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Autore: Amitiel    05/05/2014    0 recensioni
«La solita frase….» Lei lo guardò e lo comprese .Comprese quel giovane uomo come solo tu sapevi fare e allora caddi in ginocchio. Caddi nel vuoto perché lui si era aperto a lei. Lui aveva dimenticato ogni singola promessa.
Aveva dimenticato quei sussurri alla notte, le speranze infrante, ogni singolo sogno e bacio.
Si chiudono gli occhi con forza mentre il cuore si stringe in una morsa di dolore profonda. Che dilania la ragione e annebbia la tua volontà. «Avevi d’avvero bisogno di stare da solo….» Lei sorrise e tu lo sapevi. Sapevi che lui le stava rivolgendo quel sorriso. Il tuo sorriso. Ma cosa potevi fare o pretendere ?Non era più legato a te. Tu eri solo una foto sbiadita nella memoria del cuore.
E celata dietro quel tronco con le ginocchia nel fango continuavi a guardarli. Il tuo cuore stava urlando il suo nome, ma lui non poteva più udirlo. Ora mai tu eri un cuore tra tanti altri. Un battito che aveva assunto una melodia uniforme.
I tuoi occhi seguivano il suo profilo, quelle labbra che cercavano quelle della dona per un ultima volta prima che la campanella ti riportasse indietro. Le tue labbra si dischiusero ..[...]
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Derek Hale, Paige, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
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Controvento
 



 
 La pioggia picchiettava leggera contro il vetro della sua stanza. Lei fissava il mondo con l’aria assorta di chi aveva mille pensieri. Fissava il mondo  ricoperto da strati d’acqua che ne distorcevano la realtà. E dischiuse le sue morbide labbra in un sospiro  leggero. Oggi non ci sarebbero stati allenamenti. Oggi non c’era proprio scuola per loro e lei si limitava a stare a casa non avendo nessun turno a lavoro. Scende di slancio dalla sedia. Occhi attenti che fissano ogni cosa. Occhi che fissano  il proprio cellullare sopra la scrivania mezza rotta. Il cuore aumenta il suo ritmo. Nessuna chiamata. Ecco cosa le comunica il display quando lei lo accende. Gli comunica che nessuno ha chiamato. Nessun squillo e si da della matta da sola sollevando gli occhi al cielo e sbruffando con forza.  Era il suo modo di darsi la stupida da sola. Sorride, abbozza quel sorriso e scende le scale. Esce dalla porta della sua stanza con indosso un maglione beige e un paio di pantacalze che finisco dento un paio di stivaletti neri che aderiscono alle caviglie. I capelli li tiene raccolti sopra alla nuca, lasciando qualche boccolo libero, in caduta. Scende le scale due a due correndo di sotto ed evitando i gemelli che andavano più veloci di lei. Ride scuotendo la testa.

I gemelli corsero ignorando la sua presenza come sempre verso il salotto. Passo dopo passo giunse all’ultimo scalino .Si guardò in torno con il solito sorrisetto divertito e un po’ affranto. Le cose dentro quella casa non sarebbero cambiate mai. Sembrava un campo di battaglia, tra le stoviglie sporche e i panni sparsi ovunque. Bottiglie di birra poste a portata di bambino che le facevano sempre attorcigliare le budella. Era cresciuta in uno schifo ed era cresciuta bene perché al contrario degli altri lei prima una famiglia c’è l’aveva. Prima di tutta la tragica conclusione della giovane vita di Paige Stevenson. A volte era tentata di scriverci un romanzo sopra, ma desisteva quando al ricordo dei suoi sentiva un profondo dolore al cuore. Sembrava una voragine dai margini sconnessi e aguzzi che impedivano al tessuto di cicatrizzarsi bene. Avanzò come poteva tra i giocattoli dei bambini e gli avanzi di un pranzo non databile.
Sbuffo aria con forza dalle narici e in quel momento inciampò su una vecchia felpa gettata da Alex contro il fratello maggiore. Max.
Il corpo si sbilanciò in avanti perdendo la sua stabilità, disse addio al suo equilibrio nel mentre  allungava le braccia preparandosi all’impatto con la porta che però non arrivò. «Ah!» Un suono smorzato e  secco le nasce dallo stomaco quando mezzo corpo maschile e  un braccio dalla muscolatura notevole bloccano la caduta attirandola in un abbraccio.
