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Autore: hikaru83    25/04/2014    3 recensioni
Cosa sarebbe successo se Hana e Kaede si fossero conosciuti da bambini? E se poi si fossero dovuti separare? E se si ritrovassero al liceo? Se volete sapere quello che sarebbe potuto succedere entrate in questo mio mondo. Una nuova storia con i personaggi che tanto amiamo, vi aspetta!
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi ancora qui per il terzo capitolo. Non chiedetemi di quanti perché non ne ho idea, ma comunque sia arriverò alla fine, non temiate, non voglio lasciare niente di incompiuto. I personaggi non sono miei e non guadagno nulla a scrivere questa fic (mi sono scordata di dirlo nell’altro capitolo mi perdonate?). Bene ci vediamo come il solito dopo per note e ringraziamenti, buona lettura.
 

Cap 3
 

È mattina, e un ragazzo molto assonnato si dirige a casa del suo migliore amico. Quanto era passato dall’ultima volta? Una vita. A Rukawa sembrava strano, ma anche terribilmente bello fare la corta strada che separava le loro case. Non aveva dormito molto durante la notte, un po’ perché l’idea di Sendoh e Mitsui alleati per aiutarlo a conquistare Hanamichi lo terrorizzava, e un po’ perché ogni volta che riusciva a rilassarsi e ad addormentarsi i suoi sogni erano popolati da rossini terribilmente sexy che si divertivano a torturarlo, torture che sarebbe stato ben felice di ricevere dal rossino in carne e ossa ad essere del tutto sincero.

Arrivò davanti alla porta di casa Sakuragi e si chiese se era il caso di bussare, insomma erano le sei non voleva disturbare, non era per niente sicuro che Hanamichi avesse avvisato i suoi dell’allenamento al campetto, anzi, non era neanche certo che l’avesse preso sul serio. Per fortuna la madre di Sakuragi aprì la porta d’ingresso proprio in quel momento.

“Cercavi qualcuno ragazzo?”

“Sì signora sono Rukawa, io e...”

“Rukawa? Quel Rukawa? Mamma mia quanto sei cresciuto, l’ultima volta che ti ho visto eri un nanerottolo che mi arrivava si e no alla vita e ora... beh ma di che mi stupisco Hanamichi è un gigante, perché tu no? Sei venuto per quel pelandrone di mio figlio? Ce l’aveva detto ieri a cena che ti aveva ritrovato al liceo, non sai come sono felice, non hai idea quante volte ho sentito parlare di te in questi anni, Rukawa di qua, Rukawa di là, Kaede di su, Kaede di giù, per non parlare di  tutte le volte che ti chiamava kitsune, praticamente era come se vivessi a Los Angeles anche tu.” Kaede non poté nascondere un sorriso a quelle parole. “Ma entra, Hanamichi dorme ancora, la stanza è sempre quella, vai pure se riesci a svegliarlo tu...” Il moretto entrò in casa, lasciò le scarpe all’ingresso, accettò le pantofole che la madre di Hanamichi gli aveva porto, salì le scale e camminò nel corridoio che lo portò alla piccola scala per la mansarda, stanza che Hanamichi aveva deciso sua perché vedeva le stelle comodamente sdraiato a letto. Entrò nella stanza, ancora in penombra e lo vide, sdraiato a pancia in giù in un letto da una piazza e mezza. La schiena nuda sembrava risplendere colpita da un raggio di sole, che creava dei disegni quasi magici sui capelli rossi del compagno. Un solo lenzuolo candido gli copriva le gambe. Kaede sentì la sua gola incredibilmente secca e dovette deglutire un paio di volte prima di fare un passo verso quel corpo statuario che lo invitava a stendersi su di lui e a baciarlo fino allo sfinimento. Riuscì a controllarsi, almeno abbastanza da non saltargli addosso, ma non poté impedirsi di accarezzare i capelli morbidi di Hanamichi. 

“Mmmm” Hanamichi si stava per svegliare, quel suono fece venire la pelle d’oca a Kaede che non riuscì comunque a separare la sua mano dai capelli di Hanamichi. Quel ragazzo lo avrebbe fatto impazzire ne era certo, riuscì a togliere la mano dalla sua testa un secondo prima che quegli occhi dorati si aprissero. “Ede sei tu?” Quella voce roca mandò in tilt i poveri e già sovraeccitati ormoni di Kaede che non disse una sola parola. “È già ora dell’allenamento?”

“Hn”

“Mi sembri più assonnato di me, perché non vieni a letto anche tu, ci facciamo una bella dormita e poi se salti una mattinata di lezioni non è la fine del mondo, no?” Kaede strabuzzò gli occhi, cosa gli aveva appena chiesto?

“Hn?”

