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Autore: J85    23/04/2014    1 recensioni
Protagonista di questa mia prima storia urban fantasy è Sara Silvestri, personaggio secondario (ma non troppo) di un mio vecchio racconto intitolato "Casa mia".
La ragazza, alla ricerca di un edificio da adibire a negozio di parrucchiera, s'imbatte, su suggerimento di una sua amica, in un cupo e tetro fabbricato, situato in una zona isolata fuori città.
Nonostante sia estremamente titubante, alla fine la giovane si decide ad entrare, certa che al suo interno sia totalmente disabitato.
Con suo grande stupore, ed orrore, scoprirà che la situazione è ben differente da quella sperata.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3

“L’assedio e la salvezza”

 

 

 

L’oscurità predominava su buona parte dell’ambiente attorno a lei. Inoltre vi era la presenza, a complicare ulteriormente la deambulazione in quel fabbricato, di vari ostacoli sul pavimento come cartoni sfondati, pezzi di legno scheggiati, cumoli di fogli di carta ingialliti ed altri oggetti non meglio identificati. Infine, il continuo susseguirsi di rumori sinistri, provocava in Sara uno stato di angoscia continuo ad ogni passo che faceva, unito a repentini giramenti di capo nella direzione da cui la bionda presumeva provenissero tali suoni.

“Oddio ne ho proprio piene le palle di questo posto!” sussurrava appena la giovane, preoccupata di non alzare troppo la voce per non segnalare sua presenza.

Riuscì ad avanzare ancora di qualche metro, poi si bloccò di colpo.

Questa volta non si era trattato di un semplice scricchiolio. Sembrava più un sibilo. Un verso animale, forse. Di certo nulla che si potesse considerare umano.

D’un tratto, gli tornarono subito alla mente le informazioni dategli dall’orco poco prima. L’intero stabilimento era infestato da creature del genere. Magari anche peggiori.

Subito dopo fu il turno di un flashback risalente a qualche giorni prima.

 

“Interessante! Ma sai per caso il motivo per cui fu chiuso?” chiese Silvestri.

“Beh,… ora come ora non mi ricordo bene. Ma immagino sia per qualche crisi economica o roba simile…” rispose sbrigativamente Chiara.

“Davvero?” la nostra ragazza rimase dubbiosa.

“Ma sì. Oppure la fabbrica stava per essere comprata da un gruppo straniero e poi, poco prima di mettere le firme al contratto di vendita, non se n’è fatto più nulla. Sai come funziona…” disse l’altra, accompagnando la sua dichiarazione con uno sfarfallamento della mano destra.

“No! E nemmeno tu t’intendi di queste cose, scema!” la canzonò Sara.

“Comunque, t’interessa o no la cosa?” e con queste ultime parole, da parte della sua amica, si concludeva il flashback mentale.

 

“Crisi economica… affare con gli stranieri andato in fumo… fanculo!” continuava ad imprecare la giovane donna, mentre ci ripensava.

Poi un altro schianto la fece trasalire nuovamente. Con il suo cuore che, ormai, aveva raggiunto stabilmente il ritmo di quello appartenente ad un maratoneta.

Di colpo, cominciò a frugare selvaggiamente dentro la sua borsetta, già un po’ ammaccata dal trattamento che le aveva riservato poco prima Grim.

“Niente… niente… niente!” esclamava sempre più forte, mentre proseguiva nella sua attività.

Successivamente, ormai rassegnata, si fermò. Dopo tutto, pensò, era normale che una ragazza della sua età non portasse torce elettriche con sé. Rimise le sue mani dentro solo per controllare il cellulare che, come prima, proseguiva nel segnalare l’assenza di campo.

“AAAH CAZZO!”  proruppe infine con un urlo.

“Cazzo…” si sentì appena.

La bionda sobbalzò nuovamente. Questa volta non poteva sbagliarsi. L’aveva sentito bene.

Cominciò a roteare tutta su sé stessa, scrutando nel buio, aiutandosi con la poca luce solare proveniente dalle finestre presenti nell’edificio.

“Chi c’è?”.

