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Autore: Sheep01    09/05/2014    2 recensioni
Si concentrò sulla schiena solida del fratello. L’unica cosa concreta a dargli un senso di stabilità e calore.
Barney era tutto per lui. Fratello, amico, consigliere, padre e madre assieme. Lui che del padre ricordava solo la voce tonante e l’alito che sapeva di alcool e il peso delle sue percosse. Che della madre ricordava solo il profumo dei suoi capelli e i singhiozzi spezzati, umiliati, nella notte. Il fratello era stato il pilastro della sua vita, l’unico esempio da seguire. Protettore e cavaliere dall’armatura scintillante. Ed ora il suo salvatore.
[A Tribute to Clint Barton]
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Agente Phil Coulson, Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 10 

[Natasha Romanoff]

“Cosa fai?”
“Leggo i tuoi appunti.”
“Sono cifrati...”
“Ti prego...”
(Uomini che Odiano le Donne)

 

*

 

Non passava giorno che Clint Barton non incontrasse Natasha Romanoff per i corridoi dello S.H.I.E.L.D. Center con un libro nuovo fra le mani.

Classico, saggio, romanzo d'appendice, l'ultimo thriller di John Grisham, le avventurose storie di cucina di Nonna Papera: la ragazza sembrava essere un'idrovora che assorbiva tutto ciò che di fruibile ci fosse nel raggio di pochi metri.

Apprezzabile dal punto di vista linguistico. Meno da quello sociale.

Non sembrava granché incline ad intrattenere rapporti con chicchessia. I suoi scambi verbali avvenivano con pochi e selezionati agenti e riguardavano, per lo più, questioni prettamente lavorative. Secondo le più improbabili previsioni però, pareva essere entrata in una muta, solidale, inquietante sintonia con il direttore Fury. Natasha era l'unico agente (non ancora del tutto operativo) che sembrava non metterlo mai nella posizione di essere nervoso o quella, non meno frequente, di fargli alzare la voce.

Clint ritenne che, forse, l'ultima considerazione riguardava più lui di chiunque altro. Il direttore Fury e l'agente Barton avevano un rapporto piuttosto... vocale.

Lunga ancora era la strada della disciplina.

Natasha sembrava, invece, saper gestire alla grande quel punto.

Per quello Coulson era convinto potessero funzionare insieme. L'uno avrebbe sedato o risvegliato difetti e pregi dell'altro.

Clint, da parte sua, era convinto che affiancarlo alla Romanoff fosse solo una gran bella gatta da pelare. O forse una punizione. Più una punizione. Dopotutto glielo avevano comunicato con tanto di rapportino da redigere, che sarebbe stato totalmente responsabile delle proprie decisioni. Nello specifico: risparmiare la vita a una spia internazionale che nel suo curriculum possedeva contatti e informazioni più dettagliate dell'intero database di una qualsiasi organizzazione segreta.

Era già passato quasi un anno da quando Natasha era entrata a far parte dello SHIELD Il suo ruolo veniva definito, rimodellato, riconsiderato più o meno ogni mese. Test continui, addestramenti e lezioni che non le davano tregua, non che la ragazza sembrasse risentirne. Per come la vedeva Clint gli sembrava che Natasha (la neo-nominata Natasha) quasi stesse prendendo come un'immeritata vacanza tutta quella faccenda della ricollocazione e reintegro. Avvenuto, comunque, a suo dire, già con discreto successo (questo la diceva lunga su come si fosse già compiuta la sua prematura formazione in altri ambienti, sotto altre meno pazienti e premurose mani.) Clint non voleva provare pena per lei. Ma sapeva perfettamente che dietro quella maschera di freddezza si nascondevano segreti che pochissimi avrebbero avuto il privilegio (o la triste responsabilità?) di conoscere.

Si scoprì curioso di comprenderne almeno un barlume, un giorno. Se lei gliene avesse dato la possibilità.

