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Autore: FairyCleo    06/05/2014    6 recensioni
"Lo aveva visto giocare con suo figlio, lo aveva sentito ridere con i suoi amici di sempre, ma nei suoi occhi aveva letto un dolore profondo e un senso di mancanza che solo lui sembrava in grado di comprendere. Per tutti gli altri non c’era niente di diverso o di strano in quella serata trascorsa alla Capsule Corporation. Gli amici di una vita avevano continuato a fare ciò che avevano sempre fatto senza capire, o peggio ancora fingendo di non capire che Trunks avrebbe voluto trovarsi altrove. E questo, non era un pensiero che stava toccando solo lui".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Un po' tutti, Vegeta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Parte VII
 
Aveva avuto bisogno di un attimo di tempo per riordinare le idee, ma, suo malgrado, si era reso conto che nessun attimo sarebbe stato abbastanza lungo da permettergli di fare chiarezza in quella confusione in cui si era suo malgrado ritrovato. Aveva continuato a tenere il proprio sguardo incatenato a chi aveva davanti, noncurante, nel bene o nel male, del disagio che quegli occhi rossi come il fuoco gli stavano provocando. Perché, per quanto ciò potesse sembrare assurdo, quegli occhi rossi erano terribilmente familiari. Perché, per quanto potesse sembrare strano, quegli occhi erano i suoi.
“Sei stato tu…” – gli aveva detto, calmo, pacato, quasi ipnotizzato da quei tizzoni ardenti che sembravano volergli bruciare anche l’anima – “Sei stato tu a farmi venire qui… Tu mi hai… E’ stata tutta colpa tua”.
“Mia, dici? E’ così tanta l’importanza che dai a qualcuno di cui non credi neppure l’esistenza, principe? Sei una creatura davvero particolare, devo ammetterlo…”.
Il suo clone – di cui, per altro, non sapeva ancora neppure il nome – si era messo in piedi, stirandosi gli abiti candidi con i palmi delle mani e dirigendosi nei pressi di un tavolino su cui erano adagiate una lunga serie di ampolle contenenti liquidi dei colori più disparati, ampolle che aveva cominciato a passare in rassegna una dopo l’altra con tanta, troppa attenzione.
Vegeta non aveva staccato gli occhi da lui neppure per un istante, continuando, anche se con meno forza, l’inutile tentativo di liberarsi da quella presa così forte che gli era stata imposta contro la sua volontà. Stava cominciando a rimettere insieme i pezzi di un puzzle di cui non ricordava neppure l’esistenza, ma questo non lo stava per nulla tranquillizzando. Anzi, il fatto di non avere quasi alcuna memoria di un evento così traumatico stava solo accrescendo maggiormente la sua ansia e la sua preoccupazione. Perché adesso ricordava chiaramente di essere stato catturato e di essere stato sottoposto a quel dolorosissimo prelievo, ma ciò non toglieva il fatto che non ricordasse nulla di quello che fosse accaduto prima e dopo quell’evento che aveva dato la vita alla creatura che aveva davanti. Come, come avrebbe potuto staccare gli occhi da quella visione? Era come se la sua ombra avesse deciso di staccarsi dal terreno e di vivere una vita propria. Una vita che, a quanto sembrava, aveva a che fare con la sua.
Sembrava che avesse davanti a sé una sua copia in un certo qual modo migliorata. Più alto, all’apparenza più robusto, e con gli occhi di quello strano colore, incuteva un timore che lui era certo di non aver mai provocato in nessuno. Egli stesso aveva più di una remora nei suoi riguardi. Ma cosa poteva fare se era inerme, catturato come un infimo ostaggio da torturare in attesa di informazioni? Se solo non avesse perso i sensi, adesso sarebbe lontano, con le sfere, e con… con…
“A questo punto, forse vorresti sapere che fine ha fatto il tuo amico del cuore, non è così?”.
Ogni parola pronunciata da quella bocca era come un insulto per lui, come uno scherno continuo a cui non era capace di sottrarsi. Ma, in effetti, nonostante la derisione, non poteva negare che quanto detto corrispondesse a verità. Che fine aveva fatto quello zuccone? E da quanto tempo erano lì? Il suo permesso nel mondo dei vivi stava per scadere, cosa sarebbe successo se non avesse fatto il tempo a tornare indietro? Se prima era stato pervaso dall’ansia, adesso si trovava in pieno panico. E il panico lo aveva portato a strattonare le braccia ancora, ancora e ancora. Le avrebbe strappate dal suo corpo se ciò gli avesse permesso di fuggire da lì e di trovare quell’idiota!
