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Autore: Koa__    12/04/2014    4 recensioni
La relazione tra Spock e il capitano Kirk visto in tre fasi cruciali del loro rapporto: amici, fratelli, amanti.
[TOS]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Questa sarà una raccolta di storie brevi, nata dalla mia volontà di approfondire il concetto di t’hy’la. Vi proporrò tre fasi cruciali del rapporto tra Kirk e Spock quindi: amici, fratelli e amanti. In tre shot brevi e collegate fra loro. Tutte le definizioni, compresa quella del titolo, sono prese dalla traduzione letterale del termine “t’hy’la” fornita dal vulcan language dictionary. Assieme ai vari friend, lover, brother/sister c’è anche soulmate che significa, appunto, anima gemella. Una precisazione: non c’è una vera ambientazione o riferimenti a puntate, solo la prima delle tre shot è temporalmente da pensare prima della partenza della missione quinquennale. L'immagine sottostante l'ho reperita da una gif su tumbrl e non ne posseggo i diritti.

Volevo ringraziare Bombay che l’ha letta in anteprima, suggerendomi che sarebbe interessante anche scrivere una storia simile, ma dal punto di vista di Spock (qui il pov è di Jim). L’idea mi stuzzica, anche se in genere non faccio queste cose, potrei pensarci sul serio. Ma prima vediamo se apprezzate questa. Anche perché il pov di Spock è una specie di incubo.
Koa

 




 
T’hy’la (Anime gemelle)
 

                                                                                                                                                                         
 



                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                 

Amici


James Kirk non è mai stato un uomo timido, certi atteggiamenti ritrosi non fanno parte del suo modo di essere e quando parla con qualcuno, lo fa guardandolo dritto negli occhi. Mento alto, sguardo fiero e sorriso sghembo; perché niente può intimorirlo. Molti in passato gli hanno anche detto, seppur scherzosamente, che quella sua espressione determinata non dà tregua a nessuno e spesso chi ha a che fare con lui, si trova a dover dire di sì a qualunque cosa. Pertanto è con quella sicurezza in volto che adesso si ritrova a fronteggiare quel giovane tenente vulcaniano e, per certi versi, sente quel muto dialogo fatto di occhiate e gesti di poco percettibili, come un vero duello. Perché l’ufficiale che ha di fronte non è uno qualunque, non sembra essere affascinato dal magnetismo che Jim sa di possedere, anzi pare resistergli e farlo addirittura con una certa facilità.


Sono trascorsi pochi minuti da che lo ha raggiunto in ufficio e ancora quello Spock non capitola ai suoi piedi dicendogli di sì; tutt’altro sembra non essere molto incline ad accettare la sua proposta di lavorare insieme. Fatto che, naturalmente, eccita Jim come mai gli è successo prima. E lo sente chiaramente, cresce poco a poco dentro di lui il brivido della sfida divampare, così come il desiderio di averlo con sé, che lo fa vibrare d’aspettativa. Spock gli sta resistendo, addirittura è sul punto di dirgli di no e il capitano Kirk questo non se lo può permettere. Perché l’Enterprise, la sua Enterprise, è la nave che guiderà in una missione quinquennale e ha bisogno di un ufficiale come lo è quel giovane tenente. Quello che ha di fronte è il miglior scienziato dalla Flotta, lo sa, anzi lo sanno entrambi e quindi giocano, confrontandosi seppur senza parlarsi. Spock sembra divertirsi con lui come un gatto col topo. Lo irretisce, lo sfida, lo spinge al massimo e la cosa che fa impazzire Jim, è che ci riesce pur restando rigido e indifferente, senza mai mostrare emozioni. Il viso è serio e composto, il fisico tirato, ma non sull’attenti, rilassato anche se pare pronto a scattare. La bocca non è stirata in un sorriso, perché tutto il volto è compito. D’altra parte è un vulcaniano e lui li conosce abbastanza bene, da spere quanto poco inclini siano al divertimento. In effetti, se ci riflette, lui e Spock non hanno nulla in comune, anzi possono dirsi agli antipodi e Jim sa che è proprio per questo che ha bisogno di qualcuno come lui. Specie perché c’è qualcosa in quegli occhi neri che gli dà da pensare, ciò che quello sguardo scuro gli urla è che, se lo vuole sulla sua nave, dovrà fare ben altro che essere provocatorio. In un certo senso quelle iridi gli paiono così umane… sono stranamente espressive e di tanto in tanto si colorano di sfumature che Jim non ha mai visto su un vulcaniano. Si ritrova a fissarle, mentre pensa che non c’è nulla di male nel cedere (per una volta) per avere quell’ufficiale sarebbe disposto anche a pregare. E infatti accetta, anzi rinuncia a farlo cadere ai propri piedi, mettendo da parte quell’ego smisurato che sa di avere e tutto perché non può permettersi di non averlo con sé. Non portarselo dietro sull’Enterprise, significherebbe fallire la missione ancor prima di partire.


