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Autore: AbdullallaH    27/07/2008    2 recensioni
Candice è una brava ragazza. Non è affatto perfetta, eppure si piace così com'è. La sua è una vita normale, come quella di ogni diciottenne, forse troppo noiosa. Per questo, decide di "conoscere" il chitarrista dei Tokio Hotel, pur essendo al corrente della sua numerosa collezione di ragazze. Ma quando, quella famosa sera, Tom iniziò a baciarla, Candice non sapeva che qualcosa dentro di lei le avrebbe cambiato la vita...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo dieci.

«Denise!! Dove diavolo hai messo la mia matita nera?», urlò Candice in direzione della stanza della giovane. Poi sussurrò a se stessa, come se ciò potesse aiutarla a trovare ciò che cercava: «Ma dove diavolo è l’altra scarpa?»
«Eccola!», gridò l’altra ragazza, la matita in mano, mentre la mora stava mettendo sottosopra la stanza. «E qui c’è anche la tua scarpa…», continuò, alzando una delle dieci magliette che la diciottenne si era provata e aveva buttato a terra come se fossero vecchi stracci.
Candice la ringraziò. «Cazzo!», esclamò, sentendo il campanello suonare.
«Vado io, vado io», ribattè l’altra.
Era tardi. La mora lo sapeva benissimo, sapeva di essere in ritardo. Aveva passato il pomeriggio a dormire. Beh, in realtà si era addormentata immaginando la cena con il chitarrista, ma poco importava. Avrebbe dovuto scegliere cosa indossare e prepararsi, non poltrire.
Alla fine aveva deciso di indossare un semplice vestito turchese, non troppo lungo né troppo scollato.
Mise velocemente un filo di matita su entrambi gli occhi, un rossetto leggermente più scuro del naturale colore delle sue labbra e si allacciò l’altra scarpa.
Si catapultò il più velocemente possibile in salotto, dove Denise aveva condotto il rasta. Lui era vestito di grigio. Una maglia semplice, jeans chiari. “Bellissimo”, si trovò a pensare la mora, rallentando il passo.
«Oh, eccoti finalmente…», disse vedendola arrivare, buffa, correndo sui tacchi. Le si avvicinò con un grande passo, l’abbracciò e in un orecchio le sussurrò la fine della frase: «…Mia principessa».
Candice arrossì leggermente, poi si lasciò trasportare dal ragazzo, che l’aveva presa per mano e l’aveva condotta all’entrata.
«Divertitevi!», augurò loro Denise. Li spiò dalla finestra fino a quando l’auto non scomparve dalla sua vista.

«Wow!», esclamò Candice in un sussurro vedendo la limousine parcheggiata davanti casa. Il rasta le sorrise, le aprì la portiera e l’aiutò ad entrare. Poi salì a sua volta.
Il viaggio non fu troppo lungo, non per la ragazza almeno. Era nervosissima, come lo era sempre stata in sua compagnia.
«Emh… Scusami per oggi. Intendo per il bacio. Mi hai presa un po’ alla sprovvista. Non dovevo scappare in quel modo», disse lei, agitatissima.
“Cazzo Candice, calmati per piacere! Non sono un mostro, non ti mangio…”, pensò il chitarrista. Non amava vedere le persone nervose o agitate, lo faceva diventare ansioso. «Stai tranquilla, lo avevo immaginato». Le sorrise. «Spero ti piaccia la cucina italiana». Lei ricambiò il sorriso ed esclamò: «La adoro!». Finalmente era riuscita a rilassarsi un po’.
La limousine si fermò. Tom sfiorò con le dita la tasca dei jeans, dove aveva messo la busta delle analisi della mora.
I due scesero dall’auto. Lui andò dall’autista e gli bisbigliò qualcosa, mentre Candice, impacciata, si guardava intorno.
«Queste sono per te», sussurrò il rasta, dietro di lei. La ragazza sussultò, persa com’era nell’ammirare l’esterno del ristorante.
Erano quindici rose rosse.
Non vedendo nessuna reazione, Tom continuò: «Ho mandato Saki a prenderle perché siamo impegnati e poi non potevo rischiare di uscire per le vie principali di Dortmund, mi avrebbero riconosciuto. Però l’idea è stata mia, non me l’ha nemmeno suggerito Bill, anzi, lui…».
La ragazze gli buttò le braccia al collo, mentre lui, che continuava a parlare e gesticolare, fu colto di sorpresa. Sorrise intenerito e la strinse a sé.
«Sono bellissime», sussurrò lei, staccandosi dall’abbraccio, e passando appena le sue labbra sulla guancia del chitarrista.
Entrambi si sorrisero. Candice imbarazzata, Tom più sicuro.
«Vogliamo entrare o stare qui fuori tutta la sera?», domandò tanto per spezzare quel silenzio che lo stava facendo innervosire.
La ragazza gli si avvicinò ed entrambi entrarono nel locale.

