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Autore: Kapitan Kefiah    16/04/2014    0 recensioni
Via Lattea, Anno 2174.
sono passati vent'anni dagli eventi di Pandora, e quasi duecento dai fatti del Distretto 9.
La Galassia Conosciuta è un cosmo complesso, in cui diverse specie tentano di preservarsi e di convivere più o meno pacificamente nonostante gli interessi contrastanti, è un' era di Crisi, di pericoli e di punti cruciali, ma anche di opportunità.
Pericoli e Opportunità si intrecciano su questa luna nel Sistena Alpha Centauri, che si trova in un punto di svolta come mai prima nella sua storia.
Una storia che si dipanerà attraverso gli occhi e le azioni di coloro che vivono in questa era.
Benvenuti nell'era WEIJI.
Genere: Generale, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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(POV: Leila)
La porta del vagone si aprì, lei si fece strada a spallate e saltò giù.
La ragazza si cavò fuori dalla folla, si sistemò la giacca grigia con cappuccio e si spolverò con le mani guantate i pantaloni di jeans, poi diede un'occhiata alla mappa della fermata. Per il Front imboccare il corridoio a sinistra.
 
Le luci neon del corridoio erano vecchie e emettevano una luce giallastra, un paio erano fuori uso, il soffitto lasciava filtrare acqua ed era coperto di una immensa macchia di muffa verdognola, i muri coperti di macchie e buchi nell'intonaco, il pavimento incrostato quasi uniformemente di sporcizia e gomme da masticare fossilizzate, le panchine coperte di macchie e scritte, una a tal punto che le scritte sovrapposte erano del tutto incomprensibili. Su un lato vi erano le entrate di alcuni bagni pubblici, dalle porte aperte poteva vedere le piastrelle bianche delle pareti completamente annerite di scritte e cazzetti e il pavimento coperto di macchie e pozze, ma la cosa spettacolare era che non era solo da lì che veniva il fetore di piscio.
Kak, lo sapevo che sarei dovuta scendere dopo!
Si guardò intorno.
...Vabbè, il Front è vicino, ormai tanto vale proseguire.
Strinse le spalle e continuò a camminare.
L' unico rumore era quello delle pale dei condotti di areazione del corridoio, vide che una delle ventole era rotta e un paio di tecnici erano al lavoro per sostituirla.
Passò oltre, svoltò a destra e si trovò di fronte una grande scala. La salì di corsa e proseguì dritto.
Il corridoio si incrociava con altri tre, e lo stile architettonico non era spigoloso e scarno come il resto della metropolitana, il soffitto era a cupola, e coperto di mattonelle sbiancate dal tempo, così come i muri imbrattati di murales e scritte. C'era un forte odore di muffa.
Un suono di passi era l'unico rumore.
Quattro passi alla volta.
Si fermò, nella tasca destra della giacca mise mano allo spray irritante e si voltò.
Davanti a sé vide un uomo di colore che la superava di tutta la testa, con spalle larghe e braccia possenti, aveva i capelli tagliati molto corti e i lati della testa rasati a zero, il suo volto era tatuato in stile moai, uno dei suoi occhi era un innesto eyeborg e emanava una fioca luce rossa, la sua bocca era aperta in un sorriso che mostrava denti dritti e puliti, il cui bianco quasi splendeva in contrasto con la pelle ebano. Indossava un gilet giallo oro imbottito, una t-shirt bianca sotto, pantaloni da lavoro rattoppati e scarpe da trekking, al collo una collana di denti umani.
“Mbeh?” gli fece lei “che vuoi?”
“Buonasera signorina” rispose lui “scusi il disturbo ma durante l'ultima rissa tra bande mi si è rotto l' orologio” alzò il braccio sinistro mostrando al polso un orologio dal display a pezzi “potrebbe dirmi l'ora?”
Lei alzò un sopracciglio.
“Dammi un secondo...” guardò l' orologio “...sono le 19:38”
“Oh bene!” commentò l'uomo mentre si detergeva il sudore dalla fronte con un braccio “faccio ancora in tempo a comprare il pane!” si voltò e procedette “grazie mille, e attenzione che qua sotto girano brutti ceffi!”
Leila lo guardò allontanarsi, poi fece spallucce e proseguì.
Cinquecento metri più in là salì un'altra scala, e si ritrovò in un corridoio diverso: era più alto il soffitto, i muri erano stati ridipinti di fresco, così che c'erano meno murales- lo stile dei murales non era solo umano, alcune scritte erano geroglifici poleepkwa, altre in lingue che lei non comprendeva. Vicino ai muri c'erano vecchie casse metalliche, bidoni dell' immondizia e barili usati come falò. Appoggiati ai muri c' erano diverse persone, umani ma anche poleepkwa e na'vi.
