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Autore: Lune91    06/05/2014    1 recensioni
A questa piccola creatura tengo davvero molto: è nata per un contest a cui poi ho deciso di non partecipare visto che mi sono resa conto che non poteva essere conclusa in un capitolo.
è una storia semplice che parla dell'amore che di semplice non ha proprio nulla.
Non aspettatevi grandi cose: non state per leggere un Best seller, state per leggere di quotidianità e banalità. Ma chissà, magari proprio per questo motivo vi capiterà di ritrovarvici.
Vi lascio dunque alla lettura con una breve citazione tratta dalla storia:
"Non so come ci sono finita ma mi ritrovo con solo l'intimo addosso seduta sulle fredde piastrelle del balcone, lui se n'è andato e sono certa che non tornerà indietro a preoccuparsi se in qualche modo mi ha ferita. Sono qui seduta da sola e sento le lacrime scendere incessanti come non facevano da tanto tempo ormai.
Mi sento una bambina mentre assaporo il mascara che mi cade sulle labbra, è amaro e per la prima volta dopo anni non mi preoccupo di risistemarlo. Lascio che quel disgustoso sapore mi bagni la lingua ancora un po', per ricordarmi della maschera che mi ero costretta ad indossare per tanto, troppo tempo."
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Scusate il ritardo ma sono un po' presa da studio ed esami. Cercherò di fare in modo che non ricapiti. :(
Nel frattempo, ecco a voi il terzo capitolo!

 

Capitolo 3

 

“Ma come ti sei conciata oggi?” starnazza Jessica parandomisi davanti con aria sconvolta. Questa stupida ochetta aveva iniziato a considerarmi degna delle sue petulanti attenzioni, cosa che io per altro non avevo nemmeno chiesto, non appena si era resa conto che ero diventata degna delle attenzioni di gran parte dei ragazzi.

Oggi deve aver rischiato un infarto non appena mi ha vista entrare in classe. Peccato lo abbia solo rischiato. Comunque di certo questa mattina non attirerei lo sguardo di nessuno, probabilmente anch'io lo distoglierei vedendomi passare per i corridoi.

Quanta superficialità poi, solo perchè mi sono infilata una tuta talmente larga e anonima da sembrare in pigiama. Va beh non mi sono nemmeno praticamente truccata e mi sono raccolta i capelli con una normalissima pinza, non mettendoci nemmeno troppa cura nel raccogliere tutti i ciuffi ribelli. Sembra io sia appena uscita da due ore di palestra.

Sorrido soddisfatta guardando quel volto da pesce lesso coperto da chili di trucco.

“Scusa Je, non avevo molta voglia di vestirmi oggi, così mi sono semplicemente infilata qualcosa a caso...”

Se possibile, vedo la mascella calarle ancora di più. Era proprio questa la reazione che volevo e che mi aspettavo. Ora non resta che attendere lui. Sono nervosa, da un lato non vedo l'ora mi veda dall'altro sono terrorizzata immaginandomi la sua reazione.

Raggiungo il corridoio sotto lo sguardo perplesso di gran parte della classe. Come biasimarli. Ok, prima mi vede meglio è, cerchiamo di stare calmi.
Ma non ho neanche il tempo di prepararmi che lo scorgo sulle scale.

Staicalmastaicalmastaicalma. Il mio cuore deve avere certamente l'intenzione di soffocarmi, perchè mi si è spostato in gola e col suo battito incessante mi impedisce di respirare. Deglutisco cercando di farlo tornare al suo posto ma, maledizione, non ne vuole proprio sapere.

“Giada?”

Cavoli, non mi ero mai accorta quanto fosse interessante questo muro.

“Giada...” Sento il suo soffio caldo sul collo e improvvisamene non mi sento più tanto forte come quando, questa mattina, mi sono infilata con rabbia i pantaloni della tuta. Mi giro con un sorriso che spero sembri il più naturale possibile.

“Amore! Ciao!” Patetica. Sono davvero PATETICA! Incrocio il suo sguardo e vorrei sprofondare, strapparmi la tuta urlando -Era uno scherzo, vedete?! Sotto sono sempre vestita uguale!- e indossando per l'ennesima volta la mia AMATA maschera. No! Non devo cedere! Sono sempre io, in qualsiasi modo io sia vestita.

Mattia non ha ancora smesso di fissarmi, il suo sguardo è così intenso che mi sento trafitta.

Deglutisco. “Ma cosa-” Mi blocco perchè mi rendo conto di non essere più in grado di emettere alcun suono. Maledetto cuore, stai rovinando tutto!

“Vuoi farmi vergognare?”

Niiiinoooooniiiiiinoooooniiiiinooooo... EMERGENZA! Arresto cardiaco al terzo piano del liceo scientifico di Genova! Dov'è finito l'elettro-stimolatore? Il cuore della ragazza le si è bloccato in gola!

