Serie TV > Bitten
Segui la storia  |       
Autore: Katie Who    17/04/2014    0 recensioni
«Fossi in te mi laverei bene le mani.» - le disse ridendo e poi mettendo in moto. Effettivamente la mano con cui aveva aperto lo sportello la sentiva umida ed appiccicosa, ma era una sensazione con cui stava imparando a convivere da quanto trascorreva ore con Nick. - dal terzo capitolo.
-
-
-
Post prima stagione.
[NickXNuovo Personaggio] [Accenni: ElenaXClay]
Rating provvisorio.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



 
“Vicino è meglio che lontano, ma non è ancora esserci."
Stephen Sondheim.









La prima cosa che Nick vide aprendo gli occhi fu Emily. In piedi davanti alla finestra della sua camera a guardare il panorama di Stoneheaven. Riconobbe i vestiti di Elena su di lei, quel maglioncino bianco, abitava in quella casa da anni.
«Già sveglia?» - le domandò attirandone l’attenzione. Il riverbero del sole sul vetro della finestra accarezzava le iridi ambrate della ragazza illuminandole e facendole sembrare quasi d’orate.
«E’ un miracolo che sia riuscita a dormire.» - disse lei sedendosi ai piedi del letto. Sapeva che la stava fissando, ma non riusciva a farne a meno. Cercava di individuare su quel volto i lineamenti di suo padre. Qualcosa che glielo ricordasse. Una conferma alla sua terribile intuizione. - «Ti accompagno a fare colazione.» - gli disse poi, tirandogli una maglietta. E lo sostenne fino alla cucina, tenendolo come aveva fatto la sera prima fino alla macchina, sorreggendolo nonostante fosse così minuta e piccola rispetto a lui. Riusciva a camminare anche da solo, ma non glielo disse, quella vicinanza gli concedeva di poterla sbirciare molto da vicino.
«Buongiorno, come vanno le ferite?» - domandò Jeremy sollevando Emily dal peso di Nick e facendolo sedere.
«Bene, fra qualche giorno sarò completamente guarito. Clay ed Elena?» - domandò non vedendoli in giro.
«Hanno portato la macchina di Emily a lavare.» - rispose Jeremy mettendo in tavola i pancake. Nick li aveva sentiti mettere in moto la macchina diverse ore prima, a quell’ora avrebbero dovuto già essere di ritorno, ma probabilmente erano andati a correre. Amava fare colazione a Stoneheaven, suo padre di solito si occupava di cuocere la carne, faceva sempre il bacon e le salsicce e Pete era quello che ne mangiava più di tutti. Senza di loro quel tavolo era incredibilmente più vuoto, per fortuna davanti aveva Emily, lei e la sua mela, che erano quanto di più lontano dalle abitudini alimentari di suo padre si potesse immaginare. Quello forse però dipendeva anche dal fatto che Emily era umana, non aveva il loro stesso appetito.  E non era affatto abituata alle abbondanti colazioni in famiglia, di solito la mattina usciva di casa prendendo al volo qualcosa da mangiare. Si sentiva sempre un ospite, anche se quelli con cui conviveva avrebbero dovuto essere i suoi genitori. Come se si fosse improvvisamente risvegliata da un sonno Emily ricordò la sua vita, i suoi impegni ed il suo lavoro.
«Oddio!» - esclamò spaventando sia Jeremy che Nick. - «Devo chiamare lo studio, oggi avevo una riunione a Toronto e nel pomeriggio dovevo occuparmi di Marsten.»
«Puoi usare il telefono.» - le disse Jeremy indicandole il telefono all’ingresso.
«Di Marsten me ne occupo io.» - aggiunse Nick scambiandosi un’occhiata con Jeremy. Mentre la ragazza iniziava il giro di telefonate, Jeremy lasciò Nick ed Emily in casa  raggiungendo Clay ed Elena nei boschi.  Nick doveva solo stare attento che Emily non li vedesse al loro ritorno, sarebbe veramente stato un problema. La sorprese nel bel mezzo di un’accesa discussione, sembrava veramente essere sul punto di andare fuori di sé, ma rispondeva all’uomo con cui parlava con un’educazione glaciale. Un po’ la stessa che riservava a lui quando le mandava a monte i suoi piani. Quando attaccò il telefono sembrò che lo volesse distruggere per la violenza con cui lo mise giù.
«Che palle!» - esclamò girandosi e trovando Nick appoggiato alla porta a fissarla divertito.
«Problemi al lavoro?» - le domandò lui.
«Già… Mi sono presa due giorni di ferie, la mia macchina tornerà in tempo?» - avrebbe voluto rispondergli che il suo problema era lui e le sue discutibili scelte imprenditoriali, ma dalla felpa smanicata usciva la garza che gli copriva mezzo braccio. E non se la sentì di infierire su qualcuno che aveva appena preso un proiettile.  No, la verità è che non se la sentiva di infierire su qualcuno con quelle braccia, com’era possibile che fossero ancora perfette come le ricordava? Sembrava che l’avessero aspettata solo per dimostrarle che neppure il tempo ha potere su Nick Sorrentino. Doveva aver continuato a fare sport perché altrimenti era impossibile che si fosse mantenuto così in forma.
