Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Ricorda la storia  |       
Autore: ValHerm    17/04/2014    0 recensioni
La terra era la culla di coloro che avrebbero riposato in eterno, il cielo era denso di nuvole cupe, prossime al pianto. La montagna si ergeva più maestosa di tutto il resto, e osservava. Osservava la fine dei suoi figli, che combattevano per i propri fratelli, e per lei. Lei che era il simbolo di una casa ormai perduta. In quegli attimi così pieni di urla e terrore, in quello spiazzo regnava il silenzio. Sembrava quasi che una cupola avesse abbracciato i due che giacevano l'uno accanto all’altra, per permettere loro di poter salutare il mondo e tornare a casa.
[KilixTauriel, post Desolazione di Smaug]
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kili, Legolas, Tauriel, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Mia Elbereth

 

Lay down your head and I'll sing you a lullaby
Back to the years of loo-li lai-lay
and I’ll sing you to sleep, and I’ll sing you tomorrow
bless you with love for the road that you go.



Il rumore è qualcosa di totale. Non c’è silenzio che possa reggere le urla disperate di chi ha perso tutto, la rabbia di chi combatte contro il proprio nemico, le raccomandazioni di chi teme per i propri cari. Quando la guerra arriva travolge tutti: amici e familiari, nemici e alleati. Anche in quegli istanti il rumore era feroce, violento, non un momento di silenzio, né di cordoglio. Le frecce foravano l’aria, i colpi di spada la tagliavano in due. Alcuni cadevano, altri andavano avanti. La terra era la culla di coloro che avrebbero riposato in eterno, il cielo era denso di nuvole cupe, prossime al pianto. La montagna si ergeva più maestosa di tutto il resto, e osservava. Osservava la fine dei suoi figli, che combattevano per i propri fratelli, e per lei. Lei che era il simbolo di una casa ormai perduta.
Il rumore è qualcosa di totale, colpisce tutti; ma il silenzio difficilmente può essere contrastato, quando il destino si riprende una vita. In quegli attimi così pieni di urla e terrore, in quello spiazzo regnava il silenzio. Sembrava quasi che una cupola avesse abbracciato i due che giacevano l’uno accanto all’altra, per permettere loro di poter salutare il mondo e tornare a casa.
Una giovane donna era china sul petto di un piccolo uomo, sdraiato per terra, dal volto provato. Le contrazioni che il dolore aveva causato a quel viso l’avevano reso più stanco, ma non meno bello. Rispetto alla donna, dai folti capelli rossi, l’uomo era di statura minuta: eppure l’espressione che possedeva tradiva un’esperienza maggiore, di una vita già trascorsa.

- Tauriel.

Quel sussurro sembrò risvegliare la donna dal suo stato d’incoscienza. Alzò il viso di colpo, scoprendo due occhi pieni di stelle. Erano così lucidi da sembrare quasi trasparenti. Le orecchie a punta ormai visibili, rivelarono cos’era in realtà: un elfo. La sua mano destra era stretta a pugno sulla casacca di lui, quasi convulsamente, tremando appena. L’altra stringeva un’arma insanguinata, come del resto impregnati ne erano le vesti di entrambi. Due volti persi, dai lineamenti eleganti lei, dalla bellezza selvaggia lui, eppure attraversati da rughe di pena e dolore.

- mi canteresti quella canzone?

Chiese lui, a fatica, guardandola in volto. Lei annuì, comprendendo subito a quale canto si riferisse. Cercò di avvicinarsi di più, trascinandosi, e avvertì solo allora il dolore di una lacerazione sul fianco. Non si arrese, e cantò per lui.

- and I’ll sing you to sleep, and I’ll sing you tomorrow..
bless you with love.. for the road that you..
go-.

Pronunciò l’ultima parola come un singhiozzo, perché impossibile fu per lei trattenere ulteriormente le lacrime. Quelle iniziarono a rigarle il viso da sole, senza pretendere che lei riuscisse a bloccarle. Cercò ancora di abbassare il volto, per nascondere almeno in parte la sofferenza che provava, aggrappandosi sempre più alla casacca di lui, tremando sempre più forte. Il nano riuscì ad alzare un braccio e a sfiorarle i capelli, posando delicatamente le dita su una guancia ormai bagnata. Tauriel alzò il volto, bellissimo nella sua devastazione, e lui non lasciò più andare i suoi occhi.

