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Autore: Lelaiah    03/05/2014    1 recensioni
Da diversi anni il genere umano è entrato in contatto con il mondo soprannaturale e la convivenza, nonostante alcuni alti e bassi, sembra essere tranquilla. L'arrivo del branco MacGregor a New York ha creato un grande scompiglio tra gli altri gruppi di licantropi e stuzzicato la curiosità della stampa.
Tutto quello che vuole Evan, figlio dell'Alfa del clan appena arrivato da oltreoceano, è poter vivere la propria vita in pace. Possibilmente evitando la maggior parte dei contatti col padre e ignorando le richieste egoiste della bella ed algida Crystal, sua moglie.
Nella stessa città vive anche Amanda, giovane assistente che condivide l'appartamento con la sorella Frances e il fidanzato di lei, Andrew. La loro vita scorre tranquilla, lontana da qualsiasi coinvolgimento col soprannaturale... almeno fino a quando tutti loro non si ritroveranno nel bel mezzo di un attacco perpetuato da alcuni licantropi di un clan locale.
L'inaspettata trasformazione di Drew porterà questi due mondi ad entrare in collisione. Far collimare stili di vita dissimili sembrerà ancora più difficile quando la città verrà sconvolta da una serie di omicidi, questa volta ai danni della comunità soprannaturale.
Umani e licantropi riusciranno a collaborare? E magari anche ad innamorarsi?
Buona lettura!
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 12 Guardie e ladri
Rieccomi :)
Vi avevo lasciato con Amanda in un mare di guai... secondo voi come saranno andate le cose? Confesso che mi sono lasciata prendere un po' la mano e l'ho fatta penare ^^' Nulla di irreparabile, comunque!
Evan, come suo solito, sarà malleabile come una sbarra di ferro, ma abbiate fede: prima o poi i lati spigolosi del suo carattere verranno smussati.
Bene, vi lascio alla lettura, alla prossima! ;)





Cap. 12 Guardie e ladri



   Sentiva il cuore rimbombarle nelle orecchie e il respiro incastrato da qualche parte tra il petto e la gola.
Nella caduta si era sbucciata le mani e le sentiva bruciare fastidiosamente, ma relegò il pensiero in un angolo del proprio cervello, tentando di capire cosa doveva fare per sfuggire a quel pazzo.
Quasi sicuramente era un licantropo. E quasi sicuramente l’aveva attaccata perché conosceva Evan e gli altri.
“Bell’affare.”, le disse una voce nella testa.
Ignorandola, Amanda si rialzò in piedi. Quell’uomo era ancora davanti a lei e sembrava non aver fretta d’iniziare la caccia. A quanto pare spettava a lei decretarne l’inizio.
  Lentamente, stando attenta alle auto che passavano, arretrò fino al marciapiedi che si trovava alle sue spalle, tenendo gli occhi fissi sul suo aggressore.
Aveva un viso abbastanza anonimo, ma il colore dei suoi occhi si avvicinava molto a quello dell’oro brunito. Quella tonalità gli donava un aspetto ancor più ferino, quasi ultraterreno.
Quel pensiero le mandò un brivido lungo la schiena.
“Resta concentrata.”, s’impose, lasciando che i pensieri trovassero un ordine logico. Ma per quanto si sforzasse di escogitare un piano, c’era una sola cosa che doveva fare: tornare all’appartamento di Tompkins Square.
  Il più in fretta possibile.
Con gesti calcolati, si sistemò la borsa a tracolla, ringraziando la moda del momento. Il licantropo non si mosse e restò a fissarla dall’altra parte della strada, la bocca piegata in un ghigno. Sembrava divertirsi parecchio, considerato che la caccia non era ancora cominciata.
-C-chi sei…?- Mandy cercò di distrarlo.
-Il lupo cattivo.- le rispose lui, sogghignando apertamente.
Ignorando l’ironia insita nelle sue parole, la ragazza si abbassò ed iniziò a sfilarsi le scarpe col tacco. Dato che avrebbe dovuto correre, quelle le sarebbero state solo d’impiccio. Non voleva rischiare di rompersi una caviglia e facilitare il compito a quello squilibrato.
“Appena le avrò tolte, inizierà.”, si rese conto. Il suo aggressore aveva iniziato a far scrocchiare le nocche, preparandosi all’inseguimento.
Tenendo gli occhi incollati sul viso di lui, tolse la scarpa destra e la lasciò a terra. Reggendosi su una sola gamba, sfilò lentamente anche l’altra. Deglutì, nervosa e si sistemò meglio la borsa dietro la schiena, per evitare che la impacciasse.
  Gli occhi di preda e predatore s’incontrarono per alcuni lunghi istanti che sembrarono infiniti. Amanda si sentiva avviluppata dalla paura, ma stava cercando in tutti i modi di rimanere presente a se stessa. Doveva evitare gli attacchi di panico e, di conseguenza, qualsiasi posto che potesse suscitare in lei reazioni claustrofobiche.
Sapeva che l’obiettivo del suo opponente era farle del male. Divertirsi con lei.
  Forse ucciderla.
Quella consapevolezza fece mancare un battito al suo cuore.
Appoggiò le punte delle dita sull’asfalto, concentrandosi sulla sensazione ruvida e calda del bitume invecchiato.
Improvvisamente, senza preavviso, scattò.
  Come se non aspettasse altro, il licantropo s’inginocchiò ed iniziò la trasformazione, pronto all’inseguimento.


  Stava per raggiungere Evan e cercare di parlare con lui, quando si rese conto che il licantropo appostato nei pressi di casa loro si era spostato.
Sgranò leggermente gli occhi, stupito. Non se n’era reso conto, troppo occupato a seguire il diverbio tra il suo migliore amico ed Amanda.
A giudicare dall’espressione di Emily, anche lei doveva essersene resa conto. Anzi, sembrava addirittura terrorizzata.
