La paura di un nome non fa che incrementare la paura della cosa stessa.
Hermione Granger.
Cap 30
Fu il muso di Satchmo vicino al suo viso che la svegliò, in quella mattina inoltrata. Aprì lentamente gli occhi, visto che la luce era penetrante, forte e le recava fastidio.
Indossava ancora gli abiti della sera precedente, notò, anche se non rammentava di essere salita in camera sua.
Evidentemente era crollata a causa dell'alcol ingerito, perché non ricordava nulla di ciò che era successo dopo la telefonata.
Uscì dalla sua stanza, trascinandosi come un'automa giù per le scale.
Sua zia sollevò il capo, appena la sentì. Ma lei borbottò un sottomesso - 'Giorno'.
- Mal di testa?-
- No. -
- Bene. -
La donna, la guardò attentamente. Sapeva benissimo che aveva un forte mal di testa, così si alzò e le preparò l'aspirina per alleviare il dolore.
- Tieni. Intanto ti preparo i pancake. -
- Non ho fame. -
- Devi mangiare qualcosa. -
- Mi va bene una fetta biscottata con la marmellata. - la fermò per il polso. - E sinceramente non mi importa se mangio o meno. Voglio sapere, tu come stai. -
Elizabeth le sorrise, chinandosi e baciandola tra i capelli. - Non preoccuparti tesoro. -
- Zia mi dispiace. -
- Lo so. Ma non devi preoccuparti. -
Emma rimase in silenzio, celando il viso tra le mani. Lyanne. Non la conosceva. Tanto meno John. E la chiamavano si e no, solo il 27 febbraio.
Ma era già tanto se si ricordavano il suo nome!
I pensieri le vorticavano in testa, mentre ingoiava l'aspirina ormai sciolta nell'acqua. Tirò poi un morso alla fetta crocccante e masticò lentamente.
Non era preoccupata per ciò che lei provava, ma per come si sentiva sua zia.
- Mi faccio una doccia, ti serve il bagno?-
Non voleva pensare a niente.
- No, tranquilla. -
L'acqua le scivolava sul corpo come se fosse balsamo. Quasi volesse cancellare ogni pensiero negativo che le impervesava la mente.
- Sai, tesoro.. quella fenice alla fine mi piace sempre di più!-
La voce di sua zia, dietro di lei, la distolse dai suoi pensieri.
- Strano, volevi uccidermi quando l'ho fatto. Come la stella o l'ankh in zona bikini. -
- Dettagli. Ora sta ferma, ed alza la testa. -
Emma sorrise. Sua zia le aveva versato lo shampoo sulla testa ed aveva inziato a massaggiarla.
La lasciò fare, tranquillizzandosi all'istante.
- Neal ti ha chiesto qualcosa?- le domandò.
- No, ma credo .. che alla fine dovrai dir qualcosa, tesoro. Neal ti vuole veramente bene e un ragazzo così non si getta alle ortiche. -
- Un ragazzo così mi ha resa come sono. -
- Ti sbagli. Neal non è come Justin. -
Justin.
Un altro nome che preferiva sentire, tanto meno pronunciare.
Si voltò verso sua zia, mentre si copriva con un asciugamano. - Non avevi detto di non voler sentire quel nome?-
- La paura di un nome non fa che incrementare la paura della cosa stessa. No?-
Emma rimase in silenzio, mentre finiva di asciugarsi. - Non... è paura. Lo sai. -
- Devi andare avanti, sono parte del passato. - le disse dolcemente, la donna. - Non puoi star male ogni volta. Sarà difficile, vero.. -
La ragazza annuì. - Allora spero di metterci una bella pietra sopra. E dimenticare. Ogni cosa. -
La sera era giunta, infine. Elizabeth era in cucina a preparare la cena, mentre quel suono si propagava in tutta la casa.
Si voltò verso la porta, facendo un mesto sorriso al marito che rientrava.
In silenzio, gli si avvicinò e lo baciò dolcemente.
Peter chiuse gli occhi, abbracciandola.
Trovandosi avvolti in un abbraccio musicale, seppur molto triste.
Neal che era lì, si sentì di troppo, ma il sorriso dolce di Elizabeth lo frenò dall'andarsene.
- Da quanto sta suonando la versione di Schindler's List, con il violino?- le domandò il marito.
Elizabeth si allontanò. - Dopo pranzo. Stamattina abbiamo parlato ma poco. - poi si rivolse verso le scale. - Emma, la cena è pronta. -
Un leggero silenzio, ne seguì. Poi i passi quasi silenziosi della ragazza.
Nel vederla, con quella tuta nera, Neal addolcì lo sguardo. A quanto pare l'umore era ancora nero... e lui non sapeva come aiutarla.
Emma lo salutò con un cenno silenzioso, prima che suo zio l'avvolgesse in un abbraccio.
L'uomo le baciò la nuca, con fare paterno e lei dovette ricacciare le lacrime indietro. Non voleva crollare.
Non di nuovo.
Così chiuse gli occhi, stringendoli forte.
Il peggio si presentò durante la notte. Quando chiuse gli occhi, rivivendo quella telefonata, e tante altre cose che voleva dannatamente dimenticare.
Nda : Un po' corto come capitolo, ma non saprei come migliorarlo, e spero di farmi perdonare quando posterò il capitolo successivo.