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Autore: OmegaHolmes    13/04/2014    1 recensioni
[...] Ebbe un flashback:
Si ritrovò seduto, di fronte lo psicologo della scuola…quest’ultimo parlava e Sherlock lo osservava apatico…
-Sai Sherlock, anafettività significa che fai fatica a provare sentimenti e creare affetti. La gente ti definisce, solitamente, apatico [...]
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: John Watson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando aprì gli occhi una fioca luce blu inondò il suo campo visivo.
Lentamente si mise a sedere e  passandosi una mano tra i ricci corvini, guardò la sveglia:
 
5:30am
 
Sospirò profondamente rendendosi conte che il sonno era ormai svanito.
Si alzò, indossò la sua amata vestaglia blu e in pigiama andò ad accendere il sontuoso caminetto ancora spento.
Solitamente lo trovava già acceso, perché l’amorevole padrona di casa attizzava il fuoco prima che il detective si svegliasse.
Raramente, in assenza di un caso, si alzava così presto.
Ma quel giorno, a quanto pare, era destinato ad essere diverso per qualche strano motivo al quale il detective però non sapeva ancora dare una risposta.
Accese il bollitore, aprì le imposte ancora serrate e si mise a osservare cupo la strada stranamente silenziosa.
Un gatto randagio alla fine della strada buttò giù un bidone della spazzatura e per alcuni secondi accalappiò la sua attenzione.
Successivamente il furgone dei netturbini…e nuovamente il nulla.
Quanta noia, pace e monotonia travolgevano quella strada.
Il detective si sentì trascinare in una depressione improvvisa, decise così di cambiare soggetto delle sue attenzioni, nel frattempo l’acqua iniziò a bollire.
Prese l’acqua e ne riempì la tazza, immergendo poi con cura la bustina, osservando tutte le sfumature cangiarsi nel tipico colore caldo del the.
Una goccia di latte e poi si sprofondò nella poltrona che rilasciò un leggero sbuffo, che lo faceva sentire stranamente felice tutte le volte che lo sentiva…come un abbraccio.
 
ABBRACCIO…
 
Questa parola risuonò come un eco nella testa del detective come se non trovasse un posto in quell’enorme spazio, quasi infinito, che era la mente di Sherlock Holmes.
Prese un lento sorso dalla sua tazza e rimase incantato sulla poltrona di fronte a sé: vuota.
 
JOHN…
 
Un’altra parola risuonò, sempre più forte, come un crescendo di un’orchestra diretta dal proprio direttore, una parola che arrivò alla disperazione tale che dovette strizzare gli occhi e stringersi la tempia con la mano sinistra per trovare una tregua.

Di colpo tutto cessò.
Rilasciò un sospiro profondo e tornò a sorseggiare il the.

Reiterò a osservare la poltrona di fronte a sé e nella sua mente comparirono due parole stampate su un fascicolo… un fascicolo sparso in qualche remota parte del suo cervello…
 
Sociopatia-anafettività 
 
Ebbe un flashback:
Si ritrovò seduto, di fronte lo psicologo della scuola…quest’ultimo parlava e Sherlock lo osservava apatico…
 -Sai Sherlock, anafettività significa che fai fatica a provare sentimenti e creare affetti. La gente ti definisce, solitamente, apatico. Ora come ora hai 16 anni e non te ne rendi molto conto, ma con l’età adulta ti renderai conto che farai fatica o non riuscirai a creare legami. Le persone colpite da questa condizione che riguarda l’area affettiva, cognitiva e comportamentale, sono persone che nonostante abbiamo il terrore dell’essere abbandonate non riescono a provare nessuna emozione di fronte ad un bacio, una carezza o un abbraccio.
Non che non abbiano sentimenti, Sherlock, ma semplicemente hanno talmente paura di essere ferite che inconsciamente, respingono gli altri, chiudendosi in sé stessi.
Questi individui sognano di essere amati, ma non riuscendo a provare alcun sentimento simile, lo ripugnano del tutto.
L’unico modo di “curare” questa condizione, è la terapia, Sherlock.-
Il ragazzo rimaneva impassibile, ad osservarlo.
“Incapacità di provare sentimenti” ….quelle parole gli echeggiavano nella testa…”è per questo che non ho amici? Che tutti mi odiano? Che mi picchiano? Che mi guardano male? Che mi viene dato dello sfigato?” si chiedeva tra sé e sé il giovane Sherlock.
Lo psicologo continuò:
-E come ben sai, sei affetto da una lieve forma, non grave diciamo controllabile, di sociopatia.
Sociopatia iperattiva, oserei dire nel tuo caso.
Ad ogni modo, sai che per questo non c’è cura…l’unica cosa che puoi fare è essere cosciente delle tue azioni e cercare di controllarla in modo moderato. Non è facile essere così, Sherlock. Lo so…-
Sherlock, lo guardò stranito “non è facile essere così? Che significa? Non ho quattro teste ho 10 occhi…sono normale solo…odio tutti e tutti mi odiano.” Ma anche questo non lo disse. Semplicemente si alzò e commentò:
-Non necessito di terapia dottore, i sentimenti non sono che un errore umano.-
 