“Ma sì, il mio letto è abbastanza grande per starci entrambi, guarda, mi sposto un po’ e ci stai comodo anche tu, non è abbastanza invitante? Preferisci davvero un campetto da basket a questo?” Kaede non riusciva a capire se si fosse svegliato o meno, e se quello fosse uno dei suoi sogni? No perché poteva anche non essere una cima su certi argomenti, ma Hanamichi, che per quanto sapeva poteva anche dormire nudo, cosa che fece perdere un battito al suo cuore, gli aveva appena chiesto se preferiva un campo da basket rispetto a passare la mattinata a letto con lui? Dov’è che doveva mettere la firma? Ci avrebbe passato la vita a letto con lui. Peccato che Hanamichi ignaro di quello che stava passando per la testa di Kaede interpretò il silenzio come una risposta negativa e quindi continuò il monologo, infatti Kaede non stava collaborando granché. “Ok ok kit mi alzo.” Per un istante Kaede non seppe cosa sperare, se dormisse nudo o meno, ma non fece in tempo a domandarsi cosa fosse meglio perché Hanamichi fu più svelto si alzò e Kaede si trovò davanti un rossino sexy con indosso solo un boxer nero attillato, che si infilò una vecchia maglietta logora prima di riprendere a parlare. “Io però devo fare colazione, mi fai compagnia?”

“Hn”

“La mattina sei ancora più loquace del solito sai?” Rukawa lo seguì in silenzio, ringraziando la sua buona stella che gli permetteva di rifarsi gli occhi senza che il padrone di quel corpo potesse accorgersene.

 
Qualche ora dopo Rukawa sonnecchiava come sempre sul suo banco, molto più soddisfatto del solito. Era talmente di buon umore che aveva salutato persino i compagni di classe prima di appoggiare la testa sul banco, senza fare in tempo però a notare gli sguardi allucinati dei suddetti compagni. Aveva passato una mattinata fantastica, Hanamichi e il basket, la sua unica compagnia per quasi due ore, non poteva chiedere di meglio. Giocare contro Hanamichi era stimolante, aveva infatti notato che se quando stavano insieme, come durante la colazione o come durante il tragitto fino al campetto, Hanamichi fosse allegro solare e sempre pronto a scherzare, appena entrato in campo si trasformava, metteva tutto se stesso nel basket e non si risparmiava neanche se era solo un allenamento tra amici, si impegnava seriamente. Gli aveva visto fare certe azioni che aveva potuto osservare solo nelle partite NBA che registrava sul canale satellitare, e che era sicuro Hanamichi non avrebbe mai fatto durante un allenamento con la squadra. Si era perso nell’osservarlo mentre spiccava salti altissimi e sbatteva la palla nel canestro, aveva sentito il cuore impazzire quando per bloccarlo sentiva il suo corpo a contatto con quello dell’altro. Probabilmente prima o poi avrebbe lasciato perdere il pallone, l’avrebbe sbattuto a terra e gli avrebbe fatto capire che non era il caso di strusciarsi così su di lui. Probabilmente era un miracolo che non fosse già successo.

Pensava di essere al sicuro Rukawa. Quella mattina nessuno l’aveva riempito di domande come invece si aspettava. Quasi certamente aveva esagerato a preoccuparsi, questo pensò, e lo pensò sul serio almeno fino all’intervallo quando, Sendoh, Mitsui, Ayako e rispettivi compagni lo avevano rapito e portato in terrazza, dovevano parlare e sapere tutto il prima possibile. Per fortuna Hanamichi non aveva ancora iniziato la scuola, che avrebbe cominciato all’inizio della settimana successiva, ma solo gli allenamenti.

“Ti ha chiesto di andare a letto con lui? Benedetto ragazzo e tu che cavolo ci fai fuori da quel letto? Ce lo dovevi legare. Ma possibile che devo insegnarti tutto?” La voce di Sendoh totalmente stupita.

“Non intendeva in quel senso.” Cerco di ribattere, ben sapendo quanto sia inutile.

“Intendeva, non intendeva ma chi se ne frega, te l’ha chiesto è questo è un fatto. Se uno così mi chiede di andare a letto con lui io mi ci fiondo.”  Continua al posto di Akira l’altro maniaco del gruppo.

“Perfettamente d’accordo!” da manforte Sendoh all’amico Mitsui.

“Ma davvero?” La voce di Kazushi e Hiroaki alle loro spalle li fece saltare di scatto come bimbi scoperti a rubare dal barattolo della marmellata.

“Ehm volevo dire, se non fossi felicemente fidanzato con il ragazzo più sexy del pianeta.” Cerca di giustificarsi Hisashi.

“Infatti, io sono innamorato perso del mio meraviglioso ragazzo, e quindi non ho bisogno d’altro, ma se non fosse così, beh...”

“Lascia perdere Akira potresti solo peggiorare le cose.” La voce cupa del suo ragazzo gli fa capire che è meglio starsene zitto, ci riuscissi anch’io a farlo tacere ogni tanto...