-Evan…- chiamò, voltandosi verso di lui.
L’amico fece un rigido cenno del capo, puntando lo sguardo fuori dalla finestra che illuminava la cucina.
-Che sta succedendo?- chiese Andrew, confuso. Tentò di capire qualcosa percependo le auree degli altri, ma l’unico risultato che ottenne fu una scarica d’energia. –Che succede?!
-Ci stavano spiando.- gli rispose David, gli occhi ancora fissi su Van.
-Ci stavano… chi…?- domandò, ancora più perplesso. Possibile che non si fosse accorto di niente?
L’inglese gli lanciò una rapida occhiata. –Era sottovento.
Al che, Drew esclamò:-Un licantropo?!
Emily lo fissò per qualche istante, visibilmente agitata e poi tornò a guardare quello che era il loro capobranco.
-David, non far uscire Andrew. Per nessun motivo: non sappiamo se siano qui per lui.- finalmente Evan diede voce ai propri pensieri.
-D’accordo.- fu la risposta.
In quel preciso istante, un urlo raggiunse le loro fini orecchie soprannaturali. Drew riconobbe la voce senza bisogno di analizzarla. –Oddio, Amanda!- tentò di scattare verso la finestra, deciso ad andare ad aiutare l’amica.
Ma Evan gli si piazzò davanti, ringhiandogli apertamente. Come fulminato, il ragazzo si bloccò sul posto, infossando la testa nelle spalle. Non avrebbe potuto andare contro la volontà di un Alfa, non ne aveva la forza e forse mai l’avrebbe avuta.
-Resta qui.- ordinò con voce metallica lo scozzese. L’altro deglutì, cercando le parole per protestare a quell’ordine.
Evan però non glielo permise e, senza nemmeno curarsi di prendere la rincorsa, si lanciò oltre la finestra aperta. Trafisse l’aria come un dardo, dando il via alla trasformazione durante la caduta.
  Quando atterrò sul marciapiedi, al suo posto c’era un grosso lupo. Alzò la testa verso l’alto e, assicuratosi di aver ottenuto obbedienza dai suoi sottoposti, sparì oltre la recinzione del parco antistante il palazzo.


  Stava correndo più forte che poteva.
Sentiva i polmoni agonizzare in cerca d’aria e la milza dolere.
Da quando era iniziata la fuga, quel pazzo del suo aggressore aveva iniziato a giocare a guardia e ladri. La metteva all’angolo solo per poterla terrorizzare e continuava a spingerla dove voleva lui, come un cane da pastore fa col suo gregge.
  Amanda avrebbe urlato per la rabbia, se solo avesse avuto ancora fiato in corpo.
Come se non bastasse, aveva perso il senso dell’orientamento ed ora non avrebbe potuto raggiungere gli altri nemmeno volendo.
All’ennesimo scatto si piegò in due, respirando a fatica.  Tossì qualche volta, sentendo i muscoli delle gambe tremare. Era quasi certa di essersi scorticata anche le piante dei piedi, ma avrebbe corso fino a quando il suo corpo avrebbe retto. O l’adrenalina non fosse cessata.
“Oppure fino a quando qualcuno verrà a salvarmi.”, pensò, sconsolata.
Non capiva dove diavolo fossero finiti i soccorsi, ossia il branco di Evan. Che quel continuo zigzagare tra i palazzi servisse anche per sviare i licantropi e non solo per tagliarle la fuga?
Mentre pensava ciò non si accorse che il suo inseguitore aveva drasticamente ridotto le distanze.
  All’improvviso il ringhio sommesso che l’aveva accompagnata durante tutta la sua fuga le sembrò pericolosamente troppo vicino. Alzò la testa di scatto e si ritrovò il muso del licantropo a poco meno di un metro.
Sobbalzò ed inciampò nei suoi stessi piedi, finendo a terra.
Il licantropo avanzò di qualche passo, arricciando il labbro superiore e scoprendo i canini.
Incespicando, Mandy si rimise in piedi il più velocemente possibile, per poi esser colpita subito dopo da una zampata e rotolare a terra, qualche metro più in là.
  Quello era il primo attacco fisico che le aveva sferrato e, con un certo terrore, iniziò a temere che si fosse stancato di giocare.
Fece perno con le mani e si deterse il sangue dal piccolo taglio che si era procurata sul labbro inferiore. Prese un respiro profondo e poi si rialzò, fissando dritto negli occhi il suo avversario. La sua stazza era tale che la testa del lupo era allo stesso livello della sua, solo molto più minacciosa.
-Non so chi ti abbia mandato né quale siano gli ordini a cui devi attenerti, ma io non mi farò ammazzare.- sentenziò la giovane. In risposta ottenne una sorta di rantolo, la cosa più simile ad una risata che si potesse ottenere da un animale.
Cercando di non farsi intimorire, Amanda prese ad arretrare, guardandosi intorno in cerca di un riparo o una via di fuga.
Con la coda dell’occhio scorse l’inizio di una lunga recinzione di ferro battuto e, tra le ombre, quelli che sembravano piccoli ceri rossi.
“Un cimitero…?”, si chiese, stupita. Non credeva che i licantropi potessero essere influenzati dalla religione (sicuramente meno dei loro nemici naturali, i vampiri), ma tanto valeva provare ad entrare in quel luogo sacro.
Scattò rapidamente alla propria sinistra e si mise a correre verso la cancellata.
Il licantropo si gettò al suo inseguimento e, in poco, le tagliò la strada. Lei lo evitò per un soffio, appiattendosi contro il tronco di un albero.
  Il tempo di prendere un rapido respiro e riprese a correre, aggirandolo. Quello ringhiò, facendo scattare la mascella a vuoto nel tentativo di azzannarla.
Accelerò ulteriormente, sentendo i polmoni esploderle per lo sforzo. All’improvviso si ritrovò davanti il cancello e balzò in avanti, aggrappandosi alle sbarre di ferro. Fece forza con le braccia e tentò di arrampicarsi.