“Che cosa ti prende, principe? Mi sembri agitato!” – aveva detto il suo clone, guardandolo con aria fintamente stupefatta, mentre reggeva tra le dita una piccola ampolla contenente un liquido violaceo – “E’ per il tuo amico, non è vero? Lo dicevo io che tenevi a Kaharot in maniera quasi ossessiva… D'altronde, non è per uno qualunque che avresti fatto quello che hai fatto, no?”.
Cosa? Che cosa aveva detto? Vegeta era rimasto di sasso, incapace di comprendere davvero le parole che gli erano state appena rivolte. Come faceva a sapere una cosa del genere? Una cosa che aveva sepolto nel suo cuore e che non aveva mai confidato a nessuno?
“Ancora sorpreso? Andiamo! Dovresti averlo capito che io so tutto ciò che ti riguarda… Io sono te, no?”.
“Tsk! Tu non potresti essere me neppure volendo” – aveva berciato il principe, rosso in viso dalla rabbia – “Tu non sei che una mia pallida imitazione. Tu non sai niente di me. E cerca di chiudere il becco”.
Tu, tu, tu… Ancora con questo tu, Vegeta? E poi, come sarebbe a dire che io sono una tua pallida imitazione? Io sono te, Vegeta. Una versione migliorata, certo, ma sono pur sempre te. Sono frutto delle cellule e del sangue estratti dal tuo cuore! O forse l’hai dimenticato? Certo, non sarò cresciuto nel ventre di una madre che mi cantava canzoni di guerra ripetendomi all’infinito che avrei dominato il mondo, ma devo dire che la mia capsula di vetro non era affatto male, e che è stata più di una voce che mi ha aiutato a crescere così bene… E non sono state solo delle voci, ad essere sincero!”.
“Queste sono solo menzogne!” – aveva ringhiato di nuovo Vegeta, continuando a strattonare – “Ora, smettila di dare fiato alla bocca inutilmente e dimmi che ne hai fatto di Kaharot. So che l’hai rapito tu!”.
“Visto che avevo ragione? Tu vuoi sue notizie! Perché ti ostini a non voler vedere le cose come stanno?”.
“Dimmi dove si trova”.
“Non ho mai detto che non lo avrei fatto! E’ solo che…”.
“DIMMI DOVE SI TROVA, ADESSO!!” – non si era reso conto di aver liberato una quantità di Ki spropositata, un Ki così elevato da essere prossimo a quello della trasformazione in super saiyan. I suoi occhi erano sbarrati, e i pugni erano talmente serrati da aver fatto sì che le corte unghie penetrassero nei palmi callosi. E lo avrebbe fatto. Si sarebbe trasformato realmente se solo la ragione non avesse ripreso il sopravvento, se solo quel ricordo spaventoso, quell’illusione, non avesse preso nuovamente vita dai ricordi di quell’incubo che lo aveva condotto su quello stupido pianeta a cercare quelle stupidissime sfere del drago per far tornare in vita quello stupido saiyan di terza classe sparito nel nulla.
“Però… Che potenza! Avevi quasi raggiunto il livello che speravo…” – aveva commentato il clone di Vegeta dagli occhi di fuoco – “Sei davvero straordinario, i miei più sinceri complimenti!” – e si ero diretto presso la fonte da cui era nato, portando con sé l’ampolla dal contenuto violaceo.
“Io non voglio ascoltarti!” – aveva cercato di tuonare Vegeta, chiudendo forte gli occhi per la forte agitazione e per lo sforzo fatto nel doversi controllare – “Non voglio ascoltare le tue menzogne… Tu non sei nessuno… Non sei niente… Ed io non posso sprecare del tempo prezioso con uno che non esiste”.
Lui, dal canto suo, non aveva detto niente, limitandosi a piegarsi nuovamente sulle ginocchia, sporgendosi così tanto in avanti da far sì che potesse di nuovo specchiarsi negli occhi scuri di chi aveva davanti.
“Sei così… Testardo!” – aveva esclamato improvvisamente, scuotendo il capo, quasi rassegnato – “Eppure, è proprio per questo che sei così… Interessante!” – senza che Vegeta potesse opporsi in qualche modo, era stato afferrato per il mento con forza, trovandosi costretto a stargli molto più vicino di quanto avrebbe voluto in quel momento di estrema vulnerabilità. Non poteva sbroccare, per citare letteralmente la peste che si trovava per figlio. Non poteva e basta. Perché quello che aveva visto quella notte non era vero, lui lo sapeva… Ma ne aveva comunque paura.
“Dimmi dove si trova Kaharot…” – lo aveva detto con estrema difficoltà, ma non aveva ceduto. Lui doveva sapere, o tutto quello che aveva fatto prima di quella sciagura sarebbe stato inutile.
