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Autore: WillowG    17/07/2008    1 recensioni
"Col suo lavoro aveva dovuto imparare a dominarsi, anche se quel genere di spettacoli la faceva davvero star male. Per quanto ci si possa preparare, certe cose non possono non toccarti. E quando questo succede, significa che non sei migliore di quelli che le hanno provocate." Ambientata durante la seconda stagione.
Genere: Romantico, Avventura, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Caitlin Todd
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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explosion3 EXPLOSION
Capitolo 3
-Ritorni dal passato.

Meraviglioso. Questa volta era andato tutto bene … Dalla sua postazione, il tipo qualunque in tuta da ginnastica e berretto da football, aveva visto la seconda esplosione. Stavolta tutto aveva funzionato alla perfezione. Come da copione, la bomba più potente era scoppiata dopo la prima. Quella serviva solo per richiamare i poliziotti. Li aveva visti entrare. Oh, che peccato dover vedere solo il retro della biblioteca. Ma era il posto più sicuro. Forse non avrebbe attirato sospetti anche se fosse rimasto nelle vicinanze dell’ingresso. Ma non poteva rischiare. Quello era solo il secondo atto. Ne aveva altri tre da portare avanti. Se per qualche motivo lo spettacolo non fosse continuato, Lei non glielo avrebbe perdonato. E neanche Lui. L’uomo qualunque si gira dall’altra parte e inforca gli occhiali scuri. Con un sorriso sadico si allontana, camminando, né troppo veloce, né troppo lentamente. Come qualcuno alla fine della sua razione di jogging. Spera ardentemente che qualcuno degli agenti sia morto nell’esplosione.

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Una cascata di musica dai toni gutturali investirono Ducky come un uragano. Intontito, cercò di raggiungere Abby, che a tempo di musica stava aspettando il responso delle analisi. La chiamò più volte, ma il volume assordante gli impediva di essere sentito dalla ragazza, che continuava tranquillamente a mimare un assolo di chitarra elettrica.
-ABBY! ABBY! MI SENTI? SONO DUCKY! TI HO PORTATO DEI NUOVI CAMPIONI DA ANALIZZARE … ABBY!- In qualche modo, la dark si volse, e riconosciuto il medico legale, spense subito lo stereo.
-Ehilà, Ducky! Cosa ti porta ad abbandonare il tuo antro per venire nel mio regno, attraversando innumerevoli piani pieni di gente irritata per non potersi godere il weekend?- Il pover’uomo non rispose subito. Aveva la sensazione di essere diventato completamente sordo. E alla sua età non erano cose su cui scherzare. Ma era venuto nel laboratorio di Abby ben sapendo quali pericoli correva.
-Credo di aver qualcosa per te.- Disse passando una busta alla ragazza, che se lo rigirò tra le mani, curiosa.
-Sai già di cosa può trattarsi?-
-Ne ho trovato sulla faccia … Bhe, quel che ne resta, del signor Burnet. E qui ho quelli che ho trovato sulle altre due vittime.- Detto questo, Ducky porse altre due buste contrassegnate col nome della salma su cui erano stati trovati i contenuti. -Conterei sul fatto che sia lo stesso materiale.- Abby guardò le buste trasparenti contro luce. Piccolissime schegge scure mostravano i loro contorni seghettati.
-Finché non le avrò analizzate, non potrò dirti che cosa sono, ma i miei poteri extrasensoriali mi dicono che potrebbero essere qualcosa d’interessante!-
-Spero che i tuoi poteri non facciano cilecca proprio oggi, Abby.- Gibbs fece il suo ingresso nel laboratorio, seccato come non mai.
-Buongiorno anche a te, grande capo!- Lo salutò Abby con un sorriso. -E prima che tu mi possa chiedere col tuo tono feroce “hai qualcosa di nuovo per me?”, -appi che ho passato tutta la notte ad esaminare il libro e gli ordigni.-
-E …?-
-E … Come avevo già detto, si tratta di un professionista. Ma alle prime armi. Il nostro amico ha realizzato una bomba come la prima, ma stavolta ha fatto alcune modifiche.-
-Quali?- L’impazienza era tangibile nella voce di Gibbs.
