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Autore: J_Jace    16/04/2014    2 recensioni
Vi fu una persona nella vita di Camriel a Gerusalemme, che riuscì a sconvolgere la sua intera esistenza.
Ostacolata dalle avversità del destino e del tempo, riuscì a fargli capire quanto fosse importante l'amore, prima che Lilith glielo donasse al suo posto.
Come può evolversi il tutto, se il cuore giovane della protagonista ha i giorni contati?
Battito dopo battito, la gioia minaccia di spezzarsi.
Chi ha detto che l'unico amore complicato è quello di Luce e Daniel?
E se nemmeno il nostro angelo biondo sapesse tutto del passato suo fratello?
La terra di Israele ha visto più cose - E più angeli e demoni - di quanto chiunque si possa immaginare.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cameron Briel, Daniel Grigori, Lilith, Luce Price, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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-Questa mortalità umana-



I
Hourglass
-
Clessidra

Non amare, né odiare la tua vita: ma il tempo che vivi;
Vivilo bene, lascia al cielo decidere quanto sia breve o lungo.


Gerusalemme, Israele
(13 Agosto 1007 A.C.)

Erano ormai da tre anni che, nelle giornate particolarmente afose, mi era stato proibito di uscire dalla mia abitazione. Era divenuto un rituale, quello d'attendere al chiuso, dove i raggi solari non potessero scivolarmi sulla pelle, che il giorno cedesse il passo all'aria fresca della sera. Solo con l'arrivo dell'imbrunire potevo cacciare la testa fuori dall'uscio. Ovvero nello stesso istante in cui tutti gli altri rincasavano, per sfuggire alle tenebre a cui io ero costretta tutto il dì. E così passavo il mio - allora inconsapevolmente preziosissimo - tempo, ad aspettare che esso trascorresse. La mia vita scivolava sopra quel periodo d'inattività, con agognata lentezza, prima di riprendere a scorrere fin troppo veloce nelle stagioni più temperate-fredde.
Era così tremendamente angosciante rispettare regole che per me non avevano alcun nesso logico. Mi veniva chiesto di badare a me stessa, senza specificarmi cosa vi fosse in me che necessitava di cure e attenzioni. Qualcosa... qualcosa non andava. Non avevo un pezzo essenziale, oppure era danneggiato e poteva implodere da un momento all'altro. Dentro di me, mancava una parte. E a quanto pareva, nemmeno i miei genitori potevano sostituirla.
Lo avevo capito proprio in una giornata estiva dalle loro voci angoscianti, mentre le ascoltavo la notte, al sicuro sotto le coperte. Il mio cuore era in pericolo, e salvarlo sembrava impossibile. Ma resto una bambina di nove anni. Posso accettare che io sia più fragile, però non ci si può aspettare che io sappia aiutare me stessa, quando nessuno cerca di assistermi nell'impresa.
E capita di dimenticarsi di essere diversi, quando la curiosità bambinesca assale il nostro corpo.