- Grazie.

Disse infine, sorridendo. I suoi occhi divennero improvvisamente vacui, e quando il tocco con la guancia di lei venne meno, l’elfo spalancò gli occhi.

- Kili.

Disse, afferrando di scatto quella stessa mano che stava scivolando via. Il panico si impossessò del suo volto antico, che si muoveva convulsamente in segni di diniego.

- Kili. Ti prego. No, no…

Cercò di scuoterlo, di svegliarlo, ma rispose il silenzio. Lui non c’era più.
Qualcosa si ruppe in lei in quell’istante. Silenzio e rumore protessero quell’attimo, nel mentre imperversava la battaglia. La ferita che l’elfo aveva sul fianco si allargava, ma il dolore che sentiva era interno, e nessuna medicina, né umana, né elfica, l’avrebbe mai lenito. Il pianto in cui scoppiò fu straziante, silenzioso, intenso: riempì il cielo. Il pugno stretto attorno alla sua casacca non accennò a sciogliersi. Continuava a stringersi a quel pezzo di stoffa, come se avesse paura che allentando la presa l’avrebbe perduto. Tauriel alzò di poco lo sguardo, per fissare ancora una volta l’immagine di Kili, l’ultima che avrebbe avuto modo di vedere. In quell’istante le tornarono in mente tutti gli attimi trascorsi con lui. I viaggi che le loro menti avevano immaginato assieme, la curiosità che li aveva spinti ad incontrarsi e a conoscere l’uno la storia dell’altra, la speranza di un mondo migliore.

- Sono andata lì, qualche volta. Oltre la foresta, sulle montagne, di notte. Ho visto il mondo cadere via.. e la luce bianca dell’eternità riempire l’aria.
- Ho visto una luna di fuoco una volta. Si era levata sul passo vicino a Dunland, era enorme! Rossa e dorata. Riempiva il cielo.

La luce dei suoi ricordi era tenue e pura, quanto illusoria e lontana. Un’ombra li oscurò, e lei seppe che la cupola si era rotta. L’incantesimo era finito ed erano ripiombati nell’odio della guerra che li circondava. Un orco imponente maneggiava una lancia, e la scagliò contro di lei. Tauriel afferrò nuovamente il pugnale accanto a lei e sferrò un colpo, tagliando l’arma dell’orco in due, e si alzò con uno slancio, gettandosi con tutto il suo peso contro la creatura. La lama che conficcò nel corpo del nemico fece esalare al suo avversario il suo ultimo respiro, ed entrambi si lasciarono cadere ai lati opposti del terreno. L’elfo cadde sulle ginocchia, tenendosi il fianco e respirando a fatica. Ritirò la mano rossa di sangue, e la strinse a pugno sul terreno. Guardò ancora una volta il viso dell’amato accanto a lei: sembrava che dormisse, come nella canzone che la madre le aveva cantato da piccola. Non aveva memoria di quando egli aveva potuto udirla: ma era stato normale per lei, comprendere che la canzone fosse quella.
D’un tratto si sentì perforare la schiena da un dardo appuntito. Spalancò gli occhi, sputando sangue sulla terra che la separava da Kili. Il suo respiro divenne ancora più affannoso, i sensi iniziarono a spegnersi in lei. Era stata colpita da una freccia, lo sapeva anche senza voltarsi. Avrebbe potuto resistere, se non fosse già stata ferita al fianco. Sentì la vista annebbiarsi, e non volle guardarsi indietro. Avrebbe lasciato questo mondo guardando il viso di lui, sperando che là dove sarebbe andata, l’avrebbe ritrovato. Riuscì solo a scorgere gli occhi lontani di un amico dai capelli dorati, che le apparvero vicini e cristallini nella loro sofferenza. Sorrise.

Sii forte, fratello’ avrebbe voluto dirgli.

Ma il tempo dei saluti era finito. Ritrovò il viso del nano accanto a lei, e provò un’ultima fugace serenità nel lasciare questo mondo. Strinse gli occhi per il dolore, e si lasciò cadere. L’ultima cosa che poté sentire, fu il tocco delle dita di Kili, che con la stessa incertezza e lo stesso amore, l’avevano trovata già molte lune prima.