«Alex ti stacco la testa se lo fai di nuovo chiaro?Pidge stai bene piccola?» lei alzò gli occhi cercando di focalizzare Max che la fissava preoccupato e un po’ divertito dalla sua imbranataggine. «Se Alex non continuasse a scordarsi che è dentro casa e non sul campo stare meglio!» Disse tutto d’un fiato accennando una risata. Max scosse la testa mentre lei lo guardava con attenzione. Era tornato da poco dalla Florida, lui era quello che dentro casa resisteva un mese e poi se ne andava in giro. Facendo l’autostop si spostava in giro per l’America. Racimolava qualche soldo lavorando nei bar, o suonando sul bordo della strada. “Take it Easy” Era il suo motto. E forse anche “Hakuna Matata!”.
«Il giorno in cui tuo fratello inizierà a pensare come una persona normale io penso che non sopravvivrò .» Max la fisso indugiando nei suoi occhi. Come quando erano ragazzini e l’una era  la base solida dell’altro. Si ritrovò a sospirare Pidge, mentre lo fissava con quegli occhi dolci beandosi del mezzo abbraccio fraterno che gli era mancato. Non sapeva nemmeno che fosse tornato a casa. «Sorpresa …» Sussurro lui verso di lei sorridendole con gioia come se gli avesse letto nella testa. Getto le braccia al collo del fratello  sorridendogli con gli occhi lucidi. «Mi sei mancato Max»
«Anche tu Pidge.» Ma se c’era una cosa in quella casa che rimaneva immutata era il fatto che se c’era un abbraccio doveva almeno essere di gruppo e si ritrovarono  circondati da braccia entusiaste e iperattive. In quell’abbraccio, nel calore che gli procurava lei sorrideva beata.
Abbraccio appiccicoso per via dei dolci appena mangiati, sudato per via delle corse per le stanze. Accogliente perché era famigliare, abituale, invariabile nel tempo. Potevano crescere, trasferirsi altrove ma nulla sarebbe mai cambiato.
Il capannello squillò e sobbalzavano tutti fissandosi. Nessuno suonava mai a quella casa. Visto il quartiere mal frequentato era raro che qualcuno dei loro amici si avventurasse fin li.
Il cuore sobbalza mentre Max li fissa, portandosi un dito sulle labbra inciti tutti al silenzio. Gli assistenti sociali?Lei sperava di no e nel mentre lo pensava il cuore si accartocciava come un pezzo di carta. Un ritmo frenetico che gli toglieva il respiro. Max si avvicinò alla porta aprendola lentamente con l’espressione corrugata da duro fisso l’individuo che mani in tasca e felpa rossa annessa di cappuccio che cadeva sulla sua testa fissava il circondato in un evidente stato di ansia. Il maggiore dei Wilde socchiuse lo sguardo fissandolo. Tirò su col naso e porto i gomiti uno contro la porta e uno sullo stipite. Fece da scudo a quel mondo caotico che aveva dietro le spalle. Lei non riusciva a vedere altro che un paio di converse nere. 
«Che vuoi?» Il ragazzo che fino ad allora aveva mantenuto una postura reclinata e incurvata delle spalle le risollevò alzando il mento. Occhi color cioccolato si posarono su quelli di Max. Che riflettevano quella figura all’apparenza smilza che lo fissava con un sopracciglio alzato e  un espressione infastidita.
«Ma non eri partito?»
«Come scusa?» Max lo guardò male arricciando di poco le labbra seccato. «Anche fosse tu chi cavolo sei?Che diavolo vuoi?E soprattutto fatti i cazzi tuoi ok?!E cappuccetto hai sbagliato casa…»
«Stronzo eri e tale rimani …» Disse Stiles con evidente ironia che andava incurvando le labbra rosee del ragazzo .Max si scosto dalla porta muovendo un passo verso di lui che si ritrasse istintivo .Non era mai stato uno da rissa. Stiles si rendeva conto da solo che Max poteva farlo a  fettine e da un punto di vista gli ricordava Derek. Solo che Derek faceva minacce a vuoto e Max andava diretto al punto. Deglutì fissandolo con un sospiro. Stava per ribattere quando una cascata di capelli castani  entrò nella sua visuale. Paige lo fissava oltre il busto di suo fratello. Piegata sotto il suo braccio lo stava fissando con un ampio sorriso.