-"Susanna..."-
C'è solo una persona al mondo che mette nel mio nome tanta dolcezza. Esiste un'unica donna capace di pronunciarlo per intero facendolo sembrare una ninna nanna. Una sola, che lo sussurra come se fosse qualcosa da proteggere e al contempo verso cui provare un'angoscia distruttrice.
Smisi immediatamente di lavorare alla mia composizione di fiori. Stavo creando una corona di ribes, per la regina che mi proteggeva. E che in quel momento mi stava chiamando. Alzai la testa, con la percezione di un sorriso sulle mie labbra pallide. Le sue iridi azzurre che mi fissarono amorevolmente mi risucchiarono in un vortice di tenerezza e tristezza. Una combinazione che aleggiava spesso in ogni occhiata che mi rivolgeva. Come se ognuna di esse, potesse essere l'ultima che mi potesse donare.
-"Sì, mamma?"-, le chiesi, ignorando come sempre quel brivido che mi sconvolgeva ogni volta i sensi, mentre mi percorreva la schiena. Non mi piace vederla angosciata. Lei deve sorridere e basta. La sua voce deve cullarmi nei sogni come una melodia dolce, non malinconica. Ogni volta che i miei genitori e le persone del villaggio mi regalano sguardi colmi di significati incompresi, sento il mio cuore morire un po' alla volta. Sussulta e si viene scombussolato nel petto, come se volesse uscirne.
Lei esitò un attimo, scoccando un'occhiata alla porta lasciata socchiusa da cui è entrata nella capanna. Poi sforza un sorriso, ma è chiaramente teso. -"Ci sono... Lucinda e Liliht che chied..."-, non ebbe tempo di finire. Non glielo concessi. Lo rubai, e lo utilizzai per saltare in aria con un nuovo sorriso più grande del precedente. -"Davvero?"-, riuscii a fiatare, al colmo della felicità. Lei tentennò un attimo solo, prima di donarmi un altro sorriso. E' vero questa volta. Illuminò la stanza, e come solo un sole può riempire di calore una giornata, io mi sentii colmare dalla felicità che quel gesto lasciava trasparire. -"E... e se non le hai cacciate..."-, incominciai, meravigliata, congiungendo le mani davanti a me, come in una muta preghiera. -"Significa forse che sta volta posso uscire? An... anche se è estate?"-
All'improvviso sul suo viso vidi inseguirsi indecisione e puro terrore. Come mai era atterrita? Mi si avvicinò di colpo, e mi afferrò le spalle nella tipica stretta delicata ma decisa delle madri. Da quella distanza ravvicinata mi era possibile vedere la sua giovinezza. Non aveva ancora trent'anni, ma il viso abbronzato ne dimostrava anche di più quando aggrottava la fronte come in questo momento. Quando gli occhi le si facevano quasi vitrei e mi fissavano come se non fossi più lì, avvolta dalle sue braccia. Quando le labbra le tremavano violentemente, come se stessero sussurrando frasi in una lingua sconosciuta. Sembrava quasi che il tempo la stesse divorando più in fretta: era questo quel che succedeva quando si era costantemente in ansia?
E poi, inarcando le sopracciglia, mi scoccò un'occhiata indecifrabile. -"Oggi... è nuvoloso e le temperature si aggirano sui venti. Puoi andare, ma devi tornare subito nel caso in cui le nuvole si diradino"-, si raccomandò, mordendosi le labbra. Detto ciò, tuttavia, non lasciò la presa sulle mie spalle. Mi strinse più forte, stropicciandomi leggermente l'abito di lino bianco che indossavo, guardandomi di sottecchi. Sembrava cercare qualcosa dentro di me. Sperava forse che il pezzo mancante si fosse messo a posto? Oppure cercava la forza dentro di me, per ripromettersi che sarei tornata indietro? E poi, di colpo, senza alcun preavviso, mi liberò. -"Va'. Ma bada di tornare da me. Non sono ancora disposta a cederti agli angeli."-, mi mormorò, mentre correvo trafelata verso la porta, dimenticandomi con quel gesto tutta la tristezza dentro le sue parole.
La regina restò sola nel suo castello, crogiolandosi nelle sue paure, in attesa che un essere celeste andasse a consolarla. Ma non arrivò alcun conforto dal paradiso: nessun segno di comprensione per le sue pene. Qualcuno avrebbe esaudito la sua preghiera nei confronti della figlia?