«Ti va di vedere un film?» - le domandò non sapendo esattamente cosa rispondere. Non era sicuro di poterla mandare via fra due giorni, ma nemmeno trovava una scusa decente per farla rimanere.
«Si!» - accettò immediatamente quella proposta. Anche perché l’unica altra alternativa era riflettere su quanto lavoro avrebbe dovuto recuperare una volta ritornata. E poteva già sentire il mal di testa arrivare. - «La polizia ha idea su chi possa aver sparato l’altra sera?» - domandò sistemandosi nel grande letto. Quella situazione le ricordava molto le loro vecchie abitudini, e non era affatto un comportamento sano.
«Le indagini potrebbero essere lunghe.» - le rispose Nick accendendo il dvd. Era uno dei film preferiti di suo padre. - «Ti piace l’Italia?»
«La famiglia di tuo padre ha origini italiane, vero? Mi ricordo che ogni volta che tornava da un viaggio in Italia era sempre di ottimo umore.» - quando erano tornati a Stoneheaven Antonio aveva preso un diretto da Napoli. Si stava godendo la costiera Amalfitana dopo aver concluso i suoi affari nel bel paese. Nick ricordava come se fosse accaduto ieri quando era andato a prenderlo in aeroporto e tutti i racconti sulla meraviglia di quel paese. C’era stato anche lui, decine di volte, eppure raccontata da suo padre sembrava quasi una terra magica. E realizzò quanto fosse assurda quella situazione. Si trovava steso a letto con quella che poteva essere la sua sorellastra ed era anche una sua ex, a guardare uno dei film preferiti del loro padre. Sarebbe stato già difficile dirle questo, aggiungere il fatto che Antonio era venuto a mancare, rendeva il tutto veramente impossibile. - «Tu sembri proprio un italiano effettivamente.»
«In che senso?» - le chiese sorridendo, mentre sotto al loro chiacchiericcio il film cominciava.
«Uhm nel senso che…» - doveva scegliere con attenzione le parole. - «Hai fascino e gli italiani sono famosi per questo.»
«Mi trovi affascinante?» - le domandò lui avvicinandosi e scrutandola attentamente con le sue pozze azzurre.
«Non ho detto che io ti trovo affascinante, ho detto che lo sei!» - e quello era un complimento eccessivo per il tipo di relazione che avrebbe dovuto esserci fra di loro, ma che soprattutto la metteva incredibilmente a disagio trovandosi nel letto con lui. Aveva peggiorato la situazione invece di migliorarla.
«Oh grazie! Anche tu non te la passi male.» - commentò lui, allontanandosi. I suoi pensieri ed i suoi dubbi erano tornati ad assalirlo prima che cercasse di fare qualcosa di terribilmente inappropriato. Avrebbe voluto dirle che era bellissima e poi baciarla annullando ogni distanza fra di loro, cancellando anche tutti quegli anni senza di lei. Quando i loro occhi si riposarono sul televisore il film era già nel vivo della storia, ma Emily preferì non fare domande. Forse perché preso a metà non era riuscita a capirne la trama, o forse perché in realtà i film d’epoca non le piacevano più di tanto, finì con l’addormentarsi. Non si accorse di Elena che aprì la porta della stanza di Nick, né di lui che uscì.
«Ti porti a letto pure tua sorella?» - domandò scherzando la ragazza. - «Diventa eccessivo perfino per te!»
«Falla finita, com’è andata la corsa?» - chiese lui.
«Bene, non ci sono tracce dei Solitari nella nostra proprietà, credo se ne terranno alla larga per un po’.» - gli rispose Elena.
«La macchina di tua sorella sarà pronta domani.» - disse  Clay raggiungendoli. - «Ti prego dimmi che non ce l’hai nel letto…»  
«Volete farla finita o no?.» - era tipico di loro prendersi in giro su qualunque cosa. - «Comunque non sono sicuro che debba andare via. Marsten sa del suo legame con mio padre, voglio capire come e perché.» - disse Nick.
«Falla restare, possiamo insegnarle come difendersi.» - li interruppe Jeremy arrivato anche lui alla riunione strategica che si stava consumando proprio fuori dalla stanza del ragazzo.
«Dici sul serio?» - chiese Clay.
«Perché no. E’ brava in quello che fa, tuo padre l’ha istruita bene, potrebbe tornarci utile averla qui.» - Jeremy doveva saperlo.
«Sai del suo legame con mio padre?» - gli domandò Nick.
«Certo che lo so.» - rispose l’uomo appoggiandogli la mano sulla spalla ferita.
«Che succede?» - domandò Emily uscendo dalla stanza e ritrovandosi i quattro a parlare sul pianerottolo.
«Noi…» - cercò di risponderle Clay.
«Pensavo di insegnarti qualche tecnica di autodifesa, che ne dici?» - irruppe Elena salvando la situazione.
«A me? Sono completamente negata per qualunque tipo di sport… Rischierei di uccidermi da sola.» - le spiegò la ragazza.
«Sei comunque bloccata qui senza niente da fare, perché non provare?» - Elena aveva ragione, e poi sarebbe sicuramente stato meglio dei film di Nick.
«Ok…» - annuì lasciandosi trascinare verso il cortile.
«Assicuratevi che non si faccia male.» - disse Jeremy lasciando che anche Clay e Nick seguissero le ragazze.