Peccato che il suo inseguitore riuscì ad affondare le zanne nella sua borsa e a trascinarla rudemente a terra. Il tessuto non resse e tutto il contenuto venne sparso sul marciapiedi.
Nell’attacco, però, i denti del lupo erano riusciti a raggiungere anche la carne e Amanda si ritrovò ad urlare, cercando di divincolarsi.
  In lontananza le parve di vedere qualche luce accendersi dietro le finestre, ma la sua concentrazione era rivolta completamente alla creatura che la stava attaccando.
Scalciò con forza, cercando di colpirlo sul muso ed allontanarlo da sé.
Insperatamente, uno dei suoi calci andò a segno e il licantropo emise un uggiolio di protesta, allontanandosi momentaneamente dalla sua preda. Amanda ne approfittò per rialzarsi in tutta fretta e riprendere la scalata.
Era quasi riuscita a raggiungere la cima, quando le fauci del suo aggressore si chiusero attorno alla sua gamba destra, tirandola verso il basso. Urlò ancora, aggrappandosi con tutte le sue forze alle sbarre.
Si liberò una, due, tre volte, ma sempre il lupo tornava all’attacco.
“Non ce la faccio più!”, pensò, stremata. Strinse i denti e tentò un’ultima volta, lo stesso fece il licantropo.
Dopo tutti i colpi ricevuti, il cancello non resse e si piegò sotto il peso dell’essere soprannaturale, facendoli cadere entrambi dall’altra parte.
Nella caduta, il predatore subì un’inspiegabile metamorfosi e tornò ad assumere sembianze umane.
  In quell’esatto istante un enorme lupo gli piombò addosso.


   Finalmente era riuscito a raggiungerli.
Non capiva come, ma quel maledetto era riuscito a sviarlo per ben tre volte, facendo cambiare direzione ad Amanda con grande abilità.
Li aveva inseguiti col naso e con l’udito, ma la sua conoscenza dell’area si era rivelata ancora insufficiente. Si era visto aggirare un paio di volte, tagliare la strada e distanziare.
Ciò che l’aveva aiutato a ritrovare la via era stato l’odore del sangue, probabilmente quello della ragazza.
  Quando li aveva raggiunti stavano facendo un pericoloso tiro alla fune nei pressi di quello che, a prima vista, gli parve essere un cimitero cittadino.
In Scozia non erano così diffusi, dato che c’era molto più spazio per seppellire i morti, mentre lì a New York ne aveva già visti diversi incuneati tra gli alti grattacieli.
Nel momento esatto in cui il cancello cedette, Evan riemerse bruscamente dai propri pensieri e si gettò sul licantropo, rotolando con lui all’interno del recinto sacro.
L’aveva attaccato in versione animale, ma si ritrovarono a lottare con calci e pugni, nuovamente umani.
“Cos’è successo?”, si chiese Van, confuso. Non gli era mai capitato di avere una trasformazione così repentina.
Ma non ebbe tempo per i dubbi perché ben presto si ritrovò a dover schivare i ganci del suo nuovo avversario. Rotolò di lato e si rimise rapidamente in piedi, senza preoccuparsi della propria nudità.
Percepiva Amanda alle proprie spalle, ma doveva prima occuparsi dell’americano che aveva davanti. Si mise di tre quarti, pronto a difendersi.
-Cosa diavolo è successo?!- imprecò il suo avversario, sputando un po’ di terra. –Perché mi sono ritrasformato?
-Non preoccuparti, questo non cambierà le sorti dello scontro.- lo rassicurò Evan.
Infastidito dal suo tono, l’altro chiese:-Tu saresti il famoso MacGregor?
Van ridusse gli occhi a due fessure. –Chi è che nutre tutto questo interesse per me?
L’altro licantropo sogghignò, divertito dal fatto che lo scozzese non sapesse con chi avesse a che fare. Meglio per lui.
-Perché hai attaccato la ragazza? Non è una di noi.- domandò allora Evan.
Il suo interlocutore alzò le spalle. –Ordini.- rispose semplicemente.
-Ordini… mi sembra che tu li stia eseguendo male.- commentò, iniziando ad irritarsi. Capiva benissimo gli scontri tra clan e le scaramucce per il potere, ma non poteva tollerare che venissero coinvolte persone estranee.
Era stato David ad insegnargli a vedere le cose anche dal punto di vista delle persone normali e questo aveva fatto evolvere il suo codice d’onore. Inoltre, i lupi senza cervello che eseguivano gli ordini degli Alfa senza nemmeno porsi delle domande lo infastidivano parecchio.
-Ora vedrai quanto alacremente sto eseguendo gli ordini.- la voce del suo avversario lo riportò alla realtà. Si focalizzò su di lui e schivò senza problemi le sue unghie, bloccandogli poi il polso e torcendoglielo subito dopo.
Si sentì un sonoro crack e l’uomo lanciò un ringhio di protesta, provando a colpire il suo avversario col pugno libero.
In quel momento alcune persone si affacciarono dalle finestre, cercando di capire cosa stesse succedendo. –Che state facendo?- chiese qualcuno.
-Questioni tra licantropi.- rispose Evan, mollando la presa sul suo avversario.
Alcune teste sparirono, ma altre rimasero. –Guardate che chiamo la polizia! Non vogliamo problemi, qui!- continuò la voce di prima.
-La polizia ne è già al corrente, non si preoccupi. Ora rientri, prima di farsi male.- intimò lo scozzese. Dovette suonare convincente perché anche gli ultimi curiosi si chiusero in casa, fingendo che all’esterno non fosse in corso una scazzottata tra soprannaturali.
-Hai chiamato gli sbirri?! Sei un codardo!- sbottò l’americano.
Van tornò a guardarlo, la guardia sempre alta. –Io sono uno sbirro.- gli fece presente.