-"Tu che proponi di fare, adesso, Susan?"-, mi domandò gentilmente Lucinda, sorridendomi con dolcezza. Era sempre stato così. Sebbene tra me e lei corresse solo un anno di differenza, il suo bisogno di donare amore, mi faceva apparire come una creatura più piccola bisognosa di attenzioni. E allora cercava di coinvolgermi nella scelta dei giochi mattutini. Lilith, che distanziava Luce di due anni e che si era auto-nominata il capitano del nostro piccolo gruppo, come ogni volta sorrise. Distese il viso nella sua solita espressione serena, facendoci beare della sua bellezza, prima di coricarsi dolcemente sul prato verdeggiante, in attesa della mia risposta.
Eravamo in riva al fiume, all'ombra di un carrubo, benché il timido sole non si fosse ancora svelato. Mi guardai attorno, anch'io sorridente, alla ricerca di qualche attrazione. Mancava ancora molto al calar della notte, e la consapevolezza di poter passare tutto quel tempo in compagnia delle mie due amiche, mi faceva sentire rigenerata. Puntai un dito sull'acqua cristallina che scorreva placidamente di fronte a noi. -"Non ci ho ancora pensato. Ma intanto possiamo bagnarci i piedi!"-, suggerii docilmente, in attesa di un consenso o un rifiuto.
Loro annuirono e iniziarono a incamminarsi verso la sponda del piccolo torrente, poco distante. Si sedettero sul limitare tra l'erba e lo specchio trasparente, attraverso cui si intravedevano piccoli pesciolini nuotare velocemente, sfruttando la corrente. Le osservai, restando lievemente indietro, mentre si sfilavano i sandali con cura per poi posarli al loro fianco con delicatezza. Le loro movenze erano così curate e precise, che m'incantai a guardare le mie uniche amicizie mentre, ridacchiando per l'acqua fredda, immergevano in essa le piante dei piedi. Iniziarono a muoverli avanti e indietro, tenendo i vestiti su per non bagnarli. Piccoli schizzi decoravano quella scena gioiosa. Mi sentii assalire dalla voglia di farne parte. Volevo anch'io ridere fino a dimenticare tutto. Creare un universo in cui esistevano solo pensieri positivi ed emozioni portatrici di felicità.
Avanzai, attirata dalle risate delicate delle due bambine poco più grandi di me. Dopo appena un paio di passi, quando fui fuori dall'ombra gettata dal carrubio, quando solo un altro paio mi separavano dal piccolo gioco di spruzzi intrapreso tra Lucinda e Lilith, qualcosa cambiò.
Inaspettatamente, il sole riuscì a forare la protezione data dalle nubi lattee. E si affacciò più caldo di quanto mi aspettassi su Gerusalemme. Socchiusi gli occhi, alzando una mano per coprirmi la vista dalla luce accecante che improvvisamente aveva assalito tutto il villaggio. Il suo abbraccio caldo e avvolgente si chiuse su tutti, scaldando e rischiarando ogni cosa. Non era come quello tiepido della primavera, e nemmeno come quello distante dell'inverno. Il suo calore era facilmente percepibile, e la sua bellezza era mille volte più sconvolgente.
Per me, fu come se all'improvviso avessi scoperto la vista dalla benda pesante che mi impediva da sempre di vedere, contemplare, in tutto il suo splendore, il mondo che mi circondava.
Il prato verde su cui mi trovavo, assunse svarianti tonalità più lucenti, riuscendo ad apparire quasi vivo. I fiori che erano fioriti durante la primavera, si mostrarono perfetti, adornati dalle gocce di rugiada che si apprestavano a scivolare sullo stelo fino al terreno.  L'acqua del fiume, prese a brillare come le stelle della volta celeste: il sole rifletteva su di essa giochi di luce e colori. Non sembrava più priva di personalità, quel liquido prima trasparente e ora brillantinato. Gli occhi delle due bambine più chiari: la pupilla più piccola concesse maggior spazio all'iride, permettendo di osservarne le miriadi sfacettature.
Abbassai il braccio, totalmente presa da quel dono della natura. Il sole si stava rivelando in tutta la sua algida gloria, e io non potevo far altro che stare in adorazione. Mi imposi di fissarlo, prendendo a lacrimare per lo sforzo. Volevo accoglierlo in me, per poterlo avere sempre.
-"E' così bello..."-, sussurrai rapita, continuando la mia contemplazione. Riuscivo udire distrattamente Lucinda e Lilith pregarmi di ritornare all'ombra. Ma era una presa in giro? Mi stavano seriamente chiedendo di rinunciare a tutto quello splendore? Sentii un tremito attraversarmi le vene. Sembrava che il sangue che vi scorreva all'interno, fosse diventato fuoco vivo. Sì, la mia pelle pallida, ormai non avvezza a ricevere un qualche tipo di calore, si stava velocemente scaldando, fino quasi a bruciare. Il cuore iniziò a pompare più sangue nelle arterie, mentre prendevo a respirare affannosamente. Allargai gli occhi, come per cercare di catturare definitivamente il sole. Sentivo il suo calore dentro di me.
Una raffica di vento improvvisa mi portarono alle orecchie le voci concitate delle mie due amiche. Riabbassai lo sguardo dal cielo, per posarlo su di loro. Si stavano velocemente alzando dalla riva su cui si erano accomodate, pronte a raggiungermi e a costringermi a forza ad andare al riparo. Il mio campo visivo era pieno di sfere multicolori, che volavano dolcemente avanti e indietro, ma questo non m'impedì d'osservare un nuovo miracolo della natura.
Con il vento, presero a spandersi nell'aria i soffioni e alcuni petali di gigli bianchi. Volteggiavano a mezz'aria, ancora semi bagnati dalla rugiada, impegnati in una danza di cui i passi erano solo loro a conoscenza. Le fronde del carrubio vibrarono di una musica incomprensibile, eppure così tanto udita. Cominciai a ridere a gran voce, dando sfogo alla mia felicità, prendendo a girare su me stessa, e a ballare tra i fiori volanti, con il vento che mi scompigliava i capelli biondi.
Sentii anche Luce iniziare a ridacchiare, deliziata, mentre muoveva qualche passo scalza sull'argine tra erba e fiume, mentre Lilith scuoteva la testa con un sorriso appena percettibile. Le raggiunsi sulla riva, godendo di quella sensazione celestiale. Ero come in estasi. Il cuore batteva veloce come un colibrì, il respiro fuoriusciva dolce e rapido, l'elettricità di un calore sconosciuto mi pervadeva il corpo. Chiusi un attimo gli occhi, sorridendo per quella indimenticabile mattina soleggiata.
Un brivido più lungo degli altri. E poi una contrazione.
Il sussulto che fece il mio cuore, mi fece portare all'improvviso le mani al petto. Non batteva più come le ali di un passerotto. Proprio... non batteva. Spalancai le palpebre, mentre aprivo la bocca. Nessun suono ne fuoriuscì. Venni risucchiata verso il basso, e mi lasciai cadere. Infransi lo specchio luccicante, e l'acqua gelida sulla mia pelle surriscaldata ebbe il potere di far balbettare di nuovo il mio organo difettoso. Uno. Due. Tre volte ancora.
Levai gli occhi all'insù: il sole, aldilà della superficie trasparente, se ne restava fermo e irraggiungibile a fissarmi, leggermente sfocato. Un'immagine sbiadita, troppo lontana per potermi soccorrere.