«Ne parliamo un’altra volta.» - gli disse il ragazzo scendendo le scale. Nel giardino sul retro della villa, si erano allenati tutti quanti loro. Su quella terra avevano preso più botte di quante non gliene servissero in realtà. Elena era diventata incredibilmente brava nella lotta corpo a corpo, ma non aveva mai insegnato a nessuno prima d’ora. Emily aveva passato gran parte della sua vita a cambiare famiglie affidatarie ed a studiare sui libri. Perfino al liceo non aveva mai seguito nessuno dei corsi extra che prevedevano la pratica di uno sport. Non aveva mai ingaggiato un litigio con nessuno, o almeno non uno che fosse finito con l’uso delle mani. Il suo forte era la dialettica.
«Ok cosa devo fare?» - chiese ad Elena.
«Cerca di non farti colpire!» - le rispose quella assestandole un pugno allo stomaco. Emily si piegò su se stessa. Per qualche interminabile secondo pensò di non riuscire più a respirare.
«Dannazione Elena!» - la riprese Nick raggiungendo subito la sorella. - «Stai bene?» - le domandò vedendole gli occhi pieni di lacrime.
«Benissimo… Solo che non me lo aspettavo.» - rispose quella alzandosi e massaggiandosi la parte colpita.
«Lezione numero uno. Tenersi sempre pronti.» - Elena si stava divertendo, ed anche a Clay non dispiaceva lo spettacolo. - «Ok dai, prova a colpirmi tu ora.»
«Ti devo colpire?» - voleva restituirle il favore, ma al massimo sarebbe stata in grado di spingerla.
«Avanti prova.» - la incitò quella.
«Tiene sempre scoperto il lato sinistro.» - le suggerì Nick prima di allontanarsi e tornare accanto a Clay.
«Puoi darle tutti i consigli che vuoi, non ha speranze…» - commentò divertito l’amico. Emily cercò di avvicinarsi quel tanto che le bastava per provare a colpirle un braccio. Il colpo oltre ad essere evidente, era troppo lento e debole, Elena lo schivò senza alcuna difficoltà. Allora ci riprovò andando a vuoto ogni volta.
«Mi arrendo non ce la faccio.» - disse sedendosi a terra con il fiatone. Aveva praticamente rincorso Elena per tutto il giardino senza mai riuscire nemmeno a sfiorarla.
«Noi vi lasciamo, Nick deve cambiarsi le fasciature.» - Clay sarebbe volentieri rimasto a guardare, ma vedeva Nick innervosirsi ad ogni colpo mancato da Emily. Probabilmente nel giro di qualche altro minuto sarebbe andato lui stesso ad atterrare Elena. Lasciarono le ragazze a continuare l’allenamento dirigendosi all’interno per disinfettare le ferite di Nick. Nonostante ogni tanto Elena le assestasse alcuni colpi dolorosissimi, nonostante le facessero male gambe e braccia, in qualche modo anche Emily iniziava a divertirsi. Scaricava lo stress, la frustrazione, l’ansia e la paura in ogni colpo che andava a vuoto. Quando Elena le disse di fermarsi si era ormai fatto tardi, erano entrambe molto sudate, ma se Elena riusciva comunque ad essere incantevole, lei invece a stento riusciva a parlare tanto era forte il fiatone. Salire la rampa di scale per raggiungere il secondo piano fu una vera e propria tortura.
«Come se la cava?» - domandò Jeremy quando Elena li raggiunse nel seminterrato.
«E’ debole, ma impara in fretta!» - disse sorridendo verso Nick. - «E non fare quella faccia la tua sorellina sta bene!»
«Non sto facendo nessuna faccia!» - le rispose il ragazzo. Emily era sotto la doccia, era stata un intero giorno senza cellulare. C’era davvero qualcosa di magico a Stoneheaven. Pensò che con un posto del genere Antonio non avesse alcuna ragione di voler andare in vacanza in qualche sperduta isola tropicale. Quella era un’oasi di pace perfetta. Elena le aveva lasciato diversi cambi da poter usare, perché i suoi vestiti erano stati buttati. Le aveva detto che quella in cui si trovava era stata per molto tempo la sua stanza, ed infatti ancora c’erano le sue cose. Non aveva aperto nessun cassetto o curiosato in giro, ricordava di averlo fatto quando era una bambina, e la sua madre adottiva di allora le aveva dato così tanti schiaffi da farle gonfiare il viso. Dubitava che Elena avrebbe potuto reagire in modo così eccessivo se l’avesse beccata a sbirciare fra le sue cose, ma preferì comunque non rischiare.
«Nick!?» - gli disse incrociandolo al volo uscendo dalla camera. - «Ti posso parlare?» - strinse la mano intorno al braccio del ragazzo. Portava un braccialetto in pelle, lo aveva notato dal loro primo incontro, non lo toglieva mai. Forse era un ricordo della madre. Antonio le aveva detto che era morta quando Nick era appena nato, lo aveva cresciuto da solo, e questo aveva collaborato a farle ammirare quell’uomo ancora di più. Nick acconsentì ed uscirono in giardino sedendosi su una panchina.
«Se hai delle recriminazioni per i modi di Elena, io non posso farci nulla!» - le disse il ragazzo accarezzando il livido che aveva sul braccio. Era uno dei contatti casuali che tanto li avevano incasinati in passato.