-Un momento, ci sto arrivando! Allora, nel supermercato, come ricorderai, le bombe erano esplose in sequenza. Avevo pensato fosse per causare più danni, ma adesso capisco che aveva fatto un errore.-
-Vuoi dire che voleva che le bombe esplodessero in momenti diversi?- Gibbs strinse gli occhi, preoccupato da ciò che poteva significare quella rivelazione.
-Esatto. Ma la prima volta aveva sbagliato nella struttura dell’ordigno. Non aveva … “protetto” bene la seconda bomba dalla potenza della prima. Ma ha imparato dai propri errori. Come puoi vedere.- La ragazza indicò alcuni reperti sul tavolo, in particolare una scatoletta metallica deformata. -Era il contenitore del secondo ordigno della biblioteca. Rispetto ai resti del primo che abbiamo ritrovato, è di almeno tre millimetri più spesso. E questo è bastato perché il timer rimanesse protetto abbastanza da scattare al momento voluto.-
-Ovvero quando eravamo sulla scena.- Aggiunse Gibbs, mentre Abby annuiva, seria. Un velo silenzioso si abbassò sul trio, mentre nelle loro menti si faceva largo un’ipotesi orribile.
-Tu che ne pensi, Ducky?- Domandò all’improvviso Gibbs, spezzando la tensione creatasi. Il medico legale sospirò, afflitto.
-Quello che pensi anche tu. Il nostro uomo ce l’ha con la polizia.- Jhetro annuì, tornando a fissare ciò che restava del libro usato per nascondere la bomba. L’unica frase leggibile sembrava sbeffeggiarlo e allo stesso tempo avvertirlo. “lasciate ogni speranza voi ch’entrate”.
-E del libro che mi dici, Abby?- La ragazza scosse la testa, demoralizzata.
-Non molto. Non ne è rimasto abbastanza per dirti se era della biblioteca o no. Il nostro mister esplosione si è ben guardato dal lasciare le pagine coi timbri. E l’acqua, come puoi immaginare, ha cancellato il resto.- Gibbs sospirò, evidentemente deluso.
-Avrei proprio bisogno di qualche traccia in più.- Ducky osservò l’amico leggermente preoccupato. Erano parecchie ore che Gibbs non si prendeva una pausa, ed il suo volto ne portava addosso tutti i segni.
-Mi dispiace, capo, ma finché lo spettrografo non mi dà i risultati, non posso esserti utile. Anche io ho i miei limiti, anche se sono … Limitati!- Gibbs si portò una mano sul volto per calmarsi. Solitamente la battuta di Abby l’avrebbe fatto sorridere, ma in quel momento l’aveva fatto innervosire ancora di più di quanto già non lo fosse.
-Abby …-
-Ho capito. Cercherò di superarli.- Si affrettò a confermare la ragazza, svanendo dietro allo schermo di un computer. Gibbs la fissò per qualche istante torvo, poi si lasciò andare ad un sospiro.
-Mi sembri un po’ stanco, Jhetro.- Commentò Ducky, meritandosi un’occhiata feroce da parte del collega. -Ma forse mi sbaglio.- Si sbrigò a rettificare, mentre Gibbs si sfregava gli occhi, recuperando il controllo su di sé.
