Fanfic su attori > Josh Hutcherson
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Autore: hutchershood    08/05/2014    2 recensioni
Tutto ha inizio per caso, le cose che accadono all'improvviso sono sempre le migliori, e infatti lui lo é.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono le 17:00 del pomeriggio quando rientro a casa, sento il profumo Chanel N*5 di mia mamma che invade tutta la casa ma nonostante questo odore forte del profumo riesco a sentire l'odore dei biscotti alla vaniglia appena sfornati, perfetto penso, proprio due minuti fa mi ero promessa di iniziare la dieta in previsione dell'estate, e mia mamma mi prepara i miei biscotti preferiti; decido di prenderne solo uno, per inzupparlo dentro il the. Svolto l'angolo dell'ingresso di casa e mi ritrovo in cucina con l'intenzione di prepararmi una tazza di the alla pesca, il mio preferito, quando scorgo con la coda degli occhi la pagina aperta sul mio computer. Mi avvicino per cercare di capire meglio, abbandonando il pensiero di prepararmi il the alla pesca, cosa ci facesse acceso il mio computer personale; mi siedo e comincio a leggere distrattamente l'email aperta sul computer, quando appare questa frase:".. E per questo signora Mary Boone che le chiediamo il trasferimento immediato a Los Angeles, grazie e cordiali saluti." Non riesco a capire come mia madre abbia potuto nascondermi un suo  o meglio, nostro, probabile trasferimento. Sono scombussolata, così decido di ripetermi ciò che ricordo su di me per cercare di restare cosciente e non svenire per l'emozione e la sorpresa:"mi chiamo Hope Boone, sono nata in Inghilterra, precisamente a Chester, ho 16 anni, sono una ragazza particolare, con i capelli lunghi castani tendenti al rosso, le gambe snelle gli occhi verdi con sfumature di marrone, preferisco starmene tutto il giorno sul divano a guardare il mio film preferito, Shadowhunters, mentre mangio la nutella a cucchiai invece di uscire per il paese come fanno tutti gli altri ragazzi, mi piace leggere e ascoltare la musica." Questo è tutto ciò che riesco a ricordare su me stessa in questo momento, niente male, penso, per come mi sento adesso. Ancora sconvolta prendo la decisione di aspettare che mia madre rientri da lavoro per chiederle spiegazioni invece di precipitarmi da lei in ufficio; mia mamma è una impiegata nella banca del paese, si è dovuta trovare un lavoro quando tre anni fa è morto mio padre, George. Al suo ritorno, decido di non farle domande, pensando che sarebbe stata lei a darmi la notizia del trasferimento, ma mi accorgo che non è così, perciò le chiedo se avesse qualcosa da dirmi. Dalla sua faccia riesco a capire che non è molto felice di parlare di questo argomento, ma nonostante questo mi spiega la situazione concludendo il discorso con la frase:" (..)vai a preparare le valige che domani sera abbiamo l'aereo diretto a Los Angeles!" Irritata e indispettita mi avvio in camera mia per piangere, ma decido di non averne bisogno, così faccio come ha detto mia madre e preparo le valigie. Non voglio andarmene da questo posto, è il paese in cui sono cresciuta e non voglio abbandonarlo per paura di dimenticare i bei ricordi che ho trascorso, soprattutto con mio padre. Detesto questa idea di trasferirmi così lontano da qui, ma temo che dovrò abituarmici. Trascorro la notte cercando di dormire, inutilmente, scossa dalle immaginazioni di quell'immagine astratta del nuovo paese, e di come sara la mia nuova vita, riesco ad addormentarmi solo nella tarda notte. La mattina seguente dopo aver fatto la colazione ed essermi vestita decido di andare a salutare mio padre; così esco con la mia bicicletta e mi dirigo verso il cimitero, arrivata porgo i fiori appena comprati sulla tomba di mio padre, parlo con lui come se fosse lì con me, e quando mi accorgo che ora è, rimonto in sella alla mia bicicletta e ritorno verso casa. Erano le 12:00 quando rientrai in casa, e trovai mia mamma che radunava le ultime cose per la partenza; tutte le valigie erano nell'ingresso, pronte per partire, come se non vedessero l'ora di andarsene da qua, al contrario di me. La aiutai a portare tutte le valigie in macchina e quando fu tutto pronto salutai la mia casa e montai in macchina in direzione dell'aeroporto. Non sarei dovuta passare a salutare gli amici, perché non ho amici, a scuola sto in un angolino da sola a leggere i miei libri e nessuno mi rivolge la parola e  in questo momento penso che sia meglio così. Arrivate all'aeroporto scarichiamo le valigie dalla macchina e ci dirigiamo verso il check-in pronte per partire, pronte per imbarcarsi. Il volo è stato tranquillo, ho trascorso le 12 ore a leggere, a dormire, a mangiare e ad ascoltare la musica, come faccio di solito, ma stiamo per arrivare e adesso non riesco a fare nessuna di queste cose, riesco solo a stare sveglia, impaziente e guardare fuori dal finestrino. Ci siamo quasi, manca poco a Los Angeles, ed io sono più tesa di quando sono alla lavagna per matematica, e la cosa è molto preoccupante. Perfetto, siamo arrivati adesso e già detesto questi posto, è tutto così diverso dal mio paese, qui c'è troppa gente, troppi palazzi, troppe strade, questo posto non fa per me. Mentre seguo mia mamma che cerca di arrivare alla fermata di un taxi, inciampo su una valigia di un signore e finisco in braccio a qualcuno, perfetto, nemmeno ho messo piede in città e sono già caduta addosso a qualcuno, faccio per tirarmi su quando sento l'uomo ho meglio, dalla voce sembra essere un ragazzo, imprecare:" Diamine ragazzina!", così mi giro per scusarmi ma alla sua vista le parole che volevo uscissero dalla mia bocca, stavano li ferme, come se fossero legate alla mia lingua; le parole mi giravano nella mente, andando a formare frasi senza senso, stavo con la bocca spalancata, cercando di dire qualcosa, inutilmente. 
  
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