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Autore: CainxAbel    02/05/2014    1 recensioni
Non è una scuola, ma un manicomio. Non è una scuola, ma l'inferno. Per me la Shinsengumi High school sembrava questo, fin quando mi chiesi se dei bellissimi occhi potessero farmi cambiare idea. No, questa non è la cronaca di un'asociale, ma non ho chiesto io di studiare qui, nel top del top dell'istruzione, come dicono.
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Hajime Saitou, Heisuke Todou, Nuovo personaggio, Souji Okita, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Avevamo quasi due ore a disposizione prima dell’inizio del test. Nessuno aveva la più pallida idea delle materie oggetto della prova, ma tutti conoscevamo il punteggio minimo per garantirsi un tranquillo inizio di anno scolastico: 35 su 80 punti. Ero tesa, come la corda di un violino e anche quando uscii dall’aula magna, la tensione non mi abbandonò. 
“Su, Misaki” pensavo “ Ci deve pur essere qualcuno che farà più schifo di te a questa prova”.
Erano deboli scuse, lo sapevo. Serviva solo ad alleviare l’ansia che mi stritolava nella sua morsa. Molti studenti attesero l’inizio della prova nell’immenso parco della scuola. Tutto quel verde avrebbe fatto perdere la testa a qualsiasi amante della natura. Forse era quello l’unico motivo per cui avrei potuto sopportare per un po’ la Shinsengumi High school senza dare di matto. Gruppi di ragazzi e ragazze chiacchieravano fitto fitto, cercando di sdrammatizzare sulla prova imminente. Rimasi in un angolo, sedendomi su una panchina ad ascoltare qualche canzone dal mio mp3. Il fatto che amassi ascoltare musica rock e metal sarebbe stato sufficiente ad allontanare una buona percentuale di persone da me, come se fossi una lebbrosa. Avrebbero preferito canzoni idiote, senza senso e senza un vero e proprio testo, adatte solo per ballare e perdere la testa a ritmo di musica. Mi lasciai trasportare dalle note, senza pensare al test, ai miei timori per il futuro e al rancore che riservavo al passato. Amavo più delle voci dei miei cantanti preferiti il suono delle chitarre e ad ogni assolo sembravo distendermi. Era come se il mondo attorno a me non esistesse, ma per un attimo abbassai il volume. Vidi di nuovo Chizuru che rideva e parlava allegramente con i due ragazzi che avevo visto prima. 
“  Ti prego, Chizuru-chan, ho bisogno davvero di aiuto. Quest’anno sarà una tragedia per me e non voglio partire con i debiti”.
Era stato il “ nanetto” a supplicarla, facendole gli occhi dolci e giungendo le mani come in preghiera. 
“Aiutalo, altrimenti non la smetterà più”.
L’altro ragazzo sorrise nel pronunciare quelle parole. Fui costretta a confessare a me stessa che in fondo mia madre aveva ragione: nella Shinsengumi High school non mancavano ragazzi carini. Lui ( cercai invano di distogliere lo sguardo) apparteneva decisamente a quella categoria. Aveva dei lineamenti perfetti e degli intensi occhi verdi. Mi morsi le labbra e tentai di non guardarlo. Il “nanetto” sghignazzò.
“Ci mancherebbe altro” disse “ Tu sei messo bene, Souji, ed è ovvio insistere così tanto con Chizuru. Sei la mia salvezza, Chizuru-chan. Sei brava in storia, in biologia, in letteratura, in matematica, in…”
“Ora stai facendo un elenco di tutte le materie” commentò il ragazzo che scoprii chiamarsi Souji.
Vedere quel gruppetto di tre amici parlare del più e del meno, ridere e scherzare mi provocò un’inspiegabile fitta. Mi allontanai in gran fretta da loro, camminando a grandi passi nel parco della scuola. Il sole che filtrava tra le chiome degli alberi, le panchine, il cielo di un azzurro che avrebbe fatto impallidire i miei occhi: cercai una momentanea quiete nella natura, ma non ero l’unica. Un’altra ragazza, anche lei estraniandosi dalla realtà come me, si era appoggiata contro il tronco di un albero. Stava osservando tutti gli studenti di passaggio e scarabocchiando qualcosa su un blocco da disegno. Ero davvero curiosa di scoprire di cosa si trattasse, ma alla fine cambiai idea e mi limitai a lanciarle una rapida occhiata. Ciò che saltava all’occhio erano i suoi capelli, biondi e riccissimi che le coprivano il volto. Per un attimo desiderai anch’io avere i capelli lunghi, poi ricordai una delle follie più grandi della mia vita, essermeli tagliati, come per rompere con la mia vita precedente. Trascorsi le due ore che precedevano il test girando come un fantasma per il parco,  con un senso di solitudine. Ogni tanto incontravo gli sguardi truci di Saito, che sorvegliava gli altri studenti con i suoi occhi da falco. L’altra ragazza restò a lungo per i fatti suoi a disegnare. Mi chiesi come facesse ad essere così tranquilla con il test alle porte. Presto giunse l’ora. Per essere precisi, era un quarto d’ora prima del vero inizio della prova, ma bisognava smistare le diverse pecore ( mi correggo, studenti) nelle aule, procedere con l’appello, sorteggiare il numero del posto e chissà quale altra diavoleria per accrescere l’agitazione. Non mancò nulla di tutto questo, a dirla tutta, ma ogni singolo studente avrebbe dovuto sorteggiare l’aula in cui avrebbe dovuto affrontare il test e il numero del posto.