Un suono attirò la sua attenzione.
Era il suono di uno strumento, come una chitarra.
Alla propria destra vide la fonte: una creatura bipede, avvolta in una mantella marrone dai motivi geometrici bianchi e con un cappello di paglia di forma romboidale, sotto questi indumenti la creatura era coperta di piume argentee, aveva gambe digitigrade da uccello, braccia terminanti in mani a quattro dita, una lunga coda con un ventaglio di piume rosse iridescenti sulla punta, e una testa da uccello con muso dentato da rettile, i suoi occhi erano grandi e di un verde brillante. Il dinosauroide stava seduto su un consumato tappeto di iuta, e suonava uno strumento musicale, composto da un corpo centrale romboidale cavo in legno con tre fori centrali, alle due estremità delle mezzelune di legno collegate da sottili corde metalliche, che esso pizzicava con un plettro tenuto tra i denti mentre modulava la tensione con le mani.
La ragazza si avvicinò, tirò fuori dalla tasca un po' di moneta, e lasciò vicino al suonatore tre crediti. Questi cinguettò per ringraziamento, poi riprese a suonare.
Raggiunse l' uscita della metropolitana, ed emerse nella zona sotterranea del quartiere alieno di Sidney.
Ai due lati del grande viale gli edifici abitativi, per ognuno dei sei piani vi era un balcone collegato a quello del piano opposto mediante ponti, sotto i balconi tutto era illuminato da luci neon. Al piano terra vi erano negozi e ristoranti contrassegnati da insegne olografiche, e in mezzo la strada, gremita di gente di tutte le razze, era divisa a met' da una lunga serie di aiuole con panchine.
Lei si incamminò attraverso la folla, d' improvviso un gruppo di bambini, tre umani, un poleepkwa  con un sacco di plastica e un kothrah, le si avvicinarono e le saltellarono intorno.
“Ehi! Ehi!” fece uno “come stai?”
“È un sacco che non venivi qui!” le fece un altro.
“Sai, è che sono stata impegnata” rispose lei senza smettere di camminare.
“dove-vai?” le cinguettò il piccolo kothrah.
“vado a trovare un amico” rispose lei.
“< a proposito >” il piccolo poleepkwa le tirò la giacca “< mio papà mi ha detto di darti questa! >”
“Cosa?” chiese lei.
Il piccolo le porse la borsa di plastica “< voleva ringraziarti per averlo aiutato a iscriversi alle serali!>”
“Oh, non dovevate!” lei prese la borsa e guardò dentro: cibo avvolto in un panno “ora scusatemi ma devo andare”
li distanziò mentre loro la salutavano.
Quando fu abbastanza lontana si frugò nella tasca della giacca, le sue mani trovarono il portafoglio.
Tirò un sospiro di sollievo.
Raggiunse una rampa di scale. Salì di corsa e raggiunse il sesto piano, camminò fino a un'ascensore, premette il pulsante e attese.
 
Uscì dall'ascensore, si ritrovò in un corridoio. Il pavimento di linoleum era lindo, le pareti bianche erano coperte di scritte e murales, l' intonaco del soffitto era pieno di crepe, le lampade neon emanavano una calda luce bianca. Lei si incamminò, tenendo d' occhio i numeri delle porte metalliche alla sua destra, alla sua sinistra c' erano delle finestre con sbarre che si aprivano sulla strada, la strada era più in alto rispetto al pavimento, rivelando il seminterrato.
Finalmente notò il numero che cercava: 114.
tirò fuori la chiave magnetica, la inserì nella serratura e questa scattò.
La ragazza entrò, ritrovandosi in un' anticamera, alla sua destra una cassapanca sovrastata da uno specchio, alla sua sinistra un attaccapanni con altre tre giacche, davanti un'altra porta. Rimise in tasca la chiave, si drizzò in punta di piedi per appendere la giacca e attraversò la porta.
Si ritrovò nel salotto, una stanza di otto metri per cinque con un soffitto alto poco più di tre metri, dalle pareti grigio chiaro illuminata da una bajour al neon, alla sua sinistra un piano cucina con lavandino, forno e fornelli elettrici, frigo e una porticina per la dispensa, due metri più in là una porta si apriva sulla camera da letto. Alla sua destra c' era la porta del bagno, un divano-letto foderato marrone con motivi argyle e due armadi metallici a sei piani con dei libri e dei cassetti per le schede di memoria, in mezzo ai due un televisore appeso al muro, sotto un tavolinetto metallico con dei giornali. Tutto il mobilio era proporzionato in modo strano, più grande del normale ma ancora utilizzabile da un umano.