Decide di passare alle maniere forti, quindi si alza dalla comoda sedia della scrivania sulla quale se ne è stato bellamente seduto per tutto il tempo e la circumnaviga, fronteggiandolo. Gli è vicino, ma non troppo: non lo vuole spaventare. Conosce quella specie e sa che non apprezzano il contatto fisico. No, lui si limita a guardarlo, fino adesso è bastato quello e sa perfettamente che da vicino con gli odori che si mischiano e i corpi ad un passo dal potersi toccare, è tutt’altra cosa. Occhi negli occhi e poco altro, se non sorrisi leggeri ed un’appena accennata vena di supplica. Non c’è cattiveria nello sguardo di Kirk, lo implora, ma provando a non essere patetico. Si mostra controllato, ma fortemente determinato al tempo stesso. Solo ad un certo punto si rende conto che quel gioco fatto di occhiate studiate e sagaci, non può più bastare. Perché la situazione si sta ribaltando e lui nemmeno l’ha capito.
«La voglio con me sull’Enterprise, come mio primo ufficiale» esordisce, con tono fermo e risoluto tanto che pare più un ordine che una supplica. «L’incarico è per comandante, pertanto se accetta le arriverà una promozione prima dell’imbarco.» Spock non risponde, arcua un sopracciglio ed una punta di sorpresa si dipinge sul suo viso imperturbabile. I suoi occhi scuri però rimangono fissi in quelli di Jim ed è lì che lui capisce che è quel logico sguardo a non dargli tregua. Non la sua evidente bellezza o la ben nota intelligenza. E in un attimo fugace, si rende anche conto che non è più lui ad essere adorato e implorato, non è Spock a cadere ai suoi piedi, ma l’esatto opposto.


Questo non lo ha previsto, non è mai accaduto perché è la prima volta che succede, la prima in cui James Kirk, giovane ed affascinante capitano della Flotta Stellare, non deve schioccare le dita per ottenere ciò che desidera. Pare, in fondo, che quel vulcaniano lo abbia messo in riga fin da subito e ancora non ha detto una parola. Assurdo: quasi non è necessario che apra la bocca, basta già l’atteggiamento che dà mostra d’avere o le espressioni del suo viso e l’austera luce del suo sguardo, per farlo capitolare ai suoi piedi. Spock è irremovibile e lui si ritrova spaesato e prostrato.
«Ho ricevuto molte offerte» esordisce, con pacata fermezza «anche il capitano Roscow mi vuole come suo primo ufficiale; l’ammiraglio Norrington invece vorrebbe darmi il comando dell’Interceptor. Il direttore Chesterfield gradirebbe che insegnassi in Accademia. Potrei continuare dato che l’elenco è lungo, ma non mi pare il caso. Il vanto non è una caratteristica della mia specie.»
«Ipotizzavo che avesse ricevuto altre richieste» annuisce Kirk, con convinzione «perché dovrebbe accettare di venire sull’Enterprise? In fondo come potrei competere io, con il comando dell’Interceptor? O con un incarico da professore, sarebbe a posto per la vita se accettasse. Se ne starebbe comodamente sistemato qui a San Francisco, il clima è anche piuttosto caldo in certi periodi dell’anno e so che voi altri siete molto suscettibili a riguardo. Quindi ha ragione: chi sono io a confronto?» conclude, con evidente ironia nel tono di voce, accompagnata addirittura da una risata leggera e beffarda che però Spock non sembra riuscire a cogliere; perché nella risposta che dà dopo pare esser ancora più serio.
«La sua fama è ben nota, capitano Kirk, io so perfettamente chi è lei. Istintivo, passionale, illogico, troppo giovane per comandare una nave stellare. Nel test della Kobayashi Maru ha barato e lo ha fatto esclusivamente per superare una prova creata per essere impossibile.»
«È perché non credo nelle situazioni senza via d’uscita» lo interrompe Jim, tuttavia pare che Spock nemmeno lo abbia ascoltato perché prosegue con il lungo elenco di difetti e con nel tono quella punta di rimprovero che tanto gli ricorda quello che usava sua madre con lui, quando era bambino.
«Spesso si caccia nei guai per via del suo essere ribelle e poco ligio ai regolamenti, inoltre, la sua condotta svenevole e l’indole romantica giocano a suo sfavore nel settanta punto cinque percento delle volte in cui s’imbatte in un individuo di bell’aspetto, sia questo di qualunque razza o sesso.»
«Oh, andiamo, Spock, non darà retta ai pettegolezzi?»
«Mi limito ad esporre i fatti» ribatte lui, con fermezza «se accettassi di servire a bordo dell’Enterprise sarebbe ostico per me collaborare con un individuo tanto illogico ed emotivo. Io, in quanto vulcaniano, prediligerei il rigore del capitano Roscow.»
«Da quel che ne so, lei è anche umano.»
«Sono nato su Vulcano, pertanto sono vulcaniano e seguo esclusivamente la via della logica» precisa Spock, senza dargli tregua.
«Già, ma ora non è sul suo pianeta, ma qui: immerso nell’illogicità di noi terrestri. E se ha servito su una nave di umani per anni, sotto il comando di Pike, mi viene da pensare che non sia tanto allergico a noi, o sbaglio?»
«Continui» dice Spock, forse più interessato o magari sinceramente sorpreso.
«Continuo?» ripete Jim, senza capire.
«A parlare. Non mi ha detto tutto, non è vero?»