“Ragazzi non siamo qui per voi, ma per aiutare il nostro Ru Ru, quindi diamoci da fare.” Interviene Ayako.

“Ru Ru?” Chiede Ryota mentre io, che sarei il diretto interessato, sono rimasto immobile ad osservarla completamente interdetto.

“Sì Ru Ru è carino no?”

“Bello, approvato!” Le diede manforte Akira, riesco quasi a leggere nella sua mente contorta so benissimo quanto qualsiasi cosa possa sconvolgermi diventa per Akira una assoluta regola di vita, si diverte a torturarmi da quando eravamo bambini e quello sguardo allucinato che sicuramente deve avere letto nei miei occhi per lui dev’essere uno spasso, e poi  c’è un altro motivo, Akira adora Ayako, quindi è assolutamente sicuro che le dia manforte.

“D’accordo, soprannomi a parte, come diamine facciamo ad aiutare Ru Ru, sai che hai ragione è uno spasso, comunque come lo aiutiamo?”  Chiede Hisashi, un’altra faccia da schiaffi.

“Il fatto che io non vi abbia chiesto nulla non vi sembra rilevante?”

“No, e ora lasciaci lavorare.” Mi zittisce Sendoh. In realtà dopo quella risposta me ne potrei anche andare, mandandoli tutti al diavolo, tanto non sembra che io abbia molto diritto di parola, anche se stanno, praticamente, giocando con la mia vita. Ma l’idea di lasciare carta bianca a quei tre dementi, perché sono conscio che Hasegawa, Koshino e Miyagi sono qui solo per controllare i rispettivi fidanzati, mi inquieta non poco. Anche se non posso fermarli almeno saprò a cosa andiamo incontro, sia io che Hanamichi. “Hisashi ha ragione, da dove iniziamo?”

“Forse dal capire se è gay o no?” Interviene Miyagi. “Ragazzi, lo sapete come la penso, siete miei amici e non ci vedo proprio nulla di male, ma non è detto che Sakuragi sia gay, insomma so che voi sperate che tutti i ragazzi carini lo siano, ma non funziona proprio così.”

“Ryota ha ragione, dobbiamo capire questa cosa, o almeno cosa ne pensa a proposito.” Continua Kazushi. Oramai è in ballo anche lui, e so che come ogni sfida a cui ha preso parte vuole vincerla e lavorerà seriamente per riuscirci. Anche perché se qualcuno aspetta serietà da Akira e Hisashi, stiamo freschi, e questo Kasushi lo sa.

“E come vuoi fare? Cos’è andiamo da lui e gli diciamo:  ‘Ehi Sakuragi sei un bel tipo, non è che per caso sei gay?’ Ora, anche se sono certo che qualcuno qui ne sarebbe perfettamente capace...” Dice Koshino guardando direttamente il suo ragazzo. “...non mi sembra il caso.”

“Hiro ha toccato il punto dolente, però forse ho una soluzione.”

“Perché la cosa mi preoccupa?”

“Ru Ru stai a cuccia e lascia lavorare i grandi.” Come al solito vengo zittito. “Diciamogli di noi.”

“In che senso?” Continua interessata Ayako.

“Beh che io sto con Kosh e Mitsui sta con Hasegawa lo sanno tutti in squadra, e anche a scuola, persino i professori e il preside, anche se fanno finta di non saperlo, quindi non rischieremo nulla. In più si allena con noi, prima o poi se ne accorgerebbe, meglio affrontare subito la questione.”

“Ammettendo che non sia un omofobo o un completo imbecille, cosa che non mi sembra proprio, potrebbe non avere alcun problema, come non c’è l’ho io, ma questo non assicura il fatto che sia gay.”

“Lo so, Ryota, ma almeno possiamo cominciare a sondare il terreno. Ma se preferite io glielo posso chiedere direttamente.” Continua Sendoh guardandomi di sbieco.

“No!” Questa volta sono irremovibile, e che cavolo, altro che aiutarmi, questi così me lo fanno scappare.

“Ok, questa volta faremo come vuoi tu, gli diremo di noi e poi vediamo come si mettono le cose. Tutti d’accordo?” Un cenno d’intesa. “Bene ragazzi ora dobbiamo entrare in classe, alla prossima ora ho il compito di quella arpia di matematica, e vorrei ripassare un po’.”

“Ok, ci vediamo in pausa pranzo per decidere il da farsi, e oggi agli allenamenti lo affronteremo.”

“Oggi?”

“Ru Ru fai il bravo, meglio uno strappo deciso. Fidati.” Li odio, li odio tutti.
 