Non è ancora arrivato...va be', rilassiamoci un po'!
Lei si incamminò fino al piano cucina, tirò fuori dalla borsa di plastica il contenuto e svolse il panno: da una parte dieci pagnotte sferiche avvolte in una pastella beige, poco più piccole di un pugno, dall'altra una ampolla sferica di liquido argenteo alta circa una spanna.
La ragazza prese da un cassetto un piatto fondo di plastica e ci mise cinque delle pagnotte, prese il piatto e l'ampolla, li poggiò su un mobiletto di fianco al divano e si sedette.
Prese una delle pagnotte e la addentò, il sapore della pastella di farina di lichene di Yilkhann, del pane e della carne  di wallaby le invasero la bocca. Masticò e mandò giù.
Tirò fuori dalla tasca il Pad, e accese il display. Apparve la foto di una iena maculata, dai grandi occhi neri e dal manto maculato color corniola, che stava seduta in una cuccia rossa. Lei premette una delle icone della schermata e si aprì la casella di posta elettronica. Selezionò l'ultimo messaggio:
“...Comunichiamo che la Sig.ra Leila Heiderose Nomusa Pfeiffer, dottoressa in Xenobiologia Applicata con specializzazione nella biologia pandoriana, è stata assunta dalla Divisione di Ricerca Pandoriana dell' Interspecific Commonwealth Administration, ed è invitata al trasferimento presso il centro di ricerca dell' Installazione 44, Arcipelago Orientale, Pandora...”
 
Mise via il Pad, bevve un sorso dall'ampolla, assaporò il liquore cremoso.
Si tolse le scarpe e si distese sul divano.
Pandora.
Sei anni di università, sei anni di sogni e suggestioni, e ora non le sembrava vero che fosse così vicino.
Togliersi un peso dalle spalle.
'Una nuova vita su un nuovo mondo', un colpo di spugna, lasciarsi dietro tutto e ricominciare.
Lasciarsi dietro la vecchia Terra, le scaramucce delle Fazioni Umane, la rovina, il proprio dolore...
Guardò in direzione della parete davanti a lei, a destra del divano-letto: una serie di foto incorniciate era appesa alla parete, una in particolare, più grande delle altre, catturò la sua attenzione.
Era stata scattata in un giorno di sole, sulle scale dell'entrata del Liceo Jean Claude Van Gogh di Johannesburg, ritraeva tre figure sulle scale rivolte verso la fotocamera. al centro stava lei, di otto anni più giovane, con addosso un paio di jeans sbiancati con una spessa cintura di cuoio con borchia a forma di teschio, una bandiera del Sudafrica legata in vita, un tank top bianco con disegni geometrici multicolore e una felpa leggera a maniche corte blu mare, portava anche un paio di occhiali da sole tondi e degli orecchini circolari. A destra stava un giovane poleepkwa, con l' esoscheletro kaki che sfumava in verde o in bianco e chiazzato di verde scuro, gli occhi arancio chiaro e i tentacoli facciali neri; indossava un paio di pantaloni larghi di tuta rosso pompeiano con un grandi tasche rosse lunghi fino al ginocchio, una t-shirt arancio aragosta con una scritta bianca in geroglifici poleepkwa ricamata sopra, un gilet viola addobbo funebre con cappuccio, polsiere di stoffa viola, e un cappello con visiera blu tenebra dotato di elica e ventilatore a energia solare, la moda estiva 2166 della comunità poleepkwa sudafricana. A sinistra invece c' era un na'vi accovacciato, con i lunghi capelli bianchi tenuti in una treccia, lui indossava una felpa smanicata kaki con cappuccio e decorazioni tribali, una t-shirt grigia a maniche lunghe, bretelle nere, guanti senza dita kaki, larghi pantaloni militari con pattern Desert CAMO, in faccia aveva un paio di occhiali da sole dalla montatura metallica nera e lenti squadrate, in una mano teneva una maschera filtrante, in testa una bandana beige con motivi argyle.
God Vark, gli piaceva già allora quello schifo!
Accennò un sorriso, poi prese un altro panino, sentì un verso, un cinguettio acuto, provenire dalla stanza da letto.
Dalla porta fece capolino un muso massiccio e piatto, vagamente canino, con grandi orecchie tonde e grandi occhi neri, coperta di pelo color fango che sfumava in una mascherina nera. Era sostenuto da un collo possente percorso da una criniera di lucente pelo nero, mentre la pelliccia a macchie sfumava in un bianco crema sul fondo, intorno aveva un collare con medaglietta in stile militare e con cucita sopra una bandana rossa con disegni geometrici bianchi contornati di blu. Una delle due orecchie aveva un lobo sfregiato e cicatrizzato, con segni di cucitura.