Il giovane sentì il cuore singhiozzare quando riuscì finalmente a guardarla negli occhi.
Occhi gemelli ai propri dove specchiarsi metteva in pace i suoi sensi. Li dentro  foreste proibite attraversate da lampi verdi lui si perdeva, si sentiva a casa.
Attratto follemente da quella figura minuta con cui era cresciuto fin da ragazzino. La ragazza della porta accanto con la coda alta e il naso all’insù pieno di lentiggini. Con gli occhi dolci di chi si portava dentro una profonda malinconia e  un sole immenso nell’anima. La ragazza che mordicchiava le matite e le unghie , che soffriva di attacchi di panico notturni  e che lo rimpinzava di merendine e abbracci. Che quando lo stringeva a se profumava sempre di vaniglia e cannella e gli lasciava addosso quel profumo sul pigiama. Un profumo che quando si svegliava agitato inspirava stringendosi l’orsacchiotto di Stich che lei gli aveva regalato. Quella ragazza che  aveva una dolcezza infinita e la trasmetteva dentro ogni azione, parola , sorriso.
Lo stava guardando con quel sorriso che da ragazzino lo faceva rimanere imbambolato come adesso?! Solo che le sue labbra si incurvarono in un ampio sorriso di sorpresa e piacere nel vederla li. E immagina, come giusto che fosse, che lo avrebbe protetto da Max. Cosa che lo metteva in imbarazzo.
Ma da quando voleva aprire maturo ai suoi occhi?! Non lo sapeva.
L’aveva rivista al campo di Lacrosse e il cuore si era fermato. La voglia di stringerla e  affondare il viso nei suoi capelli era stato forte. Lo aveva perseguitato tutta la notte. Una notte passata in bianco a chiedersi se doveva chiamarla oppure no.
Sentendosi un idiota perché l’affetto che aveva per lei non era mai sparito ma lei poteva benissimo considerarlo ancora un ragazzino .Ma non ci riusciva.. anche solo pensarla lo faceva sorridere dentro un sospiro divertito. Stiles Stilinski non si capiva da solo.
«Stiles!» La sua voce morbida e gioiosa lo riportò indietro con un forte strattone. Alzò il viso su di lei. Occhi confusi, labbra che sorridevano a lei. Mani nelle tasche dei jeans. Immobile la fissava in attesa. «Sono io!» Rispose accentuando il sorriso .Lei incurvò la testa sorridendo come se volesse dire “Ma dai. Lo vedo” E lui sorrise di più.
Paige scivolò da dietro Max per portarsi d’avanti a Stiles.Strinse le braccia sotto il seno sospirando a fondo e mordendosi il labbro inferiore si voltò verso il fratello che in silenzio fulminava il povero Stiles. «… Alex ha bisogno di te dentro.» Le disse lei alzando entrambe le sopracciglia ed indicandogli con il mento l’interno della casa. Suo fratello spostò lentamente i  propri occhi da Stiles a lei. «Alex si arrangia.»
«No. Ha bisogno di te .Fa il fratello maggiore almeno quando ci sei. »
«Lei ha ragione…ma sa farlo?»
«Ehi idiota ma ti senti spiritoso oggi?Se non la smetti pulirò la mia macchina con la tua lingua.» Paige alzò gli occhi al cielo spazientita .Quei due erano cosi da sempre.
«Andiamo quale auto?»
«Quella sotto cui stai per finire…»
«Mi piace stare sotto solo in alcune occasioni..»
Paige lo fissò di scatto mentre Max rideva prendendolo in giro. Le gote di lei divennero porpora.
«Tu non sai nemmeno come è fatta una…»
«MAX!fila dentro o ti ritroverai a pulire tutta casa. Dentro Ora!»
La giovane artista fece scattare l’indice allungano il braccio verso l’interno. Rossa in viso d’imbarazzo e vergogna. Lei e il sesso erano qualcosa che viaggiavano su poli differenti.
Non aveva mai avuto tempo per pensare ai ragazzi che poi si avvicinavano a lei solo perché sembrava una bambola non perché l’amassero per quello che era d’avvero. Max la fissa contrariato mantenendo lo sguardo su di lei.
