Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Erilan    01/05/2014    5 recensioni
Del depistaggio di Peeta sappiamo solo che gli è stato iniettato del veleno per modificare i ricordi e portarlo all’odio verso Katniss. Questa storia è raccontata dal punto di vista di Hayden Corvs, uno giovane medico di Capitol City che inietta il veleno degli aghi inseguitori a Peeta. L’ho scritta perché ho voluto immaginare (e sperare) che fra le ultime persone che Peeta ha conosciuto ci sia stato anche qualcuno che gli è stato amico per un ultima volta. Leggete, e se vi va, mi farebbe molto piacere qualche recensione! :)
Ciao e a presto!
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Johanna Mason, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Non c’è bisogno che guardi sulla cartella che porto sempre con me, il nome del prigioniero di cui stanno parlando i miei colleghi, in questo reparto le attenzioni sono praticamente tutte per lui: Peeta Mellark. È famoso in tutta Panem come il Ragazzo Innamorato del Distretto 12, il promesso sposo, quel ragazzo gentile, buono e coraggioso, che farebbe qualunque cosa per la sua amata Katniss Everdeen, l’eroica ragazza che si è offerta volontaria ai 74esimi Hunger Games al posto della sua sorellina. Conosco bene la loro storia d’amore; mia madre (che aveva iniziato a seguire gli Hunger Games solo dalla 74esima edizione) era praticamente la loro fan numero 1 e seguiva tutti gli aggiornamenti sulla loro vita e sul loro imminente matrimonio. Quando, la sera dell’intervista, è stato tutto annullato e si sono sparse in giro le voci che la Ragazza di Fuoco aspettasse un figlio, mia madre si era seriamente messa in testa di andare a protestare alle porte del Palazzo Presidenziale per fermare gli Hunger Games. “Come diamine possono pensare di mandare una donna incinta a combattere nell’arena?! Non possono uccidere un bambino che non è nemmeno nato!!” diceva, ma poi io e mio padre riuscimmo a dissuaderla convincendola che nessuno poteva fare niente contro il volere di Snow. A Capitol City, tutti (compresa mia madre) erano assolutamente convinti che la loro storia d’amore fosse reale. Ma all’inizio era stata tutta finzione, proprio come sospettavo. La prima seduta di depistaggio con Peeta l’avevo fatta proprio io, e pensai che forse sarebbe stato meglio se avesse avuto qualcuno con cui parlare, insomma, un’ultima misera possibilità di esprimere i suoi pensieri anche se in un contesto così ostile. Così in quell’occasione, mentre preparavo l’occorrente, avevamo cominciato a parlare e lui, dopo qualche istante di incertezza, aveva cominciato a raccontarmi un po’della sua vita nel Distretto 12 e poi dell’Arena. Può farlo solo con me, perché sono l’unico che si offre di ascoltarlo prima e dopo i dosaggi. Mi disse che dopo la fine della 74esima Edizione, sul treno che li stava riportando a casa, aveva scoperto con amarezza che il loro idillio d’amore durante i Giochi era stato solo per guadagnarsi più sponsor possibili ed avere una possibilità in più di vincere. Poi, però, avevano provato ad essere amici fino alla crudele Edizione della Memoria che sconvolse tutti i loro piani e li ributtò nuovamente nell’Arena a combattersi l’uno contro l’altra. Durante questa seconda “esperienza” il loro legame si rafforzò e Peeta mi confessò di aver nutrito una piccola speranza che anche Katniss potesse ricambiare i sentimenti che provava per lei; lui aveva definito questa speranza egoista e inadeguata. Gli avevo raccontato anche io di Julia e di come in realtà non la amassi come lei meritava, e poi, di come ad un certo punto mi ero accorto che se l’avessi lasciata lei avrebbe sofferto troppo, così le avevo proposto di sposarmi e lei aveva accettato. Lui mi aveva sorriso dicendo “Ma tu non ami lei, ami un’altra, vero? Lo vedo”, io poi lo avevo guardato stupito e imbarazzato dalla situazione, come se fosse riuscito a leggermi nel pensiero, annuii senza rilasciare dettagli: qualche stupida e frivola notizia servii ad allentare la tensione e a farlo distrarre un po’. Ora con la Rivoluzione in corso, niente è più una certezza e ho persino permesso ad un’altra donna di arrivare al mio cuore come se non