La pausa pranzo è passata troppo velocemente, così come il resto della giornata, non è possibile che sia già ora degli allenamenti. Sono euforico, perché so che lo rivedrò ovviamente, ma il fatto che quegli imbecilli che si sono autoeletti miei mentori abbiano deciso di intromettersi sul serio mi rende molto nervoso. Comunque sia mi dirigo in palestra e noto che fuori dalla porta ci sono tutti e sei i deficienti che hanno deciso di rendermi la vita un inferno più altri ragazzi della squadra. Mi avvicino e sento il ribalzare ritmico della palla sul parquet, qualcuno si sta già allenando. Prima che i ragazzi si accorgano di me sento la voce di Ayako.

“Sai Akira? Se non fossi felicemente fidanzata spererei che fosse etero, insomma un fisico del genere ti fa venire voglia...”

“So perfettamente come ti senti.” Le risponde Akira.

“Io direi che lo sappiamo tutti.” Interviene Hisashi.

“Ma perché non entrate?” Chiedo fingendo di non aver sentito di cosa stavano parlando, anche perché temo di sapere chi è il protagonista della discussione, mi affaccio alla porta e lo vedo, i capelli rossi, la pelle dorata, un fisico da urlo, con indosso un paio di pantaloncini blu notte e una canottiera bianca, oramai semitrasparente visto che è fradicia dal sudore, ma da quand’è che è qui? Corre verso il canestro vicino alla porta e spicca un salto, tanto alto che credo impossibile, finendo l’azione con una schiacciata fenomenale che fa vibrare il canestro, e non solo il canestro. Solo quando i suoi piedi toccano terra sembra accorgersi di noi.

“Ehi, cosa fate lì? Non entrate?”

“Sì subito, ma tu...”

“Visto che non ho molto da fare il signor Anzai mi ha dato il permesso di venire prima in palestra per allenarmi. Kit mi puoi passare la bottiglietta d’acqua che è vicino a te?” Mi volto e vedo la bottiglietta d’acqua sulla panchina accanto alla porta, gliela lancio senza dire una sola parola. “Grazie mille.” Un sorriso stupendo tutto per me. “Non mi ricordavo facesse tanto caldo in Giappone ad aprile.” Dice sfilandosi la canottiera ormai fradicia, e facendo venire le palpitazioni a tutti i presenti. “Per fortuna che ne ho portate più d’una.” Dice indicando il borsone appoggiato sulla panchina, prima di dire altro apre la bottiglietta d’acqua e comincia a bere, alcune piccole gocce riescono a sfuggire alla sua bocca scivolando impudenti sul suo corpo e mischiandosi al sudore. Cosa che mi porta a chiedermi perché diamine non ci siamo solo noi in questo momento. Coraggio fate i bravi e sparite tutti. “Ci voleva proprio.” Dice asciugandosi la bocca con il dorso della mano.

“Co...come mai non l’hai lasciato negli spogliatoi?” Gli domanda Ayako indicando il borsone e tentando di riprendere le sue capacità mentali.

“Sono chiusi a chiave, ma non c’è problema, l’avevo immaginato ed ero già pronto. Forse però posso lasciarlo nello spogliatoio ora, che ne dite?” Ci guarda e vorrei davvero sapere cosa diamine stia pensando, probabilmente dobbiamo sembrargli strani, completamente immobili che lo fissiamo, ma è difficile rimanere indifferenti a tutto questo ben di dio...

“Ma certo. Vieni con noi.” Riesce a dirgli Akira.

Gli allenamenti passano, Akagi gongola come un matto mentre vede quello che è in grado di fare Hanamichi e io mi chiedo quanto si dev’essere allenato in questi anni, quanti sacrifici abbia dovuto fare per arrivare a giocare così. La cosa meravigliosa, beh una delle cose meravigliose di Hanamichi, è che riesce a farci lavorare come una squadra, senza alcuna fatica, sì avete capito bene anche io faccio gioco di squadra e tutto in due allenamenti, vi rendete conto? Il momento peggiore, o migliore dipende dai punti di vista, è nelle docce dopo l’allenamento. Ora, io posso capire di avere gli ormoni a mille e di trovare sensuale qualsiasi dannata cosa che faccia, ma da come Sendoh e Mitsui stanno facendo fatica a mantenere i loro occhi all’interno delle orbite e le mascelle ancorate alla bocca, direi che non lo trovo sexy solo io. Senza contare che né Hasegawa né tantomeno Koshino sembrano riuscire a trovare il modo di distrarli e solo perché non ci stanno neanche provando, almeno non sbavano senza vergogna come i loro ragazzi. Il fatto che poi quest’idiota non si accorge di nulla rende tutto ancora più eccitante. Ho la certezza che mi farà impazzire presto, molto presto. Siamo oramai fuori dalla palestra quando Akira decide che è venuto il momento di capire quello che pensa dell’argomento gay.

“Senti un po’ Sakuragi, ma tu questa sera hai qualcosa da fare?”

“No perché?”

“Beh noi sette volevamo andare in un nuovo pub in centro e visto che Ru Ru è l’unico single...”