“Co-cosa?” Mi esce una specie di stridio orrendo. Sembro davvero un'idiota.

I suoi occhi sono ancora puntati dentro i miei. Indecifrabili. Ma come fai ad avere questo potere su di me? È come se fossi la tua bambolina, una bambola che non può sgarrare. MAI.

“Vuoi-farmi-vergognare?” Scandisce le parole lentamente, soffermandosi sull'ultima che io mi immagino in grassetto, evidenziata, e sottolineata almeno una decina di volte nell'OpenOffice che le incide nei miei ricordi. Formato. Carattere. Dimensioni. 96. E mi sento schiacciata dal peso di quell'enorme parola.

“Perch-”

“Ci stai riuscendo benissimo, complimenti.”

Rimango immobile con la schiena contro il muro mentre lo guardo entrare in aula. Tutto qui? Mi aspettavo di peggio.

No, ma cosa sto dicendo? Io lo faccio vergognare? Io... Non lui che mi lascia sola a piangere sul balcone.

Giada – Mattia 0-1.

Ok Giada, fatti forza. Stringo i pungi ed entro in aula cercando di mantenere un passo deciso. Dio, vorrei morire. Non cedere.

 

Non mi ha degnato di uno sguardo tutta la mattinata. Nemmeno uno piccolissimo. Mi ha accuratamente evitata tutto il tempo. Mi guardo nello specchietto che mi ha prestato Jessica, ancora sconvolta, e vedo soltanto e ancora me stessa. Sarò meno ordinata e truccata ma sono sempre io. Le stesse labbra, la stessa spruzzata di lentiggini, gli stessi occhi grigi... forse solo un po' più spenti del solito. Ma sono sempre io! Non mi vedo così meno bella o meno attraente. Davvero non capisco. Quando lo facciamo non credo di essere tanto più perfetta e in ordine di ora. Forse in quei momenti non gli piaccio...

Infilo l'ultimo libro nella cartella con tanta grazia che quasi non faccio volare il banco per terra. Sono l'ultima rimasta ancora in classe: Mattia è praticamente fuggito un istante dopo il suono della campanella. Meglio così, se vedessi qualcuno ora penso che gli lancerei qualcosa contro. Qualcuno qualsiasi.

Mi fiondo giù dalle scale facendo i gradini a due a due. Per poco non mi ammazzo, peccato.

“Giada! Ehi!”

Mi guardo attorno sconvolta cercando di comprendere da dove arrivi la voce. Un casco che parla? Ok, la reazione di Mattia deve avermi proprio sconvolto: è ovvio che non è il casco, ma il corpo senza testa che lo regge. Ma cosa mi sono fumata oggi? Senza neanche accorgermene poi.

“Giada! Sono qui!”

Si, ti ho visto casco parlante. Cosa vuoi da me?

Fortunatamente mi accorgo abbastanza velocemente di avere un'aria davvero stupida. Mi avvicino al casco parlante un po' titubante.

“Ehm...” cerco di scorgere una figura umana dietro la visiera oscurata.

“Sono io, Paolo.” dice lui, ridendo, mentre solleva la visiera mostrandomi i suoi profondi occhi neri.

Ok, a te non lancio addosso nulla, per questa volta. Anche se te lo meriteresti.

“Che ci fai qui?”

“Mia madre mi ha detto di venirti a prendere: vieni a mangiare da noi.”

“Ma...ma mia mamma...” boccheggio perplessa.

“Tranquilla, lo sa già... Ha detto che così potremmo raccontarci un po' di cose di tutti questi anni.”

“Ok...” Il passato si sta letteralmente catapultando nel mio presente. Mi spaventa, ma mi sei mancato. No sai quante volte mi sono immaginata questi pomeriggi.

“Lascia la moto qui e vieni con me, ok? Puoi?”

Annuisco con un piccolo sorriso infilandomi il casco e riponendo nello zaino le chiavi del motorino. In punta di piedi mi siedo dietro di lui. Una CBR. Io ti amo.

“Ci sei?” Mi chiede, sgasando. Io annuisco cercandolo nello specchietto.

Mi volto appena e lo noto, con la coda dell'occhio, seduto sul motorino. È con i suoi amici ma mi sta guardando. Si! Mi ha vista!
Giada – Mattia 1-1. Palla al centro.

 

Giada – Mattia 1-2. Non mi ha ancora scritto. Eppure mi ha visto, ne sono certa! Che non gli importi? Forse oggi voleva intendere che fra noi è finita. Ma no dai, non è così stupido. Credo... Ma non è neanche un po' geloso? Cavoli, nemmeno un messaggio...

“Giada? Sei ancora con noi?”