La iena maculata la guardò, emise di nuovo il cinguettio e quasi sembrò sorriderle, con la lunga lingua penzoloni e i denti ricurvi in vista.
Tutti e cinquantanove.
“Ficus!” gridò lei con gioia “vieni qui bastardo!”
La iena di 65 kili quasi scardinò la porta schizzando fuori dalla stanza a tutta velocità, frenò a un millimetro dal divano, salì con le zampe anteriori su di esso e si sporse per annusarla e leccarle la faccia, lei riuscì a girare in tempo la testa in modo che le leccasse la guancia e non la bocca, poi la abbracciò e le grattò il fianco.
“Bello che sei, ti sei ripreso subito eh?” disse lei mentre la iena saltava sul divano e si sdraiava di fianco a lei, lei gli accarezzò la testa, giocando con le dita tra i peli della criniera, mentre la iena si strusciava e grugniva.
Riprese la birra e bevve un altro po’, guardando sul tavolinetto si accorse della presenza di un giornale.
Sfogliò qualche pagina.
Un resoconto delle operazioni dell'esercito INC contro l' Alleanza Atlantica e la Fratellanza Orientale nel Sud-Sahara e contro il Patto Asiatico in Madagascar.
Alcune news sull' aggiornamento dei nuovi sistemi di propulsione Wormhole di ultima generazione.
Un delitto passionale.
Altri scontri armati fra gli animalisti e gli attivisti per i diritti delle macchine, tredici morti e ventisette feriti.
Olga Canari intervista sé stessa.
Fok, no.
Si trattenne dal leggere oltre.
Pure l' intervista a sé stessa, ma si può cadere più in basso di così?
Cedette.
“...e ora basta con questi pseudo buonismi, il dialogo interspecifico è una stronzata e chiunque affermi il contrario è cieco sordo e muto di fronte all'innegabile interminabile indifendibile atrocità che la nostra specie è costretta a subire da più di tre secoli, come se ci fosse la possibilità di un 'dialogo' con queste masse di invasori, perché solo gli utili idioti non vedono che questa è un'invasione, ma nessuno ha le palle di dire le cose come stanno, l' infestazione di frocetti politically correct è troppo avanti, povera Terra ora martoriata dai supplizi dei negri spaziali e nessuno ha le palle di reagire...”
si morse il labbro.
“...perchè qui caro mio, quatto quatto zitto zitto qui è in corso un genocidio, il genocidio della razza umana, il genocidio della nostra civiltà, il genocidio della luce di sapere e gloria che ereditiamo dalla nostra cultura, la nostra civiltà è un faro di luce ineguagliato che illumina le tenebre del cosmo, e da queste tenebre emergono questi negri spaziali, un'orda di invasori mostri assassini, per depredare avvelenare uccidere, e distruggere la luce che noi rappresentiamo, che loro vogliono soffocare spegnere nullificare! Non c'è civiltà al di fuori della Terra, ci sono soltanto e solamente masse di droni automi di carne senza individualità né intelligenza come i gamberoni, i pollosauri e i puffoni, quello oppure puri e semplici nazisti come i cosi striscianti e le scimmie lucertola...”
Digrignò i denti.
“...che già chiamare queste bestie 'negri spaziali' è già un complimento, almeno i negri sono ancora esseri umani(che poi caro mio, ai miei tempi chiamare negro un negro non era mica razzista, via via via queste scempiaggini da effeminati politically correct!), questi non sono nemmeno quello, sono subumani, inumani, anzi disumani! C'è forse qualcosa di minimamente umano nei puffoni, un'infestazione di selvaggi zoticoni che non sono mai riusciti a creare una cultura, buoni solo ad urlare ammazzare scannare e sacrificare tutto quello che si muove nel nome del loro Eya Eya e del cieco fanatismo con cui perpetrano il terrore? E nei pollosauri, starnazzanti piratuncoli e assassini dal cervello di gallina che sanno solo uccidere e rapinare e saccheggiare i più deboli, non hanno mai creato nulla da soli e sanno solo copiare dagli altri disumani, il tarocco di un tarocco! E nei cosi striscianti? Un dittatoriale impero nazista che ha invaso il nostro sistema solare e ha saccheggiato come voleva e nessuno ha potuto fare niente, come dimenticare la loro invasione dell' America, di Gibilterra e della Terra Santa, le sacre radici della Nostra Civiltà distrutte e profanate impunemente, le nostre donne e i nostri bambini uccisi oppure catturati torturati e venduti schiavi negli zoo e negli harem? Come dimenticare le scimmie lucertola, i politically correct si son fatti revisionisti e ci hanno costretti a dimenticare quali eccidi, quali massacri, quali atrocità abbiamo subito da quei mostri bavosi durante la Guerra Venusiana, i bambini mangiati, le colonie bruciate, le navi abbattute, non sapremo mai quanti uomini, donne, bambini, vecchi, neonati, ragazzi e ragazze sono stati trucidati squartati ammazzati, quanti milioni, quante centinaia di milioni, ma è meglio così perché stoicamente almeno non daremo soddisfazione alle scimmie lucertola di saper quale dolorosa piaga ci hanno inferto, almeno non balleranno per le strade ubriachi marci di sete di sangue...”