“Ru Ru?” Lo sguardo divertito di Hanamichi si posa su di me, scusalo è un cretino vorrei potergli dire, non lo faccio ma credo che mi abbia capito anche se non ho aperto bocca.

“Sì idea di Ayako non è carino? Comunque visto che è l’unico single non volevamo fargli passare la serata a reggere il moccolo, se mi intendi, sai io tendo un tantino a dimenticare gli amici quando sono in giro con Kosh e lo stesso Hisashi, e poi ci farebbe piacere se ti unissi a noi, siamo tutti molto curiosi di sapere come era la tua vita a Los Angeles.”

“Tu e Kosh?”

“Già io e Kosh e Mitsui e Hasegawa, e poi ci sono Ayako e Miyagi. Oh ma nessuno te l’aveva detto, noi siamo gay, spero non sia un problema.” Una risata cristallina esce dalle labbra carnose di Hanamichi.

“Un problema? Ma figurati per chi mi hai preso? E poi ci sono diverse ragioni per cui non mi da nessun fastidio.”

“Ah sì? E quali?” Chiede fintamente disinteressato Akira.

“Beh ad esempio perché non sono un omofobo senza cervello.”

“Solo per questo?”

“Akira, no, vero qui si usano i cognomi scusa, Sendoh io sono stato a Los Angeles in questi dieci anni, non hai la minima idea di quello che ho visto, e ti assicuro che avere dei compagni di squadra gay non fa parte delle cose assurde.”

“Puoi chiamarci anche per nome, nessun problema. Quindi è solo per questo che non ti da fastidio?”

“In realtà no, è che...” la voce di un professore si intromette.

“Sakuragi?”

“Sì signore?”

“Ah bene sei ancora qui, il preside ha bisogno di parlarti, deve darti altri documenti da far firmare ai tuoi, puoi seguirmi?”

“Certo. Ragazzi scusatemi devo andare, ci vediamo dopo ok?” Mi dice direttamente.

“Hn!” Un’altra risata mentre mi scompiglia i capelli.

“Perfetto!”

Ma quel tipo non poteva aspettare altri due minuti, ci eravamo quasi, quello che stava per dire sembrava una cosa importante e invece ora...Sendoh non è però del mio stesso avviso.

“Perfetto, è gay è sicuramente gay.”

“E da cosa l’avresti dedotto scusa?” Ecco appunto per fortuna che Ayako usa il cervello e fa la domanda giusta.

“Ho un radar per certe cose, e non sbaglia mai, è gay, fidatevi, gay fino al midollo.” Perché lo sguardo soddisfatto di questo pazzo non mi rassicura per niente? “Bene per ora possiamo lasciarlo in pace, Ru Ru vieni a casa con me o aspetti il rosso?” Sollevo il sopracciglio come risposta, secondo te? “Ok ok, risposta ovvia. A dopo Ru Ru!” Io lo uccido, prima Ayako per aver inventato questo nomignolo odioso e poi lui che si diverte tanto ad usarlo.

Per fortuna però mi lasciano davvero in pace tutti e se ne vanno, in attesa di questa sera hanno tutti qualcosa da fare, Ayako vuole andare a fare delle compre e Miyagi è pronto a seguirla ovunque, come faccia non ne ho idea, io alla solo parola shopping rischio l’orticaria, dallo sguardo di Mitsui deduco che i genitori di Hasegawa sono ancora in giro per lavoro, e Sendoh, beh sono certo che si stabilirà da Koshino anche se i suoi sono in casa, Akira e Hisashi sono dei maniaci, anche se... se devo essere del tutto sincero l’idea di passare del tempo solo con Hanamichi, magari in versione sexy di questa mattina, la pelle dorata della schiena nuda, le braccia intrecciate sotto il cuscino, e solo quel leggerissimo lenzuolo bianco a nascondere il resto di quel corpo da favola che si ritrova... beh credo che potrei diventare peggio di quei due messi insieme.

Mi sistemo acconto al cancello dello Shohoku e lo aspetto. Non ho intenzione di perdere un minuto che posso passare solo con lui. Non devo attendere molto però prima di sentire la sua voce.

“Ehi kit mi stavi aspettando?”

“Hn!”

“Non ti sei dimenticato che odio fare la strada di casa da solo.”

“No.”

“Beh allora andiamo?”

“Hn”

“Sei impossibile lo sai?” Mi viene da ridere, ma cerco di resistere cambiando discorso.

“Inizi lunedì?”

“Sì, il preside mi ha appena detto che sono nella settima sezione, tu conosci qualcuno in quella classe?”

“Settima? È la mia.”

“Fantastico, mi dovrai sopportare in classe come da piccoli.”

“Ma guarda te che fortuna.” Dico alzando gli occhi al cielo e cercando di aggiungere un po’ di sarcasmo in questa frase che altro non è che la verità. Ho una fortuna incredibile, in classe con me, dovrò dire addio ai miei sonnellini, ma potrò bearmi della sua presenza. Saltellerei come un cretino spargendo coriandoli in giro se potessi.