«Buonasera! Lei è il signor Kaulitz immagino». Il Direttore del ristorante era venuto loro incontro. Stava squadrando Tom dal basso all'alto, soffermandosi sul suo abbigliamento non esattamente formale e sui suoi dread.
«Sì, sono io», rispose cercando di ignorare gli sguardi di disprezzo che l'uomo gli stava lanciando.
Il Direttore accompagnò i due fino al loro tavolo, dove già un cameriere attendeva paziente le loro ordinazioni.
«Mmh...», commentò la mora dando un'occhiata al Menù dopo essersi seduta su una delle lussuose sedie rivestite di velluto rosso. «Credo che prenderò le lasagne, sì».
«Io adoro la pasta invece», ribattè il ragazzo, senza neanche aver buttato l'occhio su una pagina. «La prendo quasi sempre».
«Sì, me lo ha detto Denise... Ti piace con tanto formaggio. Sa tutto di voi».
Tom si sentì un po' a disagio. «Emh... Già, è vero».
“Quando dovrò dirle delle analisi? Cavoli... Forse a inizio serata non è proprio il caso...”
Nel frattempo, la mora aveva appoggiato il mazzo di rose rosse sul tavolo e continuava a fissarlo, chiedendosi se era il caso di dirgli tutto o di mantenere il segreto.
I due continuarono a chiacchierare del più e del meno per venti minuti. Poi rimasero in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri (lui) e nel proprio nervosismo (lei).
«Ti devo dire una cosa». Parlarono contemporaneamente, guardandosi negli occhi, per poi volgere subito dopo lo sguardo altrove.
«Prima tu», lo incitò Candice, rossa in volto, più che altro perché era troppo impaurita per iniziare per prima il discorso.
Il rasta fece un profondo respiro. «Quella notte... La nostra notte...». La fissò per un attimo. “Non posso dirglielo così, no. Sarebbe un giro troppo largo. Le mostrerò la busta e basta”.
Infilò la mano in tasca, insicuro sul da farsi. La poggiò sul tavolo, nascondendola con la mano, in modo che la ragazza non la vedesse e, soprattutto, non la riconoscesse.
Ma qualcosa andò storto... Anche quella volta.
Il cameriere, imbranato, scivolò, mentre si dirigeva al tavolo dopo quello dei due, facendo finire direttamente su loro le bibite che aveva sul vassoio.. Tom mise la mano davanti al viso con l'intento di proteggersi, lasciando così scoperta la busta. La mora la vide e prontamente la infilò nella borsetta, senza farsi notare dal chitarrista. Lei neanche si bagnò.
«Oh, signor Kaulitz! Mi dispiace, sono mortificato!!», gridò il cameriere, tentando di asciugargli la maglia con un tovagliolo di stoffa che teneva sull'avambraccio.

Dieci minuti dopo, i due erano seduti sulla limousine, diretti alla casa del chitarrista, che continuava a lamentarsi dello scadente servizio di quel ristorante, mentre la ragazza cercava di trattenere le risate.
«Porca puttana!», esclamò lui all'improvviso. «Ho lasciato una busta nel ristorante! Oh, merda...». Si mise le mani alle tempie.
«Per caso», iniziò la mora, sfilando le sue analisi dalla borsetta «cerchi questa?». Gliela mostrò, con la descrizione del contenuto girata verso di lui, in modo che potesse vederla. Il ragazzo non disse nulla.
«Dove l'hai presa? E perché?». Non era arrabbiata.
«Oggi pomeriggio, nel tuo appartamento. Ti era caduta, poi però ti ho baciata e non sono riuscito a ridartela perché sei scappata. Volevo cogliere l'occasione per parlarti... Perché, vedi, è successa una cosa particolare quella notte, dopo il concerto. Ma non posso dirtelo qui. Dopo. Scusami».
Il resto del breve viaggio lo passarono a parlare di musica, tutti e due evidentemente nervosi. La limousine si fermò nuovamente, davanti all'appartamento di Candice. Le luci in salotto erano accese e la finestra completamente spalancata. Questo permetteva di sentire le risate degli altri tre, davanti alla televisione sommersi da schifezze di ogni genere a guardare un film comico, cercando di non strozzarsi.
«Oh, no... Cazzo!». Il chitarrista aprì piano la porta, cercando di non farsi sentire. «Avanti, corriamo di sopra».
«No, perché? Fammeli almeno salutare. E poi ho fame, non abbiamo mangiato nulla». Tom voleva stare da solo con lei, parlarle. Ma non poteva darle torto, anche il suo stomaco brontolava in maniera terribile. «Emh... Giusto.»
«Dai, andiamo a guardare il film, dopo parleremo quanto vuoi. Davvero». Gli sorrise, sperando di riuscire a convincerlo.
E ci riuscì.
«Ehy! Che ci fate qui? Così presto?», domandò Bill, sentendo qualcuno entrare.
«Storia lunga fratellone», ribattè il gemello prendendo qualcosa che assomigliava terribilmente a una caramella gommose dal pavimento e infilandosela in bocca. «Ti spiegherò dopo».

Candice rise. Rise come non faceva da qualche giorno. “La loro compagnia è stupenda. Sono tutti e quattro terribilmente simpatici. Mi sto divertendo come una matta. Sono la ragazza più felice della terra”. Pensato questo, tra le lacrime e un grande mal di pancia provocati dal gran ridere, si sdraiò a terra, masticando un popcorn al caramello. E dimenticò ogni cosa. Beh, quasi ogni cosa.



Scusate, è da un secolo che non aggiorno, ma ho avuto un po' di problemi e poca ispirazione. Il prossimo capitolo non vi farà attendere così tanto ;) Spero vivamente che vi piaccia, è difficile riprendere qualcosa dopo averla lasciata per un mese o più... ^-^
  
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