Mia Elbereth
Lay down your head
and I'll sing you a lullaby
Back
to the years of loo-li lai-lay
and I’ll sing you
to sleep, and I’ll sing you tomorrow
bless you with love for the road that you go.
Il
rumore è qualcosa di totale. Non c’è
silenzio che possa reggere le urla disperate di chi ha perso tutto, la
rabbia
di chi combatte contro il proprio nemico, le raccomandazioni di chi
teme per i
propri cari. Quando la guerra arriva travolge tutti: amici e familiari,
nemici
e alleati. Anche in quegli istanti il rumore era feroce, violento, non
un
momento di silenzio, né di cordoglio. Le frecce foravano
l’aria, i colpi di
spada la tagliavano in due. Alcuni cadevano, altri andavano avanti. La
terra
era la culla di coloro che avrebbero riposato in eterno, il cielo era
denso di
nuvole cupe, prossime al pianto. La montagna si ergeva più
maestosa di tutto il
resto, e osservava. Osservava la fine dei suoi figli, che combattevano
per i
propri fratelli, e per lei. Lei che era il simbolo di una casa ormai
perduta.
Il rumore è qualcosa di totale, colpisce tutti; ma il
silenzio difficilmente
può essere contrastato, quando il destino si riprende una
vita. In quegli
attimi così pieni di urla e terrore, in quello spiazzo
regnava il silenzio.
Sembrava quasi che una cupola avesse abbracciato i due che giacevano
l’uno
accanto all’altra, per permettere loro di poter salutare il
mondo e tornare a
casa.
Una giovane donna era china sul petto di un piccolo uomo, sdraiato per
terra,
dal volto provato. Le contrazioni che il dolore aveva causato a quel
viso
l’avevano reso più stanco, ma non meno bello.
Rispetto alla donna, dai folti
capelli rossi, l’uomo era di statura minuta: eppure
l’espressione che possedeva
tradiva un’esperienza maggiore, di una vita già
trascorsa.
-
Tauriel.
Quel
sussurro sembrò risvegliare la
donna dal suo stato d’incoscienza. Alzò il viso di
colpo, scoprendo due occhi
pieni di stelle. Erano così lucidi da sembrare quasi
trasparenti. Le orecchie a
punta ormai visibili, rivelarono cos’era in
realtà: un elfo. La sua
mano destra era stretta a pugno sulla casacca di
lui, quasi convulsamente, tremando appena. L’altra stringeva
un’arma
insanguinata, come del resto impregnati ne erano le vesti di entrambi.
Due
volti persi, dai lineamenti eleganti lei, dalla bellezza selvaggia lui,
eppure
attraversati da rughe di pena e dolore.
-
mi canteresti quella canzone?
Chiese
lui, a fatica, guardandola in
volto. Lei annuì, comprendendo subito a quale canto si
riferisse. Cercò di
avvicinarsi di più, trascinandosi, e avvertì solo
allora il dolore di una
lacerazione sul fianco. Non si arrese, e cantò per lui.
- and I’ll sing you to sleep, and
I’ll sing you tomorrow..
bless you with love.. for the road that you.. go-.
Pronunciò
l’ultima parola come un
singhiozzo, perché impossibile fu per lei trattenere
ulteriormente le lacrime.
Quelle iniziarono a rigarle il viso da sole, senza pretendere che lei
riuscisse
a bloccarle. Cercò ancora di abbassare il volto, per
nascondere almeno in parte
la sofferenza che provava, aggrappandosi sempre più alla
casacca di lui,
tremando sempre più forte. Il nano riuscì ad
alzare un braccio e a sfiorarle i
capelli, posando delicatamente le dita su una guancia ormai bagnata.
Tauriel
alzò il volto, bellissimo nella sua devastazione, e lui non
lasciò più andare i
suoi occhi.
-
Grazie.
Disse
infine, sorridendo. I suoi occhi
divennero improvvisamente vacui, e quando il tocco con la guancia di
lei venne
meno, l’elfo spalancò gli occhi.
-
Kili.
Disse,
afferrando di scatto quella
stessa mano che stava scivolando via. Il panico si
impossessò del suo volto
antico, che si muoveva convulsamente in segni di diniego.
