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Autore: A Modern Witness    23/04/2014    3 recensioni
Affido la vita di mia figlia, la sua felicità e il suo futuro a Jared Leto.
Perché lui?
Perché non i nonni?
Perché non Amelia?
Perché mamma?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Pioggia di ricordi'
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Epilogo.

Dei passi.
Non erano di Shannon, i suoi erano più trascinati e pesati.
Non erano di Connie, lei si annunciava sempre con un “Anthea, dove sei?”.
Non erano di Craig, perché lui di certo non aveva le chiavi per entrate. Intinse il pennello nella tempera rossa, ripensando a quest’ultimo, appuntandosi che quella sera lo avrebbe dovuto chiamare per sentire com’era andata con July. Già, Craig era diventato il suo migliore amico, anche le aveva apertamente confessato che inizialmente aveva cercato di conoscerla perché l’aveva vista con Emma.
I passi si fermarono e la punta del pennello toccò la tela.
 
«Vorrei parlare con Jared…» L’aveva buttati lì una mattina a colazione.
Shannon l’aveva guardata per un istante e poi aveva risposto.
«No» Secco, deciso.
«E vuoi andare avanti così?» Non era offesa.
«Così?» Il batterista finse di non capire, quando sapeva che Anthea aveva la risposta.
«Ad essere combattuto.»
Il batterista sospirò, posando la tazza di caffè «Voglio bene ad entrambi…»
Lei scosse la testa «Ci stai proteggendo, troppo» Gli fece notare con un piccolo sorriso.
«E’ un male?» A volte non la capiva.
«Sì, perché così sei tu a non stare bene e… non lo voglio. Credo che nemmeno Jared lo voglia.»
Shannon si passò una mano tra i capelli, ormai lunghi «Finché vuoi due state bene…»
«Io non sto bene.»
«Anthea è mio fratello, più piccolo. Non posso costringerlo a parlare con te, non di Sophia, non con quello che tua madre ha fatto. Sarebbe girare il coltello in una piaga troppo grande.»
«Ma Jared, io, tu stiamo tutti e tre soffrendo… perché non possiamo essere uniti. E in parte è perché io e Jared non abbiamo ancora parlato. »
«Avrebbe troppe cose da dire, credimi, si farebbe del male da solo…»
«… ma se ne liberebbe.»
«Aspetta che sia lui, lo farà lo conosco, non lascia le cose in sospeso. Non forzare la situazione, per favore.»
 