«No, no, lei è perfetta sono io che sono un caso disperato!» - gli rispose la ragazza. Sottraendosi a quella carezza così inaspettatamente gentile. Per lui era veramente difficile credere che fosse sua sorella, forse perché non le ricordava affatto suo padre, se non nella professionalità al lavoro, o forse perché avrebbe preferito non avere con lei quel legame di sangue che gli impediva di trattarla come ogni altra donna che gli fosse mai piaciuta. - «Riguarda Antonio…» - Emily notò il cambio di sguardo di Nick.
«Dimmi.» - sebbene all’apparenza continuasse a rimanere sereno, lo innervosiva dover riprendere quel discorso. Dover continuare a mentire su una ferita che in lui continuava a sanguinare.
«So che non è andato in vacanza.» - disse la ragazza che bloccò immediatamente il suo tentativo di ribattere. - «E non provare a dirmi il contrario.» - ed allora Nick stette in silenzio. - «Mi ha insegnato come ci si nasconde quando non si vuole venir trovati ed è esattamente quello che sta facendo lui.» - il ragazzo sorrise, confermandole la sua intuizione. - «Voglio solo potergli parlare.»
«Perché?  Cosa ha da dirgli di così importante la sua tutto fare?» - Nick appoggiò la schiena alla panchina allargando le braccia su di essa. La spalla gli faceva male, e gli scappò un sibilo di dolore.
«Lo so che sembra stupido, ma è stato come un padre per me. Voglio solo dirgli che...» - Emily fece una pausa, Nick la vide prendere un profondo respiro. - «Insomma se ha bisogno di qualunque cosa, può contare su di me.» -  ed era combattuto fra l’istinto a baciarla e quello a dirle la verità.
«Lasciamici pensare.» - rispose infine prendendo altro tempo per la sua bugia. - «Si sta facendo buio torniamo dentro.» - la lasciò in cucina a cenare con Clay ed Elena, mentre lui raggiunse Jeremy che era ancora nel seminterrato a studiare le mosse dei Solitari. - «Dobbiamo parlare di Emily.» - gli disse mettendo un mano a coprire il foglio che stava leggendo.
«Cosa vuoi sapere.» - rispose Jeremy mettendosi a sedere. Aveva pensato molto a quale fosse la cosa giusta da fare, Antonio aveva tenuto nascosta la verità su Emily a Nick per molti anni, e forse lui avrebbe solo dovuto continuare a fare lo stesso. Ma per qualche ragione quella ragazza turbava Nick, lo scuoteva, in un modo diverso da come preoccupava Antonio che era sempre lucido e consapevole. No, Nick agiva d’istinto, senza pensare.  
«La verità Jeremy, qualunque essa sia.» - gli disse il ragazzo. Ed ora la scelta spettava a lui. Il figlio del suo migliore amico gli chiedeva la verità, e non aveva mai discusso con Antonio su cosa fare in una circostanza del genere. Perché semplicemente aveva sempre pensato che se ne sarebbe occupato lui. Che prima o poi avrebbe lasciato che Emily sparisse dal suo orizzonte, che tornasse ad essere una comune umana che non significava niente per lui. Ma il debito che Antonio aveva verso quella ragazza non si era estinto nemmeno alla sua morte, era stato il destino o forse una giustizia più grande di loro a fargli fissare quell’appuntamento con lei. Un appuntamento a  cui Antonio non aveva potuto essere presente ed a cui lui aveva scelto di inviare Nick.  Quello che né lui né Antonio sapevano era quanto profondo fosse il legame che legava Nick ed Emily.
«Più o meno vent’anni fa tuo padre era uscito a correre, credeva che fosse una zona sicura, ma una coppia lo vide mentre si trasformava.» - Jeremy si prese qualche istante prima di continuare. Alla fine aveva optato per la verità, perché probabilmente anche Antonio sarebbe stato onesto con il figlio di cui tanto andava fiero.  - «Le regole del Branco sono chiare, gli umani non devono sapere e chiunque venga a conoscenza deve morire.» - le conosceva fin troppo bene quelle regole che lo avevano costretto a vivere senza madre. -  «Gli venne ordinato di eliminare quella coppia, e nonostante fosse sempre stato restio a questo genere di compiti dovette obbedire. L’alternativa era quella di vivere come ripudiato, e tu eri solo un bambino.»
«Cosa c’entra questo con Emily?» - domandò Nick.
«Tuo padre organizzò la morte delle persone che lo avevano scoperto. Staccò i freni della loro auto. Finirono fuori strada morendo sul colpo. Non si perdonò mai quelle morti.» - improvvisamente Nick iniziò a capire. - «Se solo fossero andati più piano forse avrebbero potuto salvarsi, ma avevano una figlia, con la febbre alta, stavano correndo all’ospedale della città. Tuo padre salvò la bambina prima che le fiamme divampassero dalla macchina.»
«Emily…» - sussurrò Nick. Conosceva a memoria il fascicolo della polizia sull’incidente dei genitori della ragazza. Diceva che la bambina venne ritrovata a qualche metro dall’auto in fiamme da un passante, pensarono che fosse stata buttata fuori dall’auto durante l’incidente, ma invece era stato suo padre.
