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Autore: Ranyadel    10/05/2014    2 recensioni
Sette ragazzi. Un concorso. Una villa. Un anno. Segreti e malattie. Problemi mentali e non, che possono essere risolti solo da una cosa. Un inganno, scoperto troppo tardi. Amore.
***
"Ti prego... aiutami ad uscirne. Non voglio più essere malata." Implorò Elyse piangendo. Zayn la cullò fra le braccia. "Ne uscirai, te lo prometto." Sussurrò dolce prima di darle un bacio sulla fronte.
***
"Perchè lo fai? Perchè sei arrivato a farti pestare? Perchè continui a starmi vicino, ad aiutarmi, nonostante sia una persona orribile? Nonostante abbia sempre rifiutato il tuo aiuto?" chiese lei con le lacrime agli occhi. Lui le alzò il mento con un dito. "Lo sai perchè." sussurrò prima di baciarla dolcemente.
***
"Abby, non sono più sicuro di niente, so solo che ti amo."
***
Harry sorrise, mostrando le irresistibili fossette. “Quindi è vero? Disturbo della quiete pubblica, non va bene!” disse poi con tono di sussiego. “Oh, ma smettila, tanto siamo fuori servizio!” disse Liam ridendo prima di portare una mano dietro al collo di Harry e avvicinando i loro visi fino a lasciargli un lieve bacio sulle labbra.
***
Spero di avervi incuriositi!!!!
(Copyright)
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Polvere.

 

“È sicura di non ricordare niente?” chiese per l’ennesima volta il poliziotto. Elyse sbuffò. “No, gliel’ho ripetuto mille volte!” sbottò. “Mi scusi, signorina, ma trovo la sua storia abbastanza improbabile. Non è credibile che qualcuno sia entrato in casa sua solo per tagliarla e poi se ne sia andato.” Ribatté l’altro. “Senta, io non mi sono tagliata. Non posso. Non per un fatto morale, ma proprio perché non posso fisicamente! Non arrivo a farmi quei tagli sulla schiena, e poi sono mancina, quando ero autolesionista ho provato a tagliarmi con la destra e ci mancava poco che non mi mozzavo la mano! Questi tagli sono tutti regolari, non ne sarei capace!!” esclamò Elyse, demoralizzata dalla cocciutaggine del poliziotto. “Senta, magari non se lo ricorda…”

“No, senta lei. Elyse era chiusa a chiave in quella stanza, è vero. Ma le chiavi non erano nella toppa e che io sappia tutte le serrature in casa sono uguali. Può essere stata usata una chiave qualsiasi. Non è una contorsionista e lei deve fare il suo lavoro, ovvero cercare di scoprire chi l’ha conciata così e non accusarla di cose impossibili!” esplose Zayn, troppo frustrato per rimanere in silenzio. Gemma era al suo stesso punto. “Ehm, quello che Zayn voleva dire, è che non è possibile che Elyse si sia tagliata da sola, e che quindi sarebbe meglio orientarsi verso nuove strade.” Fece Abigail, più prudente.

Erano in ospedale, con Elyse bloccata in quel letto da due giorni. Tecnicamente, all’ospedale si dovrebbe trovare riposo, ma per lei non era così: stava subendo un interrogatorio dietro l’altro, quasi senza interruzioni. Era sempre più nervosa, stufa di rispondere alle stesse domande più volte al giorno. Appena arrivata, le avevano fatto una trasfusione, dato che aveva perso davvero troppo sangue. Era un miracolo che si reggesse in piedi, forse grazie – o a causa – di anni in cui aveva fatto a meno di grandi quantità di sangue.

Nonostante tutti fossero preoccupati per lei, avevano preso una decisione unanime: qualcuno, a turno, doveva rimanere fuori, con Chiara. Era troppo piccola per vedere tutti quei tagli su Elyse, tagli che sarebbero stati cancellati solo con altri interventi.

In quel momento, Louis era fuori con la piccola. Ormai non sapeva più nessuno cosa inventarsi, speravano solo che quella settimana passasse in fretta. Abigail decise di uscire, per cercare Louis e Chiara. Li trovò appena fuori, con Chiara che giocava nel prato, con il suo peluche di un tigrotto che un tempo era proprio di Abigail. Louis era seduto sui gradini, appoggiato al corrimano. Sembrava sfinito, e le occhiaie non facevano altro che confermare l’ipotesi. “Lou?” lo chiamò Abigail, sedendosi di fianco a lui. “In questo momento sono in black-out, prego lasciare un messaggio dopo il beep. Beep.” Fece lui, chiudendo gli occhi. “Davvero Louis, torna a casa, devi dormire. Stai facendo i tripli turni con Chiara e sei teso, devi riposarti.” Disse intrecciando le loro dita. Lui si passò una mano sugli occhi, assonnato. “Lou, sei congelato, lasceranno Elyse fra poche ore e hai talmente tanto sonno che potresti addormentarti qui.” Insistette Abigail. Lui non poté far altro che darle ragione. “Sei sicura che agli altri vada bene?” chiese poi, incerto. “Ehi, ricordati che loro sono dentro, belli comodi e al calduccio, a fare niente, mentre tu sei qui a occuparti di Chiara, cosa che fra parentesi dovrei fare io e quindi ti ringrazio. Se hanno qualcosa da dire, se la vedono con me, prima di arrivare a te.” Disse Abigail cercando di convincerlo. Lui cedette. “Prendo l’autobus, però.” Disse solo. Abigail annuì e si alzarono. “Ci vediamo appena lasciano Elyse, allora.” disse. Lui annuì e fece per scendere. “Ah, solo una cosa.”

“Cosa?”

