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Autore: Yomi22    22/04/2014    1 recensioni
Dopo la Grande Battaglia, Regina ha dovuto sacrificare i suoi beni più preziosi per assicurare la vittoria del bene. Ma dove sono spariti tutti? Emma si ritrova in un paese di cui conosce solo il nome, ma gli altri non sono con lei. Le nostre eroine si ritroveranno così a viaggiare tra vari mondi per ritrovare i loro cari.
Attenzione: SWANQUEEN.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Morgana non aveva mai saputo resistere alla dolce risata di un bambino. Sin dalla più tenera età, aveva dimostrato una propensione alla maternità, e molte erano state le giornate passate in compagnia delle sua tutrice Viviana a badar ai bambini abbandonati sull'uscio del Tempio Sacro, ad Avalon.
Amava cullare, cibare e osservare i pargoli nella loro crescita, dal primo passo alla prima parola, ed era sempre straziante per lei quando essi venivano adottati da qualche fanciulla, o spediti come oggetti in conventi a Camelot.

Quando rimase incinta, amava definirsi la donna più felice presente in tutto il regno di Pendragon. Tutto il rancore che aveva serbato per la casata regnante era svanito con la stessa facilità con cui un fuoco ardente divora il legno. Nulla, più esisteva, se non lei e il suo bambino.
Neanche la magia, le importava più. Per anni si era impegnata nell'apprendimento delle arti celtiche, in grado di congiungere l'uomo alla natura, in uno sposalizio magico che permetteva alle donne Sacre di compiere incantesimi straordinari.
Morgana era sempre stata impegnata nei suoi studi, intenta a divenir la pupilla della Signora del Lago, posizione cui aspirava di ascendere alla morte della Dama corrente e sua madre adottiva Viviana.

La giovane Sacerdotessa ricordava bene la notte di Beltaine, giorno sacro nei riti pagani di Avalon, in cui ad ogni Signora era permesso di accoppiarsi con uomini provenienti dal Regno.
Decine di uomini e donne mascherati danzavano attorno ad un fuoco, per rendere grazie alla Natura e a tutto ciò che ella aveva donato. Musiche e banchetti spadroneggiavano su una terra viva, capace di comunicare liberamente con l'uomo.
In quella sera, non vi erano proibizioni, ed ognuno poteva sentirsi libero di compiere ogni atto che mai aveva pensato di poter compiere.
Una sola serata all'anno, per celebrare la Dea Creatrice.
In preda ai fumi dell'alcool, e alla gioia per la sua prima Notte Sacra, Morgana non si era tirata indietro quando le sue compagne più anziane l'avevano spinta tra le braccia di un giovane, tanto bello e spaesato quanto lei.
Assieme avevano riso, danzato e bevuto, sino a che non si furono appartati.
Passarono la notte assieme, senza mai rivelar i loro nomi nè i loro volti. Si amarono nell'ombra e mai più si rividero.

Fu solo al momento del parto che il nome dell'amante della futura Sacerdotessa venne rivelato.



 
[...]



Morgana sgranò gli occhi, portandosi istintivamente la mano sul ventre gonfio, e non riuscì a trattenere le lacrime. Sapeva cosa comportava portare in grembo il figlio rel re. 
Era conscia che qualcuno avrebbe provato a portarlo via da lei o peggio, ucciderlo.
I bastardi non erano ben accetti a Camelot, e si erano udite voci di regine gelose che assoldavano sicari per liberarsi di fastidi quali i figli di altre donne, possibili pretendenti al trono.
La Sacerdotessa sapeva anche dell'incapacità di Ginevra, moglie di Artù, nel generare figli, motivo in più per cui se mai avesse scoperto la vera identità del figlio di Morgana, avrebbe sicuramente adottato contromisure drastiche.
La donna non poteva certo permettersi di far trapelare il nome di colui che l'aveva inseminata, ed era consapevole del rischio che avrebbe corso nel proteggere il figlio illegittimo di Artù. Il suo amore di madre, tuttavia, era ben più prepotente della sua saggezza e non la fermò dal formulare un incantesimo di protezione sul futuro nascituro. 
Niente avrebbe potuto portarglielo via, neppure il Re di cui tanto si vociferava. Il "Salvatore", lo chiamavano. Colui che avrebbe potuto rimediare alle misfatte del padre Uther, e che avrebbe riportato gioia e prosperità all'intera Camelot.

Artù, che condivideva con Morgana la stessa madre.
Artù, che condivideva con Morgana lo stesso figlio.

Mai le passò per la testa l'atto impuro che aveva commesso nel dormire assieme al suo fratellastro, ma sapeva che quello sarebbe stato unicamente un incentivo per eliminare l'abominio nato dall'insaputo incesto.

" Viviana, sai che tra pochi giorni partorirò, la Luna ci ha avvertite di questo" 

Pregò supplicante, seguendo la sua Maestra per gli intricati corridoi del Tempio Sacro. Erano giorni che Morgana ripeteva le stesse frasi, eppure Viviana non pareva prestarle il dovuto ascolto. Eppure, sapevano entrambe che cosa avrebbe comportato la nascita di Mordred, questo il nome del nascituro.

