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Autore: AClaudia    07/05/2014    2 recensioni
"La testa gli girava come se dovesse improvvisamente alzarsi in volo e le gambe parevano fatte di pasta frolla. Afferrò pesantemente il corrimano per scendere i gradini, ma sembrava impossibile. Avrebbe salvato il suo compagno a qualsiasi costo. Sull'orlo dello svenimento, stava per accasciarsi su se stesso, quando una mano lo aiutò a rialzarsi..."
AGGIORNAMENTO!!: voglio proseguire questa storia e sto cercando qualche autore che voglia collaborare con me ;)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Un grazie sincero a tutti quelli che passano di qua.


"Nessun Rivale"




Una leggera brezza smosse timidamente le sue ciocche rosse.
Dalle grandi finestre medievali faceva capolino il cielo sereno della Capitale, che quel giorno rasserenava un po’ gli animi lasciandosi attraversare dai raggi del sole. L’inverno russo era ancora nel pieno delle sue forze e la temperatura aveva raggiunto i minimi storici. Nonostante ciò i vetri erano aperti sulla grande sala degli allenamenti, dove i ragazzi del monastero erano intenti a sfidarsi l’un l’altro in un clima decisamente ostile.
Come al solito Yuri osservava i suoi sottoposti scagliarsi in attacchi micidiali, creare difese insuperabili ed infine evocare le proprie creature magiche.
Il suo sguardo non si perdeva alcun dettaglio, e la sua mente registrava ogni dato con estrema precisione. I suoi occhi erano limpidi e freddi, in armonia con l’atmosfera al di fuori di quelle mura. Lo stesso sguardo di sempre, si potrebbe pensare. Eppure no, le cose stavano cambiando. In meglio o in peggio non si sa, ma la routine era stata spezzata.
 
Kei era scomparso. Sparito. Dalla notte dell’esplosione, quando Yuri lo vide per l’ultima volta in braccio ad una guardia, di Kei si era persa ogni traccia.
Yuri sapeva o intuiva cosa fosse successo, ma nessuno si era preso la briga di dare una spiegazione ufficiale. Nessuno, nemmeno il monaco, aveva accennato all’accaduto e il mistero si era fatto più fitto.
Tra i ragazzi serpeggiavano le ipotesi più impossibili, Yuri li sentiva borbottare tra di loro, e tutte culminavano con una sola domanda: dov’è Kei?
Già, anche lui se lo chiedeva. Si era rifiutato di svelare agli altri ciò che sapeva, eppure quella domanda rimaneva senza risposta. Per di più era implicitamente vietato nominarlo, poiché l’argomento veniva prontamente interrotto dalle guardie e i malcapitati passavano un brutto quarto d’ora. Quell’argomento era decisamente troppo scottante e Vorkov aveva preferito insabbiare tutto.
 
Non che Yuri ne fosse triste. Il suo massimo rivale era sparito e chissà se sarebbe mai ritornato, dunque non poteva che rallegrarsene. Non poteva che considerare il fatto che ora era lui il più forte. Il miglior blader del monastero. Aveva raggiunto uno dei suoi obiettivi, senza praticamente muovere un dito. Kei si era “bruciato” da solo e lui era stato ripagato dei duri allenamenti a cui era stato sottoposto.
 
Si sentiva decisamente meglio in quei giorni, quasi quasi gli veniva voglia di sorridere. Erano passati quattro giorni dall’esplosione e lui doveva nascondere la sua soddisfazione dietro il suo solito aspetto freddo e distaccato.
Certo quel nuovo ruolo comportava grandi onori, quali, ad esempio, essere il capitano della squadra che partecipa ai campionati, ma anche delle responsabilità. Responsabilità principalmente verso i suoi compagni di squadra e tutti i ragazzi del monastero.
 
Già, la squadra. Yuri era orgoglioso di essere capitano, soprattutto perché i suoi compagni erano dei bladers molto potenti. Sergei era potenza fisica pura, pur essendo un ragazzino già sovrastava tutti i coetanei, mentre Ivan era piccolo e scaltro, molto rapido nei movimenti.
Li guardò per un attimo. Erano in piedi di fianco a lui, così come da consuetudine, e guardavano fissi gli allenamenti dei ragazzi. Si, erano decisamente degli ottimi elementi da avere in squadra.
Mancava solo Boris. Non era ancora riemerso dai sotterranei. La sua squadra non era completa senza di lui e Yuri decise che era suo compito accertarsi delle sue condizioni, in qualità di capitano. Sarebbe sceso lui stesso nei sotterranei, all’insaputa di Vorkov che di certo non gli avrebbe dato il permesso, e sarebbe andato a cercarlo. Quella sera stessa.
 