Certo non era il quesito più intelligente da porre, però la ragazza aveva pensato che, se esisteva un essere in grado di pronunciare parole, poteva se non altro essere qualcosa di simil-umano.

“Io mi chiamo Sara. Te chi sei?”.

“Sara…” fece eco il bisbiglio.

Dopo fu il più totale silenzio. Fino a che non iniziò l’assedio.

D’improvviso, una luce si accese sopra di lei. Sara d’istinto guardò su, nel tentativo di controllare la lampada che la emanava. Fu grazie a ciò che vide piombargli addosso dall’alto quella cosa. Fu però soltanto quando lo ebbe davanti al suo viso che ne riuscì a delineare bene la fisionomia. Si trattava di un esserino dell’altezza massima di 20-22 cm. La sua struttura fisica era pressoché identica agli uomini, nonostante un naso e, ancora di più, degli orecchi particolarmente pronunciati. Purtroppo altro del viso non poteva intuire dato che, l’esemplare che aveva davanti, presentava su di esso una grezza maschera tribale, prodotta molto probabilmente intagliando un pezzo di cartone. Inoltre, questa nuova creaturina mosse un suo piccolo braccio, andando ad infilare un suo minuscolo dito in un occhio di lei. La ragazza, con un riflesso incondizionato, si mise subito una mano sull’occhio colpito, mentre il suo aggressore saltava via nell’oscurità.

“Brutto stronzo!” ebbe comunque modo di offenderlo la giovane.

Tuttavia, nel gesto precedente, Sara era stata costretta a lasciar cadere a  terra la sua borsetta. Caduta a pochi centimetri da lei, il suo accessorio glamour incredibilmente cominciò ad allontanarsi dalla sua proprietaria.

Silvestri stessa rimase sorpresa esclamando “Ma cosa?”.

Poi la borsa si sollevò appena e, da sotto di essa, spuntò la testolina di un’altra creatura simile alla precedente, soltanto che questa sembrava indossare sulla suo capo una specie di cilindro fatto proprio su misura. Quest’ultimo, una volta accortosi che l’umana lo stava osservando, si pronunciò verso di lei con la più classica delle linguacce, per poi partire di corsa, uscendo dal cerchio di luce presente, portandosi via con sé la borsetta della donna.

“Fermo! Piccolo schifoso!” gli sbraitò contro lei, mentre riacquistava la giusta posizione eretta, per poi partire all’inseguimento.

SSSSSSSSTTTTTTTTTTTTRRRRRRRRRRRRRAAAAAAAAAAPPPPPPPPP!!!!!!!!!!!!!!!

Quel suono, per niente rassicurante, bloccò immediatamente la giovane. Sentendosi letteralmente scivolare gli abiti di dosso, Sara si rigirò notando subito, sul pavimento dell’edificio, una terza creatura, abbigliata con particolari braghe munite di bretelle, armato di una scheggia triangolare di vetro. Alla fine la t-shirt gialla che indossava atterrò al suolo, seguita quasi subito dal reggiseno bianco. Qualche millesimo di secondo per comprendere a pieno la neo situazione e la bionda si mise ad urlare.

“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” cercando di coprire il più possibile con le mani il suo giovane seno.

Nel frattempo, i suoi sgraditi ospiti si stavano nuovamente organizzando. Questa volta la Silvestri riuscì a contarne almeno cinque, che si stavano posizionando uno sopra le spalle dell’altro, a formare una micro piramide umana.

Il più in alto di tutti, caratterizzato da un costume in stile buffone medievale, non perse tempo e punse le dita della mano destra di Sara, utilizzando una piccola ma ben appuntita spada. Una volta che la ragazza ebbe tirato vi la mano, si fiondò sul suo capezzolo sinistro, cominciando a leccarlo e succhiarlo avidamente, facendolo diventare in breve tempo turgido.

A quel punto la collera della bionda esplose. Con un rapido movimento della mano offesa, afferrò quel mostriciattolo e lo scaraventò dritto nel buio, facendolo inoltre passare, con millimetrica precisione, tra uno scaffale e l’altro di fronte a lei.