-No, Ducky, hai ragione tu. Saranno ventiquattrore che non dormo …- Uno sbadiglio finalmente si liberò dalla bocca dell’agente, mentre si stiracchiava  indolenzito. -E’ che adesso questo caso mi ha preso troppo. Abbiamo rischiato di restare coinvolti in un’esplosione, e non vorrei che ricapitasse … Potremmo non avere di nuovo così tanta fortuna.-
-A proposito dell’esplosione … E’ vero quello che mi ha detto Tim? Su Tony e Kate?- Domandò con voce squillante e maliziosa Abby, facendo capolino da dietro il computer. Un’occhiataccia gelida di Gibbs la fece tornare subito dietro al suo nascondiglio. -Ok. Ho capito. Torno al lavoro.-
-Ecco. Brava.-Ringhiò Gibbs, scatenando una risata a malapena trattenuta dal medico legale. Ecco uno dei motivi per cui forse non sarebbe mai voluto andare in pensione. In tutti i suoi lunghi anni di carriera, non gli era mai capitato di lavorare con uno staff così divertente. Proprio allora il citofono del laboratorio squillò. Con un gesto stanco, Gibbs schiacciò il pulsante di risposta. Sperò ardentemente che fosse uno dei suoi ragazzi. Infatti la voce di McGee, resa metallica dall’apparecchio, uscì insicura dal viva voce.
-Capo, sei lì?-
-Ovvio, McGee. Dove altro vuoi che sia?- Un momento di pausa. Poi l’agente McGee continuò.
-Ho finito di controllare i registri della biblioteca.-
-E allora?- Domandò Gibbs, mentre osservava Abby che strisciava fuori dal suo rifugio per ascoltare. Come Ducky, ebbe la netta impressione che, più che il contenuto della conversazione, alla ragazza interessasse la voce all’atro capo dell’apparecchio.
-Bhe, ho l’elenco di tutti quelli che hanno preso in prestito le copie della Divina Commedia …-
-E allora cosa ci fai ancora lì?! Fila subito a controllare chi non ce l’ha in casa!- Ringhiò alterato l’ex marine.
-Ma capo … Sono quindici persone sparse per la città …-
-E allora fatti dare una mano da Kate e Dinozzo! Muoviti!-
-Sì capo! Subito, capo!- Il giovane agente stava per riattaccare, ma Gibbs lo fermò un istante.
-Controlla se tra queste persone ci sono alcuni con precedenti o che hanno a che fare con ordigni. Gli altri li potete scartare. Ah, un‘altra cosa. Prima di sguinzagliare quei due, aspetta un momento. Ho qualche novità da parte di Abby.- Un momento di silenzio. Gibbs iniziò ad innervosirsi. -Tutto chiaro, McGee? Devo farti un disegno?- La voce agitata di Tim arrivò tempestiva.
-Sì-sì, capo capito tutto perfettamente … No … Cioè volevo dire …-
-Allora mettiti al lavoro!- Ringhiò Gibbs chiudendo la telefonata.

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-Ha riattaccato …- Mormorò McGee demoralizzato, voltandosi verso i suoi colleghi. Ma questi a malapena lo avevano ascoltato. Kate rivolse a Tony un sorriso vittorioso, e gli tese il palmo della mano aperta.
-Maledetta sanguisuga …- Sibilò questi tra i denti, porgendo una banconota da cinque dollari alla mora, che lo canzonò allegra, con un tono da presa per i fondelli.
-Dovevi pensarci prima di proporre quella scommessa …-
-Quale scommessa?!- Domandò McGee, già preoccupato per la risposta.
-Che non avresti resistito al telefono con Gibbs per più di due minuti …- Spiegò tranquillo Tony, prendendo la pistola dal cassetto della sua scrivania.
-Ma hai resistito ben tre minuti e sedici secondi.- Informò Kate, non ancora sazia di gloria per aver battuto il collega.
-Volete dirmi che continuate ad usarmi per le vostre scommesse?- Il tono di voce indispettito di McGee fece solo allargare il sorriso da presa per i fondelli dei due agenti Todd e Dinozzo.
-Avanti, non te la prendere, pivello. Fa parte del lavoro …- Cercò, senza impegnarsi troppo, di consolarlo Tony avvicinandosi per spiare il computer del collega. Ma nel chinarsi emise un gemito.