-Tsk.- la risposta non piacque per niente all’altro. Si massaggiò il polso fratturato, già in fase di guarigione e poi caricò a testa bassa, pronto a colpirlo allo stomaco.
Nuovamente, Evan si scansò di lato e gli assestò un colpo con entrambi i pugni all’altezza delle reni. Quello cadde, ma gli falciò le gambe un attimo dopo, mandandolo a terra.
  Il giovane MacGregor fu pronto a difendersi dal successivo assalto e, con un calcio ben piazzato, se lo levò di dosso. Poco prima di essere scaraventato a qualche metro di distanza, il licantropo riuscì a ferirlo con le unghie, lasciandogli un solco che andava dalla parte destra del collo al pettorale.
Irritato, si rialzò e gli andò incontro. –Inizio a stancarmi.- commentò, ripulendosi il sangue dal petto. –Chi ti ha mandato?
-Non sono affari tuoi!- abbaiò l’altro.
-Come preferisci.- disse e fece pressione dietro l’articolazione del ginocchio sinistro, rompendogliela.
-Maledetto bastardo!- imprecò l’americano, portandosi le mani alla parte fratturata.
Evan lo guardò, un leggero velo di rabbia ad offuscargli gli occhi. –Di’ al tuo capo che la prossima volta ci andrò giù pesante.
Dopo quelle parole si voltò, deciso a prendere Amanda e tornare all’appartamento di Tompkins Square Park.


  Sentiva le gambe pulsare come impazzite e aveva male in così tanti punti da non poter quantificare il dolore.
Da quando era comparso Evan era rimasta rannicchiata in un angolino, nei pressi del cancello, pronta a scappare se le cose si fossero messe male.
  Vedere i due contendenti trasformarsi all’improvviso l’aveva colta di sorpresa ed era riuscita a riconoscere lo scozzese solamente perché aveva riassunto sembianze umane. Non l’aveva mai visto in forma animale, quindi non avrebbe potuto indovinare l’identità del lupo dal pelo bruno rossastro.
Non aveva nemmeno mai assistito ad uno scontro tra licantropi di quel genere. Certo, all’Internazionale c’erano state delle lotte, ma lei non aveva visto quasi niente, schiacciata dalla folla e preda di una crisi di panico.
  Nonostante la violenza del combattimento, lo trovò incredibilmente attraente. I due uomini avevano movenze veloci e precise, i loro corpi davano vita ad una sinfonia di gesti insospettabile e le pareva di percepire le loro auree sulla pelle.
L’aria sfrigolava ed era come se tante piccole scosse elettrostatiche le percorressero la pelle.
Persa nei propri pensieri, non si era resa conto del sangue che aveva perso e continuava a perdere né degli sviluppi dello scontro.
Improvvisamente vide il suo aggressore a terra, sovrastato da Evan e poco dopo lo scozzese gli diede le spalle, decretando finito il combattimento.
  Disorientata, si rimise faticosamente in piedi ed aspettò di essere raggiunta dal suo soccorritore. Con la coda dell’occhio, però, notò l’altro licantropo trascinarsi verso di loro, col chiaro intento di colpire a tradimento.
Senza nemmeno rendersene conto, afferrò una delle sbarre del cancello e menò un fendente alla cieca, sperando di colpire un punto vitale.
Nell’esatto istante in cui il ferro penetrò nella carne, Evan si voltò con uno scatto, fissandola con sgomento. Lei ricambiò lo sguardo, senza sapere cosa fosse esattamente successo.
Il giovane allora guardò il proprio contendente ed annusò l’aria, perplesso.
-Cosa mi hai fatto, brutta strega!- urlò l’americano, le mani strette alla coscia destra e il viso premuto contro il terreno umido.
-I-io…- balbettò Amanda, sconvolta. Com’era possibile che fosse riuscita a fare un danno simile?
Evan si chinò ed osservò l’asta che spuntava dalla gamba dell’altro. –Sorbo degli uccellatori… a quanto pare l’hanno mescolato al ferro. Ecco perché siamo tornati normali…- mormorò, colpito.
-Cosa significa? Che ho fatto…?- chiese la ragazza.
Lui la guardò. –Hai appena messo al tappeto il tuo primo licantropo.- le spiegò. –Andiamocene prima che riesca a rialzarsi.- aggiunse subito dopo.
Mandy lo fissò con tanto d’occhi, lanciando un’altra occhiata all’americano, ancora a terra. –Ma…- tentò d’iniziare.
-Pulisciti le mani sull’erba, per favore. Non vorrei fossero rimasti residui.- la pregò, pratico.
-Come? Oh… sì.- fece lei, chinandosi e strofinando i palmi sul tappeto verde.
-Bene. Mi ritrasformerò in lupo, ma non ti spaventare.- le comunicò, per poi inginocchiarsi e dare inizio alla metamorfosi.
Troppo sconvolta o forse troppo stanca per avere qualsiasi reazione, la ragazza restò immobile, aspettando che il passaggio da umano a lupo si compisse. Il grosso animale in cui si era trasformato Evan la guardò e poi si accucciò, invitandola a salirgli sulla groppa.
Amanda non se lo fece ripetere due volte e si issò sulla sua schiena, stando attenta a non tirargli nemmeno un ciuffo di peli.


  Ci mise molto meno a tornare all’appartamento rispetto a quand’era cominciato quell’inseguimento.
Mandy era ancora aggrappata a lui, ma sentiva la sua presa indebolirsi sempre di più. Probabilmente stava per perdere conoscenza.
“Ha perso parecchio sangue.”, constatò, fiutando l’aria. Lentamente si sedette e la fece scivolare delicatamente a terra. Lei barcollò qualche istante, malferma, e approfittò della sua presenza per mantenersi in posizione eretta.
  Evan la guardò e poi le fece cenno di salire le scale. Poi alzò il muso ed abbaiò una volta, brevemente. Immediatamente sentì David aprire la porta dell’appartamento e scendere di corsa, raggiungendo la giovane.