Tre mesi c’aveva messo Jared a varcare quella porta.
Quei passi erano troppo incerti, leggeri, riservati per non essere i suoi. Anthea non aveva nemmeno sentito la serratura scattare, segno che nemmeno lui era sicuro di quello che stava facendo. Aveva forse sperato che lei non lo sentisse? Di poter dare un’occhiata senza essere notato?
Sì, ma non ci aveva creduto.
Sapeva di trovarla a casa, dato che Shannon ogni tanto diceva che se ne stava da sola troppo tempo, che forse sarebbe stata meglio a Londra. Tuttavia Jared non era della stessa opinione anche se non l’aveva mai esternata al fratello. Anthea stava bene così, inglobata nella sua realtà sconosciuta. Un bolla di colore, che preferiva condividere solo con sé stessa, come Sophia.
Quella non era solitudine, era creazione.
«My sweet rose di Waterhouse» Aveva annunciato la ragazza girandosi verso il cantante e indicando la foto attaccata al muro del salotto, da cui stava copiando il quadro.
«Preraffaelliti, giusto?» Ne era sicuro, ma intanto continuava a rimanere alla spalle di Anthea che era ritornata alla tela, cominciando a dedicarsi ai capelli rossicci della donna. Sentiva lo sguardo Jared sulla sua mano, gli occhi chiari che fissava attentamente i suoi movimenti l’agitavano. Tuttavia Jared spostò lo sguardo, avvicinandosi alla ragazza, in particolare alla cartellina appoggiata sullo schienale del divano.
L’aprì, trovandovi il disegno di un ananas, alcune foglie, una piccolo pezzo della trama di un cesto di vimini e un mucchietto di ciliegie. Molto probabilmente erano studi per una natura morta.
Appoggiò il disegno sul divano e passò a quello dopo, mentre Anthea chiuse gli occhi imbarazzata. Quelli erano i bozzetti di Venice Beach e… facevano semplicemente schifo. Erano più di una ventina e il paesaggio era solo delineato da semplici linee nere, alcuni punti li aveva iniziati a colorare con le matite, ma erano tutti rimasti incompiuti dato che non riusciva ad ottenere lo stesso effetto di sua madre.
Jared li sfogliò con attenzione. Era sempre Venice Beach, ma in ogni disegno c’era qualcosa di diverso.
Una persona in più, una in meno. Più riflessi sull’oceano, più nuvole in cielo.
Arrivò l’ultimo, ancora bianco perché Anthea c’aveva definitivamente rinunciato.
Il cantante si girò a guardarlo «Non c’hai nemmeno provato?» L’apostrofò, con dolcezza.
Anthea lo fissò sorpresa dal tono «C’ho rinunciato, ma…» Si bloccò, poteva dirlo?
Jared annuì con la testa. Prese la cartellina, girò attorno al divano per poi sedersi e aprire l’astuccio abbandonato sopra al tavolino del soggiorno. Estrasse il rosso, l’arancio, la gomma e il temperino, mentre Anthea l’osservava incuriosita mettendo il pennello nell’acqua e chiudendo i contenitori delle tempere.
Jared, intanto aveva colorato una porzione di cielo, ma non aveva amalgamato il rosso e l’arancio. Li aveva lasciati definiti, limitata in zone. Poi prese la gomma, la girò sul lato lungo e la passò sopra ai colori, indugiando con più forza sui bordi delle macchie, finché sparirono le linee di divisione e i colori non si attenuarono. Dopo questo prese il temperino e sistemò la punta del rosso fra le lame e iniziò girare, qual poco che bastava per ricavarne un po’ di polvere colorata, che poi distribuì sul disegno dove prima c’erano le macchie rosse. Fece lo stesso con l’arancio.
Quando il cielo fu ricoperto da mucchietti di polvere colorata, con due dita la schiacciò e poi iniziò a muovere la mano, in modo tale che le polveri colorate aderisse al foglio.
Anthea osservava stupefatta, perché il risultato era identico a quello di sua madre. L’opacità, il tono tenue, quasi pastello.
«Era una tecnica di Sophia, una delle tante…» Esordì il cantante, con i polpastrelli della mano destra ancora sporchi di colore, porgendole il disegno. Sophia quel metodo l’aveva usato una sola volta, per quel particolare disegno, ma non lo aveva ripetuto una seconda volta: troppo tempo per un risultato banale. Jared era d’accordo con la questione del tempo, ma che fosse banale no. Con quella tecnica era riuscita a togliere al rosso e all’arancio la tonalità prepotente che li caratterizzava, ma ne aveva lasciato il calore del colore.
Come aveva fatto con lui. Gli aveva tolto il fiato, l’animo, ma gli aveva concesso di respirare, di vivere.
Ecco perché non aveva mai dimenticato quella tecnica.
Quel modo di disegnare era Sophia. Toglieva tutto quello che poteva, puliva i colori delle loro peculiarità, ma poi riusciva a pretendere che queste ritornassero, ma nel modo in cui voleva lei.
Anthea aveva lasciato perdere il disegno e gli si era seduta accanto, guardandolo pensare.
«Non mi ha mai insegnato le sue tecniche» Intervenne, destando il cantante dai ricordi.
Lui le sorrise, ma tacque. Voleva davvero parlare di come dipingeva Sophia?
No, non aveva voglia di parlare. Allora perché era lì?
Alzò gli occhi su quelli della ragazza. Uguali a quelli di Sophia.