“Quel poliziotto sta ancora facendo le stesse domande a Elyse?” Abigail si mise a ridere. “Sì, sembra non capire.” Disse. Louis ridacchiò e la salutò con un bacio incredibilmente lungo.

***

“La trasfusione non sembra averle dato troppi problemi, signorina. Entro un paio d’ore potremo dimetterla, giusto il tempo degli ultimi esami.” Disse un’infermiera con fare gentile. Elyse sospirò di sollievo, lasciandosi andare sul cuscino. Mossa sbagliata: i tagli sul suo ventre tirarono dolorosamente. Gemette.

Mille domande le turbinavano in testa, troppo forti per essere ignorate, troppo impetuose per lasciare spazio ad altro. Chi era stato? Perché l’aveva fatto? Perché non l’aveva uccisa, anziché farla soffrire così?

La risposta era ovvia, almeno a questa ultima domanda. Come in tutti i libri, o i film, la scelta migliore per far star male una persona non è porre fine ai suoi problemi, bensì creargliene altri e impedirle di morire per obbligarla ad affrontarli e spesso a venirne schiacciata.

Ecco come si sentiva, schiacciata, oppressa, immobilizzata da quei tagli che la costringevano a stare immobile per non essere riaperti, annientata da quella mente che la stava distruggendo dentro. Stava implodendo senza nessun rumore. Crollava lentamente, si sbriciolava, diventava polvere, e la polvere non fa nessun suono. Se ne va, silenziosa e inafferrabile, quasi si faccia beffe di chi cerca di trattenerla fra le mani. Si diverte a scivolare via dalle dita che la stringono, sapendo che le macerie possono essere riaggiustate, mentre lei rimarrà polvere in eterno.

Elyse stava impazzendo così come aveva vissuto: in silenzio, da sola col suo dolore e i suoi mille perché cui nessuno si era mai preso la briga di rispondere.

***

Bridgette guardò di nuovo Elyse e si sentì ancora peggio di prima. La vedeva morire pian piano, ma non poteva dirlo a nessuno. O forse non voleva.

Forse perché sapeva che questo avrebbe ucciso tutti quanti.

Forse aveva paura.

Forse entrambe le cose.

Ma cosa poteva fare? Era troppo vigliacca per dire a tutti quello che sapeva, era troppo debole per vedere Elyse soffrire in quel modo, era troppo egoista e spaventata per mettere in gioco tutto quello che aveva.

“Devo solo aspettare.” Decise. “Lo saprà presto, ma adesso no.”

Sapeva bene che si stava solo raccontando bugie, pietose e inutili menzogne che le avrebbero dato la parvenza di avere un briciolo di cuore in pace.

***

La sera, tornarono a casa. Abigail entrò per prima. “Amore, ci sei?” chiese ad alta voce. Non ottenne risposta. Inarcò un sopracciglio e andò a vedere in camera sua: Louis non c’era. Guardò velocemente in tutte le altre, sempre con lo stesso risultato. “Ragazzi, Louis è sparito!” disse basita. Gli altri sgranarono gli occhi e, nemmeno si fossero messi d’accordo, iniziarono a cercarlo, tutti tranne Elyse, che andò in camera sua. Si era vestita in modo da non farsi vedere da Chiara, con un cappuccio enorme, maniche lunghe e molto trucco in faccia.

“Non c’è!” fece Zayn sconsolato. “Mi sto spaventando.” Disse Abigail, componendo il numero di Louis. Uno squillo, due, tre, quattro…

“Pronto?” chiese Louis con voce impastata. “Lou, si può sapere dove sei?!”

“Sto tornando a casa, perché?”

“Stavi tornando tre ore fa! Dov’eri, fin’ora?!” fece lei. Seguì un lungo silenzio imbarazzato. “Ti prego non metterti a ridere.” La implorò dopo. Abigail acconsentì e Louis si schiarì la voce. “Può darsi… per pura casualità… che io mi sia addormentato sull’autobus.” Disse in fretta. Abigail si trattenne a stento. “Dove sei, adesso?” chiese poi, divertita. “Direi, dall’altra parte della città.” Fece lui, con una pausa, come se stesse valutando il panorama dal finestrino. Abigail alzò gli occhi al cielo. “Dai torna a casa, che è meglio. Mi hai fatto spaventare!” esclamò. “Scusa, amore. Davvero, sono crollato e non me ne sono nemmeno accorto.” Si scusò lui, contrito. Abigail sorrise piano. “A dopo, allora.” Disse. Lui la salutò e mise giù. Abigail riferì quello che Louis aveva detto agli altri, che scoppiarono a ridere, anche dal sollievo.

Era la prima volta che ridevano, dopo tanto tempo.

Eppure è una cosa che non si scorda mai.

Una risata ti accoglie come una vecchia amica, nonostante ti sia costretto a fare a meno di lei, ti perdona sempre, si fa viva nei momenti più inaspettati, a volte arriva senza motivo, alleggerisce la giornata e i cuori, fa dimenticare il mondo per qualche secondo. È un momento di libertà strappato alle dita ossute e avide della monotonia e dell’angoscia.

Purtroppo, non dura mai in eterno. Può far star male, tanto da non riuscire a stare in piedi o da mettersi a piangere, ma prima o poi se ne andrà, e tu vedrai di nuovo il mondo com’è davvero: triste, duro e crudo.

Le risate premiano chi lotta per loro. Chi ha la forza di alzarsi ogni volta che cade, che la vita lo abbatte, che si scontra con un ostacolo. Chi ha il coraggio di non mollare. Chi ha la bontà di aiutare coloro che non ce la fanno. Che ha la pazienza di aspettare il suo momento.

Premiano tutte quelle persone che ancora credono in qualcosa.

Che sognano.

Che vivono.

  
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