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Autore: fedekost    14/07/2008    0 recensioni
Allora...questa storia è nata un po' così...se vi piace ditemelo, che continuo a scriverla! Praicamente segue le vicende di un ragazzo che ha cominciato il suo primo anno a un liceo classico di Roma. Non vi dico di più!=PAUSA ESTIVA=
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO II
Il motorino, cavolo.
Sento già le parole di mamma quando mi vedrà arrivare a casa a piedi.
Da quella maledetta finestra vede e spia tutto.
-Leo, ma dove hai la testa?-
Ma stavolta non mi frega: la metro è a due passi, e da qui a Termini saranno dieci, al massimo quindici minuti. Al ritorno poi non ne parliamo: in cinque minuti sono a casa.
Prima ancora che riesca a pensare questo piano geniale mi ritrovo dentro un vagone particolarmente puzzolente della metro, con un uomo ubriaco che canta canzoni stonate per racimolare qualche centesimo. Quando passa con il cappello per raccogliere le mance nemmeno lo guardo e figuriamoci se gli do qualcosa, tanto lo so che fine fanno quei soldi: vino, e magari pure nelle bottiglie di papà.
Sull’onda di questi pensieri ascolto la fredda voce femminile che mi dice che sono arrivato.
-Termini, prossima frmata: Castro Pretorio. Termini, next stop: Castro Pretorio.-
Trasportato dal mare di gente di ogni nazionalità, piena di valige e troppo indaffarata a pensare ai cavoli suoi per accorgersi di calpestare uno sfortunato ragazzo di quattordici anni, esco dal vagone e vado verso una superficie camminando dentro a sporchi passaggi pieni di pubblicità e graffiti.
Mi fermo un secondo a guardare una patetica pubblicità di un’agenzia di scommesse, che dopo pochi secondi scompare per lasciare il suo posto ad una seducente ragazza che pubblicizza il nuovo profumo Armani.
Che meraviglia della natura.
Sempre a distrarmi, dovrei già essere a scuola!
Dopo aver annusato l’inconfondibile puz..ehm, odore di Termini mi dirigo a passi spediti verso la scuola, dove il mio amato motorino se ne sta solitario nel parcheggio.
Una coppia di ritardatari si sta appassionatamente baciando proprio sulla mia sella: cosa faccio?
Pare brutto andare lì da loro e interromperli, e a giudicare dalla mole di quel robusto ragazzo di terzo anche pericoloso, ma d’altronde cos’altro posso fare, aspettare che finiscano? Chissà da quanto tempo sono lì, oppure magari hanno appena cominciato!
Che dilemma!
Mi mordo il labbro inferiore e poi mi faccio un po’ di coraggio e comincio a incespicare verso quei due.
Mi piazzo proprio vicino a loro, sentendomi anche molto a disagio, ma loro non sembrano nemmeno accorgersene.
-Scusate- favello io, ma non ottengo nessuna risposta.
Ritento.
-Ehi, scusate!-stavolta a voce più alta.
Il ragazzone si stacca e mi guarda torvo proprio come fa la sua ragazza, e sperando che non si veda che sto per farmela addosso rispondo a quegli sguardi con finta spavalderia.
-Questo sarebbe il mio motorino e…devo andare.- dico diminuendo sempre di più il tono della voce e alzando le chiavi, casomai volesse una prova.
Mi rendo conto solo dopo che sarebbe potuta essere una mossa sbagliata: a quello gli sarebbe bastato un soffio per buttarmi a terra e soffiarmi le chiavi del motorino.
Fortunatamente non lo ha fatto.
Senza dire nemmeno una parola prende per mano la sua ragazza, le sussurra qualcosa e poi se ne vanno.
Non so perché ma ho la strana sensazione che domani troverò le gomme del motorino bucate.
Cercando di non pensarci metto in moto e comincio ad andare a casa, dove una mamma infuriata per il ritardo mi aspetterà con la cucchiarella pronta e una espressione assassina.
Dalla padella nella brace, come si dice.