Jim ride, è davvero intelligente per non dire intuitivo, anche per un vulcaniano. La sua risata non scema, anzi aumenta, quando nota un sopracciglio arcuato su quel viso serio. Poi lo guarda di nuovo, sorride forse di un divertimento sincero ed innocente perché quello Spock gli piace: è diretto, sfacciato, sa come parlargli e come prenderlo. Lo conosce da poco eppure già sa che sarà un valido aiuto per la sua nave, forse addirittura potrebbe essere la sua salvezza. Pertanto glielo dice, perché dovrebbe tenerselo per sé? D’altra parte sa perfettamente che quella sarà la sua ultima carta. Spock ha già un piede fuori dalla porta e uno in un’aula d’Accademia, quindi non ha più nulla da perdere.
«Non voglio un primo ufficiale che mi dica sempre di sì e che accetti i miei ordini ciecamente, non voglio qualcuno che mi lecchi i piedi solo per ottenere una promozione. Pretendo che il mio secondo in comando sia sincero, diretto e non si faccia remore nel dirmi come la pensa. Qualcuno che mi dica se sto sbagliando e perché. Voglio qualcuno come lei. Lo so che è la persona giusta per quest’incarico. Sa tenermi testa, è il miglior scienziato della Flotta e conosce l’Enterprise. Lo so che la sua logica non le permette di capire, ma il mio istinto mi dice che la devo avere con me.» Jim gli si fa più vicino, non troppo tuttavia quel tanto che basta perché (se mai volesse) lo potrebbe sfiorare. Però non lo fa, non allunga la mano prendendogli il braccio come è tentato, non vuole forzarlo, solo convincerlo.
«Istinto? Come ho detto: illogico. Prendere decisioni basandosi su qualcosa di insensato come l’istinto, non porterà lei e la sua astronave a nulla di buono.»
«Ed è proprio per questo che ho bisogno di lei! Diavolo, Spock, lei mi serve davvero! La sua sapienza, la sua esperienza, la sua logica… Lo so che non è fatto per starsene ad insegnare a delle reclute troppo distratte per poterla stare a sentire. Se ha deciso di venire sulla Terra è anche per via del suo spirito d’avventura; so che è affascinato dalla mia offerta, glielo leggo negli occhi. Esploreremo la galassia e lo faremo insieme, non so lei, ma io trovo la prospettiva molto più che interessante.»


Non sa se è perché è riuscito a trovare le parole giuste oppure perché in qualche modo il suo fascino funziona anche su quel vulcaniano, ma non trascorre molto tempo che Kirk ottiene la risposta che vuole sentire. Secco, diretto, Spock gli parla senza fronzoli e Jim capisce che quello che vuole, è lavorare con lui.
«Accetto.» Jim ride, di un divertimento misto a sollievo che subito invade la stanza. Questa volta non si trattiene e gli afferra una spalla, stringe la casacca nera della divisa che indossa, facendo una leggera pressione. Spock non sembra infastidito, né si ritrae tuttavia comprende che il contatto non è pienamente apprezzato da un’espressione di rimprovero che appare sul suo volto. Ah, è fantastico! Nessuno si è mai comportato così con lui fino a quel momento. I professori lo lodavano, le donne cadevano ai suoi piedi, sua madre e suo padre lo amavano; nessuno gli ha mai detto di no prima o  contraddetto. Oh, saranno grandi amici, lo sa già. Forse l’ha saputo nell’esatto momento in cui gli è comparso davanti, forse non riesce nemmeno a capire che tipo di rapporto avranno in futuro. Ciò di cui si rende perfettamente conto è che quel momento è solo il preludio di una grande amicizia.


Quello che gli domanda mentre prendono a sedere alla scrivania, così da iniziare a discutere di quello che sarà l’equipaggio della nuova Enterprise, Jim gli pone una domanda che già da qualche minuto gli ronza in testa. Non c’entra niente con quello di cui dovranno discutere, migliorie ed equipaggio, ma c’è una cosa di lui che vuole sapere.
«Lei gioca a scacchi, signor Spock?» Questi inarca un sopracciglio, evidentemente stupito. Non maschera la propria sorpresa, è come se non ci pensasse nemmeno, come se lo facesse apposta. Uno strano modo di comunicare, pensa il capitano Kirk mentre si lascia cadere sulla sedia con un sospiro soddisfatto. La risposta Spock che gli dà non si fa attendere ed è esattamente quella che lui vuole sentire e quella che, in fondo, sperava gli desse.
«Sì!» Ed è allora che comprende che, per davvero, quello è il preludio di qualcosa di grande.
 

Fine
   
 
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