Mi fece un occhiolino che prontamente ricambiai con un cenno della testa.
 
La giornata passò velocemente. Avevo due ore di storia, matematica, spagnolo e due ore di letteratura. Al suono dell’ultima campana uscii e mi appoggiai al muro davanti alla scuola, dove io e Puck dovevamo incontrarci.
 
“Fabray! Pronta ad andare?” disse, avvicinandosi a me in moto. Non pensavo che ne avesse una.
 
“Dove andiamo?” chiesi, ancora appoggiata al muro.
 
“Al tempio” rispose lanciandomi un casco, che afferrai al volo.
 
“Il tempio?” chiesi nuovamente.
 
“Fai troppe domande. Vedrai” si limitò a dire.
 
Salii sulla moto e misi le braccia attorno alla sua vita per evitare di cadere. Lui partì immediatamente.
Ebbi subito modo di osservare che i limiti di velocità erano un’opinione per lui.
 
Mentre sfrecciavamo per le strade mi guardai in giro, cercando di riconoscere la strada che stavamo percorrendo. Le case sembravano quelle vicino a casa mia, ma la via non era quella. Dovevamo essere comunque abbastanza vicini.
 
Dopo alcuni minuti Puck fermò la moto davanti a una struttura che a prima vista non era per nulla invitante.
 
Era un edificio grigio, abbandonato e caduto in rovina, con il terreno pieno di pezzi di cemento che si erano staccati dalle pareti. Vari grafiti - alcuni molto belli, altri abbastanza offensivi – occupavano i muri interni del “tempio”.
Rifiuti di ogni genere erano abbandonati a terra insieme al cemento: sacchetti, pacchetti di patatine, mozziconi di sigaretta, giornali, pagine di riviste, penne usate e molto altro costituivano il pavimento del luogo.
Persino travi di legno giacevano sparse sul terreno.
Appena entrati, sulla destra e sulla sinistra, c’erano delle scale, anche esse poco invitanti e pericolanti, che portavano a degli spalti. Essi davano sul piano inferiore del tempio, senza ringhiere o protezioni di alcun genere che potessero impedire di cadere.
Il posto, complessivamente, era molto spazioso.
L’intero luogo aveva un forte odore di fumo mischiato ad alcolici.
Per quanto mi sforzassi però, non riuscivo a capire come mai un posto del genere fosse caduto in rovina e diventato un luogo di ritrovo per ragazzi.
 
 
Mi stavo ancora guardando attorno quando Puck parlò.
 
“Ragazzi, questa è Quinn. Quinn… i ragazzi” fece ad alta voce sorridendo.
 
“Hey Quinn” risposero alcuni. Altri si limitarono a guardarmi.
 
“Andiamo ragazzi, siate un po’ più socievoli. E’ appena arrivata da… dove scusa?” Mi chiese
 
“Tennessee” risposi.
 
“Va bene” disse l’unico ragazzo che già avevo visto. “Io sono Sam, il leader” disse sorridendomi
 
Puck gli tirò una pacca sulla spalla
 
“Non dire cazzate Sam” lo riprese ridendo. Poi, rivolto verso di me, sussurrò, mettendosi una mano davanti alla bocca come se non volesse essere sentito “Sono io il leader”. Tutti risero.
 
“Piacere, Mercedes” disse una ragazza seduta su una delle travi di legno.
 
Mercedes aveva capelli lunghi e neri, che le arrivavano alla schiena. I suoi occhi erano marroni e, anche se era seduta, potevo capire che era di qualche centimetro più bassa di me.
Indossava dei pantaloni neri attillati e una maglietta bianca, con un giacchetto di pelle simile al mio.
 
Le feci un cenno con la testa e le sorrisi, mentre un ragazzo si presentava come Mike
Era asiatico, aveva i capelli neri e corti e gli occhi marroni. Era in piedi vicino ad una colonna e stava fermo con le braccia incrociate.
 
Un altro ragazzo si presentò come Hunter. Aveva i capelli castani e gli occhi verdi, e se ne stava in piedi in perfetto equilibro su un pezzo di cemento caduto a terra. Dal portamento sembrava un tipo arrogante, e appena notò che lo stavo guardando, tirò su il mento con aria di sfida.
 
“Io sono La Macchia” si presentò una ragazza avvicinandosi a me con passo sicuro e con le braccia incrociate sul petto. Dallo sguardo che mi lanciò, non osai chiederle il suo vero nome.
 
Aveva lunghi capelli mossi e marroni, che le arrivavano quasi al sedere. Gli occhi erano dello stesso colore dei capelli. Mi squadrò dall’alto in basso. Poi disse:
 
“Loro sono Ronnie e Sheila” facendo un cenno a due ragazze dietro di lei. Ronnie mi salutò, mentre Sheila si limitò ad un cenno con la testa.
 