«Io non vado da nessuna parte questa è casa Mia. Chiaro?» E il tono di lui, Max, si fa minaccioso mentre si ripiega su di lei che mantiene il mento sollevato senza abbassare lo sguardo. «Non te lo sto imponendo .Te lo sto chiedendo idiota!»
«Senti… sentite..Il problema sono io?Ok me ne vado..Non sono bravo a interagire con un quoziente minimo ed infantile … Ciao Pidge. »
Lei si girò di scatto verso il ragazzo dalla felpa rossa che gli stava dando le spalle iniziando a scendere quei pochi gradini diroccati che lo separavano dal vialetto e poi dalla sua auto. Negli occhi passò un lampo di tristezza e di dispiacere. Aveva atteso, anche se scansava quella rivelazione, tutta la notte un suo messaggio.
Ed adesso che lui era li andava via perché suo fratello maggiore era un deficiente. Si mosse  spinta da una mano invisibile verso i gradini ma una mano materiale, quella di Max, la fermò.
«Dove stai andando Pidge?!Ma ti sei fumata il cervello?» Lei strattonò il braccio liberandolo dalla presa forte lo fissò. Un segno rosso si stava formando aveva la pelle cosi pallida che bastava sfiorarla per arrossarla. Fisso suo fratello con aria di sfida. «Dove mi pare. Ho l’età giusta per non doverti dire sempre dove vado o con chi. »
Sorride divertito ed irritato al suo indirizzo. «Ma ti senti quando parli?Sembri una ragazzina. »
«E tu cosa sei il genio della situazione?ma che vuoi…?!» Era al quanto irritata, Stiles non aveva mai sentito la sua morbida voce incurvarsi in quelle tonalità esasperate e irritate. Eppure si rese conto che la sua voce suonava calda e dolce lo stesso. Per quanto s’impuntasse Pidge non era una ragazza cattiva. Ma suo fratello si. Lui lo odiava a prescindere. Si incamminò verso l’auto mentre lei indietreggiava fissando il fratello che curvandosi in avanti gli disse una cosa sola prima di sbatterle la porta in faccia. «Sta dallo sfigato qui non ci tornare Stevenson.» Aveva usato il suo vero cognome. Sapeva come darle una pugnalata al cuore e lo aveva appena fatto. «Va all’inferno.» Sussurrò stringendo i pugni come una ragazzina con gli occhi che gli pungevano per le lacrime. Max non aveva mai sopportato Stiles, per lui era solo un bambino logorroico e inutile. Per lei era adorabile. O almeno cosi era da piccolo.
Diede le spalle alla casa fissando i propri vestiti, sospiro. Non poteva rientrare per cambiarsi non glielo avrebbe concesso e non aveva nemmeno il giubbotto. Fisso la schiena di Stiles che stava aprendo l’auto senza che avesse sentito la fine della  lite. Ormai troppo lontano.
Sospiro sbruffando e scese di corsa gli scalini che la separavano dal vialetto e da lui. Fiancheggiò la Jeep poggiando le mani sullo sportello, visto che teneva il finestrino aperto a causa della calura. Entrambi si scambiarono un lungo sguardo in silenzio. Lui di stupore e sorpresa e lei di  imbarazzo e  una richiesta muta.
«Vai da qualche parte?»
«Ti va una passeggiata al laghetto?»
Le due voci si scontrarono. Lei che gli chiedeva i suoi programmi e lui che la invitava a passeggiare. E fu l’eco di due risate in armonia ad arrivare agli occhi di Alex che li fissava dalla finestra.
Quel  ragazzo puzzava di Lupo. Lo aveva sentito con la prima folata d’aria all’apertura della porta. Quel ragazzo sapeva di tante persone. A scuola quell’odore si confondeva tra tanti altri e lui non era mai riuscito a capire da chi arrivasse. Ma ora lo sapeva. Fisso Stiles e sua sorella ridere e l’unico desiderio che provò fu di volere azzannare il collo del ragazzo.
Lo vedeva come una minaccia per la sua famiglia, dopo la lite, che erano poi sempre all’ordine del giorno, tra Pidge e Max. Cosa c’era di diverso ora?Che suo fratello stava gettando dalla finestra della camera di sua sorella, che dava sul retro della casa, tutte le sue cose. Sta volta era diverso … Sta volta era per sempre.