Distolgo lo sguardo dal display del cellulare iniziando a guardarmi intorno un po' spesata. Ma dove sono? Fisso il ragazzo accanto a me per qualche istante. Paolo?

“Ehi, è tutto ok?”

Resto qualche secondo in silenzio cercando di connettere il cervello. Noto la tazza di tè appoggiata sul tavolino davanti a me. Oh cavoli.

“Si si, scusami, stavo solo controllando se qualcuno mi avesse cercato...” incrocio lo sguardo della donna che continua a fissarmi intensamente con aria preoccupata, “Mi scusi, stava dicendo?”

“Bambina, ti conosco da prima che nascessi... Per favore, dammi del tu.. Te l'avrò chiesto almeno una decina di volte in un paio d'ore...” Questa donna ha un sorriso dolcissimo. E io mi sento tremendamente in colpa per non aver considerato nessuno dei due per un maledettissimo messaggio. Vorrei tornare bambina.

“Ok... Beatrice...” accenno un piccolo sorriso. Vorrei sprofondare, sono nell'imbarazzo più completo. Niente ginocchia sbucciate o mani sporche di cioccolata, ma il trucco sbavato e un reggiseno che fa della mia terza un'accennata quarta. Sette anni. “Scusami, stavi dicendo?”

“Ah si, ti stavo facendo qualche domanda da solita pettegola, sai quelle che ti fanno le vecchiette che incontri alla fermata dell'autobus.” Sorride ancora. Ha una piccola fossetta su una guancia. Mi giro verso Paolo, mi sorride, forse un po' in imbarazzo conoscendo le domande. Ehi, ne ha una uguale anche lui. Che carina. Non me la ricordavo. Come posso essermene dimenticata? “Dicevo, la scuola? Sei in quinta quest'anno, giusto? Sai già cosa farai dopo la maturità? E sport? Mi ricordo che facevi danza da piccola, hai smesso?” Tutte queste domane mi stanno stordendo. Credo di essermene persa qualcuna. “Sei fidanzata?” Come scusa?

“Non lo so...” Ed eccola qui, la stronzata.

-Come non fare figure di merda. Regola numero 1: non imitare Giada Corradini.-

“Eh... mamma scusa ma Giada mi aveva promesso che avremmo fatto un giro nei posti in cui ci portavate da piccoli! Dobbiamo proprio scappare!”

Mio salvatore. Mi meriterei di morire, non di essere salvata. Grazie.

 

“Tasto dolente, eh?”

“Cosa?”

Lui sorride. Cosa ci sarà da sorridere poi. Sembra divertito. O forse no. Odio la compassione. L'ho vista fin troppe volte negli occhi di chi mi sapeva osservare.

“Mia madre... quando ti ha chiesto se eri fidanzata... non hai reagito molto bene direi...”

Dovevo fare i salti di gioia urlando che no, non ero fidanzata? Evidentemente si, sarebbe sicuramente stato meglio.

“Ah... No no, sono fidanzata...” Credo.

“Avevo notato la fedina...”

Non sono ancora riuscita a levarla. Prima ci ho provato ma appena l'ho stretta fra pollice e indice per sfilarla non sono stata in grado di farlo.

“Ho capito, ho capito...”

Mi volto a guardarlo un po' stranita e rimango colpita dal sorriso sincero che mi sta regalando. Senza pensarci due volte gli getto le braccia attorno al collo sprofondando il volto nella sua spalla. Respiro il suo odore, forte e un po' dolciastro.

“Mi sei mancato.” Una frazione di secondo dopo mi pento di averlo detto. È un ragazzo e i ragazzi non amano certe cose.

Incredibilmente sento la sua mano morbida e calda accarezzarmi piano i capelli. Dalla testa alle doppie punte. Una volta, due...

“Anche tu...”

Sinceramente confusa e stupita mi allontano di qualche centimetro per cercare, interrogativa, il suo sguardo.

“Che c'è?”

“Non ho mai conosciuto un ragazzo come te...” Rimango qualche secondo sovrappensiero mentre lui continua a sorridere divertito dalla mia reazione. “Non è che sei gay?”

“No no!” si affretta a specificare lui, ridendo.

“Sei strano...”

“Si vede che nessuno dei ragazzi che hai conosciuto ha mai avuto un'amica come te.”

Se potessi mi accoccolerei sulle sua gambe facendogli le fusa. Io lo ADORO.

“Stupido!” Mormoro tirandogli un piccolo buffetto sulla guancia, “Sei solo un ruffiano!” Sorridiamo ancora senza distogliere lo sguardo l'uno da quello dell'altra, incapaci di allontanarci di nuovo anche se solo per qualche secondo.

“Ma io ti voglio bene così...”

“Grazie.”

 

 

  
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