“Certo che tieni davvero tanto a lui, sanguinario principe dei saiyan… Lo trovo quasi… Disgustoso”.
“Non mi importa di quello che pensi. Io voglio sapere dove si trova”.
“Perché, Vegeta? Perché così potrai evitare che accada quello che hai visto? Perché tu l’hai visto, non è così?”.
“Sta zitto”.
“Oh, tu sai di averlo visto”.
“Io non ho visto niente”.
“Invece sì”.
“Ti ho detto di tacere!”.
“Vegeta…”.
“ZITTO!”.
Ancora una volta, tutto attorno a loro aveva cominciato a tremare, scosso con violenza dalla potenza di quell’aura troppo a lungo imprigionata in un corpo troppo piccolo seppur perfetto in ogni sua singola componente. Ma era durato tutto sempre meno di un attimo. Alla fine, anche questa volta, Vegeta era riuscito a controllarsi e a richiamare indietro quel Ki che sembrava volesse portarlo sul punto di esplodere.
Aveva il fiato corto, Vegeta, e il sangue continuava a colare copioso dai suoi polsi ingrossatisi seppure per un breve, improvviso istante. Stava sempre peggio. Era sempre più difficile controllarsi, e aveva una mezza idea sul perché ciò stesse avvenendo, anche se continuava a rifiutarla. Come potevano essere veritiere le parole di quella creatura così simile a lui? Come poteva sapere di quei suoi continui incubi? Di quegli abissi di dolore che… Che…
“Che hai visto subito dopo la morte di Kaharot, Vegeta?”.
Di sasso. Era letteralmente rimasto di sasso. Lui non poteva saperlo, non per davvero! Le sue erano state solo supposizioni sul perché quel tizio fosse così inquietante e avesse svegliato in lui simili preoccupazioni, e dovevano rimanere tali. Sì, dovevano davvero rimanere tali. Ma perché, allora, la sua coscienza gli stava gridando il contrario?
“Il tuo sguardo spaventato mi ferisce, principe…” – aveva commentato, serio – “Ma non preoccuparti…” – aveva cominciato ad allentare la presa sul suo mento – “Ora sei con me… Sei tornato a casa…”.
“Tu deliri…”.
“Oh, principe. E’ qui che ti sbagli. Non sono io quello che tra noi sta delirando. Ma sta tranquillo… Le cose miglioreranno… Sì… Miglioreranno eccome”.
Per un breve istante, aveva creduto che volesse spingergli il contenuto di quella ampolla giù per l’esofago con forza, ma così non era stato: dopo averla stappata con violenza e avervi fatto cadere dento qualche goccia del sangue fresco di Vegeta, l’aveva brevemente sollevata in alto, come se avesse appena fatto un brindisi, e aveva bevuto lo strano liquido tutto d’un fiato, curandosi di non sprecarne neppure una goccia. Subito dopo, aveva lanciato il contenitore vuoto al suolo, lasciandolo infrangere il centinaia di piccoli pezzi.
“Che cosa hai fatto con il mio sangue?” – aveva tuonato Vegeta, cercando di darsi una risposta più che plausibile senza attendere che gli venisse fornita dall’esterno.
“Niente che tu non immagini, Vegeta. Sei troppo intelligente per non aver capito quanto sta accadendo” – e si era di nuovo chinato su di lui, cingendogli la nuca con il palmo della sua enorme mano – “Sono stanco di non avere un nome, Vegeta. E sai che c’è? Ho deciso di prendermi quello che mi spetta!” – improvvisamente, stava cominciando a dissolversi come fumo nell’aria – “Ho deciso di prendermi il tuo” – ed era sparito, proprio come se non fosse mai esistito.
Ma le cose sarebbero andate meglio se il fumo avesse scelto di seguire un percorso diverso da quello intrapreso. Perché, alla fine, il peggio era accaduto, e Vegeta, il nostro Vegeta, non aveva potuto fare a meno di evitarlo. Non aveva potuto evitare che quel fumo rosso come il fuoco penetrasse nel suo corpo, facendolo urlare di dolore.

 
Fine VII parte
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Ecchime… Scusate per il ritardo, ma ormai è diventato un’abitudine e non ci fate più caso, vero? VERO? XD
Sono un disastro autentico. La verità è che ho finito di scrivere il capitolo alle 00.17, ma ero troppo stanca per revisionarlo e all’occorrenza cambiare o aggiungere qualcosa. Ebbene, cosa avrà fatto il clone? Cosa voleva dire riguardo ai sogni di Vegeta?
Lo scopriremo nel prossimo capitolo!
Un bacino
Cleo
Ps: credo che queste siano state le note più brevi di sempre! XD

 
   
 
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