-Oddio, cosa diavolo è successo?!- imprecò, vedendo le condizioni di Amanda. Van emise un verso di gola, ricordandogli dove si trovassero. L’inglese allora si affrettò ad avvolgere la vita della ragazza e a condurla lungo la rampa. Dopo un attimo d’esitazione, li seguì anche lui.
Non appena furono in casa, Andrew ed Emily vennero loro incontro, sul viso le medesime espressioni preoccupate.
Drew, più di tutti, aveva il viso distorto dalla preoccupazione. –Amanda…- mormorò, accostandosi a lei.
La giovane americana sorrise stancamente, provando a rassicurarlo.
Evan e David si scambiarono un’occhiata d’intesa. –Prima che iniziate ad inveire contro qualcuno, sarebbe meglio prendersi cura di quelle ferite.- esordì. –Possiamo andare all’ospedale oppure curarle qui. Evitare l’ospedale ci farebbe risparmiare tempo e un sacco di fogli da compilare.- aggiunse.
-Fate quello che volete… io riesco a malapena a reggermi in piedi…- confessò Mandy.
-Sarà una cosa un po’ strana, ma non devi preoccuparti, d’accordo?- l’avvertì Dave. Lei annuì, appoggiandosi pesantemente ad Andrew. –Drew, falla sedere sul tavolo, per favore.
Il ragazzo lo guardò un po’ stranito, ma fece come gli era stato chiesto. Sollevò l’amica prendendola per i fianchi e, ignorando il forte odore di sangue, la fece accomodare sulla superficie di metallo.
Amanda si guardò attorno, un po’ a disagio. Quando Evan le si avvicinò, evitando di guardarla direttamente negli occhi, si fece ancora più confusa. –Devo fare qualcosa di particolare…?- domandò.
David scosse il capo e i ricci scuri danzarono davanti al suo viso, leggeri. In quello stesso istante, Emily si mise una mano davanti alla bocca ed uscì dall’appartamento di gran carriera, sorprendendo tutti.
Van fissò accigliato la porta, poi fece cenno all’amico di seguirla.
Quando Dave fu uscito, Andrew si mosse a disagio sul posto. –Io… io mi sento un po’ strano…- ammise.
“Ti dà fastidio il sangue?”, gli chiese Evan, scivolando nei suoi pensieri. L’americano sobbalzò, sgranando leggermente gli occhi chiari, poi annuì, chinando il capo. “E’ normale, agli inizi: dopotutto siamo guidati dall’istinto animale. Rabbia e sangue aizzano la bestia.”, gli spiegò.
-Che succede…?- chiese Amanda, vedendoli fissarsi in silenzio.
Drew la guardò spiacente. –Mandy, devo uscire. L’odore del tuo sangue ha risvegliato il lupo…- si scusò.
-Ah… certo, non ti preoccupare.- gli disse. Le fece un cenno e poi uscì a sua volta dall’appartamento, vergognandosi per la reazione del suo stesso corpo. –Ok… cosa dobbiamo fare ora?- chiese poi, rivolgendosi all’unico rimasto.
“Tu nulla. Farò tutto io.”, le rispose mentalmente lo scozzese.
All’udire la sua voce nella propria testa, Mandy sbarrò gli occhi e lo fissò immobile per diversi istanti. Quando lui era ormai certo che stesse per avere una crisi isterica, la vide annuire e dargli il suo consenso.


-Andrew, anche tu fuori?- gli chiese David, per nulla stupito. Quando l’altro annuì, l’espressione mortificata, aggiunse:-Non ti preoccupare. È normale.
-Sì…- mormorò lui, abbattuto. –Anche tu hai dei problemi, Emily?
La ragazza, sentendosi interpellata, scosse mestamente il capo. Aveva sempre le mani davanti alla bocca e sembrava sul punto di star male. O scoppiare a piangere.
-Emily, è tutto ok?- le chiese preoccupato Dave.
Lei non rispose, lanciandogli solo una breve occhiata. “Non posso dirglielo… si arrabbieranno con me… non posso…!”, continuava a pensare, combattuta.
  Introdursi all’interno del branco per svolgere un incarico da spia era un conto, ma coinvolgere persone innocenti (per di più completamente umane) e lasciare che venissero ferite era un altro.
Non poteva sopportarlo. Non sarebbe riuscita a dormire la notte.
“Ma se confesso… Blake…”, strinse febbrilmente le palpebre, tentando di arrivare ad un compromesso. Era quasi certa che, se David si fosse sintonizzato sui suoi pensieri, non sarebbe riuscito a capire molto. Era come un disco inceppato e le parole sfuggivano alla sua stessa comprensione.
-Emily…?- l’inglese le appoggiò una mano sulla spalla, leggero e lei sobbalzò come se avesse preso la scossa. Le espressioni dei due uomini presenti si fecero ugualmente confuse.
Deglutì un paio di volte, agitata. -S-scusate…
-E’ per quello che è successo ad Amanda?- la interrogò Andrew. Percepiva la sua confusione e la sua paura e non riusciva a tenerle lontane dalla sua sfera di percezione. Essere un licantropo alle prime armi assomigliava molto all’essere una spugna: si finiva con l’assorbire tutto quello che c’era nei paraggi, emozioni comprese.
Fuggì gli occhi azzurri di Dave e si appoggiò lentamente al muro, prendendo un respiro profondo. –So chi era quel licantropo…- iniziò. Aveva deciso di rivelare la propria identità e sperare di non essere uccisa.
I licantropi non amavano particolarmente i tradimenti e i doppiogiochisti. Probabilmente i lupi antichi li odiavano ancor di più dei loro discendenti più giovani.
-Sul serio?!- fece David, stupito. –Dicci!