E la colpa era di quel ragazzo, almeno per lui che stava cambiando. Che era più simile a una bestia che a un essere umano.
I suoi occhi ,fissi su Stiles, mutarono colore fino a diventare di un oro liquido. Durò un istante ma quell’istante avrebbe cambiato tutta la sua vita.
«Sono secoli che non ci andiamo insieme …l’ultima volta eri piccolo!»
Disse sorridendo nel mentre era già salita in auto e ora mai percorrevano la stradina che gli ricordava di non essere più nel suo quartiere.
Lui la fissò con quel sorriso a metà che esprimeva a pelle la sua ironia ma alla fin fine non faceva che nascondere l’oscurità che aveva dentro di se.
«Io non sono mai stato piccolo.» Le rispose con un sorriso che scateno la risata di lei.
«Ma sentitelo. Signori e signori Stiles è nato uomo.» Rideva di gusto. Rideva di cuore, e lo si notava perché la sua risata dava i brividi.
«Shh!Non dirlo troppo in giro meglio che non sentano.»
Disse lui con l’aria divertita e un po’ persa mentre la fissava. La guardava e ricordava ogni cosa. Quel sorriso invariato solo che al posto degli occhi di un bambino adorante c’erano gli occhi di un ragazzo innamorato che non lo avrebbe mai confessato.
E lei era l’ambrosia ai suoi occhi, quella proibita ai mortali.
«Ok.Ok…» Gli sorrise guardandolo e il cuore di Stiles compi un salto. Dritto in gola poi giù nello stomaco.
Parcheggiò l’auto scendendo di corsa come avesse il diavolo alle calcagna inciampo rotolando nella terra, si sollevò e corse ad aprirle lo sportello.
«Oddio stai bene?»
«Ehm… si. Niente di che.» Ammicco lui ridendo a bassa voce e dandosi dello stupido imbranato. Si grattò la nuca come se niente fosse successo. Per nascondere l’imbarazzo crescente che aleggiava in torno a loro.
Ma lei lo spezzò come sempre con quel sorriso dolce di chi ti adora e non ti prende in giro neanche se stessi rotolando dentro una balla di fieno piena di gatti. Che esempio stupido ,ma è cosi. Lei gli sorrise e lui si illuminò.
Nell’aria c’era qualcosa di diverso che la fece arrossire, nei suoi occhi, quelli di Stiles c’erano cosi tante parole inespresse che con il loro rumore sordo la confondevano.
Scese dall’auto e venne chiusa. Lo seguì per quei pendii sconnessi del bosco fino al Lago.
Li dove da ragazzini ci facevano il bagno tra risate e scherzi assurdi erano anche cresciuti.
Il ricordo di Max la fece rabbuiare ma lei non disse nulla fu lui a farlo fissandola.
«Lascialo perdere è il solito idiota gli passerà.» E lei sorrise mentre lui intrecciava le dita alla sua mano. Si lasciò guidare alla riva e distesero il telo da mare sopra la sponda sedendosi.
«Lo so .Ma continuo a non capirlo. » Lui lo sapeva invece. L’aveva compreso. Max aveva capito il perché era li  cosa che a Paige,  come sempre, sfuggiva. La sua innocenza a volte lo faceva sorridere.
Intrecciò le sue dita a quelle di lui, esili sfioravano la pelle calda in contrasto con il freddo della propria visto e considerando che era ancora scossa da brividi di nervoso e adrenalina.
Si dom,andava cosa ne sarebbe stato del suo ritorno a casa. Max l''aveva d'avvero cacciata?
Abbassò gli occhi a fissare la riva del lago e dentro quello specchio verde perse di nuovo se stessa. E il mondo sfumò dentro il ricordo celato i n un battito di ciglio.
 
 
«Paige dove corri?» Stiles correva dietro di lei, verso la riva troppo piccolo per tenere il passo dell'adolescente che era il suo miraggio nel deserto. Non aveva mai capito cosa provasse per lei.Sapeva solo che starle vicino lo rendeva felice in una maniera incondizionata e lo stesso valeva per lei.
Lei che correva con i capelli color miele liberi nel vento che le frustavano la schiena. Candida e ricoperta solo da lieve lentiggini che comparivano al primo sole dell'estate anche sul suo naso. Aveva il sole negli occhi Paige, aveva distese verdi di alberi alti fusi nel cioccolato. Aveva la passione e la forza nel suo sorriso da ragazzina roseo. E correva, libera da ogni catena, seguendo la musica creata dalla natura che defluiva attraverso lei nel mondo a portare un pò di speranza.