«Si, Emily.» - gli confermò Jeremy.
«Quindi non è mia sorella?» - domandò il ragazzo.
«Tua sorella? Come ti è venuto in mente?» - gli domandò l’uomo cercando di capire in che modo potesse essere giunto a quella conclusione. - «Tuo padre ha amato solo tua madre e tu sei l’unico figlio che ha avuto.» - aggiunse alzandosi e raggiungendolo per guardarlo negli occhi. - «Antonio si è preso cura di quella ragazza, perché non si è mai perdonato la morte dei suoi genitori. Emily è la cosa a cui teneva di più, dopo di te. E lei non dovrà mai sapere la verità.» - e dove mai lo avrebbe trovato il coraggio per potergliela dire. Emily adorava suo padre, ignorando che fosse l’assassino dei suoi genitori. Conoscere la verità portava sempre con sé un peso da sostenere, avrebbe voluto tornare agli anni del liceo, viversi Emily senza tutta quella nuova consapevolezza, avrebbe voluto non avere rimorsi.
«Non può restare qui.» - disse Nick.
«Probabilmente anche i Solitari credono che sia tua sorella per questo l’hanno presa di mira, se la mandi via ora, non saremo in grado di proteggerla.» - spiegò Jeremy.
«Mio padre la voleva lontana da tutto questo, ecco perché non me ne ha mai parlato.» - per colpa sua  e delle sua famiglia Emily si ritrovava non solo orfana ma anche ad essere il bersaglio di un gruppo di assassini. O come amava definirsi lui stessi: i migliori predatori. - «I suoi genitori sono morti per mano di mio padre, non permetterò che lei muoia per colpa mia.» - Nick lasciò il seminterrato andando a chiudersi nella sua stanza. Evitò Clay che doveva aver sentito quello che lui e Jeremy si erano detti. Non aveva voglia di parlare con nessuno, c’erano troppe cose con cui fare i conti. Aveva trovato difficile riuscire a convivere con l’idea di avere una sorella, ma rispetto alla verità quella era una meravigliosa favola che si era raccontato. In quel momento Logan avrebbe saputo come fare per sistemare tutto, era il suo lavoro aiutarli quando tutto sembrava mettersi male. Gli avrebbe sicuramente dato qualche brillante consiglio su come evitare di distruggere la vita della donna che suo padre aveva protetto con così tanta cura. Il giorno dopo Emily avrebbe riavuto la sua macchina e sarebbe ripartita, forse fu proprio per questo che Nick incurante delle ferite ancora non cicatrizzate si trasformò andando a correre nei boschi. Liberare la loro natura li riportava ad essere in pace con loro stessi. Soprattutto gli ricordava la regola che era stata il principio cardine della sua esistenza: mai affezionarsi ad un umano. Il Branco era l’unica famiglia, al Branco andava tutta la loro lealtà e solo ai membri del Branco si poteva donare del vero affetto. Tutti gli altri dovevano essere solo attori di passaggio nelle loro vite, mantenuti ad una distanza di sicurezza senza permettergli di entrare veramente nelle loro vite. Suo padre non aveva mai dimenticato sua madre, lui era stato uno spettatore passivo di quel dolore, ed aveva giurato a se stesso che non avrebbe mai commesso lo stesso errore. E sino ad allora non aveva mai sbagliato, ma c’aveva pensato Antonio Sorrentino a commettere due volte lo stesso errore. Aveva tenuto a quella ragazza, le aveva raccontato di Stoneheaven, l’aveva cresciuta come se fosse sua figlia, aveva lasciato a lui in eredità il compito di pareggiare il debito che avevano con quella famiglia. Forse per questo lo aveva mandato al suo stesso liceo, forse voleva che fra loro si creasse quel legame. Quando rientrò dalla corsa trovò Clay ad aspettarlo sul retro.
«Sei impazzito? Non mi diverte mica farti il taglia e cuci!» - gli disse l’amico tirandogli i pantaloni della tuta. Mentre Nick si rivestiva, le ferite sulla schiena avevano ricominciato a grondare sangue, fortunatamente la spalla sembrava aver risentito di quella bravata.
«Sono saltati solo un paio di punti, ci sono stato attento.» - gli rispose stringendo l’elastico dei pantaloni. Tornarono in casa e Clay cercò di rimediare al casino che aveva combinato.
«Vedi di starci attento questi sono più sottili degli altri.» - gli disse passando con ago e filo fra le ferite.
«Se questo era il tuo piano per evitare i saluti è miseramente fallito Emily è ancora di sopra.» - gli disse Elena. - «Si è svegliata con il mal di testa non è prudente farla mettere in viaggio.»
«L’hai colpita in testa?» - domandò Nick inarcando la schiena mentre Clay lo ricuciva.
«Ti si è infettata la ferita…» - gli disse l’amico. - «Te la devo incidere per farla spurgare, vedi di non urlare.»
«No che non l’ho colpita in testa!» - gli rispose la ragazza dandogli un leggero schiaffo sulla schiena proprio dove gli faceva più male.
«Non è che per caso avete un’aspirina?» - domandò Emily arrivando nella cucina.
«Come vedi qui si fanno medicare senza antidolorifici, l’aspirina non sanno nemmeno cosa sia.» - le disse Elena lavando i piatti.