Della faccenda, tuttavia, era a conoscenza solo un gruppo ristretto di agenti.

In definitiva, nessuno allo SHIELD era stato messo al corrente del passato turbolento della nuova leva. Come fosse passata così rapidamente a uno dei livelli superiori, sarebbe rimasto un mistero per anni. Le sue azioni, però, avevano già cominciato a far parlare di sé, con somma ammirazione. Vaglielo a spiegare che il livello di segretezza derivava soprattutto dal fatto che la ragazza era da tenere ancora sotto sorveglianza, oltre che come fonte primaria d'informazione d'importanza internazionale.

Nemmeno diciott'anni e già così importante... Chissà dove ha studiato... chissà chi l'ha istruita... alcuni dicono che sia la figlia segreta di Fury... e bla bla bla.

Clint aveva riso per una giornata intera, all'allusione di parentela con il direttore. Natasha non aveva capito la sua ilarità.

Forse era vero che in Russia non avevano umorismo. Freddo come la steppa.

 

Anche quel giorno, Natasha sembrava immersa nella lettura di un romanzo piuttosto impegnativo. Quando si rese conto che si trattava di Asimov, ebbe per un attimo un inatteso moto d'affetto.

Chiunque lo conoscesse abbastanza, avrebbe riconosciuto in Clint un grande estimatore del genere. Poteva citare le battute di Star Wars (tutta la trilogia) e di Blade Runner a memoria.

Dopo i western, la fantascienza si trovava nella sua top five. Prima o dopo qualcuno si sarebbe deciso a scrivere qualcosa che prevedesse alieni e cowboy nella stessa trama, ne era sicuro.

“Fammi indovinare: Fondazione anno zero. Del preludio al ciclo della fondazione”, l'aveva avvicinata, cercando di prenderla alla sprovvista. Ma dal modo in cui la ragazza volse la pagina e concluse in tutta calma il paragrafo, comprese di aver fatto cilecca anche questa volta.

Passò qualche secondo prima che Natasha chiudesse il libro, tenendo il segno con le dita e decidesse di prestargli attenzione.

“L'ho... capito dalla copertina...” concluse il discorso, come a spingerla a dire qualcosa... qualsiasi cosa. Non ebbe successo nemmeno questa volta.

“Non credevo ti piacesse la fantascienza”, insistette. Non era sicuro del motivo per cui lo stava facendo, forse solo per strapparle una dichiarazione. O anche solo per instaurare una sottospecie di rapporto amichevole fra... supervisore e pupillo (?). Operazione che spesso gli costava fatica e pazienza come non gli era mai successo con nessuno. Se non altro era arrivato alla conclusione che, se ancora non riusciva a trovarlo piacevole o simpatico, riusciva a tollerarlo fino ad arrivare ad intrattenere delle sottospecie di dialoghi più o meno profondi. Che spesso lo vedevano coinvolto in una serie di domande su una quotidianità che qualsiasi essere umano avrebbe ritenuto normale, ma non Natasha.

“Nemmeno io. Sto sperimentando”, rispose infine a sorpresa, dopo un numero indefinito di secondi che quasi Clint ebbe dimenticato la domanda.

“E la conclusione sarebbe... ?”

“Te lo saprò dire a libro finito.”

Clint annuì come a prenderne atto. La ragazza sembrava non aver intenzione di lasciare grande spazio al dialogo, al momento.

“Stavo andando in palestra... mi chiedevo se ti andasse di...”

“Sì”, la vide alzarsi senza dargli il tempo di finire frase. Aveva infilato il libro nel borsone che aveva con sé, lo aveva raccolto e affiancato il collega senza aggiungere altro.

“Si direbbe che non ti stesse entusiasmando poi molto...”

Natasha gli lanciò uno sguardo obliquo.

“Solo perché non è consigliabile allenarsi e leggere nello stesso momento.”

“Sul serio? Ero convinto sapessi fare di tutto”, la prese in giro.