Lei che sembrava figlia del sole stesso e di una notte burrascosa si voltava a fissarlo. Sorridendogli. «Andiamo Stiles, muoviti. » E il sorriso aumentava.Dove stava correndo? Da lui ovvio. Derek. Anche lui era al Lago con i suoi amici. Di certo lei non era invitata ma questo non la fermava mai. Quando andavano tutti e due nella stessa direzione il cuore di lei sobbalzava. Cosa che irritava il Piccolo Stilinski, perchè a quel punto l'attenzione di lei era divisa in due.
«Paige...Aspettami!!» E a quel grido di protesta e muto soccorso molte persone avrebbero sbuffato, alzato gli occhi al cielo maledicendosi per essersi portati dietro un bambino. Ma non Paige. Non lei che si limitò a frenare di botto, tornare in dietro e prenderlo in braccio caricandolo insieme al cestino, e le borse per poi riprendere a camminare veloce fino a giungere al lago.
E lui era li. Tra tanti volti il suo era li e spiccava con forza tra tutti gli altri.
Rideva, scherzava con quel pallone da basket sempre  tra le mani. Le ragazzine lo avevano già circondato. Il cuore di lei sobbalzò d'avanti all'ennesima evidenza. Non appartenevano allo stesso mondo. Lei non era popolare, ne bella, ne coraggiosa. E il cuore rallentò quando gli occhi di lui scattarono dentro i suoi. Come se avesse percepito il suo arrivo. E diede vita a un battito nuovo e più forte. Dopo l'incontro fuori l'aula di musica lei ci aveva sperato con tutta se stessa in un altro sorriso o Ciao. Ma non era giunto nulla e si era arresa all'evidenza. Era stata la distrazione di un attimo per il giovane Derek Hale, che ora la guardava con quello sguardo che gli toglieva il respiro, occhi che vedevano solo lei. Ma che lei sapeva essere ingannatore eppure sorrise  e lui fece  lo stesso di rimando.
Stiles che fissava la scena si indispettì e iniziò a strattonarla per la maglia,per i capelli comportandosi da bambino capriccioso e offeso quando non lo era mai stato. Lei distolse lo sguardo e Derek si accorse del bambino storcendo la bocca e sparendo tra i suoi compagni, il suo cuore si fermò. Ferito.
No, non poteva credergli nemmeno un attimo. E cosi si mosse incurante dei suoni che la circondavano, con il cuore incrinato di chi viene colpito anche da un semplice respiro fatto male. Sospirando  preparò  asciugamani e campeggio deponendo Stiles tra i suoi giochi si tolse l'abito color del cielo e si sede accanto a lui con il solito libro a fargli compagnia.
Gli occhi vagarono per un pò sulla stessa pagina fino a che Stiles non reclamò di voler fare un bagno e lei acconsentì.
«Sta attento Stiles. O cielo...Vieni qui...Qui!» E rideva ora cercando di inseguire quel bambino che sembrava un anguilla. Li sotto la roccia a forma di gabbiano nuotavano tranquilli lontano dalle grida frenetiche dei giocatori di Baskett. Lei indossava solo un costume nero, semplice, come il suo carattere. E stile indossava quello da supereroe come tutti i bambini. Si lanciava e risaliva ripetendo l'operazione dalla roccia.
«Sei troppo apprensiva Pidge.»
Lei lo guardava il suo nome lo modificava sempre. E ora la chiamava Pidge. Diminutivo di uccellino. anche se tra i due lui era il più piccolo.Allargò le braccia al suo ennesimo tuffo e lo recuperò dopo qualche bracciata.
«Non è vero non sono apprensiva, è che ti voglio bene e mi preoccupo. »
Sorrise al sorriso di Stiles che l'abbracciò prima di tornare a tuffarsi.
Tranquilla dentro l'acqua si lasciò andare. Galleggiava libera dal peso e dalla materia nella quiete.Qualcosa l'afferrò per una caviglia e lei scivolò giù nella profondità delle acque. Apri gli occhi dimenandosi e li sotto. Dove il mondo non poteva vederli, lei incontro due occhi verdi che misero fine ad ogni lotta.