«Sapete come estrarre un proiettile, ma non come curare un mal di testa… Interessante.» -  si sedette sul tavolo proprio accanto a Nick, mentre Clay continuava attentamente l’operazione. - «Stamattina ero passata a vedere come stavi, ma non ti ho trovato.» - disse cercando di distrarlo dal dolore.
«Sono andato a fare una passeggiata.» - rispose sbrigativo lui.
«E ti sei rotolato nel fango?» - domandò lei togliendogli un po’ di terra dal viso.
«Nick ha un modo tutto suo di passeggiare.» - commentò Elena.
«Ok fatto.» - disse Clay coprendo anche l’ultimo dei tagli.
«Hai fatto a botte con un lupo? Come ti sono saltati i punti?» - domandò ancora Emily guardando il graffio lasciato sul braccio dalla pallottola che lo aveva sfiorato.
«Quando parti? Credevo avessi del lavoro da fare.» - ribatté lui.
«Appena mi passa il mal di testa leverò il disturbo.» - rispose lei, ricevendo il sorriso benevolo di Clay.
«Puoi restare finché non ti sentirai meglio, non c’è fretta.» - disse Jeremy entrando in cucina. Lui e Nick non si erano più parlati dalla sera prima.
«Ho già approfittato troppo della tua ospitalità.» - disse lei. - «Mi auguro che la polizia riesca a trovare quei criminali il prima possibile, farò tutto ciò che è in mio potere per favorire le indagini anche se non sarò qui.»
«Non hai intenzione di tornare?» - le domandò Clay.
«Ho ordinato le nuove vetrate e per il resto il locale è concluso, Nick deve solo decidere quando aprirlo al pubblico.» - Emily era stata più che efficiente. Era per questo che Jeremy credeva che potesse rivelarsi una preziosa alleata per il Branco. Ma d’altra parte Nick era stato chiaro e su quella faccenda l’ultima parola spettava ai Sorrentino.
«Hai finito con queste fasciature?» - domandò Nick.
«La garza non è esattamente il mio forte, amico.» - rispose quello, che stava per la terza volta cercando di fasciare la spalla al ragazzo.
«Faccio io.» - dissero in coro Emily e Jeremy. - «Oh no, fai paure, sei sicuramente più esperto di me.» - aggiunse poi la ragazza.
«Ma tu sarai sicuramente più gentile. Noi vi aspettiamo di là.» - né Emily né Nick riuscirono a dire nulla per opporsi all’affermazione di Jeremy. Elena e Clay lo avevano seguito senza battere ciglio.
«Ok…» - sibilò la ragazza sistemandosi alle spalle di Nick. Sebbene le ferite fossero state medicate e richiuse, le sembrava di guardare un campo minato. C’erano almeno tre grossi tagli fermati dai punti neri, ed un numero imprecisato di piccole ferite ormai cicatrizzate, ma molto rosse. Lei a parte il piccolo taglio sulla mano non aveva avuto nessun altra ferita, proprio perché Nick le aveva fatto da scudo. - «Credo di non averti mai ringraziato per avermi protetta quella sera.» - disse ripiegando i metri di garza che Clay aveva lasciato appallottolati lì vicino.
«Non ce n’è bisogno.» - borbottò lui.
«Nick…» - disse Emily fissandogli la schiena martoriata. -  «Dico davvero, ma ti sei rotolato per terra?» - aveva pezzi di terra e polvere su tutta la schiena. Fatta eccezione per le ferite che Clay aveva ripulito attentamente ogni altro centimetro di pelle era sporco di terra.
«Vuoi mettermi la garza si o no?» - domandò spazientito il ragazzo.
«Stai fermo!» - gli ordinò. La guardò riempire di acqua tiepida una bacinella e poi prendere una spugna e degli asciugamani dal bagno lì vicino.
«Che pensi di fare?» - le chiese non muovendosi però di un millimetro dal tavolo.
«Ti levo la terra da dosso e poi ti metto la garza.» - disse lei mentre iniziava a passare delicatamente la spugna imbevuta di acqua calda sulla schiena nuda di lui. Quei gesti morbidi, attenti e precisi avevano un che di soporifero, Nick avrebbe potuto addormentarsi sotto quelle carezze umide e bollenti. Emily iniziò dall’alto, dall’attaccatura del collo e notò che aveva della terra anche fra i capelli. Davvero non riusciva a capire cosa avesse potuto fare per ridursi in quello stato. Fece attenzione a non bagnare le ferite, non era un’esperta di medicina, ma immaginava non fosse una buona cosa umidificare dei tessuti che dovevano cicatrizzarsi. Passò attentamente fra i tagli pulendo con certosina attenzione ogni centimetro di pelle sana. Nick ciondolava con la testa, quel “bagno” lo aveva rilassato. Dopo aver finito la schiena gli arrivò davanti. Il ragazzo aprì le gambe facendole spazio per arrivargli più vicino. Respiravano l’aria l’uno dell’altro e ci sarebbe voluto veramente poco per abbracciarla e dirle tutto. Emily passò con la spugna sulle spalle larghe di Nick, cercando di concentrarsi sul lavoro che stava facendo e di non incrociare il suo sguardo. Lo guardò tirare indietro la testa incastrando gli occhi sul soffitto. Il pomo d’Adamo in bella vista saliva e scendeva ad ogni suo respiro. Il foro del proiettile era chiaramente delineato, un cerchio perfetto che aveva squarciato l’altrettanto perfetta pelle del ragazzo. Vi passò la spugna intorno, e poi scese a rimuovere la terra dagli addominali. Avrebbe dovuto farsi una doccia, per togliersela definitivamente da dosso, sembrava averla ovunque.