“Ho detto che non è consigliabile. Non che non sia... possibile.”

Clint rallentò il passo e per un breve istante fu combattuto se ridere della battuta o liquidarla con un'amichevole battutaccia di cui non avrebbe sicuramente capito il senso.

“Sei seria?”

Natasha gli rispose nell'unico modo possibile: posò a terra il borsone... e ne tirò fuori Asimov.

 

Clint era sicuro di non aver ancora mai sperimentato il vero significato della parola umiliazione.

Quella giornata sarebbe stata ricordata negli anni a venire come il pomeriggio in cui la realtà aveva superato la fantascienza di Asimov.

Natasha si era allenata con il libro sottomano. Scagliare e parare pugni mente concludeva il sesto capitolo senza incidenti.

Clint aveva subito un ko, e - per ben due volte - l'abbraccio mortale delle sue cosce. Il tutto per la somma di quello che suppergiù doveva essere stata una mezz'ora abbondante.

I fischi d'apprezzamento ai margini dalla palestra erano fin troppo reali per cercare di convincersi di esserselo solamente immaginato. Quelli e l'indolenzimento generico dei muscoli del suo collo.

“Almeno hai capito quello che hai letto?” le aveva proprio dovuto domandare, per avere almeno la conferma che fosse umana.

Natasha cominciò a citare a menadito alcune delle frasi presenti nel libro.

“Ferma, ferma, ferma... sto ancora cercando di rimettere insieme i pezzi del mio ego frantumato.”

“Sei stato tu a chiedermelo”, gli disse, sedendogli accanto sulla panca mentre usava un asciugamano per tergersi il sudore.

“Ricordami di non fare più domande idiote.”

“E' una richiesta seria... ?”

Aprì una bottiglietta e ne fece fuori almeno mezza, prima di passarne una nuova alla ragazza.

“Serissima”, confermò. “Coulson è convinto che mi fa bene lavorare con una come te. Secondo me lo ha detto solo perché ci gode a veder calpestato così il mio amor proprio.”

Natasha lo fissò a lungo.

“Non hai combattuto male”, gli disse totalmente a sorpresa.

“No? Dillo alle condizioni delle mie ossa.”

“Fossi stato meno cauto non le avresti più... le ossa.”

“Modesta.”

“Realista.”

Clint assottigliò lo sguardo.

“Era una battuta?”

Natasha aprì la bottiglietta d'acqua e bevve.

 

Furono chiamati a rapporto dall'agente Maria Hill che stavano ancora discutendo della trama del libro, appena fuori dalla palestra.

“Non posso almeno farmi una doccia, prima?”

“L'agente Hill ha detto: immediatamente”, lo aveva avvisato il suo nuovo galoppino, un tirocinante che li fissava con un'aria così seriosa da far quasi tenerezza. Doveva essere ancora alla sua prima settimana.

“Quella vecchia volpe di Maria, lo dice sempre che mi preferisce sudato”, Natasha gli rivolse uno sguardo perplesso, il tirocinante arrossì, così come Clint si era aspettato facesse.

Natasha era rimasta esclusa dal colloquio: dopotutto, sembrava che riguardasse solo lui.

Saltò fuori che le motivazioni della Hill erano molto più serie e delicate di quando Clint avesse preventivato.

Sembrava fossero giunte notizie su Barney Barton.

“Lo avete trovato?”, si era interessato immediatamente, andando a controllare le mille informazioni a riguardo su uno degli schermi della stanza.

“Abbiamo dei sospetti. Ci avevi chiesto di essere informato, qualsiasi cosa avessimo scoperto... ebbene, il nome del signor Barton è saltato fuori da uno dei casi che stavamo monitorando.”

“Voglio occuparmene...” aveva risposto tempestivamente l'uomo.

“C'è già una squadra di specialisti che lo sta facendo.”

“Ma è mio fratello!”, aveva insistito con una veemenza tale da aver palesato il motivo per cui nessuno gliene avesse ancora parlato.