" Ti prego, dobbiamo prevenire il peggio."

Mai aveva ricevuto una risposta da colei che considerava una Madre. Si chiese spesso se a Viviana fosse mai davvero importato qualcosa di lei, ma in cuor suo aveva sempre voluto pensare di sì. Aveva sempre creduto che l'immenso amore che provava per la donna fosse ricambiato. In fondo, era stata proprio la Dama del Lago a decidere di prendersi cura di lei, quando era ancora una bambina di otto anni rinnegata dal padre adottivo, dopo la morte di Lady Igraine, sua madre.

" Non possiamo permettere che Mordred subisca ciò che ho subito io."

Pianse, senza per l'ennesima volta ottenere risposta.
Pedinò Viviana in lungo e in largo, senza demordere, sino al giorno del parto.
Un parto straziante, alla luce della Luna, come volevano le predizioni.
Le sue urla si propagarono nel tempio illuminato unicamente dalla flebile luce lunare che trapassava dalle finestre opache e che rimbalzava sul marmo freddo e bianco.
L'altare era stato adobbato a dovere, con incensi e erbe mediche profumate in grado di alleviare leggermente il dolore.
Non ci volle molto perché le urla del bambino si sostituirono a quello della madre, esausta per l'eccessivo sforzo compiuto. Con le lacrime agli occhi, per la gioia e il dolore, Morgana allungò le braccia con un sorriso speranzoso dipinto in volto.
Il bambino smise di piangere, e la Sacerdotessa intonò una canzone per lui, accompagnata dalle angeliche voci delle sue compagne.

Furono interrotte da un sibilo sinistro, che spense gli incensi e le poche candele poste agli angoli del salone. 
Morgana guardò Viviana, impassibile sull'Altare Sacro, e spostò poi lo sguardo sulle cinque donne attorno a lei. 
Non v'era nessun suono, se non il leggero eco che ancora seguiva la dolce canzone che poco prima era uscita dalle sue labbra.
La donna era spaventata, ignara di ciò che stava accadendo. Poco prima del parto si era rassicurata di innalzare una barriera protettiva non solo attorno al Tempio, ma ad Avalon intera. Nessuno, in quella terra, era in grado di rivaleggiare con il suo potere. Era consapevole del fatto che nessuno, neppure Viviana o il Grande Merlino, avrebbero potuto abbattere la sua magia.
Eppure, una pressante angoscia la invase. Il suo cuore prese a battere più velocemente, scandendo il tempo come un orologio impazzito. Per un attimo le parve di sentirlo rimbombare per le fredde pareti, come un suono lacerante. Istintivamente, strinse a sé il piccolo, rassicurandolo con parole dolci, mentre i suoi occhi guizzavano da una parte all'altra del palazzo.

"Non preoccuparti, Mordred, amore mio, la mamma è qui. Non ti succederà nulla, te lo prometto..."

Ripeteva, posando il suo sguardo su Viviana, incredula quanto lei. 
Fu soltanto allora che la paura la pervase totalmente. Mai nella sua vita, aveva visto Viviana spaesata. Era sempre stata un caposaldo per lei, in quanto nulla poteva sfuggire allo sguardo attento della donna. I loro sguardi si incrociarono e l'una potè leggere in quello dell'altra un sentimento di confusione.
Si guardarono a lungo, finché le grandi porte in legno massiccio del Tempio non si spalancarono con violenza, sbattendo talmente forte da spaventare tutte e sette le donne presenti. 

Il bambino iniziò a piangere, un pianto disperato che si propagò nella stanza, mentre una figura di donna si presentava alla porta. 
Morgana non ruscì a distinguere chi fosse, ma era pressoché sicura di non aver mai visto quella persona.

"Chi sei?"

Urlò, stringendo ancora il figlio, incapace di alzarsi dal letto in quanto preda del terrore e priva di forze.
Una risata femminile invase il salone, una risata malvagia, sconosciuta.
La donna fece qualche passo in avanti, accompagnata dal suono secco e deciso dei suoi tacchi e dal fruscìo del suo mantello nero.

" Perdona l'intrusione, Morgana, ma hai qualcosa di cui ho davvero bisogno."

Morgana sussultò, a quelle parole. 

" Chi sei? Cosa stai cercando qui? Siamo in un Tempio Sacro, nulla di ciò che possediamo può servirti."

La donna rise di nuovo. Una risata gelida, terrificante.

"Sai benissimo che cosa cerco, Morgana. Altrimenti perché lo terresti così stretto tra le tue gracili braccia?"

Mordred. La donna voleva il suo bambino.

" Sei qui per conto di Artù? Dov'è lui ora? Perché il codardo lascia fare il lavoro sporco a te? Cosa ne ricavi?"