-Fa parte dei Blacks…- rivelò, tenendo lo sguardo basso. Si sentiva talmente meschina che una fossa scavata a mani nude non sarebbe stata abbastanza per seppellire la propria vergogna.
Drew si accigliò. –E chi sarebbero?
-Il branco di cui faceva parte Emily.- spiegò il riccio. -Cosa volevano?- chiese poi, rivolgendosi a lei.
-Sono venuti per me. E per voi.- confessò.


  Non aveva idea di cosa volesse fare per fermare la fuoriuscita di sangue, ma la cosa che più la preoccupava era il fatto che fosse ancora in forma animale.
“Oddio, non vorrà mica trasformarmi, vero?!”, pensò, spaventandosi alla sola idea. Se era quella la sua intenzione, preferiva di gran lunga andare in ospedale e compilare scartoffie.
Non era pronta per affrontare una cosa simile. Doveva prima aiutare Andrew a scendere a patti con la sua nuova identità.
-I-io… se vuoi trasformarmi non…- iniziò, incespicando nelle parole.
Il grosso lupo che rispondeva al nome di Evan la guardò stupito e poi sembrò accigliarsi. A giudicare dalla sua espressione non era quello che aveva in mente. Senza poterselo impedire, Amanda tirò un sospiro di sollievo.
Ora che aveva scartato quell’opzione, però, non sapeva davvero che pensare. Cercò di rilassarsi ed attese il più pazientemente possibile.
  Evan arrivò a sfiorarle le gambe col pelo della sua gorgiera e Mandy dovette trattenersi dal ridacchiare, sentendo il familiare prurito. Gli occhi grigi del grosso lupo si fissarono nei suoi e, per qualche istante, entrambi rimasero immobili.
Poi, lentamente, il muso di Van si accostò alla prima grossa ferita e, con un guizzo di lingua, ripulì il sangue che vi stillava.
-Ma che…?!- Amanda non poté fare a meno di arrossire fino alla radice dei capelli e, senza pensarci, tentò di sottrarsi a quel contatto imbarazzante. Non appena ebbe accennato il movimento, però, lo scozzese ringhiò in segno d’avvertimento.
“Sta’ ferma.”, le intimò mentalmente.
Mordendosi la lingua, la ragazza s’impose di rimanere immobile e di non provare più imbarazzo di quanto non ne sentisse già. Chiuse anche gli occhi, provando a facilitarsi il compito.
L’unico pensiero sensato che riusciva a formulare era: “Oddio, mi ha leccata!”
  Non ci volle molto perché il bruciore alle cosce svanisse, sostituito da un’inspiegabile sensazione di rigenerazione. Perplessa, Mandy s’arrischiò ad aprire un occhio e quel che vide la lasciò senza parole: le ferite avevano smesso di sanguinare, nonostante fosse più che sicura di esser stata colpita vicino all’arteria femorale.
“Stenditi sul tavolo.”, la voce di Evan le rimbombò nella mente.
-C-cosa…?- fece, confusa. All’occhiata non propriamente ben disposta del lupo, si affrettò a fare come le era stato detto. Si sentì un po’ stupida a prendere ordini da una creatura a quattro zampe, ma non lo disse apertamente.
Appuntò gli occhi sul soffitto ed attese. Il pulsare al fianco era sordo e persistente: non sapeva quanto grave fosse il morso, ma sicuramente faceva un male cane.
Non appena la lingua di Van le solleticò la pelle, avvertì la fuoriuscita di sangue diminuire e il corpo rilassarsi visibilmente.
-Grazie…- sussurrò, grata e spossata. Ora che le ferite non sanguinavano più, il suo organismo le stava rendendo conto della quantità di globuli rossi andati perduti. –Mi sento svuotata.- confessò.
“L’importante è che l’emorragia si sia fermata.”, le disse il lupo dal pelo rossiccio.
-Avevo un’emorragia?- domandò, stupita.
Non sentì nulla per parecchio tempo, ma era troppo stanca per sollevare la testa. -Sì: gli artigli avevano inciso l’arteria femorale.- fu la risposta.
Sgranò gli occhi. Aveva appena ascoltato     quelle parole con le orecchie e non con la mente, giusto? Quindi quello significava che Evan si era ritrasformato.
-Oddio!- si mise a sedere con uno scatto, facendosi un male cane e procurandosi una vertigine coi fiocchi. Arrossendo all’inverosimile, si ritrovò ad osservare l’ampia schiena dell’uomo che l’aveva appena salvata da dissanguamento certo.
E i suoi occhi non presero nota solamente delle spalle larghe e della perfetta linea che disegnava la colonna vertebrale.
-Rimettiti giù.- le disse, assolutamente calmo.
-Ma sei nudo!- gracchiò lei. “Considerazione molto intelligente, Amanda. Complimenti.”, fu il messaggio del suo cervello.
Evan le lanciò un’occhiata da sopra la spalla. –Mi sembra normale: mi sono appena ritrasformato.- le fece notare. –Ora torna giù.
Anche se restia ad obbedire, Mandy fece come le era stato detto. Ancora non si capacitava di quello che aveva visto. Sicuramente ora capiva uno dei motivi che avessero spinto Crystal Forbes a volerlo come marito: esteticamente non aveva nulla da invidiare agli attori più pagati di Hollywood. O agli atleti professionisti.
-Perché voi umani vi scandalizzate sempre per un po’ di pelle scoperta?- si sentì chiedere, da un punto non ben precisato della grande stanza.
-Be’… non è normale starsene nudi, senza nessuna vergogna.- gli fece notare lei, tentando in tutti i modi di scacciare la visione di quel corpo dai propri occhi.
Evan andò in camera e recuperò un paio di pantaloni. Li indossò e tornò in cucina, premurandosi di prendere l’occorrente per disinfettare le ferite di Amanda.
-Sono un licantropo. Non provo vergogna a mostrare il mio corpo.- le rispose finalmente, estraendo dalla valigetta del pronto soccorso una compressa di garza sterile.