«Penso che possa bastare.» - le disse lui allontanandole la mano con la spugna.
«Mettiti in piedi così ti bendo la spalla.» - aggiunse lei andando a buttare l’acqua ormai divenuta marrone. Iniziò a girare la benda bianca intorno alla spalla e al punto dove il proiettile lo aveva colpito. Al college aveva aiutato il coach a fasciare i giocatori per evitare che si lussassero le spalle durante i violenti scontri, quindi se la cavava piuttosto bene. Ma a distanza di anni l’imbarazzo era rimasto lo stesso. - «Hai pensato a quello che ti ho chiesto?» - gli domandò mentre fissava la benda in modo che non si slegasse tutta la fasciatura.
«Non puoi parlarci. Smettila anche di indagare.» - le disse avviandosi verso il piano superiore. 
«Perché? Glielo hai chiesto?» - lo stava praticamente rincorrendo su per le scale.
«Emily, mio padre non è una cosa che ti riguarda. Se non ti va bene, considerati licenziata.» - disse Nick fermandosi a pochi passi dalla sua stanza.
«Ok, perfetto. Licenziami. In questo modo avrò molto più tempo libero per cercarlo.» - Antonio c’era stato per lei quando nessun’altro le aveva teso una mano. Per qualcuno cresciuto cambiando genitori dalle due alle tre volte l’anno, trovare una figura degna, da poter identificare come genitoriale, significava molto più di quanto non riuscisse ad esprimere a parole. Antonio si stava nascondendo dagli uomini che avevano sparato a Nick probabilmente, e non le importava sapere come potesse essere finito in un qualcosa del genere, perché i figli sono sempre pronti a perdonare i genitori. E soprattutto lottano per loro. Nick aveva ragione, era invadente ed irrispettoso da parte sua intromettersi così prepotentemente nelle questioni di una famiglia che non era la sua. Ma Antonio era la sua famiglia.
«Mio padre ti ha trattato come una figlia e quello che vuole è che tu ora torni a lavorare e ti faccia una vita serena.» - le rispose Nick afferrandole un braccio e bloccandola contro il muro.
«Peccato che io non sia veramente sua figlia e quindi non sia obbligata ad obbedirgli!» - ribatté lei. E le sue parole si infilarono in Nick sconvolgendone la ragione. E se non l’avesse soffocata in un bacio famelico, probabilmente avrebbe continuato a rispondergli fino ad urlarsi contro. Si spinse contro di lei con così tanto slancio da farle sbattere la testa al muro retrostante. L’emicrania sarebbe sicuramente peggiorata, ma in quel momento non gli importava. Le lasciò andare il braccio solo per portare entrambe le mani sulle sue cosce ed invitarla ad aggrapparsi a lui, a cingergli la vita con le gambe. Erano segnali di una lingua universale, e loro avevano già fatto le prove generali molti anni prima, Emily si aggrappò a lui infilando le mani nei capelli sporchi di terra, scombinando e spettinandoli, e si lasciò trasportare fin dentro la stanza. Nick poteva muoversi ad occhi chiusi in quella stanza, la conosceva come le sue tasche. Si abbandonò sul letto sopra di lei, continuando a morderle le labbra, perché baciarla non era più abbastanza. Lei si lasciava torturare, lo lasciava sfogare su di sé, quella inspiegabile fame, rabbia, nervosismo, non lo capiva cosa stesse succedendo, inebriata ed appannata dal profumo del sapone alla lavanda con cui lo aveva lavato e dalle mani di lui. Le liberò le labbra per un solo brevissimo istante, spingendola al centro del letto e poi tornando a sovrastarla. Stavolta riuscì a fargli prendere un respiro prima che ricominciasse quella insaziabile tortura, riuscì a baciarlo lei per prima, con dolcezza, calma, serenità, senza fame. I baci caldi e morbidi che gli lasciava lungo il collo fino alle clavicole, e le mani che scivolavano lungo la sua schiena solleticandogli la pelle sensibile intorno alle ferite, non facevano che accrescere l’eccitazione che già lo aveva conquistato. Le strappò via la maglietta di Elena lanciandola verso la tv, si era già spogliato una volta quella mattina, e questa seconda si prospettava perfino migliore. Nick scese a baciarle il collo, beandosi dei respiri sempre più profondi che sfuggivano dalle labbra di Emily. Continuò a scendere appoggiando una scia di baci lungo tutto il petto evitando i seni ancora coperti dall’intimo nero, che già non vedeva l’ora di far scomparire, fino ad arrivare a lambire con la lingua ed i denti il bordo degli slip. Emily lo ritirò a sé incastrando di nuovo le loro labbra. Non era affatto professionale, Nick era il suo attuale datore di lavoro, Antonio non avrebbe affatto approvato. Ma era difficile fermarsi a ragionare, a prendere aria quando l’erezione di lui si strusciava sulla sua coscia, e la sua mano le scansava gli slip facendosi largo in lei fino a penetrarla con due dita. - «Nicholas…» - sussurrò al suo orecchio inarcando la schiena. Era la prima volta che lo chiamava per nome e non c’era momento più bello di quello per farlo. La voce tremula, un sibilo quasi impercettibile impastato di piacere, sentirsi chiamare da quelle labbra rosse che non smetteva di torturare rendeva il suo nome ancora più bello da ascoltare. Le sorrise, mentre le guardava gli occhi ormai sempre più languidi di piacere. Uscì da lei con le dita umide, voleva di più aveva bisogno di molto di più. Emily si slacciò il reggiseno, e lui avrebbe voluto far scomparire i loro vestiti in un attimo per assecondare l’urgenza che lo comandava.  Quasi in contemporanea con il click del gancetto arrivò il ringhio del ragazzo.