“il bilancio della Guerra Venusiana, dal 2092 al 2106” pensò lei “è stato stimato a 140 milioni di vittime, di cui 20 umani, 80 h'yaech, 30 khral, 10 poleepkwa, più dell'80% delle vittime erano civili”
“...atrocità che oggi per colpa degli intralci creati da quei comunisti dell' ICA si ripeteranno tali uguali sputate anche su Pandora, che ora certi collaborazionisti senza palle col paraocchi inizieranno a sputazzare che  la-guerra-venusiana-e-la-guerra-pandoriana-sono-state-guerre-di-invasione-e-i-puffoni-e-le-scimmie-lucertola-avevano-diritto-di-difendersi, povera massa di lobotomizzati giovinastri senza voglia di lavorare, motivo di vergogna dei vostri padri nonni e antenati, il diritto alla patria va conquistato(e io glielo toglierei insieme alle corde vocali in modo che smettano di infastidire), e i puffoni e le scimmie lucertola non hanno mai fatto niente nulla e zero per conquistarlo, l' umanità aveva tutto il diritto di prendersi quei pianeti, la nostra unica colpa è stata dare ascolto a certi professorini idioti e non spezzargli subito le reni fin da subito! A loro io chiedo ancora di dirmi dove vedono umanità nella mela più schifosa marcia e puzzolente di tutte, in quei sudici gamberoni, che per secoli per averli accolti con tutti gli onori per ripagarci hanno infestato degradato e insozzato la povera Johannesburg un tempo fiore all'occhiello dell'Africa, nessuno con un po'  di cuore ma sopratutto di palle avrebbe potuto tollerare di vedere quelle bestie bercianti e i meravigliosi quartieri che sotto il loro assedio marcivano e degradavano come belle donne stuprate...”
le sue dita si chiusero sulla carta, le sue unghie la perforarono.
“...che te lo dico io caruccio come risolverei io questo problema: una spruzzata di napalm come se non ci fosse un domani e paf, problema risolto ! E questo mi ricorda i bei tempi del Secondo Conflitto del Sudafrica, quando a Johannesburg non c'era spazio per certe cretinate, al tempo Io ero proprio lì e intervistai il Lupo Nero(come lo chiamavano i figli di Abramo, che lo temevano assai), sergente dello Squadrone di Pronto Intervento Ratel sempre in prima linea per la difesa della Civiltà, un aitante e virile Mandingo dalla pelle nera come ebano e affascinanti occhi blu che parevano diamanti di sangue, un fulgido esempio di come l' unica vera Civiltà avesse elevato persino quel continente di trogloditi, ah come ripuliva lui le strade dalla sporcizia dei gamberoni con il lanciafiamme ben prima che riuscissero a venire al mondo nessuno...”
buttò in un angolo la rivista, poi si asciugò il bordo di un occhio.
Dieci anni fa era la giornalista che l'aveva spinta a essere donna di cultura, a proseguire gli studi e a impegnarsi.
Ora era un'altra fiera esponente della massa di scribacchini mercenari che in cambio della loro servitù i partiti delle Fazioni Umane rimpinguavano di comparsate televisive e seggi in parlamento.
Lei ne aveva letti a decine di articoli come quello, articoli tutti uguali, da otto anni li leggeva, e ogni volta non erano le falsità e la bile a ferirla, era il senso di tradimento.
Lo stesso che qualcun altro a lei caro le aveva riservato...
Scolò quel che rimaneva della birra, si toccò la spalla sinistra, la massaggiò, era una di quelle volte in cui le faceva ancora male.
Poi sentì la porta sbloccarsi.

Piccola nota Autoriale:
Leila è sudafricana, quelle che lei sfodera sono parolacce in Afrikaans.
# Kak: merda;
# God Vark: d*o maiale;
# Fok: cazzo.
   
 
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