 

May you sail far to the far fields of fortune
With diamonds and pearls at your head and your feet
And may you need never to banish misfortune
May you find kindness in all that you meet

 

Con un singulto Tauriel si alzò di soprassalto. Inspirava ed espirava affannosamente, guardandosi attorno, ad occhi spalancati, senza avere coscienza di dove si trovasse. Quando riuscì a riprendere il controllo di sé stessa, scorse parte delle sue guardie che riposava poco lontano, mentre i due elfi di turno la guardavano incerti.

-  Capitano?

Chiese uno dei due. Tauriel alzò gli occhi e iniziò a ricordare dove si trovasse, e perché. Probabilmente era stata l’ombra della montagna a confonderla. Cercò di sembrare più calma possibile.

- Quali notizie dall’oscurità?

Domandò infine.

- Nessuna capitano.

La donna si lasciò sfuggire un sospiro. Annuì.

- Mi allontano per qualche istante. Continuate a stare di guardia.

Ordinò, congedandosi. Si diresse verso un punto indistinto, tra l’ombra della montagna e la poca vegetazione che su di essa era cresciuta nei secoli. La presenza di Smaug aveva reso quel posto malsano, scagliando una maledizione molto simile a quella che aveva colpito bosco Atro. Quando si fu allontanata abbastanza dal resto dell’accampamento, si arrestò, lasciandosi cadere. Aveva immaginato tutto. Ciò che aveva visto tra i suoi pensieri più profondi era stato di un terrore ed una potenza tale da averle lasciato un tremore a livello della mano destra.  Quella stessa mano che era stretta alla casacca di Kili, quasi convulsamente, come se potesse impedire alla sua vita di scivolare via. Era stato solo un sogno. Eppure ne sentiva la ripercussione su tutto il suo essere, come se fosse oppressa da un macigno impossibile da rimuovere. Non avrebbe sperato di fare pensieri positivi durante le sue poche ore di incoscienza, ma avrebbe preferito il nulla, il vuoto, un sonno senza sogni, piuttosto che presagi neri quanto il male che si sarebbe presto abbattuto su di loro. Tuttavia c’era una sensazione che non la lasciava, e decise che avrebbe visto il re del suo popolo per farvi chiarezza. Si alzò piano, facendosi strada tra i massi e le rovine, in quel posto che era solo terra e nulla più. Erebor un tempo era senz’altro stata bellissima: le canzoni narravano delle sue sale lucenti e della sfarzosità dei suoi re. D’altronde era da tempo incommensurabile che agli elfi non era più permesso entrare nel regno che sta sotto il monte, quindi sicuramente lei non l’avrebbe mai saputo. Un ramoscello si spezzò, facendola tornare alla realtà. Si voltò di scatto con una mano pronta a tirar fuori il pugnale, prima di riconoscere un volto amico dietro di lei. Lo chiamava mellon, ma in realtà era molto di più. Si era rispecchiata così tante volte in quegli occhi trasparenti da scorgere il suo riflesso, e negli anni l’aveva visto mutare, come un germoglio che si trasforma in un albero rigoglioso. Purtroppo anche il disprezzo e l’affanno si erano uniti a quel viso sempre allegro e presente. Disprezzo per quel mondo che invece lei amava, e avrebbe tanto voluto scoprire. Legolas la guardava, in attesa. Sapeva sempre quando qualcosa la preoccupava, e spesso aveva risposte che appartenevano alla stessa saggezza del padre.

- Pensavi fossi un nano?

Chiese infine, aprendo le braccia.

- Pensavo di doverti lanciare un pugnale.

Rispose lei, rilassandosi.

- Puoi ancora farlo.

La sfidò lui, muovendo appena il capo.

- Non cerco la guerra prima del tempo. Non con la mia gente. Inoltre, t’infilzerei, mellon.

Ribatté Tauriel con un sorriso. Anche Legolas fece una piccola smorfia, avvicinandosi a lei.

- Cosa cerchi allora, Tauriel del Reame Boscoso? Perché senz’altro di qualcosa sei alla ricerca, se lasci il tuo posto nel bel mezzo della notte.