-Non volevo offenderti…- mormorò Mandy, dopo un po’.
-Non è stata un’offesa, ma una considerazione dettata dalla tua… disinformazione.- replicò. Avrebbe voluto usare il termine ignoranza, ma era quasi certo che se la sarebbe presa. A volte sapeva essere tagliente come una lama ben affilata e a molte persone quell’aspetto del suo carattere non piaceva molto.
-Molto gentile da parte tua evitare la parola “ignoranza.”- gli fece notare lei.
Van sollevò un angolo della bocca, divertito dall’osservazione della ragazza: sarcastica e pungente quanto basta.
Afferrò disinfettante e cotone idrofilo e le si avvicinò. –Potresti alzarti, per favore?- si sporse sul tavolo, in modo da incontrare gli occhi verde acqua di Amanda.
Lei ammiccò qualche volta, forse stupita di rivederlo effettivamente in forma umana. –S-sì…- disse con un filo di voce.
-Lentamente.- si raccomandò lui, lanciandole un’occhiata di traverso. La vide annuire e sollevarsi sui gomiti. Le appoggiò una mano aperta al centro della schiena e l’aiutò a trovare la giusta posizione. Poi, come se stesse manovrando una bambola, la fece scivolare in avanti, in modo da avere le sue gambe oltre il supporto rigido offerto dal tavolo.
-Non mi trasformerò, vero?- gli chiese lei, osservandolo armeggiare col disinfettante ed una strana polvere. –Cos’è quella?
-Polvere di sorbo. Serve per purificare il tuo sangue da eventuali residui.- le mostrò i granelli neri cosparsi sul cotone.
-Cioè… serve per evitare che mi trasformi?- domandò, perplessa.
-Per evitare che le ferite s’infettino e che il tuo sistema immunitario venga attaccato.- le lanciò una rapida occhiata e poi afferrò un lembo dei suoi jeans, ormai inutilizzabili. –Devo strapparli.
Amanda restò concentrata su di lui, senza spostare lo sguardo. –Sei sicuro che non mi trasformerò?
-Sì.- sbuffò lui. –Sicuro.
La morettina annuì qualche volta, ancora pensierosa, poi strappò un lembo di tessuto, scoprendo la parte ferita.


  La fasciatura alla gamba era abbastanza stretta e le tirava la pelle, ma non si lamentò. Evan aveva fatto un lavoro egregio e il merito maggiore andava alla sue capacità di licantropo.
Era la seconda volta che salvava una vita in poco più di un mese.
-Hai la stoffa del supereroe…- mormorò lei, osservandolo armeggiare con un’altra compressa di garza.
-Perché?- le chiese, lanciandole una rapida occhiata.
-Hai salvato la vita sia a me che a Drew.- gli fece notare lei. –E’ una gran cosa.
Rabbuiandosi leggermente, le rispose:-Be’, tendo ad impedire che la gente intorno a me muoia.
Amanda avrebbe voluto chiedergli se avesse subito un lutto di qualche tipo, durante la sua lunga vita, ma quasi sicuramente lui non le avrebbe risposto.
E si sarebbe indisposto. Quindi meglio evitare.
Non sapendo bene come riempire l’imbarazzante silenzio che si era creato, Amanda prese a torturarsi una ciocca di capelli, agitata. Ogni tanto lanciava occhiate furtive allo scozzese, impegnato a preparare il medicamento per la ferita al fianco.
Improvvisamente le venne alla mente una domanda. –Quello che hai fatto oggi… non avresti potuto farlo anche con Andrew?- chiese, perplessa.
Evan di girò, reggendo tra le mani un paio di forbici. Non disse nulla ed afferrò il lembo della camicetta che indossava la morettina, staccandola lentamente dai lembi della ferita. Mandy dovette trattenere una smorfia, ma cercò di mantenersi perfettamente immobile.
Quando il tessuto si fu accorciato fino all’altezza delle prime costole, Van si decise finalmente a rispondere. –No, non avrebbe funzionato.
-Perché…?
Appoggiò le forbici sul tavolo. –Perché stava morendo. Sarò anche un licantropo, ma non faccio miracoli.- commentò.
-Be’, l’hai salvato da morte certa… qualcuno lo considererebbe un miracolo.- osservò lei.
-Tu come la vedi?- le chiese a bruciapelo.
Senza sapere bene perché Amanda sobbalzò. Ritrovandosi riflessa in quegli strani occhi cangianti, si rese conto di aver perso improvvisamente l’uso della parola. –Io… be’… io sono felice che Drew non sia morto. È come se avesse avuto una seconda possibilità.- farfugliò, fissando insistentemente le macchie di sangue che aveva sui jeans.
-Perché sembri sempre così positiva…?- le chiese, quasi infastidito dalla cosa.
-Non sono poi così positiva. Però credo che sia uno spreco di tempo vedere le cose sempre e solo dal lato negativo.- spiegò, evitando di guardarlo dritto in faccia.
-Hai paura di me?
Quella domanda la colse talmente di sorpresa che si ritrovò a trattenere inconsciamente il fiato. Aveva sempre temuto che l’uomo potesse arrivare a chiederglielo, ma non aveva immaginato potesse succedere in una situazione del genere.
“Cosa gli rispondo, adesso?”, si chiese, in difficoltà. Non voleva offenderlo, ma nemmeno mentirgli. –Non lo so…- confessò infine.
Evan iniziò a ripulirle la zona attorno al fianco, togliendo i residui di sangue. Il disinfettante bruciava parecchio, ma Mandy era troppo presa dalla domanda che le era appena stata posta per farci caso.
-Mi pare un buon compromesso.- commentò lui, risultando molto più ironico di quanto avrebbe voluto.
Istintivamente, Amanda gli afferrò un polso. –No, aspetta!
Van la fissò, corrucciando le sopracciglia. –Cosa devo aspettare?- domandò.