Derek Hale la stava trascinando sotto la superficie dell'acqua. Si agitò verso l'alto ma lui l'attirò contro di se e la baciò.
Fu il suo primo bacio ed era al gusto di acqua dolce e cioccolato. Come se lui avesse mangiato i suoi biscotti preferiti prima di tuffarsi.
Le mani scivolarono sulle sue spalle aggrappandosi e lui la tenne contro di se. Saldo. Deciso. Sentìì il suo cuore contro il proprio e poi di nuovo freddo, lui la lasciò andare e l'acqua la spinse in alto mentre lei osservava il suo sorriso e sorrideva a sua volta.
 
 
 
«A cosa pensi?A Derek?» La voce incrinata di Stiles la riportò alla realtà.
Si chiese come facesse sempre a sapere cosa stesse pensando. Lei lo guardò confusa e lui rispose con una scrollata di spalle.
«Hai sempre quello sguardo quando pensi a lui. Come se il cielo avesse perso tutte le sue stelle nei tuoi occhi. » Ammise abbozzando un sorriso con  la tristezza negli occhi.
«Mi dispiace...» Sussurrò con un filo di voce.
Lui la guardò, scrollò di nuovo le spalle abbozzando un altro sorriso, forse pi convinto del primo.
«Il primo  bacio non si dimentica no? Ed è stato proprio li. Vi ho visti .... Quando mi sono tuffato tu non c'eri a riprendermi e vi ho visti... »
la sua voce era stanca, lontana come se soffrisse di quel ricordo e lei con lui.
Si appoggiò contro il suo braccio sorridendo appena.
«A volte la malinconia è d'obbligo in alcuni posti. Perchè essi contengono la nostra storia.Primi attimi, primi baci, prime vere emozioni...»
Lui la fissò intensamente e afferrò la sua mano.La trascinò in piedi e la condusse con se tra le foglie e i rami spioventi. Accellerò il passo fino a portarla in una raduna dove sfociava una piccola cascata.
La guardò sorridendo e la baciò.
Le sue mani scivolarono in quelle di lei, dita intrecciate. E la baciò.
C'è sempre un primo posto per ogni cosa. C'è sempre una prima emozione che ci appartiene e quella era la loro. Fu solo un bacio che la stordì con la forza di un uragano. Lo guardò sbattendo le lunghe ciglia color miele scuro.
Lui sorrisi mentre il rossere imporporava le loro gote.
«Questo è il nostro posto Pidge.» E il cuore sussultò. Perchè se aveva scelto quel nome per la sua nuova identità era per lui. Per il bambino che piangeva sulla sua tomba  gridandole di tornare in dietro. Per il ragazzo che era diventato. Il cuore martellava in gola. Sulle labbra c'era sapore di Sole e caramello.
Sbatte gli occhi... «Stiles..?!»
Lui la fermò con una mezza risata nervosa. «No Pidge.Puoi andartene.Fuggire. Puoi dirmi che sono solo un bambino ma non lo sono.Non più....Puoi fare e dire quello che vuoi ma prima ascoltami!» Supplicò la sua attenzione e lei annui fissandolo senza riuscire a respirare bene.
«Quando sei morta ho perso un pezzo di me. Prima la mamma e poi anche tu. Entrambe mi avete abbandonato e ho pregato ogni sera di rivedervi anche solo in un sogno. Ma non siete mai comparse. E quando ti ho rivista al campo, ho pensato oddio no è viva. Chi hanno seppellito?Perchè?Non mi importa lei è qui!Una seconda occasione è Pidge. E non posso farti andare via senza che tu sappia che non posso perderti di nuovo. Ne morirei sta volta.  » E scosse la testa con violenza. Lei lo abbracciò di getto. «Io non sono morta e sono qui! Smettila di avere paura. Non puoi temere l'alba per sempre. »
Lui sorrise, rise, e scosse la testa sospirando tornò mano nella mano con lei nella macchina. Occhi persi nei suoi e con un unico pensiero doveva dirgli che l'amava.Prima o poi.
E quella sera, magari dopo cena ci sarebbe riuscito. Tolse il freno a mano e si diresse a casa.Lontano da quella breve passeggiata verso un posto fatto di ricordi solo loro.
 
 

 
 
  
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