“Fanculo, figlio di puttana!” ebbe modo di urlargli contro.

Ma gli esserini tornarono alla carica. Uno del gruppo, di cui la giovane notò soltanto un paio di luccicanti stivali, con una qualche micro apparecchiatura che Sara non ebbe tempo di osservare scrupolosamente, cominciò a spruzzare dell’acqua, o almeno sperava che lo fosse, verso il suo viso. Ciò serviva da diversivo per i suoi compagni che, grazie all’aiuto di un resistente filo ben teso, riuscirono a far inciampare la nostra protagonista. Nella caduta la giovane sbatté violentemente la testa sul pavimento.

Mentre cercava di riprendersi dal trauma, ebbe la strana sensazione che i suoi piedi uscissero dalle sue scarpe sportive. Subito dopo ebbe la stessa sensazione con i suoi jeans a vita bassa. Di colpo, riprese pienamente conoscenza e si accorse che, realmente, aveva perso i suoi indumenti della parte inferiore del corpo, rimanendo con soltanto le mutandine addosso. Cosa ben peggiore, le creaturine stavano puntando dirette a quelle. Nel tentativo di rialzarsi, sbatté con la mano su qualcosa. Voltatasi per controllare di cosa si trattasse, scoprì che era un asse di legno trafitta da chiodi arrugginiti.

“Niente di meglio” pensò.

Con un balzo fu nuovamente in piedi e, proprio davanti a lei, squadrò uno dei suoi rivali mostrargli volgarmente le terga, in un gesto di sfida universale.

Al grido di “Bastardo!” Sara lo trafisse con la sua nuova arma. Il sangue del mostriciattolo schizzò in parte anche sul seno di lei.

Le risatine degli esserini, che fino ad allora avevano accompagnato come sottofondo musicale tutta la lotta, cessarono di colpo. Silvestri, con ancora nel pugno l’asta lignea completa di cadaverino infilzato nei chiodi, puntò i suoi occhi castani sul resto del gruppo, che si trovava sul pavimento dell’edificio.

“Avanti, chi è il prossimo?” li sfidò con un ghigno malefico sul volto.

Nel giro di un secondo, i suoi minuscoli assalitori si dileguarono nell’oscurità da cui erano provenuti. Portandosi però via con loro i suoi pantaloni.

“Che stronzi, ridatemi indietro i miei jeans!” inveì inutilmente la bionda.

“Fai silenzio puttana!”.

Questa volta la voce era stata ben chiara, oltre che volgare, e di certo non poteva essere riconducibile a quegli esserini malefici che erano appena battuti in ritirata. Ricordava decisamente di più una voce umana femminile, forse una donna di mezz’età, dato il timbro vocale.

Tornato il silenzio, Sara si accorse di lievi ticchettii che, ritmicamente, provenivano dal buio del fabbricato. Cercò dunque, nonostante il suo evidente stato di deshabillé, di seguire quella minima emissione sonora.

 

Dopo innumerevoli minuti di cammino nell’oscurità più totale e, nonostante ciò, tenendosi la mano destra ben premuta a coprirsi il seno, la ragazza notò un bagliore luminoso di fronte a lei e, più si avvicinava ad esso, più quel sinistro ticchettio si faceva sempre più forte. Quando ormai era a pochi metri dalla luce, iniziò a vedere delinearsi dei profili ben precisi. La luminosità proveniva da una lampada poggiata sopra una scrivania da ufficio.

“Un attimo e sono subito da lei”.

La bionda sobbalzò a quell’affermazione improvvisa. Subito diresse lo sguardo nella direzione da cui era provenuta la voce. Di fronte a sé trovò una signora, decisamente sulla quarantina abbondante, con in testa tanti capelli ispidi e corvini, tenuti in ordine alla bene e meglio con una miriade di mollette e laccetti. Davanti ai suoi occhi scuri portava degli occhiali con la montatura in tartaruga. Questa nuova figura era del tutto presa da calcoli astratti, picchiettando sui tasti di calcolatrici, sia da tavolo che tascabili, presenti in grande quantità sopra la scrivania.