“Sebastian” Si limitò a dire un ragazzo che giocherellava con una pietra sul pavimento.
Alzò la testa per un momento, rivelando due occhi verdi, che subito tornarono a fissare il pavimento.
Ripassai mentalmente i nomi: Mercedes, Sam, Mike, Hunter, “La Macchia”, Ronnie, Sheila e Sebastian. Erano un bel gruppetto.
 
Sentì una voce parlare alle mie spalle.
 
“Santana” disse, prima di spostarsi ed entrare nel mio campo visivo. Mi sembrava di averla già vista.
 
Di colpo ricordai. Era la ragazza che stava litigando in strada il mio primo giorno a Lima, quella che Puck aveva dovuto allontanare dalla sua vittima prima che fosse troppo tardi.
Ricordai anche di aver pensato subito che quella ragazza avesse grinta da vendere, da come urlava insulti e spingeva la sua povera avversaria.
Tuttavia, dall’alto della finestra, non ero riuscita a vederla bene.
Ora che era davanti a me però, notai che non solo il suo modo di fare e il suo atteggiamento erano grintosi, ma la sua intera persona sprizzava energia e grinta da ogni poro, e i suoi occhi erano come costantemente infuocati. Quella ragazza era un fuoco puro, pronta a scattare in ogni momento, sempre pronta a tutto.
 
Aveva lunghi capelli neri e lisci, e i suoi occhi erano di un marrone molto scuro, quasi nero.
Potevi capire subito che era determinata e difficile da impressionare. Il suo volto era impassibile e duro.
Teneva una sigaretta in mano, e con l’altra, stringeva la mano di una ragazza bionda, che si presentò come Brittany.
Era esattamente il contrario di Santana: i suoi capelli erano biondi e ondulati, mentre i suoi occhi erano azzurri e dolci.
Lo sguardo di Santana si addolcì appena posò gli occhi su di lei, ma tornò subito impassibile quando tornò a incontrare i miei occhi.
In quell’unico cambiamento di espressione capii che Brittany doveva essere molto importante per lei. Teneva la sua mano come se non volesse mai lasciarla andare.
 
“Quinn” disse Puck, attirando la mia attenzione “Vuoi?” mi chiese, porgendomi una sigaretta.
Mi accorsi solo in quel momento che tutti, non solo Santana, ne avevano una in mano.
 
“Certo” dissi prendendola e posandola tra le mie labbra “Cazzo” pensai. Non avevo mai provato a fumare.
Così mi avvicinai a Puck che mi porse l’accendino. Accesi la sigaretta e aspirai. Il fumo mi invase immediatamente la gola minacciando di farmi tossire. Deglutii e sorrisi, cercando di mostrarmi il più naturale possibile.
Dovevo essere davvero ridicola.
Dopo poco la testa cominciò a girarmi, e mi avvicinai ad un gradino per sedermi ed evitare di finire lunga distesa sul pavimento.
Santana continuò a guadarmi per la maggior parte del tempo. I ragazzi parlavano e ridevano, finchè Sam non mi rivolse la parola.
 
“Allora Quinn, com’era la tua vecchia scuola?” Chiese.
Feci un altro tiro prima di rispondere.
“Piena di sfigati” risposi, ma poi aggiunsi “A parte poche persone” ricordandomi di Rachel.
 
“Come mai a Lima?” fece Hunter, buttando a terra la sigaretta e spegnendola con la punta di una scarpa
 
“Mio padre ha ricevuto un’offerta di lavoro e siamo partiti subito” risposi “finalmente, non ne potevo più di rimanere in quella città”
 
“Qui ti divertirai sicuramente” fece Mike sarcastico, che ancora non aveva parlato. Tutti risero, me compresa
 
“E sembra che voi sappiate come fare” risposi alzando un sopracciglio.
 
“Assolutamente” intervenne Puck alzando la lattina di birra che teneva in mano. “Un sorso?” chiese.
La lattina fu passata di mano in mano, me compresa. Bevvi un sorso e passai con naturalezza la bottiglia a Mercedes, che si trovava di fianco a me. Il liquido scese lungo la mia gola come poco prima aveva fatto il fumo.
 
Non era male.
 
Nemmeno il fumo era male, a dirla tutta.
 
“Questo sabato andiamo al Club?” Disse Santana, che aveva smesso di baciare Brittany solo per bere un sorso di birra.
 
“Certo, come sempre” rispose Puck “Quinn tu vieni?”
 
“Dipende, dov’è il club?” chiesi
 
“Non preoccuparti, vengo a prenderti io” fece Puck, provocando un sbuffo da parte della ragazza che si faceva chiamare La Macchia, che se ne stava seduta con le sue amiche ai lati.
Puck non la degnò di uno sguardo.
 
“Perfetto” risposi sorridendo.
 
“Un momento, chi ha deciso che Quinn fa parte del gruppo?” chiese Santana.
 
Puck la fulminò. “Io” disse “Non ti sembra degna degli Skanks?” chiese ironico.
 