-
Kili. Ti prego. No, no…
Cercò
di scuoterlo, di svegliarlo, ma rispose
il silenzio. Lui non c’era più.
Qualcosa si ruppe in lei in quell’istante. Silenzio e rumore
protessero
quell’attimo, nel mentre imperversava la battaglia. La ferita
che l’elfo aveva
sul fianco si allargava, ma il dolore che sentiva era interno, e
nessuna
medicina, né umana, né elfica,
l’avrebbe mai lenito. Il pianto in cui scoppiò
fu straziante, silenzioso, intenso: riempì il cielo. Il
pugno stretto attorno
alla sua casacca non accennò a sciogliersi. Continuava a
stringersi a quel
pezzo di stoffa, come se avesse paura che allentando la presa
l’avrebbe
perduto. Tauriel alzò di poco lo sguardo, per fissare ancora
una volta
l’immagine di Kili, l’ultima che avrebbe avuto modo
di vedere. In quell’istante
le tornarono in mente tutti gli attimi trascorsi con lui. I viaggi che
le loro
menti avevano immaginato assieme, la curiosità che li aveva
spinti ad
incontrarsi e a conoscere l’uno la storia
dell’altra, la speranza di un mondo
migliore.
-
Sono andata lì, qualche volta. Oltre la foresta, sulle
montagne, di notte. Ho visto il mondo cadere via.. e la luce bianca
dell’eternità riempire l’aria.
- Ho visto una luna di fuoco una volta. Si
era levata sul passo vicino a Dunland, era enorme! Rossa e dorata.
Riempiva il cielo.
La
luce dei suoi ricordi era tenue e
pura, quanto illusoria e lontana. Un’ombra li
oscurò, e lei seppe che la cupola
si era rotta. L’incantesimo era finito ed erano ripiombati
nell’odio della
guerra che li circondava. Un orco imponente maneggiava una lancia, e la
scagliò
contro di lei. Tauriel afferrò nuovamente il pugnale accanto
a lei e sferrò un
colpo, tagliando l’arma dell’orco in due, e si
alzò con uno slancio, gettandosi
con tutto il suo peso contro la creatura. La lama che
conficcò nel corpo del
nemico fece esalare al suo avversario il suo ultimo respiro, ed
entrambi si
lasciarono cadere ai lati opposti del terreno. L’elfo cadde
sulle ginocchia, tenendosi
il fianco e respirando a fatica. Ritirò la mano rossa di
sangue, e la strinse a
pugno sul terreno. Guardò ancora una volta il viso
dell’amato accanto a lei: sembrava
che dormisse, come nella canzone che la madre le aveva cantato da
piccola. Non
aveva memoria di quando egli aveva potuto udirla: ma era stato normale
per lei,
comprendere che la canzone fosse quella.
D’un tratto si sentì perforare la schiena da un
dardo appuntito. Spalancò gli
occhi, sputando sangue sulla terra che la separava da Kili. Il suo
respiro
divenne ancora più affannoso, i sensi iniziarono a spegnersi
in lei. Era stata
colpita da una freccia, lo sapeva anche senza voltarsi. Avrebbe potuto
resistere, se non fosse già stata ferita al fianco.
Sentì la vista annebbiarsi,
e non volle guardarsi indietro. Avrebbe lasciato questo mondo guardando
il viso
di lui, sperando che là dove sarebbe andata,
l’avrebbe ritrovato. Riuscì solo a
scorgere gli occhi lontani di un amico dai capelli dorati, che le
apparvero
vicini e cristallini nella loro sofferenza. Sorrise.
‘Sii
forte, fratello’ avrebbe voluto dirgli.
Ma
il tempo dei saluti era finito.
Ritrovò il viso del nano accanto a lei, e provò
un’ultima fugace serenità nel
lasciare questo mondo. Strinse gli
occhi per il dolore, e si lasciò cadere. L’ultima
cosa che poté sentire, fu il
tocco delle dita di Kili, che con la stessa incertezza e lo stesso
amore,
l’avevano trovata già molte lune prima.
May you sail far to the far fields of fortune
With
diamonds and pearls at your head and your
feet
And
may you need never to banish misfortune
May
you find kindness in all that you meet
Con
un singulto Tauriel si alzò di
soprassalto. Inspirava ed espirava affannosamente, guardandosi attorno,
ad
occhi spalancati, senza avere coscienza di dove si trovasse. Quando
riuscì a
riprendere il controllo di sé stessa, scorse parte delle sue
guardie che
riposava poco lontano, mentre i due elfi di turno la guardavano
incerti.
