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Autore: Mel_mel98    27/04/2014    3 recensioni
Dal 2° capitolo:
[“Tu sapevi, vero?!”- gridò.
“Sì”- disse lei, guardandolo negli occhi.
“Tu lo sapevi, e non me lo hai detto.”- continuò lui, sempre più in collera.
“Esatto”- rispose lei.
“Perché? Perché Jade?”- fece afferrandola per i polsi.
“Come puoi avermi tenuto nascosta una cosa simile?!”- sbraitò infine.
“Non te l'ho nascosta. Semplicemente, non te l'ho detta.”]
È paura, quella che ormai regna nel cuore del ragazzo. Che lo ha reso pazzo, cieco.
Nella mente dell'altra, invece, vince la rassegnazione. La rassegnazione ad un futuro incontrollabile.
Qualcosa si è rotto. L'amore a volte è capace di distruggere se stesso.
Sta a loro adesso rimettere insieme i pezzi di un amore così fragile.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beck Oliver, Jade West, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tell me something you like'
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La suoneria irruppe nella stanza. Per la trecentesima volta.
Beck guardò il telefono appoggiato sul comodino.
Girò lo schermo verso di sé. ANDRÉ, c'era scritto.
Erano giorni che i suoi amici tentavano di contattarlo.
Non era rientrato a scuola. Non era passato neppure in segreteria per prolungare l'assenza giustificata.
Non era andato in ospedale dalla sua ragazza.
Si era limitato a passare le mattinate guardando il soffitto della sua roulotte.
Era uscito solo una volta, quando quel peso che aveva nel cuore aveva iniziato a soffocarlo.
 
Non aveva risposto a nessun messaggio, a nessuna chiamata.
Semplicemente aveva alzato il volume della musica nelle sue orecchie, per cercare di ignorare il mondo esterno.
Era stufo di tutta quella gente che si preoccupava per lui.
Che lo infastidiva, che lo cercava.
Era tutto a posto, no?
Che motivo avevano di agitarsi tanto per lui?
Lui stava bene. Giusto?
 
Certe volte se lo domandava.
Si ritrovava a pensare se stesse veramente bene.
Certo che andava tutto bene.
E allora perché si sentiva gli occhi gonfi, il respiro corto e il cuore scoppiare dentro il petto?
Perché non riusciva ad uscire da casa sua e andare a scuola, come tutti gli altri?
Cos'era successo?
Poi, improvvisamente, si ricordava.
L'ospedale, l'infermiera, il foglio.
La sua rabbia, la sua paura.
Gli occhi di Jade, persi dentro i suoi.
Si ricordava la voce ferma e il volto rilassato della sua ragazza. Non capiva come facesse.
Non capiva come aveva potuto non dirgli una cosa del genere.
Si sentiva tradito, in qualche modo. Ferito, perché era come sei Jade non si fidasse più di lui.
O non si fosse mai fidata veramente.
Si sentiva deluso.
Da lei, ma anche da sé stesso.
Non se ne sarebbe dovuto andare, quel giorno.
Sarebbe dovuto rimanere, se ne rendeva conto.
Ma non ce l'aveva fatta. Aveva lasciato che le emozioni prendessero le decisioni al posto suo.
 
In un attimo, si risvegliò dal suo stato di quiescenza.
In quel momento era poco più di un vegetale, per la società.
Il suo telefono squillava di nuovo.
O forse, non aveva mai smesso.
Non lo sopportava più.
Lo afferrò con rabbia.
“Smettila di chiamarmi, André”
- No, Beck. Sei andato fuori di cervello!?- fece lui dall'altro capo del telefono.
“André, lasciami in pace. Sto bene, se è questo che vuoi sapere”
- Stai bene? Non non era questo che ti volevo chiedere, perché so già la risposta! E cioè NO, amico, tu non stai affatto bene- sbraitò André.
“Senti, ma che vuoi da me? Mi vuoi fare la predica? Non ne ho bisogno!”- Beck si ritrovò a gridare contro il cellulare, cosa che non aveva mai fatto in vita sua.
Credeva che quando si hanno dei problemi ci sia bisogno di affrontarli a faccia aperta.
Che tutti gli apparecchi elettronici rappresentino solo un ostacolo per chi vuole davvero riappacificarsi.
Ma, come avrete già notato, Beck in quel momento non era del tutto in sé stesso.
André, dall'altra parte, tacque.
Era seriamente preoccupato.
- Che ti succede? Che cosa è successo in quella stanza d'ospedale?!- gridò a sua volta.
Non riusciva a capire che cosa avesse trasformato uno dei suoi più grandi amici in quello con cui stava parlando adesso.
“Non ti riguarda, André”- la sua voce si incrinò.
L'immagine di Jade, sola e sul letto d'ospedale, lo fece tornare in un attimo in sé.
Che cosa stava facendo?
Che cosa aveva fatto per tutti quei giorni?
Chiuse la chiamata. Non voleva sentire altro.
Si guardò intorno.
Raccolse da terra alcuni vestiti. Mise nell'acquaio alcune tazze di caffè ormai vuote.
Spostò una pila di quaderni, impilati vicino al tavolo.
Gli venne a mente che era da un bel po' che non mangiava qualcosa di sano.
E capì che cosa aveva fatto in tutti quei giorni.
Niente.
 