“Antipatico!” Mi dice, mettendo su un broncio adorabile. Un broncio adorabile? Oddio mi sto proprio rincoglionendo. “A parte il fatto che sei davvero antipatico, i tuoi sono sempre in giro per lavoro vero?”

“Come fai a dirlo?”

“Perché ieri quando ci siamo salutati davanti casa tua, era tutto chiuso e poi non hai ancora detto una parola su di loro. Dove sono adesso? Tokyo?”

“Sì Tokyo, lo sai la loro azienda è il loro vero figlio.”

“Non dire così, tu vali mille volte una stupida azienda!”

“Non credo, non per loro almeno.”

“Per me sì!” Mi dice, con un tono che non ammette repliche. Chissà se riesce a capire davvero quanto queste sue parole siano importanti per me.

“Almeno adesso non sono costretto a sopportare una tata che mi assilla per farmi giocare.”

“Sì, me la ricordo, poverina non sapeva mai come prenderti.”

“Hanamichi ti sembra che io fossi un bambino che potesse divertirsi a pitturarsi la faccia e giocare agli indiani?”

“No, quello ero io. Le davo sicuramente più soddisfazioni di te. Anche se alla fine con me giocavi anche agli indiani.”

“Lascia perdere.”

“Sai ho ancora delle foto a casa, in qualche scatolone, perché non vieni da me a cena? I miei saranno felici.”

“Ma non vorrei disturbare.”

“Ma che disturbo, baka kitsune. Facciamo così passiamo da te così scegli cosa metterti per stasera, poi andiamo da me.” Tempo in più con Hanamichi? Dovrei preoccuparmi di tutta questa fortuna, ma visto per quanto ho aspettato di poter trascorrere del tempo con lui direi che mi sono guadagnato ogni attimo.

Arriviamo davanti a casa mia, apro la porta e lo faccio accomodare sul divano blu in soggiorno. Vederlo in casa mia è così strano, lo osservo mentre si guarda intorno.

“Kit, non è cambiato nulla, tutto in perfetto ordine, casa tua è l’unica in cui i libri non sono sistemanti a caso, o divisi per autore o argomento, ma seguendo la scala cromatica.”

“Certe cose non cambiano mai, mia madre, anche se non c’è quasi mai, è intransigente sull’ordine, viene ancora la signora Soeki, tre volte a settimana per sistemare la casa, e probabilmente vedere se sono ancora vivo.”

“La signora Soeki? Me la ricordo, la facevo impazzire poverina, quando venivo a trovarti doveva lavorare il doppio.”

“Non se n’é mai lamentata, anzi diceva che quando c’eri tu la casa era più viva.”

“È sempre stata troppo buona, e preparava delle torte magnifiche.”

“Aspetta che le dico che sei tornato e stai sicuro che te ne farà una solo per te.”

“Andiamo in camera tua?”

“Perché?” Cosa vuole fare in camera mia? No, perché io un paio di ideuzze ce l’ho.

“Per scegliere cosa metterti, che altro?” Già, che altro? Te lo spiego io che altro.

“Certo, vieni.” Cerco di riprendermi mentre salgo le scale, lo sento seguirmi ed è difficile non lasciare vincere la fantasia e non immaginarmi io e lui salire questa scala con ben altre intenzioni che scegliere dei vestiti. Mi sa che ho passato troppo tempo in compagnia di Akira, non ci sono altre spiegazioni. A meno che è questo quello che sentono tutti gli adolescenti in tal caso mi chiedo come facciano comportarsi normalmente e non passare la giornata a fare i conigli con i propri o le proprie partner. Perché, sarà che io sono rimasto immune da tutto quello che gli altri provavano durante la crescita, primi batticuori, non ricordarsi neanche il proprio nome davanti alla persona che ti fa girare la testa facendo quindi immancabilmente figure terribili, e sentirsi eccitato nei momenti meno opportuni, ma ora, con lui a casa mia, una casa completamente deserta, non riesco a pensare altro che chiuderlo a chiave nella mia stanza e non farlo uscire più. Al diavolo il pub, al diavolo la paura di non essere corrisposto, al diavolo tutto. Lo voglio, è una consapevolezza strana ma istintiva e forte, devastante tanto è forte, so di desiderarlo come mai ho desiderato qualcosa, come mai potrei desiderare altro. L’unica cosa che mi blocca è la paura di perderlo, rischiare di farlo sparire definitivamente dalla mia vita. Non potrei sopportarlo, non ora che l’ho ritrovato. Per la prima volta sono sollevato dal fatto che quei pazzi hanno deciso di aiutarmi, anche se so che mi pentirò di questo pensiero appena li vedrò questa sera, ma per ora, lontani da me posso ammettere che in questo caso io non so proprio dove sbattere la testa.