Devo proprio ammettere che questo primo giorno sia stato…come dire…una merda.
-Ti avevo detto di non fare tardi!-è l’accoglienza di mia madre quando, dalla finestra della cucina, mi vede arrivare e parcheggiare il motorino.
Facendo finta di non sentirla finisco di mettere la catena e tiro fuori le chiavi, ma lei è più veloce: mi apre con il citofono.
Sentendo l’odore di una sfuriata entro in ascensore e premo il quarto bottone, temendo il mio rientro a casa.
Per fortuna ho una bugia convincente.
Ok, quasi convincente.
-Prima che tu possa dire qualcosa- esordisco uscendo dall’ascensore e vedendo mia madre affacciata alla porta -ho una buona scusa.-
-Sentiamo- dice lei guidandomi attraverso il corridoio nella cucina dove è servito il mio piatto preferito: spaghetti aglio e olio.
Che carina, mi ha preparato il pranzo apposta…
Mi siedo e mi lancio nella narrazione del ritardo del suono della campanella a causa di un inaspettato black-out (forse questo potevo evitarmelo) e di un lungo e noioso discorso della prof mentre mangio con foga: sono molto affamato.
Lei mi guarda e annuisce con le labbra strette e l’aria severa.
Mi sa che non sono l’unico che pensa che potevo inventare qualcosa di meglio, ma almeno non ribatte e va a lavare i piatti mentre, in camera mia, mi collego a MSN.

Nuovo giorno di scuola.
La fortuna di avere il motorino è che posso arrivare a scuola in perfetto orario senza alzarmi alle cinque del mattino (che in realtà sarebbero le sette, ma non c’è molta differenza).
Faccio il mio ingresso teatrale mentre Giovanni mi guarda storto.
Mi sa che non gli ho detto che ho il motorino, e il fatto che sia andato a casa con lui in metro sicuramente non lo fa pensare.
Gli spiego velocemente la mia disavventura di ieri con voce affannata mentre saliamo le scale, ma prima che possa arrivare al punto della coppia sul motorino arriviamo davanti alla porta chiusa dell’aula.
Sospirando la apriamo e aspettiamo che il professore ci dica qualcosa.
E infatti, puntuale come un orologio svizzero, la voce profonda di Minelli risuona nell’aula.
-Due volte di seguito Amato, cominci bene l’anno. E anche tu…-
-Giovanni de Gaspari- lo aiutò Giovanni.
-...si, tu. Vedi di stare più attento. Sedetevi in silenzio.-
Con la cosa tra le gambe attraversiamo l’aula e andiamo al nostro posto mentre, con la coda dell’occhio, vedo che Cristina e Lucia, sedute vicine, ci guardano sorridendo.
Lo faccio notare a Giovanni, ma lui è troppo occupato a rispettare l’ordine del professore per rispondermi e così passiamo tutte le sue tre –ebbene si, tre ore- ad ascoltare noiose nozioni di latino e pesanti spiegazioni di storia.
Il suono della campanella della ricreazione è come una sorsata di acqua fresca dopo dieci giorni nel Sahara.
Giovanni ed io camminiamo a testa bassa fra i corridoi, seguiti da Lucia e Cristina che cercano di non farsi vedere, sebbene anche la preside giù al primo piano riesca a sentire i loro versetti.
Faccio finta di niente e scendo le scale fino al piano del liceo seguendo il fiume di studenti che cercano la merenda per arrivare in quel luogo ch, da quando esiste la ricreazione, è il punto di ritrovo di tutti gli studenti, un posto dove ognuno può riacquistare le energie perdute durante le tre noiose ore passate seduti: l’angolo del paninaro.
Bisogna essere molto abili per riuscire a comprare qualcosa prima che finisca tutto: i più abili passano dal lato, ma ormai è tutto intasato. I più grandi si fanno largo tra la massa di studenti affamati per arrivare il bancone. I più alti allungano la mano per raggiungere il tanto desderato panino.