La donna si fermò, e le porte dietro di lei si richiusero con un tonfo sordo. Le candele si riaccesero, e finalmente Morgana potè distinguere i lineamenti della sua nuova nemica.
Lunghi capelli neri le ricadevano da un lato, stretti in un'alta coda. Pozzi neri come la pece la scrutavano come un leone faceva con la sua preda. Un sopracciglio inarcato, quasi sorpreso dalla miriade di domande che le erano state poste.
Le labbra rosse serrate in un ghigno.
Gli abiti, non appartenevano al mondo di cui Morgana faceva parte.

Il silenzio regnò sovrano per interminabili secondi, e fu spezzato da Viviana, che con calma si avvicinò all'altare su cui era ancora adagiata la Sacerdotessa.

" Io so chi siete voi, Vostra Maestà. Quello che mi chiedo, Mia Signora, è cosa ci facciate nella nostra umile e Sacra Isola. Non abbiamo nulla qui, per voi. Siamo solo Sacerdotesse, e come tali viviamo."

La donna scoppiò nell'ennesima fragorosa risata.

"Dama del Lago, risparmiati queste battute. Quello che voglio è il marmocchio. Consegnatemelo e non accadrà nulla di male nè a voi, nè a queste sciocche donne che vi accompagnano."

Alle parole della donna, le cinque Sacerdotesse si accasciarono a terra prive di sensi, circondate da una sottile coltre viola. 
Regina si avvicinò alle due ancora in piedi, e si fermò a pochi centimetri da Viviana. 
Le due sembravano incarnare a perfezione il Dio della Distruzione e la Dea della Vita.
Il bianco e il nero.
E in mezzo, solamente una tensione palpabile.

" Dama, non puoi sconfiggermi. Consegnami il bambino."

Viviana rispose con una certa tranquillità, che mascherava l'angoscia che la pervadeva. Scosse la testa, in un cenno di negazione. Allungò una mano verso Morgana, ma una ventata violenta la scaraventò all'indietro, facendola sbattere inevitabilmente contro la parete, per poi cadere in terra, immobile.
L'attenzione di Regina si concentrò allora su Morgana, alla quale passò una mano tra i capelli, leggermente bagnati di sudore.

"Non ho nulla contro di te, mia cara" sospirò, accarezzandole una guancia, "ma ho davvero bisogno di tuo figlio. Purtoppo la mia vendetta al momento è più importante della tua famiglia. Non me ne volere, è questione di priorità."

Morgana non potè rispondere. Qualche strana magia l'aveva paralizzata. Una magia che non poteva contrastare, non in quelle condizioni. Guardò suo figlio e tentò di urlare quando lo vide passare tra le braccia della donna in nero.
La osservò allontanarsi di qualche passo, e sorridere glaciale.

"Avrai il tuo tempo di vendicarti, Morgana. E io sarò lì ad aspettarti. Quando sarà il momento, vieni nella Foresta Incantata, e potrai sfogare tutta la tua rabbia contro di me. Ti aspetto."

Pronunciate le fatidiche parole, la donna svanì in un'esplosione di fumo violaceo, portandosi dietro Mordred.
Calde lacrime rigarono il volto di Morgana, incapace di parlare nonostante l'incantesimo della donna fosse stato spezzato. Si accasciò sul marmo bianco e osservò il soffitto, in una visione distorta dal pianto.
Oh, era sicura che si sarebbe vendicata. Lo avrebbe fatto e molti avrebbero pagato per quello.
Artù, Regina... Viviana.
Viviana, che non era stata in grado di proteggere sua figlia e suo nipote. Viviana che non aveva neanche provato a fermare quel mostro di donna. 
La guardò, ancora in terra priva di sensi, e per la prima volta fu inondata dalla collera. Una collera cieca, che la portava a desiderare la morte immediata per quella donna che credeva volerle bene.

In un impeto improvviso, il suo corpo riaquistò le forze, il che le permise di alzarsi, e con passo deciso riuscì ad avvicinarsi alla Dama del Lago.
La osservò, con gli occhi sbarrati, colma d'ira.

"Non hai fatto nulla. Tu sei la Grande Sacerdotessa eppure hai permesso tutto questo. Non te lo perdonerò, Viviana... la pagherai..."

Voltandosi, diede le spalle alla figura a terra e sospirò, in un ultimo gesto di debolezza e di amore verso sua madre, prima di percorrere la navata che poco prima Regina aveva percorso con suo figlio tra le grinfie. Non si guardò indietro, nel lasciare il Tempio, e dovette far ricorso a tutto il suo autocontrollo per non mandare tutto al rogo.
Solo quando fu abbastanza lontana finalmente decise di guardare un'ultima volta quel luogo.
Una singola lacrima le percorse il volto, e dentro ad essa, tutta l'umanità che un tempo aveva posseduto, scivolò via dal suo animo, che andava a colorarsi di un tetro color di morte.















 
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Non è forse il mio capitolo migliore, ma è necessario per il corso degli eventi. Continuate a seguirmi, e non voletemene per il ritardo. Sono sempre stata una ritardataria.
Se vi va lasciatemi una recensione.
  
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