“Co… Come scusi?” Silvestri era ancora sorpresa da questa singolare apparizione.

A tale quesito, la donna sbatté seccata i palmi delle mani sul ripiano “Le ho appena detto che sarò su…” interruppe la frase, appena alzò la testa verso la giovane “Ma come si è conciata, signorina?”.

“Vede… ” iniziò Sara, cercando di riacquisire naturalezza nel suo atteggiamento “Ho avuto una disavventura con dei mostriciattoli che si trovano qui dentro…”.

“Non m’interessano le sue scusanti, signorina, mi dica lei se le pare un abbigliamento idoneo per presentarsi in un ufficio?”.

“Di che ufficio sta parlando?” la ragazza era sempre più sorpresa.

“Dove pensa di trovarsi in questo momento, signorina? In un ippodromo? E cosa pensa che stia facendo io in questo momento? Sto giocando a ping-pong? Eh?” proseguiva la megera.

“Ma… ma questo edificio è abbandonato da secoli!”.

“Io penso piuttosto che dovrebbe essere lei, signorina, ad abbandonare questo ufficio, data l’enorme perdita di tempo che mi sta facendo subire in questi minuti!”.

“Ehi, un momento, ma chi si crede di essere? Chi è lei?” domandò infuriata Sara.

“Eh no signorina! Piuttosto chi crede di essere lei!? Io mi chiamo Tiziana e lavoro part-time come contabile in questo fabbricato da molto più tempo di lei, sa?” si presentò infine la signora.

“Oh bene! Io sono Sara Silvestri, piacere, ed ero venuta qui per acquistare questa baracca e farne un bel salone per parrucchiere” la guerra ormai era iniziata.

“Ma come si permette? E poi via… andiamo… signorina… non penserà seriamente che la nostra ditta le cederà il nostro immobile per farne un misero negozio da barbiere”.

“Parrucchiera”

“Quello che è. Ma poi, mi scusi se mi permetto, ma non credo che lei sia la persona più adatta a dare consigli di stile a chi che sia…” indirizzò una nuova frecciatina critica alla sua nudità.

“Ma cos’è scema o cosa? Le ho già spiegato che sono state quelle creaturine del cazzo a fregarsi i miei vestiti, e per fortuna che sono riuscita a tenermi le mutandine…”.

“Innanzitutto non si permetta mai più in vita sua di offendermi! Non è di certo nella posizione più adatta per farlo! In secondo luogo, non nutro il minimo interesse nel conoscere ciò che le è capitato. Si fidi signorina che c’è gente che se la passa molto peggio di lei!”.

“Perfetto. Ora comincerà a parlarmi di quanto è difficile andare avanti potendo contare sulle proprie sole forze, avendo poi solo uno stipendio part-time come sostegno economico perché poi, sicuramente, una come lei non potrà di certo avere un compagno nella propria vita sentimentale…” proseguiva, sempre più velenosa, Sara.

L’altra donna serrava sempre di più la mascella, mentre coi pugni chiusi si appoggiava pesantemente al ripiano della scrivania. E poi infine proruppe “Ma come ti permetti, troietta schifosa, di criticare in questa maniera la mia vita? Cosa ne può sapere una zoccola come te, con il corpo ed il viso che ti ritrovi, di quanta fatica ha fatto una come me per ritrovarsi dov’è ora?”.

“Ehi stronza! Intanto smettila di offendermi come se fossi una maiala qualsiasi” presa dalla foga, la bionda si era imputata ella stessa con le mani sul ripiano della scrivania, lasciando le sue tette a sobbalzare di fronte a lei. Accortasi di ciò, si ricompose e proseguì “Io non stavo certo parlando del tuo aspetto fisico…”.

“Cosa vuoi dire?” domandò l’altra.

“Mi riferivo al tuo carattere. Insomma, capirai anche da te che non è certo il più semplice e affabile del mondo…”.

“Beh carina, se vuoi sopravvivere a questo mondo, devi formarti il carattere come il mio… ma questo una come te non può certo capirlo”.