“Il tuo coinvolgimento emotivo non gioverebbe alla missione, Barton.”

“Io lo conosco meglio di un milione di squadre di specialisti.”

“Ne sei sicuro?”

I fatti che erano seguiti alla sua scomparsa non giocavano proprio a suo favore.

“Posso almeno sapere di che si tratta?” domandò allora, cercando di sedare l'irruenza.

“Rapimento.” fu tutto quello che riuscì a far sganciare alla Hill.

 

Natasha aveva atteso fuori, in paziente attesa. Clint non glielo aveva chiesto.

“Avresti potuto andare a farti una doccia”, le disse allora, senza sapere se la cosa gli facesse piacere o meno.

“Non ne ho più bisogno di te...” gli rispose. “E poi dovevamo finire il discorso sul libro.”

Clint si accigliò con un moto di fastidio.

“Ora non ho più voglia di parlare del libro.”

“Per via di tuo fratello?” Clint si fermò nel bel mezzo del corridoio.

“Ci hai spiati?”

Natasha inarcò un sopracciglio: “Non è forse il mio lavoro?”

L'uomo sbuffò qualcosa, ma non rispose niente di pungente, al contrario annuì, come se avesse bisogno di sfogarsi.

“Non mi fanno partecipare al caso. A quanto pare sarei troppo coinvolto... emotivamente.”

“Ed è vero.”

“Tu cosa... ne sai?”

“Te lo si legge su tutta la faccia.”

“È mio fratello, cazzo!” Esplose. “È più di un anno che non ho sue notizie, ed ora che è finalmente saltato fuori qualcosa, non ho nemmeno la possibilità di avere informazioni dettagliate a riguardo.”

“Potresti chiedere a Coulson.”

Clint sbuffò una risata.

“Certo, Coulson, è un buon amico ma quando si tratta di lavoro è sempre d'accordo con la Hill”, soprattutto nel confermare che era troppo impulsivo.

“Non hai intenzione di fare niente a riguardo?”

“Che altro potrei fare?”

Natasha si strinse nelle spalle: “C'è sempre un modo per ottenere informazioni.”

“Non credo che torturare la Hill sia una buona idea.”

Natasha scosse la testa: “Pensavo più a qualcosa che suonasse come... prendere in prestito qualche file.”

“Oh”, rispose Clint valutativo. “Se mi beccano è la volta buona che mi cacciano a pedate dallo SHIELD.”

“Chi ha detto che lo devi fare tu?”

Clint si chiese se fosse solo un debito da saldare, il motivo per cui Natasha fosse sul punto di commettere la sua prima infrazione al sistema da quando era entrata allo SHIELD, o più un modo per ricordare a se stessa che aveva ancora del potere per agire oltre i canali ufficiali, di ricordare a se stessa che no, non era un mero burattino nelle loro mani. Oppure, nell’ipotesi più remota, che lo facesse solo perché voleva davvero fargli un favore. Impossibile da dire.

“Non posso permettere che la tua posizione venga compromessa”, non dopo tutti i progressi che lo SHIELD. le aveva attribuito. Non dopo tutti i mesi che lo stesso Clint aveva dedicato a recuperare in corner le conseguenze delle sue decisioni.

Sarebbero caduti rovinosamente entrambi? Per delle misere, legittime informazioni? Improbabile ma…

“Non accadrà.” rispose lei, con una determinazione tale che non dovette fare un grosso sforzo per crederle.

 

Natasha era stata di parola. Quello stesso pomeriggio lo aveva di nuovo avvicinato, stavolta di sua spontanea volontà.

“Stasera passo da te a prendere i libri di Asimov che mi avevi promesso.”

Clint inarcò un sopracciglio: “Quali libri di... ?” l'espressione di Natasha si era fatta improvvisamente palese: le informazioni sul caso di Barney.