-Che c‘è? Stai male?- Troppo tardi Kate si accorse che il suo tono di voce era esageratamente apprensivo. Doveva correre ai ripari. Possibilmente con una battuta crudele. -Non sarai fuori forma? Dopotutto, con tutto il movimento che fai con le segretarie per avere i rapporti … Non sei più un ragazzino … Macchina del sesso!- La mora ringraziò le sue “doti” persuasive nei confronti del migliore amico di Tony. Questi la fissò feroce.
-Quando tu mi sei caduta addosso con il tuo “dolce peso”, miss Todd, un libro mi si è conficcato nella schiena. E dato che ci hai messo un sacco di tempo a rialzarti, la copertina mi si è disegnata in rilievo tra le scapole!- Kate strinse i denti, colpita in pieno, mentre Tony le lanciava un sorriso vendicativo. Erano pari. Soddisfatto, Tony si rivolse nuovamente a McGee, che aveva appuntato mentalmente ogni parola. Non vedeva l’ora di riferire tutto ad Abby. -Hai già gli indirizzi da controllare, pivello?-
-Solo un momento. Li stampo.- Rispose Tim risentito. Non gli importava se quello era il trattamento riservato agli ultimi arrivati. Quel soprannome proprio non gli andava giù.
-Avanti, McGee. Appena torniamo ti offro un caffé con i soldi che ho vinto a Tony.- Propose Kate, riuscendo a far ricomparire il sorriso sulle labbra del ragazzo.
-Com’è che a me non offri mai il caffé?- Fece Tony fingendosi imbronciato.
-Perché non te lo meriti.- Sibilò la donna prendendo il foglio appena stampato con gli indirizzi da controllare. Gibbs fece la sua comparsa giusto in tempo per bloccare una battuta di risposta di Tony.
-Se qualcuno offre un caffé a ME, invece, giuro che gli do una settimana di ferie pagate.- I tre agenti erano consapevoli del fatto che si trattasse solo di una battuta, ma per un attimo avevano avuto l’istinto di correre alla caffetteria più vicina.
-Che nuove ci porti, capo?- Domandò Tony, scoccando un’occhiataccia a Kate, per nulla impressionata. Gibbs si sedette stancamente sulla sua poltrona e informò i suoi uomini di quanto era stato scoperto. Kate e McGee furono percorsi da un brivido quando il loro capo svelò del ritardo apposito del secondo ordigno. Tony serrò solo di più gli occhi, mentre alcuni ricordi gli riaffioravano alla mente. I suoi dubbi stavano prendendo pericolosamente forma.
-Quindi il nostro uomo fa esplodere una bomba, solo per poterne far scoppiare un’altra quando la polizia arriva sul campo?- Kate sentì l’orrenda sensazione di pericolo avvolgerla. Gibbs annuì.
-Bhe … Almeno una cosa la sappiamo …- Commentò Tony. McGee lo guardò incuriosito.
-E sarebbe?-
-Non ce l’ha solo con le persone single. Ce l’ha anche con i poliziotti.- Kate avrebbe preferito che Tony non lo dicesse con quel tono scherzoso. Non era una cosa su cui ridere. Ma Gibbs gli diede ragione.
-Esatto, Dinozzo. E la cosa mi preoccupa. Purtroppo, alla fine questo è l‘unico indizio in più che abbiamo. Abby ha ancora dei limiti …-
-Anche se sono limitati …- Aggiunse Tony beccandosi un’occhiataccia da Gibbs, ed il silenzio seccato dei colleghi. -Bhe? Che ho detto?- Gibbs emise un grugnito, trattenendosi dal colpire il suo agente con uno dei suoi soliti scapaccioni, e continuò a parlare.