Recupero un pantalone scuro e una camicia azzurra e mi cambio, cosa alquanto imbarazzante con lui in camera, ma mi sembra abbastanza stupido chiedergli di uscire visto che meno di un’ora fa eravamo nudi entrambi nello spogliatoio. Se sono riuscito a non saltargli addosso lì e a controllarmi con lui nudo dovrei riuscirci anche ora. Anche se ora siamo in una casa deserta e lui si è seduto sul mio letto e si guarda intorno come a voler memorizzare ogni singolo oggetto. Non ha guardato neanche una volta dalla mia parte, come a voler lasciarmi comunque un po’ di privacy, cosa che io sicuramente non farò a casa sua, starò attento a non farmi sgamare ma un’occhiata gliela do’. Visto la serata nel caos più assoluto che mi aspetta direi che rifarmi gli occhi sia il minimo.


In quello stesso momento Hanamichi fissava la stanza dell’amico riconoscendo qualche oggetto, non avrebbe mai detto che la volpastra fosse uno che conservava le cose. Ma quello appeso alla parete, tra un poster di Jordan e uno di Belinelli, era senz’altro l’aquilone che avevano fatto insieme all’asilo, non era esattamente un capolavoro, e non aveva neanche mai volato granché, ma si erano divertiti tantissimo a costruirlo, litigando ovviamente per tutto, colore compreso, e ridendo come matti. All’inizio l’aveva tenuto lui, poi quando il trasferimento era diventato reale si era fatto accompagnare a casa di Kaede e gliel’aveva portato, non voleva buttarlo, ma non sarebbe sopravvissuto a un viaggio come quello che dovevano affrontare. Ricordava ancora gli occhi di Kaede quando gliel’aveva mostrato, come se quel gesto volesse dire che il momento della partenza era davvero arrivato, la consapevolezza che quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe visto era finita sulle spalle di quel bimbo dagli occhi blu, e i suoi occhi si erano riempiti di lacrime, che aveva tentato in tutti i modi di ricacciare indietro con scarsi risultati. Quell’ultima volta gli aveva ricordato della promessa, sarebbero diventati i migliori e avrebbero giocato insieme, questa fu l’unica cosa che fece alzare lo sguardo alla kitsune, si fissarono negli occhi e allungò le mani per prendere l’aquilone. Hanamichi ricordava ancora le parole di Kaede. ‘vedi di ricordarti la promessa do’aho, perché io verrò a prenderti e se non sarai davvero il migliore dovrai vedertela con me!’. Rise Hanamichi a quel ricordo, dimenticandosi per un momento di non essere solo.

“Do’aho devo cominciare a preoccuparmi e chiamare la neuro?”

“No kit, tutto a posto.” Gli disse senza aggiungere altro, come avrebbe potuto dirgli che il ricordo del suo sguardo serio a quella promessa così assurda l’aveva fatto ridere? Come minimo si sarebbe beccato un calcio negli stinchi.

Mentre stavano per uscire riconobbe una foto appoggiata sulla scrivania. Sorrise Hanamichi al pensiero che la stessa foto, che li ritraeva insieme durante la festa dei bambini, si trovava sulla sua scrivania,

“Kit, ti ricordi che risate quel giorno?”

“Come potrei?” Hanamichi non capì, come poteva non ricordare quanto si divertivano insieme? “Voglio dire, che con te ridevo sempre, eri l’unico che ci riusciva, e le cose non sono cambiate.” Il cuore di Hanamichi riprese a battere, per un istante l’idea che Kaede non si ricordasse di quella giornata l’aveva stretto in una morsa gelata. Kaede si rese conto di non aver solamente pensato l’ultimo pezzo quindi cercò di rimediare come meglio poté. “Insomma di do’aho del tuo calibro non se ne trovano molti in giro.” Hanamichi ridacchiò e ribatté.

“Solo perché sono perfetto, e la perfezione non si può imitare, o sei perfetto o non lo sei, io ovviamente lo sono.” Si era scordato di quanto la sua kitsune potesse essere infima quando voleva. Sua, poi era ancora solo un sogno, ma almeno con sé stesso poteva dirlo. Quando nel pomeriggio Sendoh gli aveva detto che era impegnato con quella specie di orso perennemente incazzato, certo lo aveva visto solo due volte ma quella era l’impressione che dava, e che Mitsui stava con Hasegawa, gli era venuto da ridere, era vero Kaede gli aveva detto che erano solo amici ma non poteva essere sicuro che quel porcospino non avesse mire sulla sua kitsune, come quel numero 14, erano entrambi molto belli anche se continuavano a guardarlo in maniera inquietante, a volte gli pareva che volessero mangiarselo vivo, e Hanamichi temeva che se uno di loro si fosse messo in mezzo per lui sarebbe stato tutto più difficile. Per fortuna erano entrambi occupati e il sollievo di quella notizia l’aveva messo incredibilmente di buon umore. Tanto da stare per ammettere candidamente di essere gay a dei perfetti estranei o quasi estranei. Ma era stato interrotto da quel professore, cosa per cui non sapeva se ringraziare Kami o meno.