-
Capitano?
Chiese
uno dei due. Tauriel alzò gli
occhi e iniziò a ricordare dove si trovasse, e
perché. Probabilmente era stata
l’ombra della montagna a confonderla. Cercò di
sembrare più calma possibile.
-
Quali notizie dall’oscurità?
Domandò
infine.
-
Nessuna capitano.
La
donna si lasciò sfuggire un sospiro.
Annuì.
-
Mi allontano per qualche istante.
Continuate a stare di guardia.
Ordinò,
congedandosi. Si diresse verso
un punto indistinto, tra l’ombra della montagna e la poca
vegetazione che su di
essa era cresciuta nei secoli. La presenza di Smaug aveva reso quel
posto
malsano, scagliando una maledizione molto simile a quella che aveva
colpito
bosco Atro. Quando si fu allontanata abbastanza dal resto
dell’accampamento, si
arrestò, lasciandosi cadere. Aveva immaginato tutto.
Ciò che aveva visto tra i
suoi pensieri più profondi era stato di un terrore ed una
potenza tale da
averle lasciato un tremore a livello della mano destra.
Quella stessa mano che era stretta alla
casacca di Kili, quasi convulsamente, come se potesse impedire alla sua
vita di
scivolare via. Era stato solo un sogno. Eppure ne sentiva la
ripercussione su
tutto il suo essere, come se fosse oppressa da un macigno impossibile
da rimuovere.
Non avrebbe sperato di fare pensieri positivi durante le sue poche ore
di
incoscienza, ma avrebbe preferito il nulla, il vuoto, un sonno senza
sogni,
piuttosto che presagi neri quanto il male che si sarebbe presto
abbattuto su di
loro. Tuttavia c’era una sensazione che non la lasciava, e
decise che avrebbe
visto il re del suo popolo per farvi chiarezza. Si alzò
piano, facendosi strada
tra i massi e le rovine, in quel posto che era solo terra e nulla
più. Erebor
un tempo era senz’altro stata bellissima: le canzoni
narravano delle sue sale
lucenti e della sfarzosità dei suoi re. D’altronde
era da tempo
incommensurabile che agli elfi non era più permesso entrare
nel regno che sta
sotto il monte, quindi sicuramente lei non l’avrebbe mai
saputo. Un ramoscello
si spezzò, facendola tornare alla realtà. Si
voltò di scatto con una mano
pronta a tirar fuori il pugnale, prima di riconoscere un volto amico
dietro di
lei. Lo chiamava mellon, ma in
realtà
era molto di più. Si era rispecchiata così tante
volte in quegli occhi
trasparenti da scorgere il suo riflesso, e negli anni l’aveva
visto mutare,
come un germoglio che si trasforma in un albero rigoglioso. Purtroppo
anche il
disprezzo e l’affanno si erano uniti a quel viso sempre
allegro e presente.
Disprezzo per quel mondo che invece lei amava, e avrebbe tanto voluto
scoprire.
Legolas la guardava, in attesa. Sapeva sempre quando qualcosa la
preoccupava, e
spesso aveva risposte che appartenevano alla stessa saggezza del padre.
-
Pensavi fossi un nano?
Chiese
infine, aprendo le braccia.
-
Pensavo di doverti lanciare un
pugnale.
Rispose
lei, rilassandosi.
-
Puoi ancora farlo.
La
sfidò lui, muovendo appena il capo.
-
Non cerco la guerra prima del tempo.
Non con la mia gente. Inoltre, t’infilzerei, mellon.
Ribatté
Tauriel con un sorriso. Anche
Legolas fece una piccola smorfia, avvicinandosi a lei.
-
Cosa cerchi allora, Tauriel del Reame
Boscoso? Perché senz’altro di qualcosa sei alla
ricerca, se lasci il tuo posto nel
bel mezzo della notte.
La
risposta dell’elfo dai capelli
dorati la disarmò. L’impetuosità della
sua visione la travolse nuovamente,
tanto da riuscire a sentire quelle stesse urla di sofferenza e quelle
mille
frecce tagliare l’aria. I suoi pensieri dovevano essere
così forti da rendere
partecipe perfino l’amico davanti a lei.