Io e Giovanni, che non siamo né abili, né grandi, né tantomeno alti, siamo gli unici due coglioni che fanno la fila.
Mi pare che fra i “grandi” ci fosse pure quel ragazzo enorme dell’ultimo anno, ma quando mi ha spinto per passare avanti non gli ho detto nulla: anzi, mi sono nascosto nella felpa.
Quando finalmente arriva il nostro turno suona la campanella e il paninaro comincia a richiudere le scatole, dove uno sfigatissimo panino giace solitario.
-Aspet…-comincio io, ma una grassa bidella comincia a urlare di andare in classe e Giovanni ed io, con lo stomaco gorgogliante, saliamo le scale per tornare, stavolta in tempo, in classe.
Un uomo basso, sulla cinquantina, con due occhiali spessi e una cravatta a pois rossi che fa a cazzotti con la camicia a righe blu ci accoglie con un sorriso a trentadue denti invitandoci a sederci.
-Ragazzi,-comincia con una voce roca e fastidiosa, come se non parlasse da molto tempo-io sono il professor Gigli, e vi insegnerò religione quest’anno. Chi esonerato può uscire dalla mia classe.- Quattro o cinque ragazzi e due ragazze uscirono senza farselo ripetere due volte, portandosi dietro i-Pod e cellulari.
-Bene, adesso che siamo fra di noi passiamo alle presentazioni.-
Ed ecco la solita prima ora sprecata in stupide ed inutili presentazioni, la solita roba insomma.
Per fortuna la noiosa ora finisce in fretta e quella seguente è di buco: a quanto pare la professoressa di greco manca.
Evvai!
Dopo cinque minuti passati a festeggiare irrompe in classe una scorbutica bidella: poverina, l’abbiamo disturbata dalla lettura del suo giornalino scandalistico!
D’altronde è uno dei peccati capitali interrompere la bidella mentre legge del nuovo fidanzato della velina.
Comunque ci intima di non urlare o chiamerà la preside, e nessuno di noi vuole finire nei guai solo al secondo giorno.
E così io e Giovanni cominciamo a camminare per la classe, e il caso (si, proprio il caso!) vuole che ci ritroviamo a chiacchierare per tutto il tempo con Cristina e Lucia, che ridono ad ogni nostra battuta e ci raccontano delle loro vacanze.
Ho notato che Lucia mi ha guardato spesso, però non voglio farmi illusioni.
In ogni modo adesso ho il suo numero di telefono e il suo indirizzo di MSN.
La prima cosa che faccio, quando arrivo a casa, è aggiungerla e, vedendo che è in linea, comincio a chattarci.
Oggi mamma per fortuna è fuori e posso fare come mi pare: infatti per quanto mi riguarda posso anche mangiare alle quattro.
Ecco la conversazione:
Io: Ciao!
Lei: Ciao, cm va?
Io: Tutto bene, a parte che quello stronzo del Minelli già ci ha dato compiti…
Lei: Già, a ki lo dici…io gg avevo pure da fare
Io: Infatti…che dovevi fare?
Lei: Nnt, esco cn amiche
Io: A ok…io non so che fare…
Lei: Mi disp…vbb mo vado ke sennò faccio tardi! Ciao! Baci
FINE
Un po’ breve come conversazione.
Devo anche aggiungere che il fatto che abbrevi così le parole mi da anche un po’ fastidio, ma posso accettarlo.
Mentre chiudo il computer mi squilla il cellulare: un messaggio, è Giovanni.
Il messaggio dice: ciao ti va di andare a fare un giro? Io sto da mia nonna, noia mortale. Ci vediamo alla metro alle 4.30, vieni in motorino. Bella.
Adesso sì che ho da fare, alla faccia di Lucia.





Ecco quì, con un po’ di ritardo, il secondo capitolo della storia! Grazie a tutti quelli che hanno letto e specialmente a quelli che hanno recensito. Vi lascio alla lettura, e ricordate: un autore recensito è un autore motivato!
  
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