“ Che sfiga! Che male ho fatto?”
“Mi dispiace, Heisuke-kun. Siamo nella stessa aula, ma non serve a molto”.
“Rendiamoci conto: io starò avanti. Avanti! Sotto gli occhi dei prof, a disperarmi”.
Il nanetto era davvero disperato, considerai tra me e lo ero anch’io, tuttavia cercai di non lasciare trapelare alcuna emozione. Avevo comunque i nervi a fior di pelle. Su un grande tavolo ( mi sembrava davvero un tavolo da banchetto) c’erano diverse scatole con tutti i numeri per gli studenti. Non ci sarebbe stata distinzione di anno e la cosa mi diede i brividi. Mi domandai che figuraccia avrei fatto. Ogni cosa era controllata dagli occhi glaciali di Saito. Il suo volto sembrava privo di espressione, mentre gli studenti si radunavano, parlando fitto fitto tra loro, chiedendosi quale sarebbe stato il loro destino. I professori cercarono in qualche modo di organizzare le file ( ognuna era formata da circa trenta persone). Davanti a me c’era Saito e per un attimo avvertii dei brividi. Estrassi con esitazione il numero dell’aula in cui avrei svolto la prova. Era il 7: si trattava di  uno dei miei preferiti. Poteva essere un buon segno? Me lo augurai con tutto il cuore. Cercai con gli occhi qualcuno che avesse il mio stesso numero. Il mio posto non doveva essere uno dei primi. Il mio sguardo guizzò disperatamente da una parte all’altra, mentre mi sentivo sempre più agitata. 
“L’aula 7 è la terza a destra”.
Mi voltai rapidamente per poi rendermi conto che era stato Saito a parlare. Il suo sguardo glaciale mi fece nuovamente rabbrividire. Era come se potesse polverizzare qualunque cosa con quegli occhi.
“Perfetto, grazie” dissi rapidamente, mangiandomi le parole.
Cercai di non correre, nonostante sentissi lo stomaco annodato in una morsa d’angoscia. 
” Terza a destra” mi ripetei mentalmente, come se temessi di dimenticarlo.
Per un istante incrociai lo sguardo della ragazza che avevo visto disegnare. Credetti di essermi immaginata il sorriso che affiorò sulle sue labbra. Feci un respiro profondo quando mi avviai verso l’aula 7, con l’espressione di un condannato a morte. Lanciai una rapida occhiata intorno a me.  Anche Chizuru avrebbe affrontato il test nella mia stessa aula e lo stesso valeva per Heisuke. Di Souji, invece, non c’era traccia. Saito controllò attentamente tutti gli studenti, come se fossero dei potenziali criminali. Secondo me sarebbe potuto diventare persino più severo di un professore. Per un attimo me lo vidi con un paio di occhiali a spiegare un qualsiasi argomento con un tono che non lasciava trapelare alcuna emozione. Mi trattenni a stento dal ridere e non sapevo nemmeno perché. Non riuscii a pensare ad altro. Un ragazzo corse come una furia in corridoio e mi spinse. Si affrettò subito a chiedere scusa, senza nemmeno guardarmi in faccia. Avrei voluto dirgli qualcosa, ma mi bloccai. Iniziò a parlare con Chizuru ed Heisuke.
“Dannazione, non so nemmeno dove ho la testa oggi”.
“Harada-san, va tutto bene. Non sei in ritardo”.
Ancora una volta fu Chizuru a parlare. Presto avrei scoperto che le parole che pronunciava più spesso erano “ sì”, “ va bene”, “d’accordo”. Era con quelle che riusciva a incantare la gente e a far colpo su chiunque, persino sui ragazzi.
E c’era quel sorriso, appena abbozzato… evitai di guardarla e mi soffermai sulla porta. 
Non avrei mai voluto che si aprisse. Avrei voluto dire: “Non aprite quella porta. Chissà cosa ne potrebbe uscire, forse il male, come il vaso di Pandora”.
La prima cosa che io e altri studenti vedemmo fu l’espressione compiaciuta sul volto del professore Kazuma.
 
 
 
Angolo dell'autrice: la mia cara Misaki ( finalmente è comparso il nome della protagonista) si trova davanti al temibile professore Kazuma . Che cosa succederà? Prometto di aggiornare il prima possibile ;) Anche Saito fa paura XD 
   
 
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