“E perché? Perché sono carina? Riesci a capire cosa vuol dire che qualsiasi esemplare maschile di essere umano, anche quello che magari sembra più innocente, se ti guarda automaticamente pensa, anche se solo per qualche millisecondo, a come sarebbe bello scoparti”.

“Mi dispiace signorina, ma io di questi problemi non ne ho mai avuti”.

“Comunque non è una scusa per potermi trattare come una zoccola ritardata”.

“Benissimo. Comunque la informo che al momento siamo al completo e, è di questo ne sono certa, non abbiamo alcuna intenzione di vendere il nostro immobile a potenziali compratori”.

“Non si preoccupi, dato che sto seriamente pensando di abbandonare l’idea di acquistare questo immobile”.

“E allora come mai si trova ancora nel nostro stabilimento?”.

“Perché, semplicemente, non riesco più a trovarne l’uscita” rispose con tono seccato Sara.

L’altra donna, senza scomporsi minimamente, insinuò “Non riesce o non vuole?”.

“Cosa intende dire?”.

“Beh, magari, ha ancora degli affari in sospeso qua dentro, signorina”.

“Certo. Ad esempio ritrovare il mio reggiseno…”.

“In fondo, non penso che le dispiaccia mostrare un po’ delle sue generose forme…”.

“Ma mostrare a chi? Siamo solo io, lei, quei bastardi di nanetti…”.

“Folletti”.

“Quello che sono! Ah! Non dimentichiamoci dei due orchi nell’ufficio del direttore…”.

“E lei crede che siamo tutti qui?”.

“In che senso?”.

“Signorina, il fabbricato è bello grande…”.

“Oh mio dio! Ma chi me l’ha fatto fare!” imprecò infine la bionda.

Dopo questo prolungato scambio di battute, il silenzio piombò sulle due donne. Poi a Sara tornò alla mente qualcosa detto in precedenza dalla contabile.

“Scusa se ti disturbo ancora… ma prima avevi detto che lavori qui part-time?”.

“Sì esatto, è proprio così”.

“E come altro lavoro cosa fai?”.

“Sono una strega”.

A quest’ultima affermazione, Gli occhi castani di Silvestri si spalancarono. E poi fu nuovamente il silenzio a farla da padrone.

La ragazza era ancora basita della precedente risposta quando chiese “Ehm… posso farle un’ultima domanda?”.

“Certo, basta che poi mi lascia lavorare”.

“Come hai fatto di preciso a diventare strega?”.

“Semplice, per corrispondenza”.

“Davvero?”.

“Certo. Ho la scopa parcheggiata qua fuori”.

Lo sguardo basito di Sara fece intuire alla donna che aveva infine compreso la sua personale ironia.

“Posso farti proprio un’ultimissima domanda?” ruppe nuovamente il silenzio la biondina.

“Oh signore!” alzò gli occhi al cielo Tiziana “Ok però deve essere davvero l’ultima, signorina”.

“Se sei davvero una strega…” domandò, facendosi passare la lingua sulle labbra “non potresti farmi riavere i miei vestiti con la magia?” il tutto mentre continuava a coprirsi il seno, tenendo incrociate le braccia.

“Certo, è semplicissimo” e con un rapido movimento della mano sinistra pronunciò “Elata spic”.

La ragazza seminuda, d’un tratto, sentì il contatto del proprio avambraccio con del tessuto. I suoi vestiti erano tornati.

“Oh cazzo! Ma allora sei davvero una strega!” esclamò sorpresa lei.

La contabile non la degnò nemmeno di una risposta, ma anzi riprese con il picchiettare sui tasti della calcolatrice.

“Certo che ora il reggiseno mi sta un po’ stretto…”.

“Almeno non potrai togliertelo con facilità”.

Dopo quest’ultima frecciatina ironica, Sara Silvestri decise di proseguire con la sua odissea “Grazie di tutto Tiziana”.

L’altra nuovamente non proferì parola, ma piegò leggermente la bocca in un timido sorriso.

Così la nostra protagonista, tornata ad indossare completamente degli abiti, s’incamminò verso una nuova direzione, leggermente illuminata dalla lampada di Tiziana.

 

  
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