Dopo poco decisero di andare a casa di Hanamichi. Appena arrivati Rukawa venne letteralmente preso d’assalto dalle mille domande della signora Sakuragi e del marito. Volevano sapere tutto quello che aveva fatto, e cosa era successo nel quartiere in quegli anni. E volevano saperlo da lui, cosa dell’altro mondo. Hanamichi si divertì un mondo a vederlo doversi districare da quelle mille domande per tutta la cena e lo lasciò cuocere nel suo brodo almeno fino a quando non si fu vendicato a sufficienza per il colpo che gli aveva fatto prendere prima. Poi si intromise e lo liberò trascinandolo in camera sua. Cosa che la kitsune accettò con molto entusiasmo, ovviamente senza darlo a vedere. Sapeva che Hanamichi si stava vendicando per prima. Lui aveva provato a fare finta di non ricordarsi quella giornata, ma lo sguardo ferito della sua testa rossa l’aveva fatto arrendere, come poteva essere così bastardo con lui? Non poteva questa era la verità, e alla fine aveva parlato più del previsto. Ora però era inutile pensarci, mancava poco e si sarebbero dovuti incontrare con gli altri, e lui aveva bisogno di rifarsi gli occhi prima. Cosa che, per fortuna, il suo, presto, ragazzo, perché oramai era certo che avrebbe tirato fuori gli artigli se fosse stato necessario per far si che lo diventasse, gli permetteva di fare, e così Kaede si beava di quel corpo dorato e magnifico che totalmente ignaro si prestava al suo sguardo. Dopo aver indossato un paio di jeans chiari e estremamente attillati, cosa per cui Kaede non sapeva se gioire, e una maglietta a maniche corte nera, anch’essa attillata, una gioia per gli occhi della kitsune, un po’ meno per il suo fegato visto le occhiate rivolte ad Hanamichi che avrebbe dovuto sopportare, decisero che era arrivato il momento di uscire. Prima di lasciare la stanza Kaede notò la stessa foto che Hanamichi aveva visto in camera sua e gli venne da sorridere. A quanto pare non era l’unico per cui i ricordi che condividevano erano considerati un tesoro.
 

Continua
 

Note: Innanzi tutto Hanamichi non è un maniaco, non ancora comunque, io l’ho sempre visto come moooolto ingenuo, e quindi il suo invito alla kitsune a dividere il letto è senza doppi sensi, per ora almeno, e dopo non avrà bisogno di doppi sensi per averlo  nel proprio letto quindi... la stessa cosa vale per la palestra quando si toglie la maglia, ha caldo, è sudato, la toglie semplice, no? Nella stanza di Kaede oltre il poster di Jordan, suo assoluto mito da sempre, ho voluto mettere un campione italiano che gioca nell’NBA (insieme a Gallinari – Denver Nuggets, Bargnani – New York Knicks e Datome –Detroit Pistons )  nei San Antonio Spurs e che il 16 febbraio di quest’anno ha vinto la gara dei tiri da tre nel corso della All Star week end. So che non si ritrova con il tempo del manga che teoricamente si svolge negli anni novanta, ma noi questa linea temporale non importa granché vero? Ho citato la festa dei bambini (kodomo no hi), che si festeggia il 5 maggio, giorno in cui cerimonie e feste in cui si augurano felicità e prosperità a tutti i maschietti si tengono in tutto il Giappone, una delle tante tradizioni è quella di esporre fuori dalle case, pali di bambù che recano stendardi colorati a forma di carpa (koinobori), tanti quanti sono i figli maschi e di grandezza proporzionata all’età dei ragazzi di casa. Tradizionalmente l'ordine in cui vengono sistemate è: una carpa nera, rappresentante il padre, una carpa rossa per la madre, e carpe più piccole, una per ogni figlio. La carpa che risale la corrente è infatti simbolo di resistenza e di forza e i ragazzi devono imitarla, affrontando con coraggio e ottimismo le difficoltà della vita (c’è anche una festa per le bambine che si celebra il terzo giorno del terzo mese chiamata hinamatsuri), per chiunque fosse interessato vi consiglio il sito giapponeinitalia.org dove troverete un sacco di informazioni utili e da cui io ho preso in prestito queste notizie. Ok credo di aver detto tutto, a parte i ringraziamenti d’obbligo a Pandora86, Arcadia_SPH e Slanif per le belle recensioni al capitolo precedente, a nala_2000, Alexis77 e fliss90 che l’hanno aggiunta tra le preferite (ragazze sono proprio contenta di rivedervi) e ladymask2012 e krikka86 per averla messa tra le seguite. Al prossimo capitolo.
  
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