Qualche tempo dopo, quando fui trascinata priva di sensi nella mia dimora, dove venni visitata dal parroco del tempio, con ancora l'acqua del fiume a rendere il mio vestito fradicio, venni a conoscenza del mio pezzo mancante.
E' successo tutto d'un tratto, e il fuoco del sole si è istallato nel mio fragile cuore, esaudendo il mio desiderio nel peggiore dei modi. Lo sentirò sempre bruciare in me, come la stella di fulgida bellezza che mi ha ammaliato, e tuttavia, questo porterà alla mia stessa morte. E' ciò che dicono gli uomini più facoltosi e saggi del villaggio. Gli angeli mi hanno donato un pezzo della loro gloria, e mi hanno permesso di conservarla all'interno del mio organo da sempre difettoso, finché essa stessa non mi divorerà l'anima.
Questo calore, che agognavo solo per l'emozioni sconvolgenti che mi portava a sperimentare, sarà la mia croce, poiché m'impedirà di abbracciarle e viverle ancora una volta. Nel momento in cui l'adrenalina ha preso a scorrere nel sangue, e la sabbia presente nella clessidra - paragonabile alla durata della mia vita - a scivolare più velocemente, ogni singolo stimolo d'ora in avanti potrà provocare la diminuzione dei granuli che mi restano da assaggiare. Quanto tempo mi resta? Posso permettermi il lusso di sprecarlo, come ogni estate, al chiuso? E del resto, per spenderlo nella maniera adatta dovrei vivere sotto alla luce del sole, rischiando di farmi assalire da nuove ondate di sentimenti troppo insistenti e potenti per poter essere arrestati. Non si può sopraffare la gioia, troncarla di colpo, appena la si sente prendere il sopravvento sulla propria vita. 
Ti priveresti mai della tua felicità solo per continuare a vivere una vita non degna di essere definita tale?
Ci sarà mai qualcosa che ti spingerà a preferire le tue gioie ai i tuoi turbamenti?
Vivere in malo modo il periodo di vita che mi è stato concesso, o rendere ogni secondo indimenticabile, ignorando il mio cuore e la sua precaria situazione?
Il basamento dell'uomo è la sopravvivenza.
Il mio obiettivo potrà mai virare su altro, che non la mia illusoria salvezza?



Note dell'autore:
Incredibile, ma vero: ho aggiornato dopo pochissimo tempo dall'ultima volta 0.0
Probabilmente perché non volevo lasciare solo un pezzettino ino ino ino di trama per chissà quanto tempo xD Già il 2° cap. ci metterà una vita per arrivare u.u
Altro problema: faccio degli errori che... brrr >O<
Una volta sono riuscita a scrivere "mess'ora" al posto di mezz'ora, senza contare che io non ricontrollo mai quello che scrivo eue
Quindi per piacere... quando troverete - non c'è manco il 'se' ç_ç - dei strafalcioni, oltre a tirarmi un calcio virtuale, indicatemeli così li correggo e non faccio figuracce ù_u
La prossima volta spiegherò quale sarà la malattia di Sus nelle note.

1. La protagonista-narratrice:
Qui si scopre il nome della ragazza: Susanna :'D
Dico subito che lo abbrevierò molto spesso con 'Susan' o 'Sus', il che è intuibile anche da una frase in particolare che pensa lei stessa ;]
"Esiste un'unica donna capace di pronunciarlo per intero" Okay è molto velato, ma qui intendevo dire anche che di solito le persone non la chiamavano così. :']
Il carattere si preannuncia essere dolce e innocente, ma anche curioso e in parte intraprendente. =')

2. La citazione:
Il nostro caro John Milton :"3
Qui ci sta, dai u.u

3. Lunghezza capitolo:
Direi che è nella norma. :/
Ma non mi convince. >_<
E' troppo poco, è troppo troppo(?) o dovrebbe proprio non esistere un obbrobrio simile?
La terza è convincente, vero? x'D

4. Prossima volta che verrò a rompervi le scatole e a portare qualcosa di indecente sarà:
Ehm. Non faccio promesse, perché ogni singola volta - ma non ne manco una - che giuro qualcosa in campo scrittura-lettura-commenti non riesco a mantenere gli impegni per forze maggiori ._.
Mah. Spero di riuscirci prima che volino via 2 settimane :]
Abbiate pazienza con me T.T
 
-JJ
  
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