 
“Ha riattaccato”- sbuffò rabbioso André.
“André...”- iniziò Tori.
Trovava quella situazione insopportabile.
Jade, all'ospedale, faceva impazzire tutto il personale. Tori riceveva almeno quattro chiamate al giorno di lamentele delle infermiere, adesso che Beck non rispondeva più al telefono.
Beck, murato dentro la sua roulotte, faceva impazzire André che ormai stava sempre incollato al cellulare, per tentare di parlare con lui.
Andrè intanto era uscito completamente fuori di testa.
Era tutto così fuori controllo!
“A che serve dispiacersi?”- ribatté lui- “Vorrei solo fargli capire quanto siamo tutti in pensiero per lui”
Tori lo guardò con apprensione, e gli passò una mano sulla schiena, per incoraggiarlo.
“Più che altro, a me piacerebbe sapere che cosa è successo...”- fece poi lei.
“Che vuoi dire?”
“Voglio dire, potremmo aiutarlo meglio se sapessimo che cosa c'era scritto su quel foglio, non credi? Fino ad adesso stiamo andando alla cieca, stiamo facendo a istinto.”
Bevve un sorso d'acqua, mentre André si faceva ad ogni parola più interessato. Forse Tori aveva un piano.
Poi riprese: “Il nostro istinto di amici ci impone di aiutarlo. Ma effettivamente non sappiamo che cosa fare, perché non sappiamo davvero quale sia il problema.”- fece un'altra pausa.
“E quindi? Sono stato a sentire tutto questo ragionamento per scoprire che non hai assolutamente nessun piano?!”
“In un certo senso, un piano ce l'ho. Tu adesso vai da Beck. Ti metti davanti alla sua roulotte. Cerchi di farlo uscire, di parlare con lui.”
“Wow, come se non ci avessi già provato...”
“Sì, ma non ci hai mai provato di persona. Hai sempre usato il cellulare. Prova ad andare da lui. Fagli capire quanto sei disposto a fare per aiutarlo!”- esclamò Tori.
“Mhm... forse hai ragione. Posso provarci, dai... Ma tu? Che cosa farai tu?”
“Io vado da Jade. Non siamo certo amiche del cuore, ma proverò a capire qualcosa in più in questa situazione ingarbugliata.”
“Stai rischiando grosso... potrebbe lanciarti dietro il vaso di fiori che ha sul comodino!”- rise André.
“Beh, spero di essere abbastanza veloce da schivarlo!”
E detto questo si allontanarono, in direzioni opposte.
Anche se erano le due, e avevano ancora le lezioni pomeridiane da seguire.
Adesso, avevano qualcosa di molto più importante, nella lista delle cose da fare.
Aiutare, o forse salvare, due amici in difficoltà.
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Salve a tutti! Ok, diciamocelo: questo capitolo dice tutto e non dice niente…
Nel senso che ho voluto tenervi sulle spine un altro po’ e che per sapere chiaramente che cosa sarà mai successo dovete aspettare il prossimo capitolo (sì ve lo giuro, l’ho già quasi scritto e lì il “mistero” potrà dirsi risolto…).
Ma forse voi già qui avete capito… o forse no?
Beh, fatemelo sapere, le recensioni sono sempre ben accette.
Adesso voglio ringraziare chi ha recensito il secondo capitolo, ma come sempre anche chi legge in silenzio…
Spero che questo cap vi sia piaciuto quanto a me è piaciuto scriverlo (non ci posso fare nulla, adoro descrivere Beck in versione depressa!) ;P
A presto…
Mel
   
 
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