-… Per questo conto sul rapporto del tuo vecchio caso.- Fece una pausa. -E' l’unica pista solida che abbiamo.- Un lugubre silenzio si abbassò sull’ufficio. Ognuno perso a riordinare nella mente i tasselli di quel puzzle intriso di sangue. Fu Gibbs ad interromperlo con fare seccato. -Bhe? Siete ancora qui? Dinozzo e Kate, andate subito a controllare gli indirizzi che vi ha dato McGee. Se qualcuno di loro non possiede la copia della biblioteca di quel maledetto libro, portatelo subito qui. McGee, tu vai a dare una mano ad Abby, poi ritorna qui. Io intanto studierò il rapporto sull’altro caso.- Kate e Tony schizzarono verso l’ascensore, ben felici di stare lontano da un Gibbs di umore ancora più nero del solito.
-A dopo, McGee!-
-A dopo ragazzi!- Salutò Tim, mentre le porte dell’ascensore si chiudevano davanti ai due colleghi.

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-Allora, dove dobbiamo andare?- Tony si era già sistemato al posto di guida, in attesa delle istruzioni di Kate. La donna scorse la pagina datale da McGee con il dito.
-In pratica tra i possibili sospetti sono rimaste solo quattro persone. Due sono stati condannati per furto e rapina a mano armata, ma hanno scontato la loro pena e non credo sappiano tenere in mano una pistola, figuriamoci costruire una bomba … Uno è un minatore in pensione, ma ha oltre settant’anni, e le bombe che costruiva sono di gran lunga meno tecnologiche di quelle del nostro uomo. L’ultimo sospettato che non mi sembra scartabile è una donna. Ha lavorato negli artificieri, e si chiama Monica Rudolph.- L’espressione di Tony si fece improvvisamente seria.
-Monica Rudolph, hai detto?-
-Sì, perché, la conosci?- Tony abbassò lo sguardo. Alcuni ricordi di cinque anni prima rifiorirono.

“ Era finita. Il dinamitardo era accasciato a terra, senza più vita. Sarebbe stato meglio prenderlo vivo. Non perché gli facesse pena. A causa sua, otto famiglie piangevano la morte dei loro cari. L’agente Anthony Dinozzo si accasciò contro la parete. Prima di morire il bastardo gli aveva sparato ad una spalla. Non era una ferita grave, ma unita allo sforzo fatto e alla tensione sostenuta, si faceva sentire almeno due volte di più che in condizioni normali. Il suo collega aveva già chiamato i rinforzi. Non gli restava che aspettare. Rimase a fissare la salma immobile, quando un rumore poco distante lo riscosse. Teso, si alzò in piedi e si diresse verso la fonte di quel lieve tramestio. Proveniva dal corridoio dietro il corpo di Johan Smilton. Circospetto, Tony si diresse in quella direzione. Ad un tratto trovò la porta di quello che doveva essere uno sgabuzzino. Tenendo la pistola davanti a sé, l’aprì con uno scatto, e vi trovò una donna. Era magra, gli occhi grigi gonfi di lacrime apparivano ancora più grandi, nel viso smunto e pallido. Terrorizzata, si ritrasse alla vista del poliziotto. Le sue frasi erano incoerenti, le uniche parole comprensibili -Il mio Jo … Ridatemi il mio Jo … Dov‘è il mio Jo?-“

-Tony … Tony svegliati!-
-Eh? Ah, già. Sì, Kate?- La ragazza fissò contrita il collega. Si era incantato per quasi un minuto al volante, e nonostante lo avesse chiamato più volte, lui si era degnato solo in quel momento di ascoltarla.
-Me lo dici che diavolo hai?- Tony la guardò sorpreso.
-Ho … Che cosa?- Kate stava per gettargli le mani al collo. Lo avrebbe ucciso, prima o poi!
-Come “che cosa?”!!! Uno rimane con lo sguardo fisso come un cadavere anche se lo chiami decine di volte, e ti chiede ancora che cosa?- L’agente la fissò per qualche istante.