Shannon era orgoglioso di lei e non gli servivano parole per dimostrarlo, bastava semplicemente guardarlo.
Oh, se era cambiato. Però non era quei cambiamenti assurdi, dal bianco al nero. Erano meno sensibili, più impalpabili, qualcosa di leggero, ma concreto. Dei segni che la sua vita si era trasformata perché era diventato padre. Erano emersi quei lati del carattere che Jared già conosceva di suo fratello: l’essere protettivo, la maturità, la serietà… elementi che di solito non metteva in mostra sempre, ma quando era giusto usarli.
Ora invece spuntavano con più regolarità, anche nella musica. Era diventato più puntiglioso, ma aveva anche una visione più ampia di quello che si poteva fare.
«Hai mantenuto la promessa» Jared la fissò perplesso « io ti salverò in ogni caso» Rievocò le parole del cantante «Lo hai fatto per davvero. Mi hai tolta dalla solitudine in cui credevo di essere e mi hai ridato una famiglia, mi ha permesso di essere figlia un’altra volta, in modo di diverso, in una realtà differente» Gli occhi immersi in quelli celesti del cantante «Grazie Jared, da parte mia e se lo vuoi, anche di mamma.»
Lui spostò lo sguardo.
«Non ne vorrò mai parlare, lo sai?» Lo sguardo fissò sulle mani.
Anthea guardò la tela «Non credo, altrimenti non saresti qui. Che ci saresti venuto a fare sennò?» Qualcosa le diceva che in quel momento nessuno dei due si sarebbe interessato del tono di voce dell’altro.
Dovevano parlare, comunicare in qualche modo.
«Per mio fratello.»
Lei sbuffò «No.»
Jared la fissò curioso «No? Come fai a dirlo?»
Lei ricambiò lo sguardo «Non lo so, ma nemmeno io volevo parlarti solo per papà…» Jared ebbe un sussulto a quella parola.
«Dovevo essere io» Borbottò a denti stretti, ma Anthea era abbastanza vicina da sentirlo.
«Sei mio zio…» Cercò di consolarlo.
Lui scosse la testa, cosa aveva detto? Perché lo aveva detto?
«C’è una sottile differenza» Le fece notare «Sei una parte di mio fratello e di Sophia, io non sono niente in tutto questo. Non ho nessuno compito» Era frustrante, distruttivo.
Anthea sospirò, la stava guardando dal lato sbagliato.
«Non è vero, non in questo caso. Cos’ho io Jared adesso, qui a Los Angeles? Connie, Shan… ma ho anche te. Tutti e tre, perché voi siete così uniti, una piccola famiglia, con un membro in più adesso. Shannon è mio padre, questo è vero, ma… non credi che anche un zio, posso avere la sua importanza. Che tu possa essere importante?»
Il cantante scosse la testa «Forse, ma… è difficile starti vicino.»
Anthea si morse un labbro «Lo è anche per me» Confesso, guadagnandosi la curiosità del cantante «I giorni che sono rimasta alla studio dopo aver scoperto che Shannon era mio padre, non volevo starti vicino. Non ci riuscivo, troppi sensi di colpa. Lo so che guardandomi tu rivedi Sophia, ne sono consapevole, come so di essere il dolore che provi per il torto subito, l’egoismo di mia madre, la sua cattiveria. L’odio che probabilmente le stai riservando. Sono la personificazione di tutto questo e non puoi immaginare quanto mi dispiaccia saperlo» Aveva stretto le mani a pugno, cercando di mantenere un tono udibile, mentre sentiva la rabbia ammontare in quelle parole.
Era un consapevolezza bruttissima, e realizzarla voce era stato anche peggio.
Jared la guardò sorpreso.
Allungò una mano su quella della ragazza e la trasse a sé, lasciando che adagiasse sul suo petto. L’abbracciò.
No, Anthea non era quello. Anthea non era Sophia.
«Non dire mai più cose simili» La rimproverò, mentre la sentiva sospirare «Non sei così. Non pensavo di averti indotta a pensare cose del genere.»
Lei si lasciò cullare in quell’abbraccio goffo e da quelle parole, rimasero così dei lunghi minuti, in attesa di trovare la tranquillità di elaborale le ultime parole di rendersi conto che, forse, da quel momento avrebbero potuto esserci l’uno per l’altra.
Fu Anthea a sciogliere l’abbraccio.
«Parlami di Sophia» Gli chiese ritornando a sedersi davanti a lui.
Shannon lo aveva fatto e lo faceva in continuazione, sembrava venirgli spontaneo parlare di lei, paragonarla alla figlia, ai modi di fare di Anthea. Era come se in lui si fossero risvegliati i ricordi e non li volesse più perdere, ma renderli ancora più preziosi dando loro forma con le parole.
Per Jared quella era una cosa impossibile, troppo personale.
Aveva lasciato la semplicità dell’amore in quei ricordi.
L’ingenuità di un bacio.
La superficiale bellezza di uno sguardo.
Un sorriso.
Una lacrima.
Un’illusione.
«Ti ho detto che non lo farò» Le ricordò alzandosi dal divano, sereno, guardando Anthea.
Sophia, nella sua testa, lo stava salutando allontanandosi, perdendosi, annullandosi completamente e lasciando i suoi pensieri.
Aveva Anthea, era un frammento della donna che aveva amato, e lui doveva prendersene cura, con suo fratello, con sua madre, renderla parte di quel nucleo in cui lui stesso riponeva tutta la sua forza, anche lei doveva imparare ad essere una Leto.
Riguardò la tela con la dama dai capelli rossi. Era già un buon inizio.
 