La risposta dell’elfo dai capelli dorati la disarmò. L’impetuosità della sua visione la travolse nuovamente, tanto da riuscire a sentire quelle stesse urla di sofferenza e quelle mille frecce tagliare l’aria. I suoi pensieri dovevano essere così forti da rendere partecipe perfino l’amico davanti a lei.

- Tauriel?

La preoccupazione di Legolas era palpabile.

- Cercavo il nostro re.

Rispose infine lei, scuotendo il capo.

- Perché è della sua saggezza che ho molto bisogno.

L’elfo davanti a lei la guardò a lungo.

- Se è il re che cerchi, ti condurrò da lui. Ma se posso fare qualcosa per contenere la devastazione dei tuoi occhi, non esitare a chiedere, Tauriel.

Il silenzio calò tra i due. Se mille pensieri lo riempirono, nessuno dei due lo seppe mai. Legolas fece per voltarsi.

- Io non ho il dono della preveggenza.

Disse d’un tratto l’elfo silvano dai capelli rossi. L’altro si voltò nuovamente a guardarla.

- Eppure, io mi domando: è possibile che la magia del nostro popolo possa far sì che io veda ciò che non si è ancora verificato?

Tauriel tentò di riassumere tutta la sua paura e la sua sofferenza in quell’unica domanda. Si chiese se Legolas potesse avere una risposta a ciò che lei non aveva saputo spiegare. Sperò che avrebbe potuto placare l’angoscia che le opprimeva il petto.

- La magia del nostro popolo è antica, neanche i più saggi ne conoscono tutte le manifestazioni. A volte è un immagine, un suono o una parola, ma sì, quella stessa magia ci permette di vedere cose che devono ancora verificarsi. Se penso che questo sia capitato a te? Forse. Ma ora io chiedo a te: se ciò che hai visto accadesse, cosa faresti?

L’elfo dai capelli rossi rimase in silenzio, tesa come una corda, senza potersi rilassare. Era vero, allora – pensò. L’indomani avrebbe visto la morte in volto, e niente avrebbe potuto impedirlo. Davanti a lei il viso di Legolas sembrò ringiovanire di molti anni, e lo rivide d’un tratto bambino, quando correva accanto a lei tra gli alberi di bosco Atro. I suoi occhi azzurri gentili e rilassati nelle ore di gioco o di tiro con l’arco, i duri allenamenti per essere all’altezza di colui che per entrambi poteva essere chiamato padre. La donna tentò di sorridere.

- Ti direi gi melin, mellon.

Rispose infine. La tensione che aveva lasciato il suo volto andò ad occupare quello dell’amico dai capelli dorati. I suoi occhi la scrutavano confusi, tentando di comprendere cosa lei gli stesse nascondendo. Tauriel si voltò, incamminandosi verso una meta sconosciuta, o forse semplicemente dove il destino l’avrebbe condotta sin dall’inizio.

- Tauriel.

Chiamò ancora Legolas, facendo un passo avanti. L’altra si voltò un’ultima volta.

- Gi melin. Tenna tul re.

Disse, accennando ad un sorriso. L’elfo silvano dai capelli rossi, che da molte lune non aveva avuto modo di rivedere quel sorriso, lo contraccambiò, per poi voltarsi e sparire nell’ombra della montagna.

 

Note:
gi melin: ti voglio bene
tenna tul re: a domani

Questa song/long-fic è nata come one-shot, tra le note di una canzone: ‘Sleep song’ dei Secret Garden. In seguito si è sviluppata a tal punto da doverla dividere in qualche capitolo. Ogni volta che ascolto questa canzone mi vengono in mente gli ultimi attimi della battaglia dei cinque eserciti, ed ecco qui descritta l’ultima notte prima del grande scontro. Chi ha letto il libro avrà intuito il riferimento temporale agli accampamenti di elfi e uomini sotto la montagna. Per il resto.. questa è la mia visione di come Jackson dovrebbe concludere la meravigliosa rielaborazione che ne ha tratto, descritta dal POV di Tauriel (in realtà ho più di una sola idea e più di una sola conclusione, ma questa è una delle tante). Possa una stella brillare sul nostro incontro, miei cari lettori, e spero che apprezzerete la mia storia.

ValHerm

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: ValHerm