Non poteva averlo fatto sul serio. Lo aveva fatto? Se per un attimo era convinto che una sfuriata non gliel'avrebbe proprio risparmiata, quello successivo si trovò solo a dover combattere con la possibilità di mettere finalmente le mani su quegli stupidissimi files.

Barney vinse a mani basse. Ancora prima di mettersi nelle condizioni di elaborare una risposta, la sua bocca parlò spontaneamente: “Oh, sì... il ciclo della fondazione, giusto?”

“Tutti quanti.”

“Quando vuoi. Sono a casa dopo le otto.”

“Sarò lì alle otto e un quarto.”

Clint realizzò che avrebbe avuto solo un quarto d'ora per sistemare casa e meno di una mezza giornata per pentirsi di quello che aveva inconsciamente fatto.

 

*

 

Aveva appena finito di nascondere i residui del suo pasto della sera precedente che il campanello suonò.

Era Natasha. Puntuale come un orologio svizzero.

Per la prima volta dopo settimane, quell'appartamento avrebbe ricevuto visite.

Se non si consideravano i vicini di casa e quella confusa nottata con una ragazza incontrata al supermercato all'angolo: Christina, Carolina, qualcosa così. Non che si fossero promessi di risentirsi, comunque.

Natasha, senza la divisa dello SHIELD, sembrava una ragazzina ancor più di quanto già in realtà non fosse.

Indossava una felpa troppo larga sulle spalle e un paio di jeans che non facevano onore alle sue forme. I capelli legati in una coda scomposta, sopra la testa.

“Ehi...” la accolse, facendole strada nell'ingresso. La ragazza entrò con circospezione, guardandosi attorno come se si aspettasse che saltasse fuori qualche animale feroce a farle la pelle. Un'abitudine che probabilmente non avrebbe perso tanto facilmente. Più rapidamente per quanto concerneva l’appartamento di Clint, però.

“Non è granché... ma è casa*” esordì, come a giustificarsi della grandezza della sua tana.

Lei non disse nulla, attese che la porta fosse chiusa alle sue spalle e mise mano alla tasca dei jeans. Ne estrasse un micro CD.

Andava subito al punto.

Clint si passò le mani sui pantaloni, prima di prendere fra le mani quell'insperato tesoro.

“Non servirebbe a niente chiederti come hai fatto, vero?” il tono vagamente accusatorio, di finto rimproverò.

Natasha si strinse nelle spalle, con noncuranza: “Ce l'hai un pc?”

“Ahm... uno scassone, sì”, dichiarò, indicandole un vecchio monumentale computer fisso con lo schermo talmente imponente da prendere almeno mezza scrivania.

“Lascia stare, ho portato il mio.”

Natasha si levò dalla schiena lo zaino che aveva con sé – si spiegò immediatamente il perché gli avesse fatto l'impressione di essere al cospetto di una studentessa del liceo – e ne estrasse un portatile di tutto rispetto.

“Wow, dono dello SHIELD?”

“Lo SHIELD non mi permette nemmeno di avvicinare i loro computer. Questo ce l'ho da prima.”

Lineare.

La vide agganciare cavi e montare il tutto con un'agilissima rapidità. Si sistemò sul tavolino da caffè, appostato di fronte al divano e accese il laptop.

Dopo qualche istante, gli fece cenno di raggiungerla.

Clint si sedette al suo fianco, osservando le schermate che si stagliavano sullo schermo, più o meno incomprensibili.

“Devo ancora decriptarli”, la sentì dire.

“Oh, fai pure...” rispose, mentre le sue piccole dita si muovevano rapidissime sulla tastiera e il monitor esplodeva di dati e colori e lucette ubriacanti.

“Ho sempre avuto un'ammirazione particolare per chi sa fare tutta questa roba.”

“Credevo che lo SHIELD avesse un programma speciale per istruire i propri agenti.”

“Oh, lo ha... certo. Lo ha. Io continuo a non averne la predisposizione, però.”