Attese la fine della cena, consumata al tavolo con i suoi compagni, prima di sgattaiolare furtivo fuori dalla sala in direzione delle segrete.
Pur essendo un edificio antico, il monastero ospitava molti piani interrati, oltre a quelli costruiti nel medioevo,  che ospitavano i laboratori. L’accesso a tali piani era ristretto ai soli collaboratori di Vorkov e nessun’altro vi poteva entrare senza autorizzazione. Li venivano svolti esperimenti, con procedure magari non condivisibili, sul potenziamento dei beyblade e dei bladers. Yuri c’era già stato qualche volta, e non era stato divertente. Si era sentito strano per parecchie ore, come fosse stato drogato. Non gli piacevano affatto quegli esperimenti, ti modificavano profondamente perdendo il controllo della tua mente, che agiva da sola.

A quel ricordo, un brivido gli percorse la schiena. Scosse leggermente la testa per scacciare quel brutto ricordo e tornò ad osservare dritto davanti  a sé. Era quasi giunto alla zona dove venivano rinchiusi i ragazzi poco virtuosi, ed infatti sentiva già l’eco di lamenti sofferenti rimbalzare sulle mura di pietra.
In quel corridoio solitamente giravano un paio di guardie, non di più, eppure non c’era nemmeno l’ombra. Il corridoio fiocamente illuminato era totalmente vuoto. Acquattato contro il muro, il rosso tese l’orecchio in cerca del suono di passi. Non ne sentì, nonostante i lamenti provenienti dalle celle, e proseguì allora a passo svelto.
Sbirciò dentro ogni anfratto, mettendo a fuoco il più in fretta possibile, cercando il suo compagno. Attraverso le sbarre molte sagome di ragazzi che conosceva solo di vista lo osservavano con speranza mista a timore. Alcuni erano stesi per terra, in preda a chissà quale tormento fisico. Yuri si stupì non poco. Cerano più ragazzi lì sotto di quanti partecipavano agli allenamenti.

Si riscosse subito da quel pensiero quando vide Boris, nascosto nell’ombra della sua cella, che fissava il pavimento.
Lo osservò attraverso le sbarre. Del resto non aveva modo di entrare, perciò doveva fare presto.
“Boris…”
Lo chiamò con un sussurro appena percettibile. Nessuna risposta.
Lo scrutò attentamente. Sembrava stare bene, almeno fisicamente non riportava segni o ferite. Certo le frustate erano state curate, e la pelle delicata era stata coperta da alcune fasce e dalla maglietta sgualcita. Eppure Boris non dava segno di averlo sentito. Se ne stava a gambe incrociate seduto sul  giaciglio striminzito, con la testa bassa e gli occhi semi chiusi.
Riprovò.
“Boris! Mi senti? Rispondimi!”
Stavolta usò un tono perentorio, era un ordine.
In risposta il ragazzo mosse appena gli occhi, per scrutare il suo interlocutore attraverso la penombra. Lo sguardo spento dalla sofferenza nascondeva una scintilla di orgoglio che bramava la rivincita.
“Come stai?”
Boris non rispose, continuò semplicemente ad osservarlo cercando di capire come mai gli stesse facendo quella domanda. Di certo non per amicizia.
“Bene.”
Rispose con tono secco.
“Perché ti interessa?”
“Perché ora sono io il capitano della squadra” annunciò con un pizzico di orgoglio nella voce “ed è mio preciso dovere accertarmi delle condizioni dei miei compagni”.
Pausa. Quella notizia era qualcosa di anomalo.
“Come sarebbe? Non è più Kei il capitano?”
“No. Lui ha lasciato il monastero. Ora è a me che dovete ubbidire.”
Boris rimase interdetto. Bramava la vendetta contro Kei, ed ora lui se n’era andato. Non sapeva se esserne contento oppure amareggiato.
“Va bene” rispose ancora più freddamente.
Cosa importava chi fosse il capitano? Tanto ciò che desiderava era diventare il più forte. E vendicare sua madre.
“Quando potrai riprendere gli allenamenti?” si informò.
“Domani mattina.”
“Bene”.
Yuri rimase un attimo a fissarlo. Quegli occhi lo avevano sempre inquietato un po’, eppure adesso non provava timore. C’era qualcosa di nascosto che piuttosto lo incuriosiva. Del resto, chi non nascondeva segreti in quel posto maledetto? Ognuno portava dentro di sé la propria storia e i propri sentimenti, senza avere la possibilità di rivelarli. Lui stesso ne aveva.
Per un momento provò il desiderio di avere qualcuno con cui parlarne, a cui confidare anche solo una piccola parte di quell’universo che si portava dentro. Chissà se anche Boris provava la stessa cosa.