-
Tauriel?
La
preoccupazione di Legolas era
palpabile.
-
Cercavo il nostro re.
Rispose
infine lei, scuotendo il capo.
-
Perché è della sua saggezza che ho
molto bisogno.
L’elfo
davanti a lei la guardò a lungo.
-
Se è il re che cerchi, ti condurrò da
lui. Ma se posso fare qualcosa per contenere la devastazione dei tuoi
occhi,
non esitare a chiedere, Tauriel.
Il
silenzio calò tra i due. Se mille
pensieri lo riempirono, nessuno dei due lo seppe mai. Legolas fece per
voltarsi.
-
Io non ho il dono della preveggenza.
Disse
d’un tratto l’elfo silvano dai
capelli rossi. L’altro si voltò nuovamente a
guardarla.
-
Eppure, io mi domando: è possibile
che la magia del nostro popolo possa far sì che io veda
ciò che non si è ancora
verificato?
Tauriel
tentò di riassumere tutta la
sua paura e la sua sofferenza in quell’unica domanda. Si
chiese se Legolas
potesse avere una risposta a ciò che lei non aveva saputo
spiegare. Sperò che
avrebbe potuto placare l’angoscia che le opprimeva il petto.
-
La magia del nostro popolo è antica,
neanche i più saggi ne conoscono tutte le manifestazioni. A
volte è un
immagine, un suono o una parola, ma sì, quella stessa magia
ci permette di
vedere cose che devono ancora verificarsi. Se penso che questo sia
capitato a
te? Forse. Ma ora io chiedo a te: se ciò che hai visto
accadesse, cosa faresti?
L’elfo
dai capelli rossi rimase in
silenzio, tesa come una corda, senza potersi rilassare. Era
vero, allora – pensò.
L’indomani avrebbe visto la morte in
volto, e niente avrebbe potuto impedirlo. Davanti a lei il viso di
Legolas
sembrò ringiovanire di molti anni, e lo rivide
d’un tratto bambino, quando
correva accanto a lei tra gli alberi di bosco Atro. I suoi occhi
azzurri
gentili e rilassati nelle ore di gioco o di tiro con l’arco,
i duri allenamenti
per essere all’altezza di colui che per entrambi poteva
essere chiamato padre.
La donna tentò di sorridere.
-
Ti direi gi melin, mellon.
Rispose
infine. La tensione che aveva
lasciato il suo volto andò ad occupare quello
dell’amico dai capelli dorati. I
suoi occhi la scrutavano confusi, tentando di comprendere cosa lei gli
stesse
nascondendo. Tauriel si voltò, incamminandosi verso una meta
sconosciuta, o
forse semplicemente dove il destino l’avrebbe condotta sin
dall’inizio.
-
Tauriel.
Chiamò
ancora Legolas, facendo un passo
avanti. L’altra si voltò un’ultima volta.
-
Gi melin. Tenna tul re.
Disse,
accennando ad un sorriso. L’elfo
silvano dai capelli rossi, che da molte lune non aveva avuto modo di
rivedere
quel sorriso, lo contraccambiò, per poi voltarsi e sparire
nell’ombra della
montagna.
Note:
gi
melin: ti voglio bene
tenna tul re: a domani
Questa
song/long-fic è nata come
one-shot, tra le note di una canzone: ‘Sleep song’
dei Secret Garden. In
seguito si è sviluppata a tal punto da doverla dividere in
qualche capitolo.
Ogni volta che ascolto questa canzone mi vengono in mente gli ultimi
attimi
della battaglia dei cinque eserciti, ed ecco qui descritta
l’ultima notte prima
del grande scontro. Chi ha letto il libro avrà intuito il
riferimento temporale
agli accampamenti di elfi e uomini sotto la montagna. Per il resto..
questa è
la mia visione di come Jackson dovrebbe concludere la meravigliosa
rielaborazione che ne ha tratto, descritta dal POV di Tauriel (in
realtà ho più
di una sola idea e più di una sola conclusione, ma questa
è una delle tante).
Possa una stella brillare sul nostro incontro, miei cari lettori, e
spero che
apprezzerete la mia storia.
ValHerm