«Ahh!» - Nick si rigirò mordendosi le labbra e buttandosi con la schiena sul letto.
«Nick? Che hai?» - chiese lei.
«Mi sono di nuovo saltati i punti.» - disse lui a mezza bocca. La risata di Emily riempì la stanza quasi quanto i suoi brontolii di dolore. Il ragazzo provò ad alzarsi, lasciando intravedere le coperte sporche di sangue, ma ogni movimento rischiava di peggiorare la situazione.  Era destino l’universo non aveva in programma quell’unione.
«Resta fermo vado a chiamare Clay.» - disse lei rivestendosi alla bene e meglio. Clay arrivò in camera dopo pochi minuti, trovandolo buttato nel letto.
«Giuro che questa volta te li fermo con la spillatrice!» - gli disse l’amico aiutandolo a  girarsi di schiena.
«Avresti dovuto farlo prima, si sono aperti proprio sul più bello!» - gli rispose Nick ritrovandosi con la faccia contro il materasso e Clay a cucirgli per l’ennesima volta la schiena.
«Ammettilo che non ti è mai piaciuta l’idea che fosse tua sorella!» - lo schernì l’amico. Ed il bellissimo sorriso di Nick tornò a fare capolino sul suo viso. Era un po’ che Clay non glielo vedeva.
«Era così evidente?» - domandò tirandosi su e rivestendosi per l’ennesima volta in quella mattina. Riusciva a sentire Emily parlare al telefono con qualcuno al piano di sotto, qualche cliente la stava nuovamente facendo arrabbiare.
«Abbastanza, non le toglievi gli occhi di dosso…» - disse lui. - «Senza contare che ogni scusa era buona per metterle una mano addosso!» - doveva essere stato fin troppo chiaro per qualcuno che lo conosceva così bene.
«Lei è Emily.» - disse. - «Quella Emily.» - e la risata di Clay significava tutto. Significava che erano guai, significava che aveva fatto una enorme stronzata a farla di nuovo avvicinare così tanto.
«Problemi?» - chiese Clay tornando al piano terra e vedendola sbuffare attaccando.
«Devo tornare allo studio. Elena e Jeremy sono usciti?» - domandò incrociando lo sguardo di Nick.
«Probabilmente sono in giardino, vado a chiamarli.» - disse Clay lasciandoli di nuovo da soli.
«Sicura di voler partire? Hai preso una bella botta…» - ironizzò Nick seguendola fino in ingresso dove aveva appoggiato la borsa.
«Anche i clienti migliori a volte si ficcano nei guai.» - rispose lei cercando nella borsa le chiavi della macchina. L’azienda di un suo vecchio cliente era appena stata dichiarata in bancarotta e nessuno riusciva a contattare il proprietario.
«Ci sentiamo.» - le disse Nick appoggiandole un bacio sulla tempia.
«Prima dovrò ricomprarmi un telefono.» - disse lei. Era stata una fortuna nella sfortuna, se quei punti non si fossero aperti, probabilmente si sarebbe pentita di quello che stava per accadere. Lui le teneva nascosta la ragione della scomparsa di Antonio, ed era il figlio dell’uomo che le aveva fatto da padre. Avrebbe dovuto vederlo come un fratello non come… insomma nel modo in cui lo vedeva. Era colpa dei rimorsi, delle occasioni perdute, di un qualcosa che credeva essersi lasciata alle spalle molto tempo prima. Elena, Jeremy e Clayton la salutarono sul portico di Stoneheaven e vi rimasero finché non la video sparire fuori dal muro di cinta della proprietà.
«Hai preso una saggia decisione.» - disse Jeremy a Nick rientrando in casa.
«Non ne sono più tanto sicuro.» - sussurrò lui così piano da non farsi sentire. Ma l’unico a dover essere consapevole di quell’incertezza era proprio lui. Emily sarebbe stata più al sicuro lontana da Bear Valley, proprio come suo padre l’aveva sempre tenuta. Non aveva potuto fare nulla per lui prima che gli venisse portato via così all’improvviso, non aveva potuto dimostrargli di essere un figlio di cui andare veramente fieri, ma avrebbe tenuto fede alla missione che suo padre aveva così tenacemente portato avanti in tutti quegli anni. Si sarebbe preso cura di Emily, anche se questo significava tenerla il più lontana possibile da lui e da tutto il mondo di cui faceva parte. 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Bitten / Vai alla pagina dell'autore: Katie Who