Santana sbuffò. “Abbiamo tutti dimostrato di essere all’altezza. Perché lei no?”
 
Alcuni annuirono alla frase di Santana e ci fu un mormorio generale.
 
“Va bene, le regole sono regole” ammise Puck, guardando prima Santana e poi me.
 
Mi prose una lattina di birra.
 
“Bevi” fece.
 
“Tutto qui?” dissi, prendendola.
 
Puck tirò fuori il cellulare. “Ti cronometro. Vediamo quanto ci metti a mandarne giù una intera”.
 
La aprii e aspettai un suo gesto. Puck fece partire il cronometro e urlò “Via!” nello stesso momento.
 
Cominciai a bere più in fretta che potevo.
La gola mi bruciava ed ero sul punto di vomitare, ma cercai di resistere e continuai a mandare giù il liquido.
Alcuni ridevano e altri mi incitavano, mentre io me ne stavo lì, con la testa inclinata per deglutire meglio e con gli occhi chiusi.
Finii e lanciai la lattina a terra mentre Puck urlava “Stop!” e tutti battevano le mani divertiti.
Cercai di riprendere fiato.
 
“Sesto miglior tempo!” fece Puck controllando il cronometro “Direi che è dentro” disse voltandosi verso Santana.
 
“Davvero niente male per una ragazzina come te Fabray” disse Santana guardandomi e alzando un sopracciglio.
 
“Grazie” risposi scrollando le spalle e cercando di reprimere il senso di nausea che si faceva sempre più insistente ogni minuto che passava.
 
“Direi che è ora di andare, domani c’è scuola” Interruppe Sebastian. Ci fu un momento di silenzio. Tutti si guardavano senza dire nulla.
 
Poi, all’unisono, ci fu uno scoppio di risate generale, me compresa.
 
“Bella battuta” rise Hunter dando una pacca sulla spalla a Sebastian, che aveva ancora un mezzo sorriso sul volto.
 
“Io vado seriamente però” disse Puck alzandosi “vuoi un passaggio?” mi chiese. Annuii.
Mi alzai e la testa cominciò a girarmi ancora di più, mentre il pranzo lottava per tornare su. Cercai di camminare nella maniera più dritta e naturale che riuscii a trovare.
 
“A domani ragazzi” fece Puck
 
“A domani” risposero tutti in coro.
 
“Vieni anche tu vero? Ormai sei del gruppo” disse Sam, rivolto a me.
 
“Ovviamente” risposi alzando il mento e tirando indietro le spalle, facendo un mezzo sorriso.
 
Tornai a casa in moto insieme a Puck. Mi ci volle tutta la forza di volontà che avevo per riuscire a non cedere alla nausea. Non pensavo che sarei riuscita a resistere fino a casa, ma non mi sarei nemmeno mai aspettata di riuscire a sopportare una lattina di birra intera.
Arrivati davanti a casa Puck mi salutò
 
“A domani Fabray!” disse mentre si sistemava sulla moto.
 
“A domani Puckerman” feci di rimando.
 
“Attenta a te, non chiamarmi così” rispose divertito.
 
“Come vuoi, Noah” risi ancora io.
 
Scosse la testa sorridendo e si allontanò in sella alla sua moto.
Avete tutto il diritto di uccidermi lol
Buonasera a tutti.
Ho molto da dire e poco tempo, vediamo quanto riesco ad essere veloce lol
Mi dispiace per il ritardo, ma ho avuto molto da fare e sono riuscita a postare solo adesso, chiedo perdono 
Passiamo subito alla storia che è meglio lol
Finalmente Santana, finalmente gli Skanks, finalmente Quinn comincia a cambiare davvero il suo modo di comportarsi, finalente, finalmente e finalmente.
Spero che i componenti degli Skanks siano mh, come dire, "azzeccati". 
L'idea originale era di limitarmi a personaggi inventati, ma perchè non coinvolgere anche buona parte delle Nuove Direzioni e degli Usignoli? 
"La Macchia", Ronnie e Sheila sono i membri "originali" delle Skanks, e ho voluto integrare anche Hunter e Sebastian perchè mi sembravano adatti al ruolo, non saprei come spiegarlo.
Che ne pensate del capitolo? Com'è Santana? Sono davvero in ansia per questo capitolo e ho fatto molta fatica a scriverlo perchè volevo davvero che tutto fosse perfetto, dunque, spero che appreziate.
I ragazzi versione Skanks invece? Come vi sembrano? Avrei voluto inserire anche Blaine e Kurt nel gruppo, ma alla fine ho preferito sostituirli con Hunter e Sebastian, anche perchè, per citare Santana nella terza stagione: "Kurt non è proprio un camionista" lol
Penso di non avere più nulla da dire eheh
Ringrazio le persone che hanno recensito e che continuano a farlo, e quellle che hanno messo la storia nei preferiti e nelle seguite.
Al prossimo capitolo :)
-Alice
  
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