Tornò alla realtà e notò che la luce che inondava la stanza era diventata più calda.
Sherlock Holmes, essendo un sociopatico, non aveva mai amato nessuno.
Anzi…lui nemmeno sapeva che cos’era l’amore…
L’unica cosa più vicina all’amore che avesse provato era per…Barbarossa.
Quando si era documentato sulla sociopatia aveva letto “persone incapaci di riconoscere i loro simili tali, solo come oggetti; abili disonesti e bugiardi; incapacità di pianificare; incapacità di instaurare relazioni se non con animali; mancanza di rimorso; irresponsabilità; inosservanza della sicurezza propria e degli altri; incapacità di conformarsi”.
Quelle parole lo colpirono come tanti aghi. Poi, più in basso,lesse:
“Si consiglia di stare alla larga di questi individui, potrebbero essere possibili assassini o criminali”.
Un’altra coltellata.
Era questo per la società, per il mondo? La peggiore specie di essere umano esistente sulla terra?
Nominato criminale PRIMA che potesse commettere qualsiasi tipo di crimine?
Era per questo che la gente lo evitava? Lo odiava? Perché era pericoloso per la loro sanità?
Da quel giorno, il giovane Sherlock, iniziò a estraniarsi e a isolarsi ancora di più dal mondo reale.
 
Sospirò e tra un pensiero e l’altro, aveva ormai finito il the.
La luce si era fatta viva e calda e irrigava di colori il 221B di Baker Street.
 
Eppure… un dubbio, in tutto quello…faceva non dormire la notte il detective.
John.
Non perché ora era sposato, più o meno felicemente, con Mary, se questo fosse il suo vero nome o meno, non importava.
Ben sì…perché…per John…provava dei sentimenti.
Sì, è vero. Aveva sperimentato molte volte su di lui…ma John…
Per lui avrebbe fatto QUALSIASI COSA.

Forse…lo amava…?
Non sapeva darsi una risposta a quel dilemma, ogni volta.
Ci aveva provato, molte volte.
Ma non lo sapeva.
Sherlock Holmes che non sapeva qualcosa, John avrebbe adorato scriverlo sul suo orrendo blog.
E pensare che una volta stava per dirglielo…quando Mycroft voleva esiliarlo…stava per dirglielo “John, ti amo” …ma no…che pessima idea… e così se ne uscì con quella frase senza senso, con quel suo tipico tono sarcastico.
 
Forse…avrebbe dovuto baciarlo…abbracciarlo…?
Ma…se non avesse provato nulla? Se quell’esperimento si fosse presentato un orrendo buco nell’acqua.
No, non poteva e non voleva permetterselo.
 
Forse, se anni addietro, prima della sua morte avesse detto a John che lo amava…sarebbe stato ricambiato…?
Non lo sapeva. John era l’unica domanda alla quale Sherlock non sapeva dare una risposta.
 
Era ancora lì, perso nei suoi pensieri, quando pesanti passi ben noti al detective, iniziarono a salire le scale.
Un tuffo al cuore.
John.
  
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