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Autore: Mariange7a    24/04/2014    0 recensioni
Alessandra e Matilde si conoscono a scuola tramite amiche in comune. Le due non presto capiranno che il loro forte legame, instauratosi in poco tempo, è ben più di una semplice amicizia. Si renderanno conto di essere l'una la parte mancante dell'altra ma ciò nonostante saranno tenute a prendere delle scelte fondamentali. E che ne sarà della loro promessa scritta sul cuore?
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Un’Altra Faccia Dell’Amore

Per una strana ragione da adesso ci ritrovavamo, insieme, allo stesso incrocio, trascinate dal vento dell’alchimia che, inspiegabilmente, ci legava. Intrappolate nella fitta ragnatela che teneva incollati i nostri cuori, senza trovare mai via di fuga o senza volerla trovare mai davvero. Mi strinse la mano e disse:

<< Piacere, Alessandra! >>  presentandosi,  ed io feci lo stesso: << Piacere, Mati! >>

-tenne stretta ancora per un po’ la mia mano, alzò il sopracciglio destro e disse:

<< Mati? Che nome particolare, mi piace! >>  - continuai incoraggiata dall’apprezzamento ma con la paura di incartarmi e incepparmi con le mie stesse parole:

<< Si, “Mati“ sta per “Matilde” ma io preferisco ”Mati”>>

Agitai su e giù quella stretta di mano, strinsi gli occhi e riuscì ad abbozzare solo un lieve sorriso, ma ahimè anche in malo modo. Il mio sguardo senza nessuna apparente ragione, si trovò con le spalle contro al muro, disarmato. Di quel flash di pochi secondi,  fu costante in me un solo ricordo visivo.. il pavimento della scuola successivo alla stretta di mano. Non sapevo cosa mi stesse succedendo e probabilmente, presa dal seguire i passi che dettava il mio cuore, non ne sentii mai neppure l’esigenza di chiedermi se tutto fosse giusto..normale. Mi sentivo una stupida, sapevo di esserlo. Di Lei, in quel momento, sapevo solo il suo nome, che al mio orecchio diveniva magnifico, i suoi lineamenti, la sua voce e i suoi occhi divenivano i soli protagonisti, ricorrenti, delle mie notti e il suo profumo, oramai, era un elemento distintivo che mi faceva sempre più render conto che nessuno l’avrebbe eguagliata in nulla. Era diventata la mia ossessione, la mia stupenda, magnifica ossessione. Andavo in bagno e speravo di incontrarla lì, seduta, in quel gelido davanzale in marmo e che poi mi invitasse a sedermici  su e speravo tanto si avvicinasse a me, che mi sorridesse, che mi scostasse, con leggiadra, i capelli e che mi baciasse, che mi baciasse davvero,non solo con le labbra ma col cuore.

 Sentivo sulle mie la morbidezza delle sue labbra, carne e carne, si fondevano, facevano l’amore. Quei baci che sapevano di zucchero, quei baci dolci ma forti, quei baci di cui non vedevo mai la fine e che essi stessi non vedevano, nel segreto, la nostra fine. Mi immergevo in quell’unico profumo che portava in me solo la dannazione dell’anima ma rinunciare era impossibile. Solo io e Lei, nessun altro. Non c’era difetto, non le trovavo difetto. Le carezzavo i capelli, ci giocavo con le dita e la stringevo a me il più tempo possibile quasi per fondermi alla sua carne, ai suoi odori, alla sua splendida anima dagli occhi azzurri. Avrei potuto chissà ancora per quanto tempo fantasticare ma anche in quella giornata la campanella dell’ultima ora suonava e faceva da capolinea ai miei molteplici sogni.

Erano mesi, ormai, che ci vedevamo di nascosto. Nessuna  delle due aveva mai avuto il coraggio di dire all’altra cosa fosse quel rapporto, e chi lo voleva sapere?!  Bastava che mi guardasse un solo istante ed io mi sentivo a casa, mi sentivo amata, mi sentivo protetta, felice e soprattutto mi sentivo dalla parte del giusto perchè la passione ha sempre la meglio sulla ragione. Anche se credo che ogni dubbio si chiarì quando, il giorno del mio diciottesimo compleanno, ubriaca fradicia, le chiesi di venire al bagno con me. Entrammo barcollando per quella porta di legno fradicia, che aveva vissuto chissà quante storie su di se, che restava in piedi per un soffio. Ridevo di continuo senza una vera ragione, sbandai e quasi le gambe mi cedettero su quei vertiginosi tacchi, sbilanciandomi su di lei. A pochi centimetri dal suo viso, quasi prendendo coscienza smisi di ridere, la guardai fissa negli occhi e presa dalla sicurezza che l’alcool inspiegabilmente mi conferiva iniziai a baciarla mettendo in ogni singolo movimento tutto l’amore che provavo per lei, sicura di me, sicura di Noi. La guardai nuovamente fissa negli occhi e le dissi:

<< Ale, ti amo da morire e starei qui a baciarti per ore ma… >>

Non fece in tempo a spostarsi che iniziai a vomitare di brutto.

 In certe situazioni mi venne pure fin troppo facile cullarmi nelle più abbozzabili scuse e credere che il nostro rapporto aveva innumerevoli vantaggi come: mantenere la costante adrenalina, il nascondersi da tutti quelli che ci credevano semplici amiche, stare chiuse in camera senza che i genitori dubitassero o pensassero male, oppure fare l’amore diverse volte e senza nessun tipo di anticoncezionale. Anche se a dire il vero io e lei non avevamo fatto mai ancora l’amore, l’amore fisico, quello che ti fa ansimare, gioire, gemere, quello che ti fa sudare ma non ti stanca mai, quell’amore fatto di baci, di brividi lungo l’addome e di vesti rigorosamente sul pavimento.

Non passavamo mai la ricreazione insieme e forse questo era una dei vantaggi che amavo del nostro rapporto perché mi permetteva di ritrovarmi sempre con l’eccitazione allo stomaco e lo sguardo attento nello scrutare la gente che passava, sperando che d’improvviso lei guizzasse da qualche angolo remoto, solo e soltanto per me e quel giorno fu realmente così. Iniziavano le prime giornate di sole, così, vista la nostalgia, decisi di scendere in cortile con le mie compagne. Stavamo in gruppo e parlavamo di quanto brutto fosse il nostro nuovo professore di matematica, così iniziai a ridere a crepapelle fin quando il mio occhio non catturò un’immagine di gran lunga migliore: i suoi capelli neri volavano trascinati dalle folate leggere e rade di vento ed il sole ne risaltava la magnifica lucentezza, sorrideva e veniva verso di me. Scioccai e restai di sasso senza neanche rendermene conto, mi zittii con una sola occhiata:

<< Ciao, Mati! Allora oggi alle 16:00 sei da me?!>>

Amavo questa ragazza e l’amavo ancora di più quando, pur sentendosi impacciata, in imbarazzo ed innamorata come me, riusciva a sorprendermi reprimendo certe sensazioni con disinvoltura e sicurezza, con la migliore delle frasi che sembrava tanto un invito ad un secondo fine.

<< Certo, Ale.. alle 16:00 sarò da te!>>

 

  
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