soffrissimo tutti già abbastanza. Un’altra coraggiosa e forte donna che ride in faccia alla morte. Un’idea attraversa fugace la mia mente e lascia una scia di malinconia e tristezza: In un altro mondo, forse, avremmo potuto essere davvero buoni amici, io e Peeta. Ma non in questo, non in questo mondo dove io gli sto facendo del male senza che ci sia nemmeno un reale motivo. Il corso dei miei pensieri viene interrotto da uno dei medici che mi porge una cartelletta nera. – Qui ci sono i dati che servono per il dosaggio del veleno. Il contenitore è quello nel mobile A, non sbagliarti con quello di distillato di Morsi Della Notte - Mi avverte serio – Fra un’ora, quando avrai finito, chiama due inservienti e fallo riportare nella sua stanza. Però prima sedalo, quando finisce le sedute diventa incredibilmente aggressivo, si trasforma in una macchina per uccidere – aggiunge sogghignando e dando una gomitata all’altro medico che mi sorride sarcasticamente. - Sì, ho capito Lloyd. Conosco la procedura – ribatto con tono freddo. Odio quando scherzano su queste cose. Ovviamente qui, ci sono persone con degli scrupoli che la pensano come me e che vorrebbero solo lasciar andare i prigionieri e le cavie che teniamo qui. Ma ci sono anche degli idioti come Lloyd che credono che questo sia tutto un gioco. Anche se a volte mi viene il dubbio che fingano per sdrammatizzare, e per non impazzire del tutto anche loro. Dopo che i miei due colleghi se ne sono andati, prendo con cautela la fiala di veleno di Aghi Inseguitori e i filmati scelti appositamente da Snow dove una voce lagnosa e robotica ripete sempre le stesse parole: Ibrido, Katniss, Ibrido, Katniss è un’assassina, una Traditrice, Falso. Ora che Peeta Mellark non ha più niente, dobbiamo addirittura togliergli il diritto di amare e i propri pensieri. È meschino e ignobile, e io lo devo fare. Controllo di aver preso tutto l’occorrente, faccio un profondo respiro che sa solo di rassegnazione e mi preparo ad entrare. Apro la porta con la mano destra mentre nella sinistra reggo i filmati, e il kit-depistaggio, accendo una lampada per accentuare la fioca luce all’interno della stanza sterile e del tutto anonima, e subito noto il giovane ragazzo steso sul lettino al centro. Ha i pugni chiusi in una stretta morsa, le fascette che servono a tenerlo fermo gli feriscono polsi e caviglie. È pieno di lividi violacei sia sul volto che sulle braccia e noto che le ferite sotto l’occhio e sulla fronte di un paio di giorni fa sono ancora aperte e sanguinanti. I pacificatori devono essersi divertiti un mondo ieri. Mi sembra che stia dormendo, ma non ne sono sicuro, mi tengo comunque ad una certa distanza di sicurezza nel caso dovesse risvegliarsi in preda ad uno dei suoi incubi. Le fascette di contenimento dovrebbero riuscire a fermarlo, ma lui è davvero molto forte. Ha un’espressione indecifrabile, tra il sereno e l’impassibile e tiene le palpebre serrate. Appoggio sul piano del largo comodino la cartelletta e il veleno assieme alle siringhe, accendo il videoproiettore e sistemo i nastri in modo che siano pronti a partire. Poi mi avvicino al letto, alzo leggermente con un pulsante lo schienale e appoggio una mano sulla spalla del ragazzo. - Peeta Mellark – lo chiamo. Fa una serie di smorfie, poi apre piano gli occhi in modo che si abituino alla luce e assume un espressione perplessa. Non è abituato a sentire il suo nome per intero. Qui dentro, solo io lo chiamo Peeta, il nome è l’unica cosa che gli rimane. Stringe gli occhi a fessura, mi guarda fisso da sotto le palpebre abbassate e stanche, poi richiude gli occhi e li riapre dopo un istante facendo qualche respiro profondo come se cercasse di capire dove si trova e cosa stia succedendo. Credo che il mio viso abbia assunto un’espressione a metà fra la pietà e la malinconia, così decido di rompere il silenzio. - È ora della penultima seduta, Peeta. Siamo alla numero tre, ne manca solo un’altra e abbiamo finito. – dico prendendo la siringa e infilando l’ago nel contenitore di farmaco. Tranquillo, abbiamo quasi finito di spappolarti il cervello. Annuisce serio e sussurra un sommesso – Ok -
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Erilan