-Ti sono venute in anticipo, questo mese?- Kate gli tirò un pugno allo stomaco. -Ahia! Ma dico, cos’hai da essere così violenta, oggi?- Colma di rabbia, Kate fece per colpirlo di nuovo, ma Tony le bloccò il braccio, e per essere sicuro di non essere colpito ulteriormente, le fermò anche l’altro. La mora si dimenò lanciando insulti, e tentando di liberarsi dalla stretta del collega. Ma alla fine si arrese, sconfitta. Tony era fisicamente troppo forte per lei.
-Accidenti a te, Tony, se tu non fossi un uomo io …- Le parole le morirono in gola quando si accorse di quanto durante la piccola lotta fosse finita vicina al volto di lui. Erano lì lì per sfiorarsi. Il cuore di Kate smise di battere per qualche istante, mentre sentiva il sangue affluire al viso. Le labbra di Tony tremarono per un momento, e le parvero avvicinarsi, per poi bloccarsi. Il battito del cuore di Kate aumentò, furioso come un cavallo imbizzarrito. Poi Tony le lasciò i polsi, e ognuno tornò al suo posto. Il ragazzo esalò un sospiro di sollievo.
-Era ora che ti fermassi … Sembravi una furia scatenata.- Troppo presa dalla propria reazione, Kate non si avvide che la voce del collega era leggermente roca. Un silenzio teso si abbassò sull’auto come un sudario. Entrambi erano consci di aver quasi oltrepassato una barriera. Un muro costruito giorno per giorno, fatto di prese per i fondelli e dispetti, pur di restare ben divisi, pur di calcare quel confine che avevano giurato a loro stessi di non sorpassare. Ma se le loro menti li dividevano, i loro corpi stavano aprendo una breccia, attraverso sensazioni e reazioni pericolose. Alla fine Tony ruppe il silenzio. Kate sobbalzò, ma prese di tasca il foglio e lesse l’indirizzo.
-E’ qua vicino. Se non c’è traffico, dovremmo fare in fretta.- Tony fece un cenno d’assenso, ma il suo sguardo si rabbuiò. Kate lo fissò inquieta, ma preferì soprassedere. Dopo quello che era appena accaduto, un’altra discussione col collega sarebbe potuta sfociare ben fuori da ogni controllo. Con un rombo, la vettura si immise nella strada, lasciando dietro di sé, oltre ad una scia di smog, anche un po’ della sicurezza che aveva sempre accompagnato i due agenti.

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-MALEDIZIONE!- Il fascicolo si abbatté con un tonfo sordo sulla scrivania. McGee alzò la testa dal computer, preoccupato per l’improvvisa reazione di Gibbs.
-Qualcosa non va, capo?- La domanda del giovane agente rimase inascoltata, mentre l’agente speciale Jhetro Gibbs rimetteva ordine nei suoi pensieri rabbiosi. Ora molti aspetti del comportamento fuori dal normale di Tony e il fatto che non avesse ancora dato spiegazioni gli erano chiari … Probabilmente aveva anche lui le sue ipotesi, ma come al sottoscritto, non lo portavano comunque a nulla. Il modus operandi e i luoghi delle esplosioni erano gli stessi di cinque anni prima, ma capivano entrambi bene che era impossibile che fosse la stessa persona ad averle costruite. E non occorreva neppure controllare la salma di Johan Smilton, perché era sicuramente morto. Senza ombra di dubbio. Ma il suo clone era in giro da qualche parte, pronto a colpire di nuovo, finché non avesse completato il progetto fallito da Smilton. A meno che non lo avessero fermato prima. Con un gesto rabbioso, Gibbs si alzò dal suo posto, e si diresse all’ascensore.
-McGee, con me.- Tim abbandonò il suo lavoro, per seguire il suo capo, nonostante la confusione che il suo comportamento gli stava formando in testa.
-Ma … Ma dove stiamo andando, capo?!- Gibbs si volse verso di lui, gli occhi fiammeggianti.
-Ad impedire a quel bastardo di fare altre vittime. Andiamo a trovare Monica Rudolph.-

-Fine capitolo 3-
 
  
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