Il suono di passi pesanti risuonò nel corridoio, facendo risvegliare Yuri, che subito si allontanò dalle sbarre e si nascose in cunicolo poco distante. Delle guardie a passo svelto erano venute a prendere uno di quei poveri disgraziati e lo stavano portando via, tra urla e imprecazioni.
Chissà dove l’avrebbero portato, si chiese.
Non c’era tempo per curiosare, altre guardie stavano invadendo il corridoio e Yuri non poteva rischiare di farsi scoprire. Percorse tutto il passaggio, stretto e buio, facendosi guidare dalla memoria. Sbucò proprio dove si aspettava. Non c’era nessuna guardia su quel pianerottolo. Perfetto, pensò.
C’era un silenzio irreale, ma c’era abituato, perciò non ci fece caso. Percorse alcuni corridoi, quando un suono lo fece fermare di colpo.
Di nuovo quella melodia. Questa volta il richiamo fu irresistibile. Voleva sapere, sapere qualcosa di più di quel passato che aveva cancellato, e l’unico indizio era là in quella chiesa. Aveva ricordato una parola: Libertà. Sembrava uno scherzo del destino. Esattamente ciò che non poteva avere.

Percorse correndo il chiostro, fino ad arrivare in prossimità del portone della chiesa. Non curandosi minimamente di nascondersi, rimase imbambolato di fronte ad essa. Ora la musica giungeva nitida e forte alle sue orecchie e lui si lasciò invadere da quella dolcezza. Era come un unguento che leniva le ferite, un vento caldo che solletica la pelle. Sembrava di essere in un’altra dimensione.
Chiuse gli occhi e fece vagare libera la propria mente, in cerca di un nuovo spunto, un appiglio a cui aggrapparsi per scalare la vetta dei ricordi.
Niente. Non ricordava nulla di nuovo.
Decise allora di agire. Il portone era leggermente socchiuso e una piccola lama di luce gialla fendeva il pavimento.
Rischiava molto ad entrare, ma la sua curiosità lo spinse comunque ad aprire i battenti per vedere chi stesse suonando.
Non sapeva cosa aspettarsi, forse una figura familiare che lo prendesse con sé e lo portasse fuori di li. Sarebbe stato magnifico, implicitamente lo sperava con tutte le sue forze.
 
Era una bambina. La osservò stranito. Da una parte all’altra della chiesa non poté vedere molto, eppure era sicuro che fosse una ragazzina: capelli lunghi dorati scendevano fluidi sulla sua schiena e le sue manine pigiavano con forza i tasti bianchi e neri.
Che ci faceva li una femmina? Al monastero era vietato severamente! Vorkov  le considerava esseri indegni, e mai e poi mai avrebbe permesso che una ragazzina venisse a suonare all’interno del monastero.
Mentre la fissava con tanto d’occhi, senza prendersi la briga di nascondersi, la biondina si voltò e lo vide. Lanciò un gridolino di spavento e di paura e subito smise di suonare, lanciandosi giù dallo sgabello.
Yuri, spaventato a sua volta da quella reazione, si defilò immediatamente, scappando dalla porta che rimase aperta e raggiungendo il più in fretta possibile la sua cella. Ancora col fiatone, si cambiò velocemente e si infilò sotto le coperte. Un sacco di domande cominciarono a ronzargli in testa, senza trovare ne capo ne coda. Il mistero si stava infittendo e la sua curiosità si faceva sempre più insistente. “Scoprirò la verità.” disse rivolto a se stesso, stringendo in mano il suo inseparabile Wolborg.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
 
 
 
Note:
Eccoci al terzo capitolo! Spero siate riusciti ad appassionarvi un pochino alla storia e soprattutto siate riusciti a capirne qualcosa!! ;)
Dai, piano piano alcune cose stanno venendo a galla, intrecciando la storia originale con una trama totalmente inventata da me. So che questa storiella vi sta piacendo perché la leggete in tanti, perciò vi ricordo che se doveste lasciare una recensione non vi si consumerebbero le dita, e magari potreste contribuire a migliorare le parti successive. Più cervelli sono sempre meglio di uno!
Comunque, a parte questo, inizialmente avevo pensato ad una certa lunghezza da dare alla storia, ma in corso d’opera ho deciso di aggiungere molti altri ingredienti perciò il numero di capitoli aumenterà di certo. Ah, non pubblico aggiornamenti a cadenza stabilita perché quando mi gira scrivo, e di conseguenza pubblico. Ma non temete, arriveremo di certo alla fine.
 
Nello scrivere questo capitolo ho dato una controllata sul web ai nomi russi ed alla loro corretta scrittura. Ci sono diversi modi in cui uno stesso nome si può scrivere, quindi ho scelto di usare la versione più facile da scrivere, cioè quella usata fino adesso. Se qualcuno ne sa più di me in materia sono ben felice di ascoltarlo.
A presto!
 
  
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