Arrossendo all’inverosimile, la ragazza iniziò a tartagliare qualcosa di molto simile a:-Sei uno dei primi licantropi che abbia mai incontrato. Per certi versi confermi tutte le leggende, per altri no. Sei una persona molto ermetica, ma hai dei valori, nonostante si debba scavare un po’ per vederli. E… e i tuoi… i tuoi occhi sono… mi mettono in difficoltà.
Nonostante fosse stupito dalle parole che aveva appena udito, lo scozzese cercò di non darlo a vedere. –Perché dite tutti che i miei occhi vi mettono in difficoltà…?- brontolò. –Anche Dave me lo disse, a suo tempo.
-Perché hanno un colore particolare. E perché sembrano sondare ogni cosa fin nel profondo. O tagliarla in due.- cercò di spiegarsi lei, sempre più imbarazzata. Stava dicendo cose senza senso, ne era certa.
Che figura!
-Non ho nessun tipo di controllo su questa cosa.- le fece presente. –Vorrà dire che continuerò ad inquietare le persone che mi stanno attorno.- concluse.
-A volte non serve molto per farsi apprezzare…- gli fece notare lei. –Io apprezzo molto quello che hai fatto per me, prima.
Il giovane MacGregor la fissò, per nulla convinto. –Avrei dovuto lasciare che quel tirapiedi ti picchiasse?- le chiese. –Non è nel mio stile.
-Non faccio parte del branco. E i lupi proteggono solo chi ne fa parte, giusto?
Gli occhi di Evan s’indurirono, diventando simili a quarzi. –Noi licantropi siamo dotati di sentimenti umani. Non ridurre tutto a mere dinamiche di branco.- rispose, la voce bassa e minacciosa. Senza più guardarla in viso riprese il proprio lavoro e, in pochi minuti, Amanda si ritrovò ad avere un’altra fasciatura, questa volta attorno allo stomaco.
-Se dovessero riaprirsi, vai al pronto soccorso. Per il resto, ricordati di tenere le ferite pulite e disinfettate.- la istruì, rimettendo a posto ciò che aveva usato per medicarla.
Con una piccola smorfia, lei scese dal tavolo. –Evan…- mormorò.
-Ci vuole altro per offendermi, non ti preoccupare. Però evita di parlare a sproposito, d’ora in poi.- replicò.
Proprio mentre la giovane stava per aggiungere qualcos’altro, la porta si spalancò e ne entrarono gli altri.
-Evan, abbiamo un problema. Un grosso problema.


-Intendi la presenza di una spia dei Blacks sotto casa?- replicò Evan, apparentemente tranquillo. Sembrava quasi annoiato, come se fosse già venuto a conoscenza del fatto da tempo.
David restò in silenzio per qualche istante, poi sbottò:-Oh, tu e il tuo udito!
-E’ questione di concentrazione, Dave. Solo quello.- gli disse l’amico.
-Come vuoi. Fatto sta che tra poco ne arriveranno altri.- l’inglese liquidò la faccenda con un gesto rapido della mano. Poi si volse verso la nuova arrivata. –Emily, digli quello che sai.
La ragazza sembrò improvvisamente cambiare postura e deglutì a vuoto qualche volta, agitata. –Be’… ecco… sono qui per voi. Ma anche per me.- iniziò.
-Ti rivogliono nel branco?- indagò Van. Andrew, nel mentre, raggiunse Amanda per sincerarsi delle sue condizioni. Lei gli sorrise e gli mostrò la fasciatura, facendogli cenno di non preoccuparsi.
-Non me ne sono mai andata, purtroppo.- mormorò lei, tenendo lo sguardo basso.
Ci vollero pochi istanti ed Evan annullò la distanza che li separava, torreggiando su di lei con il suo metro e novanta abbondante. –Sei una spia dei Blacks?- ringhiò.
Drew rabbrividì, raggiunto da un’onda di potere.
David, l’espressione incredula e preoccupata, si avvicinò a sua volta. –E’ vero? È questo quello che non ci hai mai detto?- le chiese.
-Sì.- confessò infine lei.
A quelle parole, l’inglese distolse lo sguardo e fece qualche passo, chiaramente amareggiato. Evan, invece, sembrava sul punto di esplodere. Non c’erano segni evidenti che evidenziassero la sua rabbia, ma tutta l’aria attorno a lui si era fatta elettrica.
-Vattene.- ordinò.
-Non posso.- obiettò Emily.
Amanda iniziò a temere che sarebbero arrivati ad uno scontro.
Van prese un respiro profondo prima di ripetere l’ordine. Per dar maggior enfasi alle proprie parole indicò la porta dell’appartamento.
-Non posso! Non voglio!- protestò l’americana, rialzando finalmente la testa.
-Che significa?- David le lanciò un’occhiata bieca.
-Non voglio più obbedire agli ordini del mio Alfa. Non posso accettare che venga fatto del male a persone innocenti, che non possono nemmeno difendersi.- e detto questo guardò apertamente Amanda. La morettina, sentendosi osservata, distolse gli occhi chiari, a disagio.
-E’ troppo tardi.- fu Dave a risponderle. Il tono della sua voce era tagliente quasi quanto il suo sguardo. Era arrabbiato e si sentiva tradito.
-Emily, vattene. Non voglio usare le maniere forti.- Evan la obbligò ad arretrare con la sola forza della propria presenza.
-No! Non ne posso più di tutti questi sotterfugi! Non voglio che venga fatto del male a Blake!- quasi urlò la ragazza.
-Blake?- ripetè Andrew, perplesso.
-Mio figlio! Jared lo sta usando per ricattarmi.- spiegò lei.
A quella rivelazione, quattro paia di occhi si appuntarono su Emily, le espressioni ugualmente incredule e sconvolte.
Aveva finalmente sganciato la bomba: ora era solo questione di vedere che danni avrebbe provocato l’onda d’urto.

  
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