“Posso darti lezioni private.” in altri contesti, la frase sarebbe risultata ambigua. Ma la freddezza della Romanoff la rendeva praticamente inattaccabile ai doppisensi.

“Ci hanno già provato, con scarso successo...” dovette ammettere.

“Coulson?”

“No... la... mia ex”, Natasha aveva impercettibilmente rallentato il movimento delle dita sui tasti, “è una specie di genio dell'informatica.”

“Fatto”, dichiarò lei, come a stroncarlo, prima che potesse enumerare le doti di un altro genio dell’informatica. Natasha non amava granché i paragoni. Questo aveva imparato a capirlo.

Clint lasciò da parte ricordi spiacevoli per farsi attento.

“Ti consiglio di preparare una scorta di caffè.”

“Perché? Credevo non ti piacesse il caffè.”

“C'è almeno un gigabyte di roba da analizzare qui dentro. Ci vorrà tutta la notte.”

Clint si era rimesso in piedi ed era andato a preparare il primo caffè di una lunga serie.

 

Erano ormai le quattro del mattino quando decisero di mettere fine alle ricerche.

Barney era coinvolto in qualcosa di ben più complicato di quanto si potesse ipotizzare.

Un caso internazionale di terrorismo, collusione con trafficanti di armi e quant'altro. Era sparito il giorno dell'attentato a San Paolo, apparentemente grazie a una soffiata, qualcosa che aveva tristemente a che fare con i mandanti di Natasha, in quella particolare occasione.

Tutto si rifaceva a un solo nome: Jacques Duquesne.

Clint quasi non era scivolato giù dal divano alla rivelazione. Inizialmente pensò a un caso di omonimia fin troppo crudele. Poi Natasha ne aveva crudamente confermato l'identità.

Duquesne era il nome con cui aveva avuto a che fare più spesso quando si era trovata a dover collaborare con quella particolare organizzazione criminale, uno dei coordinatori più in vista. E la descrizione dell'uomo non aveva lasciato adito a dubbi. La foto nel database, poi, non aveva fatto altro che confermare i loro sospetti.

Clint si trovò a rivivere in pochi istanti tutto ciò che di negativo era successo nella sua infanzia.

“Lo conosci?” gli aveva chiesto Natasha, riconoscendo nell’arciere i tratti del risentimento.

“E' stato un mio tutore al circo dove ho lavorato da ragazzo. Mio e di mio fratello Barney.”

“Ne ha fatta di carriera”, commentò con distacco la giovane.

“L'unica che avrebbe potuto fare”, il ricordo della lama nel suo ventre bruciava ancora. “Anche se credevo sarebbe morto prima di poter arrivare a una degradazione maggiore.”

“Non è un uomo senza risorse.” Clint si ritrovò ad annuire, suo malgrado. “Hai idea di come possa essere tornato in contatto con tuo fratello?”

“Mio fratello non si sarebbe mai fatto infinocchiare da quel figlio di puttana.”

Natasha rimase in valutativo silenzio per qualche istante: “Eppure, a quanto pare, qui dicono lavori per lui.”

Clint sentì qualcosa di rancido risalirgli su per la gola. Di nuovo la sensazione di essere stato pugnalato.

“Sono sicuro che ci sia una spiegazione a tutto questo.”

Una brillante carriera nella CIA non si manda ai porci per un inspiegabile ritorno di fiamma.

Natasha non rispose.

Clint rimase in silenzio a fissare il viso invecchiato e sempre più grasso di quell'uomo a cui non aveva più pensato per anni e a ripetersi che no, Barney non poteva essere chi lo SHIELD o qualsiasi altra organizzazione lo accusava di essere. Che doveva esserci una spiegazione molto intelligente dietro a tutta quella sporca faccenda. Non poteva accettare niente di diverso.

Natasha fece cadere l'argomento, spegnendo il pc e consegnando a Clint il cd.

“Cosa intendi fare adesso?” gli aveva chiesto.