Ci sono dei punti da mettere di qua di là nella vita, ma non è così difficile allungarli in virgole o prendere una pedana, alzarli e poggiarci sotto una virgola. Un punto e virgola è pure sempre un segno forte, anche se non sarà mai perentorio come un punto. Un punto e virgola e dolce, un mezzo sorriso con quel rivolo nero.
E’ come se dicessimo…è finito, ma continua, c’è un novità. La prima parte non mi è piaciuta, ma dare una seconda possibilità non mi costa così tanto. Non voglio chiudere definitivamente la storia.”
 
 

Shannon e Sophia. Jared punto e virgola Jared, Anthea e Shannon.




 

NDA:
E' stato brutissimo spuntare la casellina Completa? ç__ç
Ok, non voglio fare la melodrammatica...ma insomma è normale essere melodrammatici in questo momento no? E' finita.
Prima di ringraziarvi però un paio di cose che credo vi farà piacere vedere:
1. "My sweet rose di Waterhouse (qui) e un quadro che io personalmente adoro e appunto appartiene al movimento/fratellanza dei preraffaeliti (wikipedia per chi ne volesse sapere di più).
2. Torna Craig, ora non ho dato una particolare descrizione di costui ma... se ve lo volete immaginare ecco a voi! Craig. Vi sta un pò più simpatico? xD 
3. La storia del disegno di Venice Beach e la tecnica descritta....sono una mia pura invenzione (mai provata oltrettuto) quindi non prendetela per vera, non so neanche come mi sia venuta D: 

Ok, iniziamo...
Vi ringrazio chi ha recensito la storia facendomi sorridere tutte le volte a leggere quello che vi aspettavate, cosa vi è piaciuto, cosa avreste voluto scoprire di più....GRAZIE! GRAZIE! GRAZIE!
Chi ha avuto il coraggio di metterla la storia tra i preferiti.
Chi l'ha seguita, chi l'ha letta, chi l'ha ricordata....Grazie a tutti!
Questa storia è stata un esperimento, la prima che scrivevo sui Mars e mi sono andata a ingarbugliare su un argomento del genere. Beh, mi piace complicarmi la vita u.u 
So che per qualcuno sarà rimasto in sospeso qualcosa, me ne rendo conto....ma chissà che Anthea non torni:)

Mmmm....è proprio ora di andare?
Ok.
Un bacio, un abbraccio, un saluto...
Blume.






 

MA HEY! GUARDATE QUA....

Notti di Febbraio.
Si tratta sempre di tempo. Tempismo, pardon.



Lo so che la vostra faccia adesso è così  Ahahahaha xD 
Non vi liberate di me tanto facilmente!


 

 
  
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