“Non lo so... insistere con la Hill affinché mi faccia partecipare al caso.”

“Non cambierà idea sul tuo coinvolgimento emotivo.”

Clint si strinse nelle spalle.

“Allora mi aiuterai a nasconderlo.”

Natasha reclinò il capo di lato e per la prima volta, sorrise, un po’ sfacciata.

“Non credo tu sia in grado di farlo.”

“Ehi, sono anche io una spia. Posso farlo eccome.”

“Costo troppo caro...” gli disse allora.

“Allora chiederò a qualcun altro.”

“Oppure aspetterai che sia io ad entrare nella missione.”

“Cosa... ?”

“Conoscevo quella gente. Lo SHIELD lo sa, potrebbe non volerci molto per convincerli a dar loro una mano...”

“Ed io... ?”

“Sei o non sei il mio supervisore?”

Clint cominciò a capire dove Natasha volesse andare a parare.

“Geniale...”

“Lo so.”

 

Qualche istante dopo Natasha era in ginocchio a sistemare diligentemente il pc nello zaino.

“Ehi, non vorrai uscire da sola a quest'ora. Ho... un letto in più, se ti interessa.” le aveva offerto del tutto innocentemente.

“Credevo abitassi a New York da più tempo di me per sapere che esistono i taxi.”

“S-sì, lo so, ma...”

Si era rimessa in piedi.

“Devo finire di leggere Asimov”, si giustificò come se fosse una spiegazione più che plausibile, “o non resto nella media di almeno un libro al giorno.”

Clint si chiese se stesse dicendo sul serio o meno.

“Oh... il ciclo della fondazione ce l'ho sul serio, se ti interessa”, le aveva fatto cenno alla sua sgangherata libreria, piena di vecchi libri, fumetti usati, soprammobili di dubbio gusto e un barattolo di vetro, pieno per metà di monete da cinque centesimi.

Natasha sembrò notarlo.

“E' un regalo”, le spiegò, senza che lei chiedesse nulla.

“Originale.”

“Sì... insomma... quando svuoto le tasche e ne trovo, ci infilo dentro delle monete da cinque centesimi.”

“Perché proprio cinque centesimi?”

“Sarebbe... troppo lunga da spiegare.”

Dopo quello che sembrò essere frutto di un lungo attimo di conflitto interiore, Natasha si levò lo zaino dalle spalle.

“Le hai cambiate le lenzuola del letto, almeno?”

“Ahm... no. Ma... posso farlo.”

“Bene.”

“B-bene. Vado a farlo immediatamente, allora...”

“No, prima... dobbiamo finire quel caffè”, in quelle parole, forse, la muta richiesta di racconti un po' più dettagliati su quel barattolo.

Clint non si fece pregare. Forse, dopo quello che aveva tristemente appreso da quell'assurda collaborazione, aveva davvero bisogno di parlare con qualcuno, di convincersi che l'innocenza di suo fratello Barney non era solo una stupida fantasia. Di riportare alla luce tutto ciò che di positivo aveva conosciuto del fratello. Che lo sfogo avvenisse con un amico, un collega di lavoro, o una spia russa... che, dei segreti, aveva fatto la sua professione.

 

___

 
*citazione di Harry Potteriana memoria.
 
N.d.A: Tadaaaaan! Surprise surprise. Tornano vecchie conoscenze. Si formano nuove alleanze.
Cosa riserverà il futuro? Chi può dirlo? Lo scoprirete… la prossima puntata.
Inutile dire che questa versione di Natasha tecnologica, è vaaaaaaagamente ispirata a Lisbeth Salander, protagonista indiscussa e spacca culi dei romanzi di Stieg Larsson, più versioni cinematografiche annesse e connesse.
Vabbè, dopo questo inutile siparietto e precisazioni: ringrazio sempre tutti coloro che leggono e commentano e ovviamente la mia socia Sere.
See you.
  
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